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2. Verso la scuola dell’autonomia

2.3. Autonomia e rinnovamento del sistema scolastico

L’autonomia scolastica ha rappresentato senza dubbio la chiave di volta del rinnovamento della scuola degli anni Novanta. La semplificazione dei procedimenti amministrativi, l’attribuzione della personalità giuridica, il passaggio alla dirigenza scolastica, il riconoscimento di nuovi spazi di au- todeterminazione per le scuole, svincolandole, almeno in parte, dal ruolo subalterno che queste avevano soprattutto verso i vecchi Provveditorati agli Sudi, sono stati segnali forti di discontinuità rispetto all’immobilismo e all’autoreferenzialità del passato e di cui il sistema dell’istruzione ha soffer- to per decenni. Tuttavia, pur riconoscendo i vantaggi e le opportunità che l’autonomia ha portato con sé, ciò non vuol dire che non vi siano delle zone d’ombra o storture venutesi a creare nella fase attuativa del processo auto- nomista. In questa sede ci soffermeremo soprattutto su due di queste distor- sioni, ovvero: 1) la deriva aziendalistica; 2) la deriva autarchica.

Vediamo il primo caso. Uno dei compiti prioritari dell’autonomia scola- stica è stato fin dall’inizio quello di rimuovere il centralismo, affidando fun- zioni e competenze ai livelli intermedi del sistema d’istruzione secondo il principio di responsabilità educativa finalizzata al raggiungimento del suc- cesso formativo e all’elevamento della qualità del servizio. Questa legittima tendenza all’innalzamento degli standard di prestazione delle scuole, anziché generare miglioramento, ha favorito, talvolta, l’affermarsi di una visione

completamente distorta e tutta ideologica dell’autonomia sfociata nel model- lo della «scuola-azienda». Da qui il diffondersi di comportamenti incentrati sullo spirito di competizione tradotto soprattutto nell’attrarre nuovi iscritti, attraverso azioni di marketing al cui asservimento rispondevano attività, pro- getti e valutazione, per cui la cifra educativa di una scuola ha finito per coin- cidere con il numero di attività integrative, il numero di progetti, le percen- tuali connesse alle promozioni e alle valutazioni. Il soddisfacimento delle ri- chieste, in taluni casi anche poco fondate, dell’utenza ha preso il sopravvento sulla coerenza educativa e progettuale delle scuole in conformità con le fina- lità che questa deve perseguire. La logica della competitività e del mercato, proprie del mondo aziendale, hanno finito per snaturare la mission delle isti- tuzioni scolastiche che non deve tendere al profitto bensì alla formazione del- la persona e alla costruzione di conoscenza125.

Quanto al secondo caso, si sono registrate situazioni in cui «un’istituzio- ne resa autonoma tende ad accentrare il suo “naturale” corporativismo e la sua spontanea autoreferenzialità, se mancano procedure in ordine all’uso più o meno corretto delle nuove competenze»126. In questo frangente, quella

che abbiamo definito la «deriva autarchica» ha determinato la convinzione nel personale scolastico che le scuole potessero disporre di poteri assoluti e illimitati, senza dover rendere conto ad alcuno sui risultati del proprio ope- rato, svincolandosi completamente da una logica gerarchica che richiede anche momenti di rendicontazione e di accountability127.

La scuola dell’autonomia è stata dunque associata ad una concezione fal- samente liberista in cui tutto diventa possibile, se espressione di scelte razio- nali che non ledono i diritti di alcuno, e dove la valutazione diventa un pro- cesso del tutto interno che non deve considerare apporti esterni o soddisfare altri interessi se non quelli degli attori che ne fanno parte. Il diffondersi di questa concezione è stato favorito dalla mancanza di controlli esterni e dalla mai decollata costruzione di un sistema nazionale di valutazione delle scuole autonome, che solo oggi con l’attuazione del D.P.R. n. 80/2013 sembra muo- vere i primi passi. Infatti, nel momento stesso in cui vengono concessi mag- giori spazi di decisione autonoma e di discrezionalità alle scuole diventa fon- damentale per contro potenziare anche i dispositivi di valutazione esterna tesi a monitorare periodicamente il rispetto delle linee generali di politica scola- stica, nonché il raggiungimento di obiettivi strategici definiti a livello di si-

125 Cfr. A. Santoni Rugiu, S. Santamaita, Il professore nella scuola italiana dall’Otto-

cento a oggi, Laterza, Roma-Bari, 2011, pp. 144-145.

126 Ivi, p. 147.

127 Cfr. A. Martini, Accountability, in G. Cerini, M. Spinosi (a cura di), Voci della scuola, VI, Tecnodid, Napoli, 2007.

stema. Non dobbiamo dimenticare infatti che le scuole autonome, pur nel ri- spetto della loro flessibilità e autodeterminazione, continuano ad essere parte del sistema dell’istruzione ed in virtù di questo devono rispettare le stesse re- gole in vista del perseguimento di obiettivi comuni di carattere generale utili alla crescita del Paese.

A fronte delle zone d’ombra sopra esposte, si ritiene comunque che l’in- troduzione dell’autonomia abbia reso possibile il tentativo di cambiare la scuola, promuovendo un percorso culturale complesso, teso alla rimessa in gioco dello Stato, della società, degli operatori pubblici e dei cittadini, in un sistema di governance dove ciascuno deve avere la responsabilità delle proprie azioni. L’autonomia scolastica infatti potrà avere ancora più succes- so di quello conseguito fino ad oggi nella misura in cui sarà capace di dare essa stessa autonomia umana, intellettuale, di azione, di relazione a chi ne è parte integrante, compreso il fruitore ultimo, il bambino, il ragazzo, lo stu- dente. La scuola quindi deve diventare sempre più un luogo di opportunità e non di selezione, un luogo dove il sapere diffuso, libero e critico appare essere la vera frontiera della democrazia e dello sviluppo della cosiddetta società della conoscenza128.

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