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2. Verso la scuola dell’autonomia

2.2. Flessibilità, responsabilità e collaborazione

Nel caso italiano l’autonomia è stata interpretata come uno strumento per permettere alle scuole di rispondere più efficacemente alle richieste del- l’utenza a fronte di bisogni educativi spesso molto diversi da contesto a contesto, che pertanto richiedevano l’adozione di misure non standardizza- te. La differenziazione e la personalizzazione sono stati individuati come i dispositivi più adeguati a garantire l’equità dell’offerta formativa, nella mi- sura in cui una scuola è veramente equa se riesce a diversificare l’offerta calibrandola in base al punto di partenza dei suoi alunni, anziché proporre a tutti le medesime attività poiché queste sarebbero in grado di soddisfare solo una parte di essi, limitandosi molto probabilmente solo a quelli che presentano condizioni socio-familiari più favorevoli123. Ciò detto le scuole

sono state dotate di un’autonomia «a maglie strette», potremmo dire, nella misura in cui esse possono decidere liberamente, nel rispetto dei poteri ri- conosciuti agli Organi Collegiali, solo per pochi ambiti. Le loro delibera- zioni infatti riguardano soltanto alcuni aspetti connessi alla didattica e al- l’organizzazione del servizio, mentre continuano ad avere scarsissimo mar- gine di azione in altri settori strategici per il buon funzionamento di un’isti- tuzione scolastica quali: la selezione e il reclutamento del personale, misure snelle ed incisive sul fronte dei provvedimenti disciplinari e della premiali- tà, gestione più flessibile delle risorse del fondo di istituto e del programma annuale, obbligatorietà della formazione in servizio dei docenti e degli ATA, riconoscimento di progressioni economiche in base al merito e non all’anzianità di servizio, ecc. Ciò detto, vediamo più da vicino alcuni degli aspetti innovativi in cui può tradursi l’autonomia didattica e organizzativa delle scuole, in ottemperanza anche per questi settori specifici dei «vincoli» predeterminati dal legislatore.

Come abbiamo detto l’autonomia viene introdotta nella scuola dal D.P.R. n. 275 dell’8 marzo 1999 in attuazione della Legge n. 59 del 15 marzo 1997 «Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti

122 Cfr. A. Valentino, Progettare e organizzare la scuola, Casa Editrice Valore Scuola, Roma, 2001, pp. 24-27.

123 Cfr. A. La Marca, Personalizzazione e apprendimento. Strumenti e competenze, Ar- mando, Roma, 2005.

alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa» il cui art. 21 precisa che l’autono- mia organizzativa «si esplica liberamente, anche mediante il superamento dei vincoli in materia di unità oraria della lezione, dell’unitarietà del gruppo classe e delle modalità di organizzazione e impiego dei docenti». Come unici vincoli rispetto a queste forme di flessibilità, il comma 8 dello stesso art. 21 individua i giorni di attività didattica annuale previsti a livello na- zionale, la distribuzione dell’attività didattica in non meno di cinque giorni settimanali e il rispetto dei complessivi obblighi annuali di servizio dei do- centi previsti dai contratti collettivi, tali obblighi tuttavia recita il testo di legge, «possono essere assolti invece che in cinque giorni settimanali anche sulla base di un’apposita programmazione plurisettimanale».

Il comma 9 dello stesso articolo afferma che «l’autonomia didattica è fi- nalizzata al perseguimento degli obiettivi generali del sistema nazionale d’istruzione, nel rispetto della libertà di insegnamento, della libertà di scelta educativa da parte delle famiglie e del diritto ad apprendere. Essa si sostan- zia nella scelta libera e programmata di metodologie, strumenti, organizza- zione e tempi di insegnamento, da adottare nel rispetto della possibile plu- ralità di opzioni metodologiche, e in ogni iniziativa che sia espressione di libertà progettuale». In questo caso gli unici vincoli individuati sono quelli del «monte annuale orario complessivo previsto per ciascun curriculum e quello previsto per ciascuna delle discipline ed attività indicate come fon- damentali di ciascun tipo o indirizzo di studi e l’obbligo di adottare proce- dure e strumenti di verifica e valutazione della produttività scolastica e del raggiungimento degli obiettivi».

L’art. 21 della Legge n. 59/1997 introduce in sostanza, ai commi 8 e 9, tre principi fondamentali dell’autonomia. Il primo, che costituisce la condi- zione di fattibilità dell’autonomia stessa, è quello della compatibilità tra progettazione collegiale delle scuole, libertà di insegnamento dei docenti e libertà di scelta delle famiglie; il secondo, che consente un’efficace proget- tazione e attuazione dei curricoli, è quello della flessibilità, riferito a tutte le azioni necessarie per la realizzazione del servizio scolastico e riguardante, in particolar modo, i tempi di insegnamento e i gruppi di apprendimento; il terzo rimanda all’affermazione di un nuovo diritto di cittadinanza, ovvero quello che potremmo definire il diritto ad apprendere, concepito come una forte e decisiva estensione del diritto costituzionale allo studio, finalizzato al pieno godimento da parte di tutti degli esiti degli studi124.

124 Cfr. E. Barbieri, La scuola dell’autonomia. Presupposti e commento al regolamento.

Il D.P.R. n. 275 dell’8 marzo 1999 «Regolamento recante norme in ma- teria di autonomia delle istituzioni scolastiche», fa coincidere il diritto ad apprendere con il «successo formativo» da garantire a tutti, non uno di me- no. Per tradurre in concrete linee d’indirizzo i commi 8 e 9 del più volte ci- tato art. 21, il D.P.R. n. 275/1999 prevede un sistema semplificato di rap- porti tra centro e periferia; in base all’art. 8, infatti, spetta al Ministero defi- nire, per i diversi tipi e indirizzi di studio, gli obiettivi generali del processo formativo, gli obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni, le discipline e le attività costituenti la quota nazionale dei cur- ricoli e il relativo monte ore annuale, l’orario obbligatorio annuale com- plessivo dei curricoli, comprensivo della quota nazionale obbligatoria e del- la quota obbligatoria riservata alle istituzioni scolastiche, i limiti di flessibi- lità temporale per realizzare compensazioni tra discipline e attività della quota nazionale del curricolo, gli standard relativi alla qualità del servizio, gli indirizzi generali circa la valutazione degli alunni e il riconoscimento dei crediti e dei debiti formativi, i criteri generali per l’organizzazione dei processi formativi finalizzati all’educazione permanente degli adulti.

In sostanza il Ministero indica le finalità generali dell’intero sistema di istruzione e dei singoli percorsi, gli obiettivi specifici di apprendimento e le competenze in cui questi obiettivi si devono concretizzare. I contenuti non vengono quindi più visti come fine esclusivo del processo di insegnamento- apprendimento, ma come strumenti privilegiati per far conseguire agli al- lievi, ai vari livelli, le capacità di utilizzare e padroneggiare le conoscenze acquisite in un contesto dato. Sebbene il quadro orario obbligatorio com- plessivo resti comune per ciascun percorso di studio, le discipline e le atti- vità sono omogenee solo nella parte definita dal centro, ma differenziate nella parte affidata alle scuole. In questo modo l’identità nazionale, definita anche attraverso standard di qualità del servizio e comuni indirizzi per la valutazione e il riconoscimento dei crediti, si integra e si arricchisce con l’i- dentità locale, in un sistema educativo concepito per misurarsi con le dina- miche dello sviluppo sociale e produttivo, e quindi con un apprendimento distribuito lungo tutto l’arco della vita.

In questo quadro di riferimento nazionale ed europeo, le singole istitu- zioni scolastiche assumono nuovi compiti, nuove funzioni, nuovi poteri e nuove responsabilità. Esse infatti, si legge all’art. 8 del D.P.R. n. 275/1999, «determinano, nel Piano dell’Offerta Formativa, il curricolo obbligatorio per i propri alunni in modo da integrare» la quota definita a livello naziona- le con la quota loro riservata che comprende le discipline e le attività da es- se liberamente scelte, le discipline e le attività aggiuntive della quota facol- tativa del curricolo, le possibilità di opzione offerte agli studenti e alle fa- miglie, sia per la quota locale che per quella facoltativa. In sostanza le

scuole hanno adesso il potere di costruire il curricolo, sia scegliendo le di- scipline e le attività comprese nella quota obbligatoria di curricolo loro ri- servata (curricolo locale), tramite possibili opzioni, e, in quella facoltativa, sia utilizzando la compensazione tra le discipline nell’ambito della quota nazionale del curricolo.

Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, le scuole da un lato sono tenute ad assicurare la realizzazione di iniziative di recupero e sostegno, di continuità e di orientamento scolastico e professionale, dall’altro dispongono di molte- plici forme di flessibilità, come indicato agli artt. 4 e 5 del D.P.R. n. 275/99, che prevedono nello specifico: l’articolazione modulare del monte ore annuale di ciascuna disciplina e attività, la definizione di unità di insegnamento non coincidenti con l’unità oraria della lezione, l’attivazione di percorsi didattici individualizzati, nel rispetto del principio generale dell’integrazione degli alunni nella classe e nel gruppo, anche in relazione agli alunni disabili, l’ar- ticolazione modulare di gruppi di alunni provenienti dalla stessa o da diverse classi o da diversi anni di corso, l’aggregazione delle materie in aree e ambiti disciplinari, l’adattamento del calendario scolastico, l’organizzazione dell’o- rario complessivo annuale anche sulla base di una programmazione pluriset- timanale. In ciascuna istituzione scolastica, ai sensi del comma 4 dell’art. 5 del D.P.R. n. 275/1999 «le modalità di impiego dei docenti possono essere diver- sificate nelle varie classi e sezioni in funzione delle eventuali differenziazioni nelle scelte metodologiche e organizzative adottate nel piano dell’offerta for- mativa».

Questo insieme di funzioni permette alle scuole di definire in concreto lo svolgimento del curricolo, nella misura in cui esse deliberano le modalità di gestione del tempo-scuola, adattando il calendario ai bisogni della comu- nità scolastica e articolando con flessibilità l’orario annuale delle singole discipline e attività per rispondere ai ritmi di apprendimento degli alunni. Ciascuna scuola ha la possibilità di determinare le modalità di articolazione dei gruppi di alunni sulla base delle opzioni offerte, delle discipline e attivi- tà aggiuntive frequentate dagli alunni, delle azioni di continuità, orienta- mento, sostegno e recupero effettivamente intraprese.

Per procedere all’introduzione di queste innovazioni, gli istituti possono anche attivare, senza alcuna preventiva autorizzazione ministeriale - come invece era richiesto in passato - tutte le attività di ricerca e sperimentazione educativa che ritengono opportune, purché non venga modificato l’assetto generale del curricolo. Per fare questo alle scuole è stata riconosciuta piena autonomia sia nella scelta, adozione e utilizzazione delle metodologie e de- gli strumenti didattici, ivi compresi i libri di testo, sia nella definizione dei criteri specifici per il riconoscimento dei crediti e per il recupero dei debiti scolastici, riferiti ai percorsi dei singoli alunni. Il Regolamento dell’autono-

mia disciplina e favorisce, infine, i rapporti delle scuole con altre scuole anche sul terreno della didattica. In base all’art. 7, infatti come accennato in precedenza, gli accordi di rete tra le scuole possono «avere a oggetto attivi- tà didattiche», oltre a contemplare, se necessario, «lo scambio temporaneo di docenti, che liberamente vi consentono».

Sempre ai fini della flessibilità didattica, l’art. 8 del D.P.R. n. 275/1999 promuove i rapporti delle scuole con il territorio e con il mondo della cultu- ra e del lavoro tenendo conto nella «determinazione del curricolo», delle «diverse esigenze formative degli alunni concretamente rilevate, della ne- cessità di garantire efficaci azioni di continuità e di orientamento, delle esi- genze e delle attese espresse dalle famiglie, dagli enti locali, dai contesti sociali, culturali ed economici del territorio».

Inoltre, il D.P.R. n. 257 del 12 luglio 2000 «Regolamento per l’attua- zione dell’obbligo formativo, di cui alla Legge n. 144/99» prevede una se- rie di rapporti con i servizi per l’impiego e con le aziende e gli enti locali per favorire l’integrazione tra sistemi, in particolare tra scuola, formazione professionale e apprendistato.

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