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L’autonomia finanziaria

L’autonomia ed il coordinamento finanziario sono stati a

lungo trascurati dalla dottrina argomento che, al contrario, è di

grande attualità con l’avvento del federalismo; le spiegazioni a

questo proposito sono diverse.

Alcuni studiosi ricordano che negli studi giuridici sulla finanza

pubblica hanno tardato ad affermarsi istituti estranei al diritto

costituzionale ed amministrativo, dove è invece prevalsa l’atten-

zione al rapporto autoritàlibertà, oltre che la figura della situazione

giuridica soggettiva dell’interesse legittimo (

24

).

(24) Su questi aspetti, cfr. M. BERTOLISSI, L’autonomia finanziaria regio-

nale. Lineamenti costituzionali, Cedam, Padova, 1983, 5 ss. « Finanza e contabilità

non sono riuscite a costituire un terreno fertile per indagini riguardanti i rapporti e le situazioni delineate; i profili non giuridici (...) e l’accentuato tecnicismo hanno finito per emarginare tali materie; quanto al cittadino, ci si è di regola limitati ad esaminare unicamente la sua posizione di soggetto passivo del rapporto giuridico d’imposta e non quella di soggetto attivo, nel cui interesse debbono essere gestite le risorse ottenute mediante il prelievo fiscale », 20. In tema di interesse legittimo non si possono trascurare le più recenti autorevoli opinioni dottrinali, tra le quali A. ROMANO, I soggetti e le situazioni giuridiche soggettive nel diritto amministra-

tivo, in AA.VV., Diritto amministrativo, Monduzzi, Bologna, 1993, 247; dello stesso A., Sulla pretesa risarcibilità degli interessi legittimi: se sono risarcibili, sono diritti

soggettivi, in Dir. amm., 1998, VI, 1; A. ROMANO TASSONE, Situazioni giuridiche

soggettive (dir. amm.), in Enc. dir., Aggiornamento, 1998, II, 966-89; R. FERRARA,

Giurisdizione esclusiva e tutela dei diritti soggettivi non patrimoniali, in Dir. proc. amm., 1996, XIV, 73; F. FRACCHIA, Dalla negazione della risarcibilità degli interessi

legittimi all’affermazione della risarcibilità di quelli giuridicamente rilevanti: la svolta della Suprema Corte lascia aperti alcuni interrogativi, (Nota a Cass. 22 luglio 1999, n. 500 SU), in Foro it., 1999, CXXIV, I, 3212-21; R. CAVALLO PERIN,

Procedimento amministrativo e giustizia ammnistrativa, in Storia d’Italia, Annali

14, Legge, diritto, giustizia, a cura di L. Violante, Einaudi, Torino, 1998, 255-98; E. CASETTA, Profili della evoluzione dei rapporti tra cittadini e pubblica ammini-

strazione, in Dir. amm., 1993, I, 3-19; A. PALMIERI, Lesione degli interessi legittimi:

la Cassazione alle soglie di una svolta epocale, in Danno e resp., 1997, I, 59-82; E.

PICOZZA, Le situazioni giuridiche nel diritto amministrativo, in Trattato di diritto

amministrativo diretto dal prof. G. Santaniello, Cedam, Padova, 1999, 195; A.M.

SANDULLI, La giustizia cautelare sugli interessi legittimi “apre” all’art. 700 c.p.c., in

Giust. civ., 1998, XLIV, II, 235-44; F.G. SCOCA, Contributo sulla figura dell’inte-

resse legittimo, Giuffrè, Milano, 1990, VIII-158; G. VIRGA, Interessi legittimi e

diritti soggettivi: una distinzione ancora utile per conseguire una maggiore tutela,

in Dir. proc. amm., 1997, XV, 540; AA.VV., Sovranazionalità europea: posizioni

soggettive e normazione, Giappichelli, Torino, 2000, XIII-235; F. BENVENUTI,

Per questo motivo nelle indagini sul ruolo e la posizione delle

regioni nell’impianto dello Stato, lo studio dell’autonomia finan-

ziaria e contabile è risultato marginale rispetto ad altri temi che

hanno invece acceso il dibattito e gli interventi della Corte Costi-

tuzionale (

25

).

Altri autori hanno posto l’attenzione sulla tradizionale con-

cezione ottocentesca delle autonomie locali, caratterizzata da enti a

prevalente interesse statale, pur nella esponenzialità dei gruppi

In tema di interessi tutelabili, nota a Cons. St., VI Sez., 31 ottobre 1992 n. 842, in Giur. it., 1993, CXLV, II, 155-8; R. CARANTA, Danni da lesione di interessi legittimi:

la Corte Costituzionale prende tempo, in Foro it., 1998, CXXIII, I, 3487. Per una

visione complessiva ed esaustiva di tutte le problematiche inerenti alle posizioni giuridiche soggettive, attive e passive, si veda l’importante e complesso lavoro di S. CASSESE, Trattato di diritto amministrativo, 6 voll. Giuffrè, Milano, 2000.

(25) M. BERTOLISSI, L’autonomia..., cit., 21, 22, 23, « Le preoccupazioni finanziarie che hanno tormentato fin dall’inizio fautori e non del regionalismo non hanno riguardato tanto la creazione di un sistema normativo ordinato e coerente quanto, piuttosto, l’ovvia questione del costo inevitabilmente connesso ad ogni trasformazione delle istituzioni ». Pertanto si tratta di « un punto di vista che finisce per rivelare quella che sarà una costante o quasi delle indagini dottrinali e dei confronti fra gli operatori politici, inclini gli uni e gli altri a definire l’autonomia delle Regioni sotto il profilo pressoché esclusivo delle funzioni attribuite. E, infatti, il costo (...) è stato riferito essenzialmente al trasferimento delle funzioni ammi- nistrative dello Stato al nuovo Ente ». Gli scarsi contributi in tema di autonomia finanziaria delle regioni ordinarie derivano dal fatto « che la problematica di più immediato interesse ha, per lungo tempo, riguardato le sole Regioni esistenti, a statuto differenziato », e che dovendosi ritenere « più che scorretto sotto il profilo metodologico, inutile nella sostanza, ancorare ad argomenti letterali il significato della discussa enunciazione del principio della “autonomia finanziaria” delle Regioni (...) una seria analisi vada condotta in maniera sistematica, senza rinun- ciare — aprioristicamente — all’apporto che altre disposizioni costituzionali, emarginate dalla dottrina specifica, sembrano poter fornire in sede di inquadra- mento generale ». Si è quindi « soliti attribuire all’“autonomia”, una qualificazione statica, tralasciando di esaminare la, pur evidente, dinamica di interazioni che l’osservazione del dato normativo consente di verificare nella gran parte delle ipotesi tipizzate ». Pertanto, « l’ottica sotto la quale vanno affrontate le situazioni di autonomia va corretta in senso più ampio, considerando la struttura del sistema in cui ognuno dei due termini: autonomia e coordinamento, si pongono. O, in altri termini, che l’“autonomia” come figura giuridica tiene più del rapporto tra termini in opposizione che non del termine in sé e per sé ». G.C. MORETTI, Considerazioni

sull’« autonomia finanziaria » delle Regioni. Contabilità regionale, coordinamento statale e bilanci, in Diritto e pratica tributaria, 1971, II, 507, 510-511, ID., La potestà

territoriali (

26

), e nel lento sviluppo del principio costituzionale di

autonomia politica (

27

).

Dagli orientamenti che configuravano le regioni come enti

costituzionali si è affermata un’autonomia del tutto particolare, che

presupponeva l’attribuzione, sia pure entro certi limiti, di una

potestà legislativa munita di un’efficacia corrispondente a quella

(26) A. BARETTONIARLERI, Aspetti..., cit., 66. È « un settore di indagine che non fruisce del prezioso retaggio di una lunga riflessione e di un meditato e sedimentato travaglio di pensiero, così proficuo nelle fasi ideative o innovative dell’assetto della società civile », 70.

(27) « Il sistema accolto dal nostro ordinamento costituzionale non si ispira nel disegno organizzatorio territoriale delle collettività alla formula organizzatoria dell’autogoverno, bensì a quella dell’autonomia politica; esso si ispira, cioè, ad un principio di sostanziale separazione fra lo Stato ed il suo apparato e gli enti territoriali di contro al disegno sostanzialmente unitario del sistema dell’autogo- verno. (...) autonomia politica ben più estesa e differenziata dal limitato tratto, con il quale veniva sovente identificata, dell’autonomia normativa ». Per questo mo- tivo « alla Costituzione repubblicana del 1948 va ascritto il merito di aver costi- tuzionalizzato il principio della natura indipendente e non meramente ausiliaria degli enti territoriali », A. BARETTONIARLERI, Aspetti..., cit., 65-66. Circa la natura politica degli enti e della loro attività « è chiaro che tale carattere tanto più potrà riconoscersi quanto più ampia sarà la sfera di elementi disponibili per l’esercizio delle funzioni attribuite e quanto maggiore sarà la conseguente capacità di trasformare la realtà esterna: non è possibile evidentemente definire in termini statici e precisi il limite oltre il quale comincia la natura politica degli interventi e delle attività, ma è necessario assumere questo criterio di riferimento per effet- tuare quanto meno delle valutazioni comparative ». Tuttavia gli enti territoriali si differenziano dagli altri enti istituzionali in quanto hanno « una caratteristica particolare, cioè la attribuzione piena, in proprio che implica l’esclusività nella determinazione delle scelte relative mentre in qualunque altro caso, sia pure in forma assai diverse, si verifica una scissione tra titolarità ed esercizio, ovvero tra scelte di livello generale e particolare ». « Il concetto di titolarità della funzione (proprio degli enti territoriali) inteso come esclusività di scelta da parte del soggetto non può che essere una definizione teorica o un dato tendenziale ». Proprio per questo « il fatto fondamentale sul piano normativo è la ripartizione di funzioni materiali attorno a cui devono raccogliersi il maggior numero di elementi strumentali », U. DESIERVO, A. ORSIBATTAGLINI, D. SORACE, R. ZACCARIA, Note in

tema di finanza regionale, (parte I), in Riv. trim. dir. pubbl., 1971, n. 2, 720, 718,

719-720. Sulle differenze tra il sistema dell’autonomia e quello dell’autogoverno cfr., M.S. GIANNINI, Diritto amministrativo, I, Milano, 1970, 288 ss. ID., Sulle

autorizzazioni ad istituire tributi (a proposito dell’art. 10, D.L.C.P.S. 29 marzo 1947, n. 177), in Riv. dir. fin. sc. fin., 1950, II, gli enti territoriali « sono, per

principio, positivo del nostro ordinamento, enti autonomi, nel senso che possie- dono autonomia normativa ed autonomia politica », 252.

propria dello Stato, e di quest’ultimo caratterizzano la struttura e la

stessa funzionalità (

28

).

È dal principio di autonomia politica che si venivano deli-

neando, quindi, i contenuti dell’autonomia finanziaria (

29

) e i livelli

di governo pubblico su cui si fonda il sistema costituzionale delle

autonomie territoriali. Si è però trattato di un principio anch’esso

fortemente dibattuto in ambito regionale, come risulta chiaro non

appena ci si ferma alla varietà delle opinioni espresse, il più delle

volte in una accezione restrittiva e con l’intenzione di ridurne la

portata.

Il principio di autonomia politica ha assunto un significato

ancora più ampio quando l’attenzione si è rivolta agli elementi di

raccordo fra lo Stato e il sistema delle autonomie; cominciando dai

(28) F. PIERANDREI, Prime osservazioni sull’autonomia finanziaria delle

regioni e sulla esperienza siciliana, in Riv. dir. fin. sc. fin., 1949, I, 252, G. MIELE, La

Regione..., cit., ritiene più corretto parlare, a proposito dell’ordinamento delle

autonomie locali, di enti a rilevanza costituzionale nel senso « che la Costituzione e le leggi costituzionali contengono disposizione relative ad un tale ente (esistenza, organizzazione, funzioni) », 89. M.L. SEGUITI, Entrate pubbliche, in Enc. giur., XII, 8. R. PEREZ, La disciplina finanziaria e contabile degli enti pubblici, Il Mulino, Bologna, 1991, 22 ss. M.V. LUPÒ AVAGLIANO, Temi di contabilità pubblica. La

riforma del bilancio dello Stato, I, Cedam, Padova, 1998.

(29) Sul rapporto tra autonomia ed autonomia finanziaria la dottrina è sostanzialmente d’accordo, cfr., T. MARTINES, Studio..., cit.; N. D’AMATI, Saggio..., cit.; E. DEMITA, Autonomia finanziaria e potestà tributaria delle Regioni a statuto

normale, in Riv. dir. fin. e sc. fin., 1963, I; S. VALENTINI, Autonomia di bilancio e

contabilità regionale. Profili giuridici, in Riv. trim. dir. pubbl., 1963, esaminando le

situazioni giuridiche in cui si trovano lo Stato, gli enti territoriali, gli enti pubblici ausiliari e le gestioni extra bilancio nota « che l’ambito del concetto di autonomia finanziaria — nella accezione lata ad esso attribuita da buona parte della dottrina — appare davvero enorme; ma forse, sarebbe meglio dire che tutte queste diverse situazioni giuridiche raccolte sotto il concetto di autonomia finanziaria non sono che la traduzione — appunto in termini finanziari — della posizione organizzatoria di una serie di soggetti (od organi) all’interno dell’ordinamento »; S. BUSCEMA,

Trattato..., cit., Vol. III; ID., in Riv. dir. fin. e sc. fin., 1969; M.S. GIANNINI,

Autonomia..., cit., definisce l’autonomia finanziaria come un particolare tipo di

autonomia organizzatoria che ricorre nelle gestioni extra bilancio svolte da organi che hanno ed amministrano entrate proprie, 362; O. SEPE, Note in tema di potestà

tributaria della regione, in Corr. Amm., 1963, n. 22, 2537; ID., In tema di autonomia

finanziaria degli enti locali, in Attualità amm., 1968; SCOCATRUINI, Garanzie costi-

tuzionali del finanziamento delle Regioni, in Attualità amm., 1968; G. LICCARDO,

Autonomia finanziaria: premessa e conseguenza dell’istituto regionale, relazione al

Convegno sul tema Regioni: autonomia finanziaria e autonomia politica, Napoli 14 e 16 novembre 1969.

profili della struttura e dell’organizzazione degli enti, fino alle

attribuzioni, i controlli e la provvista e l’utilizzazione dei mezzi (

30

),

quali requisiti indispensabili per il carattere politico dell’ente re-

gione. Questi elementi sono rintracciabili ad un differente livello

quantitativo, sia negli ordinamenti federali che regionali (

31

).

Anche sul significato del principio di autonomia finanziaria le

opinioni espresse sono state diverse.

In un primo momento chi ha posto l’accento sulle entrate ha

inteso l’« autonomia finanziaria » come disponibilità dei mezzi ne-

cessari per l’esercizio delle diverse funzioni, e nulla impedisce che

i medesimi possano provenire in gran parte dallo Stato; però è

necessario che quest’ultimo li attribuisca alle regioni in via stabile

e istituzionale, in modo che esse abbiano ad impostare i loro bilanci

con l’esatta cognizione delle forze disponibili e non vengano a

trovarsi di volta in volta, in occasione dell’esercizio delle loro

attività, subordinate ai controlli e alle manifestazioni di volontà

dello Stato: una legge relativa al coordinamento tra finanze regio-

nali e finanze statali, la quale assegnasse alle regioni una posizione

così poco sicura, dovrebbe considerarsi invalida (

32

).

Quando poi il principio costituzionale di autonomia politica

ha trovato nell’autonomia finanziaria un elemento strumentale che

sul piano logico, prima ancora che su quello giuridico e formale,

(30) A. BARETTONIARLERI, Aspetti..., cit., 66 ss. Può quindi « pacificamente affermarsi che il tratto dell’autonomia finanziaria non costituisce affatto uno degli elementi, tradizionali e di contrastata causale politica, della vicenda storica delle autonomie locali anteriori alla Costituzione. Esso è balzato alla ribalta nell’acco- glimento e nella strutturazione dell’autonomia politica da parte del nuovo schema costituzionale delle autonomie locali. (...) l’esigenza di un assetto del tutto nuovo, quale quello regionale, ha posto il problema con riferimento all’ente Regione, al quale solo, peraltro, il tratto è stato riferito », 68.

(31) « Questioni, che implicano una problematica simile negli uni e negli altri sistemi, sono quelle relative alla distribuzione di competenze fra l’ente superiore, o sovrano, e gli altri enti, ai collegamenti fra il primo e i secondi, alla creazione di uno strumento che salvaguardi l’equilibrio dei sistemi medesimi: ma tra esse è anche la questione riguardante i rapporti economici e finanziari tra i diversi enti », F. PIERANDREI, Prime..., cit., 253. Sull’autonomia finanziaria in generale, oltre alla dottrina di seguito richiamata cfr., F. BENVENUTI, Osservazioni

parallele sul rendiconto, in Jus, 1958; S. BUSCEMA, La finanza regionale, Empoli, 1957; G. DINARDI, Autonomia ed economia politica, in Justitia, 1964; L. GIOVENCO,

L’ordinamento regionale, Roma, 1961; P. VIRGA, La Regione, Milano, 1949. (32) F. PIERANDREI, Prime..., cit., 269.

significa garantire e riconoscere un’autonoma capacità di entrata e

di spesa (

33

), si è potuta allargare la prospettiva affermando che

l’esistenza di un sistema finanziario degli enti minori trova la sua

ragione fondamentale, prima ancora che nell’esigenza di porre gli

enti minori in condizione di perseguire alcuni particolari fini (...)

nell’esigenza di garantire l’autonomia degli enti stessi. Autonomia

che, com’è intuitivo, è effettiva e reale nella misura in cui gli enti ai

quali viene riconosciuta sono sottratti ad ogni pratica discrimina-

trice del potere centrale (

34

).

Chi ha visto nell’autonomia finanziaria uno stretto rapporto

con l’autonomia politica ne ha fornito l’idea di un potere di

determinare gli strumenti oltre che i fini; potere cioè, di creare un

proprio bilancio, come espressione della propria volontà politica di

perseguire fini propri nel modo ritenuto più rispondente ai propri

bisogni e con l’impiego di strumenti ritenuti i più idonei (

35

).

Sulla stessa linea è l’orientamento che, definendo la posizione

organizzatoria degli enti territoriali, con la locuzione « autonomia

politico-amministrativa », intesa come possibilità di scelta tra pos-

sibili fini pubblici da perseguire, nei limiti fissati dall’ordinamento,

ha chiarito che questa autonomia sul piano finanziario si traduce in

(33) A. BARETTONI ARLERI, Aspetti..., cit., 72-73. Quanto ai momenti o aspetti essenziali dell’autonomia, « in primo luogo deve trattarsi non già di una posizione statica, di garanzia verso l’esterno, ma di una possibilità concreta di iniziativa e di intervento: inoltre, e conseguentemente, la valutazione della sua configurabilità nell’ordinamento positivo non può essere soltanto formale ma deve risultare da una serie di elementi concreti, anche di carattere quantitativo (...) È infine necessario che alla titolarità di funzioni e di poteri si accompagni la presenza dei mezzi necessari per esercitarli », U. DESIERVOed altri, Note..., cit., 716.

(34) N. D’AMATI, Saggio..., cit., 849. In uno stato « pluralista » dove è unica la fonte della ricchezza nazionale cui attingono le rendite statuale e degli enti minori « nell’ipotesi particolare di cessione agli Enti locali di una quota-parte dei tributi statali è di non secondaria importanza il metodo seguito dagli organi centrali per assegnare tale quota agli Enti minori; e ciò, ovviamente, per il pericolo, sempre incombente, che elargizioni dall’alto provochino pratiche discri- minanti a carico degli Enti autonomi », 881. « Il sistema finanziario sarà costitu- zionalmente corretto e legittimo soltanto se assicurerà il più ampio margine di scelte autonome agli organi deliberanti degli enti autonomi, anche minori, sia in ordine al reperimento delle entrate sia alla determinazione e destinazione delle spese ». Pertanto « l’autonomia finanziaria è costituzionalmente garantita ai di- versi livelli di potere: centrale, regionale e locale, sia per quanto concerne l’entrata sia per quanto riguarda la spesa », R. GRACILI, Finanza..., cit., 991.

capacità di determinare le proprie entrate — o, meglio, di concor-

rere a determinare le proprie entrate — e di distribuire discrezio-

nalmente, pur se con limiti di vario genere le proprie spese. La

stessa autonomia sul piano contabile si risolve invece nell’autono-

mia di bilancio, intesa quale potere-dovere di approntare un piano

di entrate e spese autovincolante e limitante — ove necessario — le

situazioni soggettive altrui (

36

).

Su posizioni analoghe è chi ha visto nell’autonomia di indi-

rizzo politico delle regioni la potestà di gestire i mezzi finanziari a

mezzo di un proprio bilancio sulla base di un proprio complesso

normativo; solamente per le regioni — in quanto dotate di potestà

legislativa — esiste un rapporto fra legge sostanziale e legge di

bilancio, analogo a quello evidenziato per lo Stato. È essenzial-

mente in relazione alla gestione del bilancio che assume un signi-

ficato accettabile l’autonomia di indirizzo politico delle regioni, pur

tenendo presenti i limiti giuridici derivanti dalla potestà parlamen-

tare di coordinamento, statico e dinamico, della finanza regio-

nale (

37

). E mi pare che questo ragionamento indichi la linea più

concreta da condividere.

Chi ha posto invece l’accento sull’autonomia normativa pro-

pria degli enti locali ha ricondotto l’autonomia finanziaria nel

potere di emanare proprie norme finanziarie, in modo da attuare un

indirizzo politico-amministrativo, naturalmente entro determinati

limiti, per mezzo dello strumento finanziario (

38

).

(36) S. VALENTINI, Autonomia, cit., 648-649. L’autonomia finanziaria intesa « come sufficienza di mezzi per il perseguimento di un indirizzo politico regionale autonomo » si risolve « in autonomia di bilancio e quindi delle fonti di entrata e dei criteri di spesa al fine di responsabilizzare e stimolare i gestori della politica regionale », A. FANTOZZI, Tributi regionali, in Novissimo digesto italiano, Vol. XIX, UTET, Torino, 1973.

(37) S. BUSCEMA, Trattato..., cit., Vol. III, 23-24. In senso lato autonomia finanziaria può « intendersi la comune e necessaria autonomia di bilancio che, come prevede il diritto comune, è attribuita ad una qualsiasi società od ente — privato o pubblico — tassabile in base a bilancio ed avente personalità giuridica », C. ZOPPIS, Considerazioni sui « tributi propri » e sull’« autonomia tributaria » delle

regioni a statuto ordinario. In margine alla legge 16 maggio 1970, n. 281, in Bollettino tributario d’informazioni, 1970, n. 13, 1158.

(38) A. AMATUCCI, Bilanci..., cit., 388. La costituzione recepisce l’attività finanziaria come strumento non solo di redistribuzione, ma anche di programma- zione economica cioè nei medesimi termini in cui è stata elaborata dagli econo misti in tale periodo. Difatti, la regione dispone del potere-dovere di attuare un

Nell’opinione di altri, province e comuni, autonomi e preesi-

stenti alla Costituzione, ma che avevano già sperimentato gli effetti

riduttivi del disegno sulle autonomie locali, hanno visto assegnata

una « mera capacità finanziaria » (

39

) o una semplice « sufficienza di

mezzi » (

40

) ed il rinvio della disciplina finanziaria sia in termini di

esistenza che di estensione, alla legge statale (

41

).

L’autonomia finanziaria quale tratto strumentale dell’autono-

mia, è stata quindi un’espressione della capacità che possiedono gli

enti territoriali nel darsi un indirizzo politico-amministrativo pro-

prio e anche diverso da quello dello Stato. Sul piano dei rapporti

giuridici ciò significa che i modi della provvista dei mezzi debbono

risultare da una predeterminazione normativa; e che ogni giudizio

di valore in ordine al rapporto tra entrate e spese relative è frutto

proprio indirizzo politico, oltre che amministrativo, per mezzo dello strumento finanziario, al fine di operare proprie scelte in relazione alle particolari condizioni economiche regionali in continua evoluzione. Perciò, la costituzione proprio per rendere l’attività finanziaria strumento il più possibile efficace di programmazione