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L’esperienza italiana

2. La contabilità pubblica e una prima seria programmazione

2.2. L’esperienza italiana

In linea con gli altri Paesi ad economia di mercato, anche in

(24) « Il bilancio pluriennale non si impone soltanto al fine di disporre di un documento il cui orizzonte temporale risulti adeguato a quello di riferimento delle decisioni finanziarie, ma anche allo scopo di agevolare la traduzione delle spese programmatiche in scelte annuali », A. GUARINI, Il bilancio degli enti pub-

blici, F. Angeli, Milano, 1986, 154. « Pur prevedendo elaborazioni articolate che

vanno dal quadro di riferimento generale, macroeconomico, ai progetti sociali definenti l’area microeconomica di attività pubblica, alle leggi di spesa e ai bilanci (pluriennali e annuali), il coordinamento tra programmi e bilancio è visto nell’am- bito di un processo a cascata di momenti successivi della decisione in cui il bilancio è l’ultimo momento ma è anche quello che condiziona tutti i momenti decisori precedenti, essendo delegata al bilancio la definizione degli stanziamenti di spesa ». Le scelte e le decisioni del programma annuale, d’altronde, « riescono, in genere, più razionali e più attentamente ponderate, quando possano essere age- volmente inserite in un più ampio “contesto programmatico” in cui siano già stati indicati certi obiettivi di fondo, siano già state delineate le strategie da impiegare in un arco di tempo ultrannuale, siano già stati previsti gli andamenti di alcuni fenomeni economici, nonché di talune interessanti relazioni intercorrenti tra loro », P. CAPALDO, Il bilancio..., cit., 48. Sulle scelte e le procedure di bilancio nei rapporti tra esecutivo e Parlamento si veda anche P. DE IOANNA, Governo e

Parlamento nelle nuove procedure di bilancio: una prima verifica, in Stato e Regione, 1981, n. 1-2; e di recente P. DEIOANNA, G. FOTIA, Il bilancio dello Stato:

Italia l’approccio programmatico ai processi decisionali ha costi-

tuito un’alternativa ai tradizionali sistemi di elaborazione dei bi-

lanci pubblici utilizzati ai diversi livelli di governo.

È sotto questa luce che sono interpretabili gli interventi

legislativi che animarono il versante contabile della politica finan-

ziaria italiana nella metà degli anni settanta, quando si cominciò a

parlare di programmazione di bilancio nella gestione contabile

dello Stato e degli enti pubblici minori; di un metodo, cioè, in base

al quale si costruisce un rapporto concreto tra la pianificazione

delle attività ed il momento contabile.

Un tale momento era rintracciabile solo in alcuni orienta-

menti della dottrina, o in qualche documento di programmazione

economica (

25

), nel bilancio dello Stato, negli statuti di alcune

regioni (

26

) o nello studio dei problemi legati all’assetto istituzio-

nale della finanza e della spesa pubblica (

27

).

(25) Il « Progetto ’80 » inseriva nel programma 1971-1975 un bilancio previsionale quinquennale dello Stato, senza valore giuridico di autorizzazione di spesa ma punto di riferimento per le indicazioni di copertura della spesa e da aggiornare annualmente in sede di relazione previsionale e programmatica.

(26) È « un dato comune a quasi tutti gli Statuti la riaffermazione esplicita o implicita dell’opzione metodologica per le tecniche di gestione programmata, e la scelta in favore di regole vincolanti nell’ambito del procedimento di gestione ». Meno evidente è invece « il collegamento della gestione finanziaria regionale con la programmazione nazionale » che « discende, peraltro, indirettamente, come collegamento di secondo grado, da quelle disposizioni statutarie che impongono di tenere conto, in sede di programmazione regionale, degli indirizzi e dei precetti derivanti dalla attività programmatoria dello Stato », G.C. MORETTI, Principi..., cit., 298-299. È indubbio comunque « che dagli statuti emerge una netta indicazione nel senso della adozione di un ordinamento contabile che consenta il massimo di collegamento e di coerenza fra bilancio, gestione della spesa e strumenti program- matici », V. ONIDA, Problemi..., cit., 906.

(27) Sulle principali proposte di riforma incentrate sui problemi istituzio- nali della sfera pubblica, cfr. G. MARCON, Bilancio..., cit., 273 ss. che ricorda le proposte avanzate dal « Comitato internazionale di studio sui problemi dell’art. 81 Cost. » e dal « Comitato per l’indagine conoscitiva sui problemi della spesa e della contabilità pubblica » e quelle contenute nel « Rapporto preliminare al pro- gramma economico nazionale 1971-1975 » (Progetto ’80), nel « Programma eco- nomico nazionale 1971-1975 », e nel « Rapporto sulla programmazione ».

« La programmazione sottolinea l’esigenza di una classificazione e dell’im- piego di tecniche che rendano possibile il trasferimento dei risultati dal quadro di riferimento generale della contabilità economica nazionale nei documenti consun- tivi e preventivi che riguardano il sistema della finanza pubblica », M. CARABBA,

1.

Se si guarda ancora più indietro, un principio di collega-

mento tra programmazione e contabilità lo si rinviene già nella

legge 1

o

marzo 1964, n. 62 (legge Curti), in base alla quale l’im-

pianto contabile dello Stato (e subito dopo quello delle province e

dei comuni) risultò orientato da criteri « economico-funzionali »,

capaci di indicare il contributo del settore pubblico allo sviluppo del

sistema economico, in una prospettiva di raccordo con i conti

economici nazionali (

28

); fattori istituzionali e prassi consolidate nel

tempo, al limite anche dei principi che l’art. 81 (commi 3 e 4) Cost.

ha dettato in materia di leggi di spesa e bilancio, tuttavia, hanno

impedito qualsiasi tentativo di qualificazione della spesa pubblica e

di analisi dei suoi effetti nel quadro della politica economica.

Per questo motivo l’avvio della programmazione di bilancio

ha assunto in Italia aspetti in qualche modo particolari, soprattutto

perché orientata sui rapporti tra la legislazione di spesa ed il

disegno costituzionale, oltre che sulla necessità di lasciare alla

decisione di bilancio anche uno spazio per le scelte di politica

economica (

29

).

(28) In quegli anni era in discussione al Parlamento il progetto di pro- gramma di sviluppo economico per il quinquennio 1966-70, poi approvato con la legge « 685 ». « La classificazione funzionale rappresenta solo un primo elemento del bilancio funzionale che si caratterizza anche per altri indispensabili elementi ». Nonostante abbia introdotto nel bilancio dello Stato la classificazione funzionale delle spese la legge « 62 » « non ha stabilito l’adozione del bilancio funzionale, anche se ne ha posto le premesse. Il bilancio funzionale indica non solo quanto si dovrà spendere ma che cosa si dovrà fare con l’impiego degli stanziamenti di bilancio, esprimendo per quanto possibile questa attività in termini quantitativi ed indicando quale sarà il costo, complessivo ed unitario, delle attività da compiere », R. ONOFRI, Programmazione..., cit., 89.

(29) « Nella materia della contabilità pubblica (...) all’abbondanza di af- fermazioni anche assai autorevoli e impegnative circa la necessità di procedere a profonde e generali innovazioni fa riscontro una straordinaria “vischiosità ” del sistema normativo vigente: un edificio — quello della legge di contabilità — il cui impianto fondamentale ha basi ormai ultrasecolari, che pare sempre sul punto di essere sottoposto a radicali revisioni, ed invece resiste sostanzialmente immutato, subendo solo modifiche magari significative, ma di dettaglio, e una evoluzione affidata largamente alla prassi », V. ONIDA, Una legge quadro sulla contabilità

regionale?, in Le Regioni, 1974, n. 4-5, 677. « Per un controllo della finanza

pubblica, era necessario in primo luogo influire sui meccanismi istituzionali che determinano la spesa ed al tempo stesso delimitare i confini del settore pubblico verso cui la spesa principalmente si rivolge », C. CONTE, Programmazione..., cit., 259. Sui collegamenti tra il sistema di politica economica programmata e program-

2.

È stato affermato che nelle eseperienza dei maggiori Stati

industriali le programmazioni di bilancio sono venute ponendosi al

centro dei meccanismi di governo dell’economia, come fondamen-

tale punto programmatico per l’azione dei poteri pubblici (

30

). Ed

è piuttosto vero che negli anni sessanta la politica di bilancio si era

già posta al centro degli indirizzi di politica economica, come sede

principale per manovre anticongiunturali di breve periodo e per il

contenimento del disavanzo, se pur modesto, attraverso il controllo

della spesa pubblica.

Di tutte le riforme contabili introdotte in quegli anni solo la

legge 19 maggio 1976, n. 335 ha operato un approccio del PPBS,

assegnando ad ogni istituto della programmazione di bilancio un

adeguato riscontro normativo ed il rilievo politico, economico,

finanziario e contabile che gli è proprio (

31

).

mazione di bilancio anche A. CHIANONE, I compiti delle imprese pubbliche in un

sistema di bilancio per programmi, in Economia pubblica, 1972, n. 10, 11 ss., F.

FORTE, La programmazione della spesa pubblica, in Economia pubblica, 1972, n. 1-2, 3 ss.

(30) Cfr. M. CARABBA, Programmazione economica, in Enciclopedia del

diritto, vol. XXXVI, Giuffrè, 1987, 1140. « Dal punto di vista istituzionale, del

resto, il “bilancio dello Stato” costituisce storicamente il primo esempio di pro- grammazione della sfera pubblica ». « La necessità di enucleare dagli elementi del programma economico, i dati relativi alla finanza statale e di poterli poi comparare in termini di effettiva gestione, avevano quindi suggerito alla dottrina di avviare ricerche sulla possibilità di applicare il metodo di programmazione di bilancio, attraverso la predisposizione di un bilancio annuale di cassa e di un bilancio pluriennale », A. MONORCHIO, Note sulla programmazione della spesa pubblica in

Italia, in Amministrazione e contabilità dello Stato e degli Enti Pubblici, 1980, n.

1-2, 45.

(31) « Le esigenze che emergono a livello regionale (...) sono in gran parte le stesse che si affermano a livello statale, ponendo il problema (...) di radicali riforme dello stesso ordinamento contabile dello Stato. In primo luogo si manife- sta l’esigenza di provvedere strumenti idonei a realizzare i criteri e i metodi della programmazione », V. ONIDA, Problemi..., cit., 908. D’altronde « la legge-quadro sulla contabilità regionale non costituisce atto a sé stante, di mera disciplina di una parte della contabilità pubblica, bensì complesso di norme che, in forza del principio costituzionale sul coordinamento previsto dall’art. 119, comma 1, si integra con quelli dettati per lo Stato e per le minori autonomie locali », M. BERTOLISSI, La legge quadro sulla contabilità regionale, in Le Regioni, 1981, n. 1, 35. Sul punto cfr., E. BUGLIONE, Il bilancio dello Stato e delle Regioni nella prospettiva

di una moderna legge sulla contabilità, comunicazione al Convegno, Stato attuale...,

cit., 587 ss. Tra i primi studi sulla programmazione di bilancio delle regioni cfr., G. ZANDANO, Considerazioni critiche sulla applicabilità del PPBS al bilancio dell’ente

L’interesse che maturava attorno alle regioni, d’altronde, non

poteva che favorire un disegno contabile adeguato alle funzioni di

sviluppo, programmazione generale e coordinamento per gli enti

locali infraregionali (

32

).

3.

Per quanto concerne lo Stato, l’assenza di un programma

economico vero e proprio può aver determinato il riferimento

legislativo al bilancio pluriennale (in versione programmatica)

come documento che ha un aggancio ai « vincoli del quadro eco-

nomico generale » ed a queli « indirizzi di politica economica

nazionale » che emergono dalla « relazione previsionale e program-

matica » predisposti per l’anno successivo (

33

); o, addirittura, aver

promosso una funzione programmatoria della contabilità fino a

quel momento del tutto sconosciuta, come sostenuto in alcune

posizioni della dottrina (

34

).

Regione: il caso della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, in Saggi sulla spesa pubblica locale, Giuffrè, Milano, 1975, 75 ss.

(32) « Una meccanica applicazione del PPBS ai bilanci regionali si scontra con una serie di vincoli, istituzionali ed operativi, che limitano la possibilità per le regioni di realizzare una autentica politica di bilancio » e che quindi « sorgono non pochi dubbi sull’opportunità di strutturare per categorie programmatiche l’intero bilancio regionale ». È però « possibile individuare alcuni settorichiave della programmazione regionale e per questi definire (in modo analiticamente signifi- cativo) alcuni progetti », G. VACIAGO, Programmazione..., cit., 18-19. Cfr., anche G. SARTORATI, Programmazione di bilancio a livello regionale e locale, Rapporto

preliminare, Ilses, Milano, 1969. Un’analisi del sistema di programmazione conte-

nuto nella legge « 335 » è svolta da G. MARCON, Il sistema contabile delle regioni a

statuto ordinario, G. Giappichelli, Torino, 1990, ID., Il bilancio regionale come

strumento della programmazione, in M. COLLEVECCHIO(a cura di), Il bilancio delle

regioni come strumento di governo, Cedam, Padova, 1989.

(33) La versione programmatica del bilancio pluriennale « avrebbe dovuto offrire una versione complessiva e prospettica del quadro delle risorse e degli impieghi per l’arco temporale considerato, al quale riferire la politica di bilancio di tutto il settore pubblico per una più corretta prospettiva di equilibrio e di armonizzazione con le necessità del settore privato », C. CONTE, Programma-

zione..., cit., 262.

(34) « Appare codificato il canone fondamentale della tecnica di program- mazione che raccorda la struttura del bilancio con la scelta programmatoria per il tramite della decisione legislativa » e che « in pressoché totale carenza di indirizzi di politica economica generale, la contabilità finanziaria delle Regioni prima, e quella dello Stato, successivamente, è stata modellata così da costringere al- l’espressione di una programmazione », A. BARETTONIARLERI, Aspetti..., cit., 30, 140. Per quanto concerne il bilancio pluriennale dello Stato la prima proposta è stata quella del « Progetto ’80 » che inseriva il documento, di durata quinquennale,

Questa funzione della quale sono titolari lo Stato e le regioni

trova fondamento nella legge n. 468 del 5 agosto 1978, (che ha

riformato alcune norme di contabilità generale dello Stato in ma-

teria di bilancio (

35

)), nella legge n. 335 del 1976 relativa alle

regioni (

36

) e nel D.P.R. 19 giugno 1979, n. 421, che ha coordinato

la contabilità delle province e dei comuni con quella dello Stato e

delle regioni, stabilendo anche il principio del pareggio per le

previsioni del bilancio di competenza (

37

).

È nella relazione previsionale e programmatica che la legge n.

468 del 1978 ha ricondotto il disegno economico di programma-

zione, definendo gli obietti macroeconomici e la manovra di finanza

pubblica da realizzare con la legge finanziaria ed il bilancio annuale

e pluriennale; nello stesso documento è racchiusa la programma-

zione del settore pubblico con l’insieme delle relazioni program-

matiche e delle informazioni sulle politiche di settore.

nel programma economico nazionale, quale punto di riferimento per le indicazioni di copertura della legislazione di spesa. All’interno della Relazione previsionale e programmatica avveniva invece l’aggiornamento annuale del documento.

(35) Una prima analisi della legge « 468 » è svolta da P. RICCI, M.T. SALVEMINI, E. ZAGHINI, La riforma del Bilancio, Roma, 1978.

(36) « Un rinnovamento dell’impostazione contabile e finanziaria non può aver inizio se non contestando il valore attribuito al principio dell’unità ammini- strativa statale (...) Il principio è coevo allo stato di diritto, come tipo giuridico di stato, nel quale la fedeltà formale dell’amministrazione alla legge è principio fondamentale, e l’organizzazione dei soggetti amministrativi, nella sua effettività e più ancora nelle sue regole, integra, talora modificandoli, i precetti legislativi ». L’unità dell’ordinamento amministrativo diviene così un passaggio necessario per verificare la legalità dell’azione amministrativa », G. BERTI, Note..., cit., 1035.

(37) « Sembra al riguardo potersi affermare che proprio dall’esigenza di dimensionare i costi alle risorse nasce il presupposto minimo di una effettiva programmazione; in sostanza proprio attraverso l’individuazione, anche priorita- ria, dei servizi e della qualità e quantità delle prestazioni erogate relative, degli investimenti nel loro complesso e di ogni altro intervento dell’ente territoriale si realizza quel processo di scelte che concreta una, sia pure embrionale, program- mazione. In un contesto, così, di tradizionale latenza di una programmazione di obiettivi a livello più alto, si è realizzato lo strumento intermedio contabile della programmazione finanziaria che se da un lato costringe alle scelte suddette con metodo deduttivo dall’altro affida ad esso, proprio per l’intermediazione del tratto finanziario, la stessa realizzazione del processo programmatorio ». A. BARETTONI ARLERI, Aspetti..., cit., 32. Una sintesi dell’assetto programmatorio negli enti territoriali è fornita da L. MATTEUZZIMAZZONI, La programmazione economico-

finanziaria negli enti territoriali nazionali, in Studi in onore di G. Vignocchi,

In definitiva è possibile affermare che il legislatore aveva

compiuto uno sforzo significativo sul terreno della disciplina di

bilancio, ma anche nell’ordine dei meccanismi che i singoli livelli di

governo utilizzano nell’ambito delle loro gestioni programmate.

In particolare, è partendo dalla « normalizzazione » che si può

giungere all’esperienza della programmazione di bilancio negli enti

locali, come è venuta affiorando negli strumenti contabili varati

dalla legge n. 335 del 1976.