2. La contabilità pubblica e una prima seria programmazione
2.1. Profili metodologici
Nei processi decisionali che orientano la formazione dei bi-
lanci pubblici qualsiasi innovazione è condizionata dal sistema
economico e particolarmente dalla dinamica della spesa pub-
blica (
14).
È altrettanto vero che le metodologie per la costruzione dei
bilanci pubblici hanno conosciuto, in tutti i paesi industrializzati ed
a partire dagli anni ’50, un progressivo interesse per il metodo
programmatico che, assieme al metodo incrementale, costituisce
ancora oggi il principale filone di ricerca (
15). Il successo dell’ap
cui esso è in grado di realizzarla (...) Di conseguenza, il bilancio regionale è vincolato soltanto alle linee fondamentali della politica economica scelta attra- verso il bilancio statale. Entro tali limiti la costituzione prescrive che il bilancio regionale esprima un indirizzo politico proprio ed autonomo rispetto all’indirizzo politico scelto nello stesso periodo dalla maggioranza parlamentare (...) Il bilancio regionale appare così, alla luce del concetto di autonomia finanziaria di cui all’art. 119 Cost., uno strumento il più possibile efficace di programmazione economica », A. AMATUCCI, Bilanci..., cit., 396 ss.(13) Gli statuti pu mancando riferimenti espliciti segnalano con sufficiente chiarezza la competenza della Giunta a gestire il bilancio.
(14) Su questi aspetti cfr. N. PARMENTOLA, Origine e crisi della programma-
zione di bilancio, F. Angeli, Milano, 1981. « I rapporti tra bilancio e sistema
economico possono pertanto essere interpretati in funzione anche di una migliore conoscenza delle politiche di spesa pubblica realmente perseguite, in quanto sono state queste ultime che hanno finito per influire sui processi di formazione dei bilanci pubblici e sulla conseguente definizione dei connessi obbiettivi », 17.
(15) La programmazione, nelle aziende pubbliche « deve adempiere di norma le stesse funzioni che le vengono assegnate nelle aziende di produzione. In entrambi gli ordini di aziende, infatti, la programmazione deve contribuire a
proccio programmatico, d’altronde, è riconducibile principalmente
ad una serie di limiti del metodo incrementale, il quale non è
riuscito a proporre adeguate soluzioni.
In Italia, ma anche in altri Paesi ad economia sociale di
mercato, i limiti riguardavano essenzialmente la logica incremen-
tale ed aggregativa degli stanziamenti di spesa, nell’ambito di un
processo decisionale che si sviluppa dal basso verso l’alto e che
estende le previsioni entro un breve orizzonte temporale; anche il
collegamento del bilancio al programma economico di riferimento
ed al sistema degli obiettivi restava incerto. Problemi affioravano
inoltre nei criteri di classificazione delle poste contabili, nella
considerazione degli aspetti economici della gestione e per il con-
trollo di legittimità nella gestione del bilancio (
16).
1.
Sul piano metodologico la programmazione di bilancio ha
poi assunto metodologie diverse nei vari Paesi, già dagli anni
cinquanta, tenendo presenti le loro condizioni politiche ed econo-
miche. La costruzione di un bilancio funzionale (performance bud-
rendere razionali le decisioni in rapporto ai fini da raggiungere (...) e a far sì che in sede di attuazione delle decisioni stesse si operi nel costante rispetto dell’effi- cienza ». La differenza tra i due ordini di aziende consiste che nelle prime « la programmazione ha — tra gli altri — l’importantissimo scopo di assicurare agli organi del potere legislativo il controllo sugli organi del potere esecutivo », P. CAPALDO, Il bilancio dello Stato nel sistema della programmazione economica, Giuffrè, Milano, 1973, 46. Sul tema si vedano gli approfondimenti autorevoli di L. CAVALLINICADEDDU, La contabilità degli enti territoriali, in Contabilità dello Statoe degli enti pubblici, Giappichelli, Torino, 1993, 249.
(16) L’analisi delle carenze delle strutture dei bilanci pubblici è svolta da G. ZANDANO, Alcune considerazioni critiche sulla rilevanza del PPBS per gli enti
locali italiani, in Note economiche, 1991, n. 5: « In uno stato costruito per intero
intorno alla costante verifica della sovranità ad ogni livello dell’azione pubblica, i procedimenti di contabilità non spiegano altra funzione che quella di estendere detta verifica all’uso, da parte dell’amministrazione, dei mezzi occorrenti a dare contenuto agli atti sostanziali. La contabilità può dirsi allora meglio validità contabile, ma sempre validità giuridica, per cui essa altro non definisce che uno dei punti di riferimento per l’esercizio dei controlli sulla legittimità della azione amministrativa », G. BERTI, Note introduttive alla contabilità regionale, in Riv. trim.
dir. pubbl., 1974, n. 3, 1030. « È dunque l’impostazione tradizionale della legisla-
zione e delle istituzioni amministrative in sé e per sé prima che dell’aspetto finanziario che obbedisce all’idea di garanzia, di tutela, di limite e che si disinte- ressa della rispondenza effettiva della macchina amministrativa alla realizzazione dei suoi compiti, al conseguimento degli obiettivi per cui è creata », U. ALLEGRETTI,
get), in alternativa ai metodi tradizionali ed in particolare del
metodo incrementale, è rintracciabile però soltanto nel Planning
Programming and Budgeting System (PPBS), sperimentato negli
Stati Uniti negli anni sessanta (
17).
Nella costruzione di un bilancio funzionale il disegno pro-
grammatorio è articolabile d’altronde per fasi successive, colle-
gando le scelte politiche con un sistema di bilancio del tutto nuovo.
Questo nuovo sistema di bilancio recepiva comunque la di-
stinzione, di fonte anglosassone, tra « piano » e « programma »: una
distinzione però non riferita ai differenti strumenti impiegabili per
raggiungere gli obiettivi del programma, ma rapportata, invece, al
contenuto del relativo documento. In tal modo, alla pianificazione
(planning) si assegna il compito di scegliere i fini dell’azione pro-
grammata, mentre alla programmazione (programming) si assegna
quello di combinare i mezzi che vengono destinati al perseguimento
di quei fini; mentre il « piano » indica gli obiettivi da raggiungere il
« programma » illustra gli strumenti e le modalità per raggiungere
gli obiettivi che il piano indica (
18). Si sperimentavano, in sostanza,
le prime forme di controllo gestionale negli enti pubblici.
D’altronde, il disegno parte da una pianificazione strategica,
(planning), a contenuto prevalentemente politico e nel cui ambito
(17) Un’ampia bibliografia sul tema è fornita da U. ALLEGRETTI, C. CASA- ROSA, S. CASSESE, Studi recenti sul procedimento e sulla programmazione di bilancionegli Stati Uniti, in Riv. trim. dir. pubbl., 1973, n. 2, 1011 ss.
(18) R. ONOFRI, Programmazione e bilancio, Giuffrè, Milano, 1970, 15-16. A proposito della differenza tra piani e programmi C. BENTIVENGA, Elementi di
contabilità pubblica, Vol. I, Giuffrè, Milano, 1982, 89, nota che ai primi alcune
pronunce della Corte costituzionale hanno attribuito maggiore ampiezza e gene- ricità . La distinzione potrebbe fondarsi anche sul riferimento a più lunghi periodi di tempo dei piani rispetto ai programmi. Spetterebbe al piano quindi « di enunciare dopo avere stabilito le misure atte al conseguimento di determinati fini generali i principi direttivi e di coordinamento volti all’attuazione di quei fini, mentre dovrebbe spettare al programma, di periodo più breve, indicare più dettagliatamente e con forza più o meno coercitiva, le forme e i mezzi di realizzazione dei modelli di sviluppo previsti dal piano, nonché l’entità dei mezzi disponibili calcolati sulla base « della prevista formazione delle riserve economi- che e finanziarie ». In effetti, nelle dottrine economiche, secondo taluni studiosi pianificazione e programmazione rispondono a concetti differenziati; ma comune- mente il legislatore adopera i due termini indifferentemente e anche se in alcune disposizioni (particolarmente nelle leggi regionali) sembrano impiegate con signi- ficazioni diverse (...) sta di fatto che la normativa non ne precisa i rispettivi contenuti ».
si stabiliscono gli obiettivi da centrare nel medio-lungo periodo, in
funzione dei bisogni sulla base di scelte prioritarie, partendo da
condizioni economiche e sociali accertate e tenendo conto delle
linee di tendenza e delle peculiarità presenti nell’area interessata.
Si comprende quindi bene che in questa fase il « piano » era già in
realtà, un « sistema » di decisioni già collegato ad obiettivi speci-
fici (
19).
2.
Nella fase successiva, quella della programmazione (pro-
gramming), gli obiettivi vengono perseguiti con azioni concrete,
partendo da programmi o progetti specifici, ciascuno dei quali ha un
proprio obiettivo, intermedio e funzionale a quello conclusivo (
20).
In questa fase è indispensabile disporre di un « sistema infor-
mativo », con indicatori associati ai programmi e che spinge le
proprie analisi nei dati economici, finanziari, sociali e di prodotto.
Così si impostano programmi di intervento, partendo dal-
l’analisi dei dati e giungendo a risultati vantaggiosi, tranto per gli
effetti interni quanto per le quantità prodotte, per i costi e per i
risultati.
Si tratta anche di non perdere mai di vista quei livelli di
(19) « Gli obiettivi risulteranno fra loro indipendenti, complementari o in conflitto (e in diverso grado) a seconda delle caratteristiche degli effetti che sugli stessi hanno i diversi strumenti. Di qui l’importanza di un’analisi della efficienzarelativa dei diversi strumenti, al fine di valutare i riflessi sull’effettiva realizzabilità
di più obiettivi », G. VACIAGO, La programmazione dei flussi finanziari, Il Mulino, Bologna, 1983, 39-79. « La scelta della strategia, invero, è un “fatto politico” — di importanza probabilmente pari alla identificazione degli obiettivi da raggiungere — e come tale non può di certo essere delegata all’esecutivo », P. CAPALDO, Il
bilancio..., cit., 46. In tal senso si veda anche e soprattutto, F. ZACCARIA, Conti
pubblici..., cit., 148-152.
(20) « I programmi di settore potrebbero essere quei raggruppamenti di spesa che organizzano in sistema azioni e interventi compresi nella stessa area di intervento e omogenei per subfinalizzazione rispetto a un qualche obiettivo più generale (...) In via normale un progetto persegue finalità intersettoriali e presenta più accentuate prospettive concrete di attuazione (o quanto meno di avvio) a breve e medio termine », G. CASALE, Struttura e contenuto del bilancio pluriennale
e formazione delle leggi di spesa, in Le nuove normative di contabilità, QR, Formez
n. 21, 1978, 53-54. C. BORRA, Legge quadro sulla contabilità regionale e program-
mazione, in Stato e regione, 1977, n. 4-5, distingue l’obiettivo di base per la
realizzazione dell’obiettivo di fondo o obiettivo di lungo periodo, che è riferito al centro di programmazione generale, 52. P. CAPALDO, Il bilancio..., cit., parla in proposito di « programmazione integrata che si articola in più programmi (o piani o preventivi) tra loro opportunamente coordinati », 47.
efficacia, efficienza ed economicità che sono impliciti per l’uso di
risorse prelevate coattivamente dalla collettività attraverso l’impo-
sizione fiscale. Ed in questa fase, quanto più raffinate erano le
tecniche di analisi economica del tipo costi-benefici, costi-efficacia
e costi-risultati, tanto più il processo decisionale assumeva conte-
nuti importanti, lontani dalle valutazioni soltanto politiche (
21).
3.
Bisognava immaginare anche una « struttura di pro-
gramma » che comprendesse l’attività da svolgere, ma assegnando
le risorse finanziarie ad interventi di spesa specifici catalogabili in
categorie, sottocategorie o elementi di programma.
Quest’ultima fase doveva però chiudersi con una serie di
adempimenti, la cui impronta fosse esclusivamente quella di una
« programmazione finanziaria » (
22); dove, cioè, i « programmi »
(21) La programmazione di bilancio « costituisce uno strumento di poten- ziamento della funzione politica esercitabile ad un livello di conoscenza (e quindi di coscienza) molto più elevato. I momenti chiave, cioè quelli della definizione degli obiettivi e della scelta tra i programmi alternativi, restano specificatamente nelle mani dell’organo politico il quale può svolgere più compiutamente su elementi sostanziali la sua funzione di indirizzo e di controllo sull’attività ammi- nistrativa ad esso sottoposta ». E. BORGONOVI, I bilanci..., cit., 12. Le analisi programmatorie hanno quindi lo scopo di conferire razionalità ai processi deci- sionali. È « necessario prendere atto, all’interno di qualsivoglia processo di analisi economica, in via preliminare, dei vincoli di fattibilità politica. (...) Ammessa la possibilità di raccogliere e coordinare le informazioni necessarie (...) ciò che manca è la capacità di tradurre la conoscenza in volizione, cioè di individuare con adeguata lucidità i fini e di verificare la compatibilità tra le linee di azione che si ritiene di poter porre in atto », F. PICA, Finalità, funzione e limiti dei bilanciregionali, in AA.VV., Il bilancio pluriennale nel sistema della finanza locale, ISAS, Palermo, 1981, 24. « Ove le aspirazioni prevalessero sulle analisi tecniche, poiché esiste un processo di diffusione e di imitazione delle aspirazioni, vi è il rischio che gli indirizzi produttivi, le decisioni di ristrutturazione, le scelte di specializzazione siano pressoché gli stessi ovunque », A. MARZANO, Procedure di programmazione
regionale (recenti esperienze), in Rassegna economica, 1979, n. 6, 1362. È interes-
sante l’esperienza del Fio (fondo investimenti e occupazione) dove i riparti delle risorse proposti dal nucleo di valutazione sulla base di criteri tecnici ed economici « hanno ben presto finito per suscitare le preoccupazioni del potere politico e, quindi, modifiche sostanziali volte a consentire l’afflusso di fondi verso certe regioni indipendentemente dalla validità del progetto presentato o dall’esistenza stessa di un progetto », E. BUGLIONE, Innovazioni nel sistema finanziario Stato-
regioni, in Economia pubblica, 1988, n. 3, 143.
(22) « La programmazione finanziaria è l’unico elemento al quale non corrisponde alcun documento; perciò potrebbe essere soltanto una « fase » del processo programmatorio. Ma sarebbe sempre una fase necessaria; senza tutte le
erano scelti ed i « progetti » erano illustrati secondo linee di svi-
luppo socio-economico, ambientale e territoriale, ma riferiti a cifre
da spendere ed alle risorse che le finanziavano.
Solo a questo punto si può affrontare il passaggio successivo,
quello che collega la programmazione alla contabilità dell’ente
pubblico e che conduce nell’ultima fase (budgeting) del disegno
programmatorio di quegli anni.
4.
A questo punto è possibile, infatti, allestire il « bilancio
pluriennale », dove la serie dei valori assume la forma di « poste
contabili » di entrata e di spesa, nel quadro delle risorse finanziarie
da reperire e delle spese che realizzano i programmi e progetti di
attività.
Si tratta di costruire un percorso finanziario costruito su
programmi attendibili e su obiettivi perseguibili nell’ambito degli
equilibri contabili che il bilancio pluriennale viene segnalando per
l’intero periodo della sua durata ma anche per ogni singolo suo
anno (
23).
Diventa sostenibile anche l’ipotesi dell’equilibrio contabile
nel « bilancio di previsione annuale », inteso come « estratto » del
indicazioni e le quantificazioni che essa offre non sarebbe infatti tentabile, ed ancor meno realizzabile, il raccordo tra il programma di sviluppo, la cui impronta è nettamente socio-economica, ed i bilanci di previsione pluriennale ed annuale che prima guidano e poi attuano le azioni finanziarie » A. GABOARDI, Introduzioneal bilancio pluriennale, in Stato e regioni, 1976, n. 6, 97. « La programmazione è la
fase dei « calcoli » che occorrono quando si vuol costruire un bilancio pluriennale ragionevole, indicandovi cioè stime e fabbisogni finanziari che scaturiscono da conteggi più o meno elaborati », ID., Programmazione e contabilità negli enti locali, relazione al VoConvegno nazionale di contabilità pubblica, Aspetti funzionali ed
organizzativi della programmazione, in Amministrazione e contabilità dello Stato e degli Enti Pubblici, 1980, n. 5-6, 404. La programmazione economica « si rivolge
all’identificazione delle grandezze economiche (consumi, investimenti, risparmi, forza lavoro, ecc.) ed alla definizione delle azioni da intraprendere per ottenere i risultati prefissati e sperati »; la programmazione finanziaria « considera l’accer- tamento, la predisposizione e la compatibilità delle entità finanziarie necessarie alla bisogna », C. CONTE, Programmazione e spesa pubblica, in Riv. dir. fin. e sc.
fin., 1988, 256.
(23) « La costruzione del bilancio pluriennale è un momento di sintesi, rispetto alla programmazione finanziaria che era un momento di analisi; una sintesi, però, nel senso che il bilancio pluriennale riceve cifre che sono il risultato di valutazioni e di calcoli compiuti per determinarle ». A. GABOARDI, Introdu-