• Non ci sono risultati.

L’indirizzo ed il coordinamento statale

3. Gli sviluppi del coordinamento

3.2. L’indirizzo ed il coordinamento statale

Accanto al modello costituzionale dei rapporti tra lo Stato e le

regioni, la legislazione ordinaria ha delineato anche il modello

basato sulla funzione di indirizzo e coordinamento, introdotto

dall’art. 17 della legge n. 281 del 1970.

Venne stabilito che nel trasferire le attribuzioni di compe-

tenza degli organi centrali e periferici statali nelle materie di

competenza regionale lo Stato esercitava la funzione per le attività

che attenevano ad esigenze di carattere unitario, soprattutto con

riferimento agli obiettivi del programma economico nazionale ed

agli impegni derivanti dagli obblighi internazionali (

85

).

In un primo momento la funzione fu vista con sfavore da

coloro che vedevano in essa non soltanto la preminenza del potere

statuale nelle scelte programmatorie, ma anche addirittura un

limite all’autonomia della stessa attività amministrativa regionale,

posto che l’esercizio della funzione si sarebbe estrinsecato in atti di

alta amministrazione del potere centrale (

86

). Per l’intermediazione

della materia cui era rigidamente connessa e in funzione della quale

di un determinato anno finanziario ». La compressione dell’autonomia impositiva è di per sé indice riduttivo delle libere e autonome scelte di autodeterminazione in qualsiasi ente locale.

(85) « La necessaria genericità dei criteri fissati per la delega al governo, inevitabile, trattandosi del trasferimento globale di tutte le funzioni più o meno eterogenee di competenza regionale, lascerà uno spazio relativamente ampio entro cui i decreti delegati potranno operare: ne risulterà in concreto la possibilità di realizzare in misura più o meno ampia l’autonomia amministrativa delle regioni, soprattutto con riferimento al rispetto delle esigenze di carattere unitario (che rimangono di esclusiva competenza statale) ed ai casi di delega delle funzioni in base all’ex art. 118 Cost. », A. FANTOZZI, Tributi..., cit. La funzione di indirizzo e coordinamento venne introdotta per « superare il criterio secondo cui alle Regioni dovessero essere devolute le sole funzioni aventi un livello di “interesse regionale”, per riservare allo Stato, pur nelle materie regionali, quelle inerenti al livello di “interesse statale”, E. GIZZI, Regione, in Digesto, Sez. dir. pubblico.

(86) A. BARETTONI ARLERI, Aspetti..., cit., 127. « La dottrina si buttò a capofitto a dibattere sulla sua nozione, sul suo fondamento, sulla natura degli atti di esercizio relativi, sul loro contenuto, sui destinatari, sugli organi amministrativi legittimati, sulle procedure, sulla efficacia degli atti, sulla tutela in ordine ad essi. Questa nebulosa dottrina (...) assecondò in pieno il disegno, consapevole o inconsapevole ch’esso fosse, di attrarre anche l’attività finanziaria delle Regioni sotto il coperchio della “funzione di indirizzo e coordinamento” che doveva invece attenere alle attribuzioni nelle materie trasferite ex art. 117 Cost. », 87.

era ripartita (

87

), il risultato concreto è che anche la spesa regionale

risultò attratta nella funzione di indirizzo e coordinamento (

88

).

Un’importante sentenza della Corte costituzionale (n. 39 del

1971) interpretò l’indirizzo ed il coordinamento statale, disposti con

legge, come un modo per rendere esplicito l’interesse nazionale,

quale limite dell’attività legislativa delle regioni nelle materie di

competenza (

89

).

La funzione di indirizzo e coordinamento ha avuto poi attua-

zione con i decreti delegati del 1972, che videro un recupero del

ruolo delle amministrazioni statali, attraverso la delega al presi-

dente del Consiglio dei ministri e al ministro competente (

90

).

(87) A. BARETTONIARLERI, Aspetti..., cit., 127. Posto che la funzione venne congegnata « come fondamento e giustificazione di quella gamma di competenze ritenute allo Stato per effetto dei decreti di trasferimento » e che « la loro natura e il loro ambito di esplicazione finì per legittimarne l’esercizio non solo con atti dell’esecutivo, collegiali del governo ma addirittura con direttive amministrative » si ebbe « che solo l’attività finanziaria di spesa fosse assoggettabile ad una funzione di indirizzo oltre che di coordinamento, ma che il suo esercizio potesse essere attribuzione del governo o del singolo ministro », 87-88.

(88) Circa la composizione delle competenze tra centro e periferia il problema si pone « come ristrutturazione dei ministeri, con attribuzione alle regioni di corpi organici di materie, se necessario usando lo strumento della delega », M.S. GIANNINI, L’esperienza regionale all’aprile 1971, in Riv. trim. dir.

pubbl., 1971, n. 2, 233. Una delle interpretazioni dell’art. 17 era quella dei ministeri

interessati secondo cui si tratta di un modello che « regola i rapporti, a livello governativo e a quello amministrativo, tra Governo e amministrazioni centrali e Governo e amministrazioni regionali » e che « appare probabile una non soluzione con pianificazioni amministrative centrali correnti parallele a pianificazioni legi- slative regionali — le seconde più forti per l’efficacia formale, le prime più forti per i mezzi finanziari di cui disporranno — e la Corte costituzionale chiamata a stabilire un difficile equilibrio tra la forza della legge e quella del denaro », S. CASSESE, Le pianificazioni..., cit., 433-434.

(89) Sent. n. 4 marzo 1971, n. 39, in Giur. Cost., 1971, 182 ss. e ivi L. PALADIN, Sulle funzioni statali di indirizzo e di coordinamento nelle materie di

competenza regionale.

(90) « Questo recupero del ruolo dei singoli ministri era appunto ciò che la prevalente dottrina considerava confliggente rispetto al programma di riqualifica- zione dell’amministrazione centrale tracciato dall’art. 17 della legge finanziaria ». Con il rischio « di un riprodursi a livello regionale delle settorializzazioni da cui è afflitto l’apparato centrale con una prevedibile secca sconfitta del principio, contenuto in quasi tutti gli statuti, della “programmazione come metodo perma- nente dell’azione regionale” ». Inoltre i decreti del 1972 circoscrivono nell’ambito dell’indirizzo « quel minimo di garanzie rispetto al problema di chi dovesse ritenersi titolare del suo esercizio (Parlamento e Governo come organo collegiale)

L’art. 3 della legge 22 luglio 1975, n. 382 è tornato sulla

funzione per ricondurla nei termini originari che sono quelli trac-

ciati dalla legge n. 281 del 1970. Più opportunamente la funzione

« attiene ad esigenze di carattere unitario, anche con riferimento

agli obiettivi della programmazione economica nazionale ed agli

impegni derivanti dagli obblighi internazionali e comunitari ». So-

prattutto, la funzione di indirizzo e coordinamento anche se eser-

citata da organi dello Stato, assumeva con la legge n. 382 del 1975,

un carattere politico ed autonomo di tutela degli interessi fonda-

mentali di carattere unitario, riconducibili alla tutela dell’ordina-

mento nel suo complesso e niente affatto legittimante, di converso,

un potere di interferenza nell’attività delle regioni (

91

).

(...) Il coordinamento è, nei decreti, nettamente intestato al singolo ministro », D. SERRANI, Il trasferimento delle funzioni e la legislazione regionale di primo inter-

vento, in Riv. trim. dir. pubbl., 1972, n. 2, 1148-1149. Sul punto cfr. anche F.

BASSANINI, Indirizzo e coordinamento delle attività regionali, in D. SERRANI(a cura di), La via italiana alle regioni, Edizioni di Comunità, Milano, 1972, 43 ss.

(91) A. BARETTONIARLERI, Aspetti..., cit., 128. L’art. 3 « dà vigore non più ad un istituto di disciplina o di regolazione di competenze, ma ad un istituto proprio come autonoma funzione non più riferibile nella sostanza ad obiettivi dello Stato-ente, ma dell’ordinamento nel suo complesso ». L’art. 3 disciplina poi la forma dell’atto governativo trascurando il suo contenuto. Quanto alla scelta degli obiettivi e dei vincoli da apportare alle regioni la Corte costituzionale con la sentenza n. 150 del 1982 ha imposto una specifica disposizione di legge che di volta in volta e in considerazione della materia « discerne le esigenze unitarie che ne richiedono l’esercizio e provvede essa stessa a dettare le norme atte a soddisfarle » ovvero « dirige e circoscrive l’azione del Governo stabilendo i criteri in base ai quali l’attività amministrativa regionale può essere vincolata ». Ciò significa che la funzione è ricondotta al Parlamento cui spetta esercitarla con proprie leggi. Solo fra i « casi in cui si provveda con legge o con atto avente forza di legge » « sono individuabili quelli relativi all’attività finanziaria, ed in particolare alla politica di spesa delle Regioni », 88, v. anche F. STADERINI, L’indirizzo e il coordinamento nei

confronti degli enti locali territoriali e il controllo sulle leggi regionali, in Nuova Rass., 1979, n. 17, 1723 ss.

UNA CONTABILITÀ

ADATTA ALLE REGIONI NEGLI ANNI OTTANTA

1. L’autonomia contabile e di bilancio: fondamento, contenuti e limiti per le regioni. — 2. Contabilità pubblica e programmazione. — 2.1. Profili meto- dologici. — 2.2. L’esperienza italiana. — 3. La contabilità delle regioni: profili generali. — 4. Leggi di spesa e copertura finanziaria. — 4.1. I principi fondamentali. — 4.2. Il sistema regionale.

1.

L’autonomia contabile e di bilancio: fondamento, contenuti e

limiti per le regioni

L’autonomia contabile, intesa come imputazione di entrate e

spese proprie, è caratteristica di tutti gli enti pubblici, sia territoriali

che istituzionali; di questa autonomia il bilancio è lo strumento

attraverso il quale le risorse sono acquisite e poi erogate in rela-

zione alle finalità istituzionali (

1

).

Problematiche sostanzialmente distinte sono alla base di altre

forme di autonomia. Precisamente dell’autonomia di spesa, che

concerne la possibilità di indirizzare in un senso piuttosto che in un

altro, sia pure entro certi limiti, l’impiego delle risorse finanziarie:

è, in sostanza, il risvolto finanziario della più o meno ampia discre-

zionalità

riconosciuta

all’ente

nell’erogazione

delle

proprie

spese (

2

); ma anche dell’« autonomia normativa in materia conta-

(1) « L’autonomia di gestione — intesa come potestà di avere un bilancio autonomo — altro non è che la forma più accentuata di autonomia contabile. E ciò in quanto la gestione, indicando un concetto dinamico di acquisizione delle entrate e di erogazione delle spese, prende le mosse e si estrinseca sinteticamente in documenti contabili: bilancio preventivo, rendiconto », S. BUSCEMA, Trattato..., cit., Vol. III.

(2) V. ONIDA, Problemi di una legislazione regionale di contabilità, in Riv.

bile », quale potestà riconosciuta all’ente di disciplinare con norme

proprie l’ordinamento della propria contabilità e principalmente la

struttura e la disciplina del bilancio (

3

).

1.

Il fondamento dell’autonomia normativa regionale in ma-

teria contabile, nei limiti dei principi stabiliti dalle leggi dello Stato,

contabile ed autonomia di spesa come riflesso del carattere politico della relativa autonomia e dell’autonomia finanziaria, che già era riconosciuta dall’art. 119 Cost. Mentre « è indiscutibile e discusso il grado di autonomia che, in base a tale disposto costituzionale, doveva essere riconosciuto alle regioni in ordine all’en- trata, non v’è dubbio che non potrebbe comunque essere negata la possibilità per le regioni di determinarsi autonomamente (...) nella destinazione delle risorse finanziarie di cui dispongono ». L’autonomia dei bilanci regionali dal bilancio dello Stato « non viene vulnerata neanche quando nel bilancio statale vengono formal- mente collocate le quote di tributi erariali destinate alle singole Regioni, non comportando l’erogazione in favore delle Regioni alcuna ingerenza degli organi statali circa l’impiego dei mezzi stessi per il soddisfacimento dei bisogni regio- nali », S. BUSCEMA..., Trattato..., cit., Vol. III. L’autonomia contabile delle regioni è accentuata dalla presenza della potestà legislativa « in quanto si viene a deter- minare un rapporto, fra norme sostanziali e bilancio regionale, analogo a quello esistente per lo Stato. Sicché, in linea di principio, gli stanziamenti nel bilancio regionale debbono trarre legittimazione da norme sostanziali regionali o da norme a queste equiparate (norme di attuazione, norme sul coordinamento finanziario) », S. BUSCEMA, Trattato..., cit., Vol. I, 203.

(3) G. ZACCARIA, Il bilancio e la sua gestione dopo la riforma del 1978, Stamperia Nazionale, Roma, 1979, 169. L’autonomia contabile quale « capacità dell’ente di imputare a se stesso entrate e spese proprie (...) costituisce una caratteristica propria di ogni ente pubblico ed è alla base del potere di delibera- zione del bilancio ». V. ONIDA, Problemi..., cit., inserisce nell’autonomia normativa in materia contabile anche « i procedimenti per l’acquisizione delle entrate e per l’erogazione delle spese » e « di per sé, tale autonomia non si accompagna necessariamente all’autonomia contabile e nemmeno all’autonomia di spesa, 882. M.S. GIANNINI, Autonomia..., cit., distingue invece nell’ambito dell’autonomia organizzatoria l’autonomia contabile, che ricorre quando « certe spese sono ero- gate direttamente dall’organo ordinatore, e quindi sottoposte a controlli più elastici », e l’autonomia di gestione quando « l’organo o gruppo di organi auto- nomo abbia un bilancio separato da quello dell’ente o dell’organo sopraordinato, pur essendo ad esso accessivo », 362-363. Un approfondimento del problema tuttavia « conduce ad escludere che nel primo caso esiste una vera e propria autonomia contabile e che nel secondo caso, l’autonomia di gestione altro non sia che una forma di autonomia contabile, indubbiamente la più ampia (...) Non si avrebbe, infatti, autonomia contabile se si avesse semplicemente una potestà di effettuare atti di gestione in nome e per conto altrui. Può dirsi così, che anche il funzionario delegato fa degli atti di gestione, ma non ha l’autonomia contabile, in quanto non agisce in virtù di una competenza propria », S. BUSCEMA, Trattato..., cit., Vol. III.

deriva secondo alcuni autori « dall’autonomia di spesa, che è con-

tenuto minimo dell’autonomia finanziaria garantita alle regioni

dall’art. 119 Cost. (oggi dall’art. 5 della legge cost. n. 3 del 18

ottobre 2001) (

4

).

Secondo altri l’autonomia contabile sarebbe rientrata nella

(4) F. BASSANINI, V. ONIDA, Gli statuti..., cit., 50. Mentre la competenza delle regioni a statuto speciale è in materia « primaria », quella delle regioni ordinarie è « concorrente ». « Ciò significa soltanto che le Regioni ordinarie, a differenza di quelle speciali, nel legiferare in materia di contabilità regionale, sono vincolate non solo ai principi dell’ordinamento giuridico ma anche ai principi stabiliti in questa materia dalle leggi dello Stato. Peraltro, sia pure in questi più ristretti limiti, anch’esse possono fare leggi che disciplinano la contabilità regio- nale, 51. Altri limiti all’autonomia contabile delle regioni derivano dagli statuti quanto « alla scelta dei bisogni pubblici da soddisfare e al conseguente obbligo di destinare al perseguimento dei fini istituzionali i mezzi comunque provenienti dalla finanza pubblica », F. IZZI, Il nuovo..., cit., 14. La Corte Costituzionale con la sentenza n. 107 del 26 giugno 1970, in Giur. Cost., 1970, I, 1179 ss., relativa ad una legge della Regione Sardegna, si è espressa favorevolmente in ordine alla potestà regionale di emanare norme in materia di bilancio e contabilità in quanto « il bilancio e la contabilità non possono essere (...) intesi come materia a sé stante, ma rappresentano mezzi e strumenti giuridici indispensabili perché l’ente Regione possa concretamente operare per il perseguimento dei vari fini assegnatili ». L’orientamento è confermato dalla sentenza n. 39 del 4 marzo 1971, in Giur. Cost., 1971, 182 ss., che ha riconosciuto validità provvisoria alle norme delle leggi statali sull’amministrazione del patrimonio e sulla contabilità di Stato, in quanto appli- cabili, come previsto anche dal comma 3 dell’art. 20 della legge n. 281 del 1970 finché le regioni « non abbiano legiferato sulle materie di loro competenza » e che le leggi della Repubblica devono intendersi come « leggi statali contenenti dispo- sizioni di coordinamento ». Sulle fonti della disciplina finanziaria e contabile delle regioni cfr., L. CAVALLINICADEDDU, La contabilità degli enti territoriali, in AA.VV.,

Contabilità di Stato e degli enti pubblici, Giappichelli, Torino, 1993, 249 ss. Si tenga

conto, comunque, che l’art. 119 Cost. è sostituito dal seguente art. 5 della legge cost. n. 3 del 2001:

« Art. 119. I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa.

I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno risorse autonome. Stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. Dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio.

La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori con minore capacità fiscale per abitante.

Le risorse derivanti dalle fonti di cui ai commi precedenti consentono ai Comuni, alle Province, alle Città metropolitane e alle Regioni di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite.

competenza delle regioni a dettare norme in materia di « ordina-

mento degli uffici e degli enti amministrativi dipendenti dalla

regione » con chiaro riferimento al n. 1 dell’art. 117 Cost. (

5

);

l’opinione era confermata da chi riconosceva che nei confronti

Per promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale, per rimuovere gli squilibri economici e sociali, per favorire l’effettivo esercizio dei diritti della persona, o per provvedere a scopi diversi dal normale esercizio delle loro funzioni, lo Stato destina risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni.

I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno un proprio patrimonio, attribuito secondo i principi generali determinati dalla legge dello Stato. Possono ricorrere all’indebitamento solo per finanziare spese di investi- mento. È esclusa ogni garanzia dello Stato sui prestiti dagli stessi contratti ».

(5) « Sembrava a tale proposito di trovarsi di fronte ad un caso di compe- tenza ripartita della regione (...) il n. 1 di tale articolo comprendeva necessaria- mente tutte quelle competenze che si potrebbero dire strumentali, dirette, cioè, alla creazione di norme legislative strumentali per lo svolgimento delle attività amministrative cui la regione è competente (...) l’espressione « ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi » (...) andava interpretata (...) come comprensiva anche delle norme strumentali all’attività amministrativa, quelle cioè regolanti i rapporti interorganici o anche i rapporti tra soggetti diversi della pubblica ammi- nistrazione, in quanto siano necessarie allo svolgimento della funzione ammini- strativa. Tra queste rientravano le norme sul bilancio e la contabilità regionale », S. VALENTINI, Autonomia..., cit., 650-651. « Situazioni peculiari connesse al grado di autonomia e ad esigenze locali possono consigliare delle deroghe alle norme di contabilità generale dettate per il più complesso degli organismi (lo Stato) e che potrebbero risultare eccessivamente pesanti per le regioni. Il contemperamento di queste esigenze comporta da un lato la opportunità di riconoscere alle regioni la potestà ad emanare norme di contabilità generale e dall’altro la necessità che non vengano infranti i principi fondamentali che stanno a base del sistema giuridico- contabile, intesi a garantire al massimo la corretta gestione del pubblico denaro. Sulla potestà delle regioni ad emanare norme di contabilità non sembra possano avanzarsi dubbi, in quanto le norme stesse possono benissimo farsi rientrare nell’ordinamento degli uffici regionali », S. BUSCEMA, Bilancio delle regioni, in

Enciclopedia del diritto, Vol. V, 1959, 440. Tuttavia in assenza di principi vincolanti

i legislatori regionali in tema di organizzazione degli uffici « è assai dubbio che si possano ricavare principi vincolanti da una legislazione che attiene ad uffici diversi e che non tiene conto, ovviamente, della “novità ” organizzativa costituita appunto dalla istituzione dei nuovi enti regionali » e che quindi « appare seriamente contestabile la tesi secondo cui la legislazione contabile regionale sarebbe vinco- lata all’osservanza dei principi ispiratori della vigente legislazione sulla contabilità statale, appunto perché questa riguarda un soggetto diverso », V. ONIDA, Pro-

blemi..., cit., 890. Tutto ciò lo si veda come presupposto al nuovo art. 3 legge cost.

dell’organizzazione amministrativa il bilancio si poneva in una

posizione di necessaria strumentalità (

6

).

« Art. 117. La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comu- nitario e dagli obblighi internazionali.

Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie:

a) politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello

Stato con l’Unione europea; diritto di asilo e condizione giuridica dei cittadini di stati non appartenenti all’Unione europea;

b) immigrazione;

c) rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose;

d) difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato; armi, munizioni ed

esplosivi;

e) moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concor-

renza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie;

f) organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; ele-

zione del Parlamento europeo;

g) ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti

pubblici nazionali;

h) ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa

locale;

i) cittadinanza, stato civile e anagrafi;

l) giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giusti-

zia amministrativa;

m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i

diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;

n) norme generali sull’istruzione; o) previdenza sociale;

p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di

Comuni, Province e Città metropolitane;

q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale; r) pesi, misure e determinazione del tempo; coordinamento informativo

statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale; opere dell’ingegno;

s) tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.

Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti inter- nazionali e con l’Unione europea delle Regioni; commercio con l’estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione;