4. L’assetto finanziario dopo il passaggio delle funzioni amministrative
5.1. Il coordinamento contabile
1. La legge 1
omarzo 1964, n. 62 aveva regolato gli aspetti
contabili comuni ad un certo numero di enti pubblici (
43); si volle in
quell’occasione far coincidere la durata dell’esercizio finanziario di
tutti gli enti pubblici con quella dello Stato e classificare in un
nuovo modo le entrate e le spese di bilancio.
La legge n. 62 del 1964 è importante, perché ha introdotto nel
bilancio dello Stato la classificazione « economico-funzionale » (
44),
sostituendola a quella « patrimoniale-aziendalistica », alla quale si è
ispirata tutta la legislazione contabile pubblica. Ciò avvenne subito
per le province ed i comuni (
45) ed in un secondo momento per le
papers, 1986, n. 1. Il FIO, insieme al Nucleo di valutazione incaricato di valutare
le domande delle regioni, è stato istituito con gli artt. 3 e 4 della legge finanziaria per il 1982.
(43) L’art. 6 della legge stabiliva che « con decreti del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro per il tesoro, sarà provveduto, entro un anno dalla data di pubblicazione della presente legge, a coordinare con le disposizioni della medesima le disposizioni legislative vigenti per le Amministra- zioni dello Stato, comprese quelle con ordinamento autonomo, per gli enti territoriali, nonché per gli enti pubblici di cui all’art. 3 della legge 21 marzo 1958, n. 259, in modo da far coincidere con l’anno solare i termini di riferimento dei rispettivi bilanci e da adottare un conforme sistema di classificazione delle entrate e delle spese. Entro il termine di cui al comma precedente il Governo, sentita una Commissione parlamentare costituita di dodici senatori e di dodici deputati nominati dai Presidenti delle rispettive Camere, è delegato ad emanare decreti aventi valori di legge ordinaria per indicare, anche a modifica delle disposizioni legislative vigenti, gli enti, cui lo Stato contribuisce in via ordinaria e soggetti alle norme della legge 21 marzo 1958, n. 259, aventi dimensioni e compiti di particolare rilevanza economica e sociale, i cui conti consuntivi debbono essere annessi agli stati di previsione della spesa ai sensi dell’art. 35-bis del r.d. 18 novembre 1923, n. 2440 ».
(44) Le spese di bilancio sono suddivise in tre titoli (correnti, in conto capitale e rimborso prestiti), a loro volta ripartiti in categorie secondo la caratte- ristica economica della loro destinazione.
(45) In attuazione della legge 62/64 furono emanati i DD.PP.RR. 8 marzo 1965, n. 670 e 29 novembre 1965, n. 1422 concernenti i bilanci dei Comuni e delle Province.
regioni (
46) ed ancora più tardi per altri enti pubblici non econo-
mici (
47).
La classificazione economica considera gli effetti che le sin-
gole destinazioni di spesa determinano nell’economia del Paese e
perciò sintonizza il bilancio sui temi della produzione di beni e di
servizi, del risparmio, dei consumi e degli investimenti realizzati
con o senza debito; temi comuni ad ogni azienda e persino ad ogni
famiglia (
48).
La classificazione funzionale suddivide le stesse spese in « se-
zioni », ciascuna delle quali corrisponde ad un settore d’intervento;
ha finalità conoscitive ed è sviluppata nei « riassunti » che corre-
dano gli stati di previsione della spesa.
2.
In materia di contabilità finanziaria pubblica, un provve-
dimento dalla portata veramente innovativa è la legge 5 agosto
(46) Cfr., D.P.R. 3 dicembre 1970, n. 1171 sul sistema di classificazione delle entrate e delle spese delle regioni a statuto ordinario. Si è accennato (v. nota n.) alla funzione di strumento di programmazione assolta dal bilancio regionale; funzione cui ha inteso agevolare il coordinamento della classificazione delle entrate e delle spese realizzato con il D.P.R. n. 1171/70. Il decreto non precisa comunque le sezioni e le categorie in cui si ripartiscono le spese secondo l’analisi funzionale ed economica, lasciando libere le regioni di individuare la migliore ripartizione.(47) Per gli enti pubblici « non economici » infatti la legge n. 62/64 non produsse subito i cambiamenti che si prefiggeva. In primo luogo perché la delega al Governo sulla nuova classificazione delle entrate e delle spese passò del tutto inosservata, determinando così il fallimento di questa prima ed importante riforma contabile; e poi perché la portata della legge n. 62/64 riguardò soltanto gli enti sottoposti al controllo della Corte dei Conti in base all’art. 3 della legge 21 marzo 1958, n. 259 e, cioè, gli enti che ricevevano una contribuzione a carico del bilancio dello Stato o di altro ente pubblico o che usufruivano di entrate tributarie. Limitatamente a questi enti fu possibile, con due successivi provvedimenti, far coincidere la durata dell’« esercizio finanziario » con quella dello Stato. Si tratta del D.P.R. 8 marzo 1965, n. 669 « Norme sulla decorrenza dell’anno finanziario degli enti pubblici sottoposti al controllo previsto dalla legge 21 marzo 1958, n. 259 », sostituito dal D.P.R. 26 agosto 1954, n. 1098 che incluse anche gli enti sottoposti al controllo della Corte dei Conti in base all’art. 12 della legge n. 259/58 e cioè gli enti verso i quali lo Stato o un’azienda autonoma statale contribuiva con apporto al patrimonio in capitale o servizi o beni ovvero mediante concessione di garanzia finanziaria. È solo più tardi quindi, sulla scia degli interventi di riordino di tutto il settore degli enti e delle esigenze di coordinamento e controllo globale della finanza pubblica, che la sensibilità del legislatore cambia anche sul versante della loro contabilità.
1978, n. 468 (Riforma di alcune norme di contabilità generale dello
Stato in materia di bilancio), che ha cambiato il bilancio dello Stato
ed ha introdotto strumenti contabili nuovi e in grado di coordinare
la finanza statale con quella dei centri periferici di spesa (
49).
Vennero infatti estesi al bilancio dello Stato, il bilancio plu-
riennale, il bilancio di cassa, ma anche un sistema di leggi di spesa
analogo a quello già introdotto per le regioni. Ciò che invece
caratterizzava la gestione finanziaria dello Stato era l’introduzione
della legge finanziaria affiancata alla legge di bilancio in sede di
manovra annuale di finanza pubblica (
50). Uno strumento di revi-
sione annuale della legislazione di entrata e di spesa, capace di
assicurare alla finanza pubblica uno sviluppo compatibile con le
esigenze del sistema economico (
51).
Al fine di conciliare la scarsa dimensione quantitativa del
bilancio dello Stato con l’insieme dei centri di spesa autonomi ed in
continua espansione, la legge n. 468 del 1978 ha posto il problema
del « consolidamento » dei conti pubblici; un sistema cioè che
segnala il fabbisogno di cassa e di tesoreria del settore statale e
dell’intero settore pubblico e che misura gli effetti delle manovre di
bilancio sul sistema economico complessivo (
52).
(49) « Si rendeva di tutta evidenza la necessità di adottare dispositivi, nuovi e diversi, tali da consentire la individuazione e revisione di tutti quei meccanismi legislativi che autonomamente accrescevano i fabbisogni di spesa nella più com- pleta assenza di strumenti che, parallelamente, contribuiscono ad incrementare le risorse finanziarie indispensabili al loro soddisfacimento », C. CONTE, Prodromi,
attualità e prospettive della riforma contabile del 1978, in Amministrazione e contabilità dello Stato e degli Enti Pubblici, 1988, n. 2, 93.
(50) Le regioni « accanto al bilancio, hanno in molti casi introdotto uno strumento analogo alla legge finanziaria statale, trasferendo su quest’ultimo stru- mento la manovra di bilancio che richieda più marcate innovazioni normative », P. DE IOANNA, G. FOTIA, Il bilancio..., cit., 288. Su questi aspetti cfr. W. MORGESE,
Tipologie imitative di legislazione locale: leggi finanziarie e spesa per progetti, in Economia pubblica, 1988, n. 6, 285 ss., G. SPEZZAFERRI, L’istituto della legge
finanziaria. Le ipotesi di transito in ambito regionale prima e dopo la riforma della legge 23 agosto 1988, n. 362, in Nuova Rassegna, 1989, n. 11-12, 1186 ss.
(51) Sul sistema dei rapporti tra bilancio dello Stato e legge finanziaria è interessante il lavoro di P. FERRO, Legge finanziaria e bilancio programmatico nel
sistema contabile introdotto dalla legge n. 468 del 1978, in Economia pubblica, 1988,
n. 1-2, 11 ss.
(52) Con il bilancio di cassa e le relazioni trimestrali « si era cercato di rendere più coerenti tra loro la politica monetaria e la politica di bilancio: alla determinazione di un certo fabbisogno ottimale, infatti, si aggiungeva la sua
Per questo motivo si è cominciato anche a parlare di « settore
pubblico allargato », quale destinatario delle nuove norme, nono-
stante la legge n. 468 del 1978 abbia utilizzato impropriamente
questa terminologia, indicando alcuni enti in un elenco allegato
(tabella A) (
53). In realtà, il « settore » comprendeva, regioni,
province, comuni (e relative aziende), enti ospedalieri, aziende
autonome dello Stato, enti portuali, ENEL, ed altri enti (anche
economici), determinati con appositi decreti del Presidente del
Consiglio dei Ministri (
54).
Nello stesso ordine di problemi troviamo la « normalizza-
zione » e il « coordinamento » dei conti pubblici; sono procedi-
menti, cioè, che mirano all’omogeneità degli impianti contabili di
tutti gli enti che gravitano nella finanza pubblica con il sistema
contabile dello Stato, a sua volta modificato con la legge di riforma.
L’uniformità nella materia contabile, d’altronde, è strumentale
all’esigenza del coordinamento degli interventi pubblici e si realizza
adottando « sistemi omogenei di rilevazione contabile e di concen-
trazione delle decisioni delle scelte fondamentali » (
55).
In base all’art. 25 della legge, « normalizzare » significò per gli
enti destinatari adeguare il sistema della contabilità ed i relativi
bilanci a quello annuale di competenza e di cassa dello Stato, cioè
esponendo la spesa sulla base della classificazione economica e
funzionale ed evidenziando, per l’entrata, gli introiti in relazione
alla provenienza degli stessi.
trasformazione in decisione operativa attraverso il bilancio di cassa », C. CONTE,
Prodromi..., cit., 95.
(53) Si tratta di un « equivoco terminologico » perché « viene data dalla legge una immagine falsata della finanza pubblica, in quanto la tab. A contiene un elenco di enti, per inquadrare i quali viene considerato “allargato” il “settore pubblico” che già, per essere tale, comprende tutti gli enti pubblici (territoriali e non territoriali) ». Per l’A. quindi viene adoperata « l’espressione “allargato” per indicare un concetto indubbiamente più ristretto, dato che proprio in virtù dell’elencazione restano esclusi dall’ambito di applicazione della legge innumere- voli altri enti della cui natura pubblica non si può dubitare », S. BUSCEMA,
Trattato..., cit., Vol. I, 211. Per una nazione di settore pubblico attuale cfr., F.
FORTE, I bilanci pubblici italiani alla luce della costituzione fiscale di Maastricht, in
Economia pubblica, 1997, n. 4, 7 ss.
(54) I decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri che hanno elencato gli enti da sottoporre a « normalizzazione » sono del 5 marzo 1979, 20 ottobre 1981, 2 luglio 1983, 3 novembre 1983, 8 agosto 1984, 14 febbraio 1986, 3 giugno 1986, 10 settembre 1986 e 12 maggio 1992.
La dottrina accennò alla « normalizzazione » come ad un
punto finale di un percorso che portava i conti pubblici ad essere
omogenei in tutti i nostri enti (
56). Il « coordinamento » è invece
un’attenzione riservata agli indirizzi che conviene seguire quando si
preparano gli strumenti contabili e quando si gestiscono le risorse
finanziarie (
57). In questa materia è competente il ministro del
Tesoro (oggi dell’Economia e Finanze) che coordina i conti di tutti
gli enti pubblici, proponendo anche i criteri per unificare la deno-
minazione dei capitoli nei bilanci regionali.
L’autonomia contabile delle regioni le esclude infatti dalla
« normalizzazione »; torna però sempre opportuna la classificazione
economico-funzionale analoga a quella dello Stato, che si realizza
fissando un comune codice, identificativo dei capitoli. Quanto al
coordinamento, esso si sviluppa nell’ambito dei rapporti di coope-
razione tra la Commissione interregionale e lo Stato (
58). Un’inter-
pretazione più estensiva di queste norme, ha consigliato l’allesti-
mento di uno schema di bilancio uniforme e vincolante per tutte le
regioni.
Nella riforma contabile rientrò anche l’obiettivo di « consoli-
dare » le risultanze contabili della gestione di cassa dello Stato e
(56) A. GABOARDI, I conti pubblici italiani. Un sistema da riconsiderare?, inAtti..., cit., 66.
(57) A. GABOARDI, I conti..., cit., 66. In linea generale « l’esigenza della unificazione dei sistemi contabili degli enti pubblici di uno stesso paese affonda le sue radici nel fatto che i mezzi finanziari e patrimoniali gestiti da ciascuno di essi derivano direttamente o indirettamente dai medesimi contribuenti dal che di- scende la necessità di una uniformità nella gestione, rispetto al quale sono strumentali l’adozione di un tipo unico di bilancio nonché di un sistema organico ed uniforme di garanzie obiettive. L’unità della fonte dei mezzi finanziari — generalità dei contribuenti attraverso il sistema tributario — rende manifesta la insopprimibile esigenza di un sistema uniforme di gestione e di controlli qualunque sia l’ente pubblico chiamato a gestire i medesimi. E ciò pur nel quadro di una non meno necessaria articolazione delle procedure in relazione alla natura ed alla posizione dei vari enti », S. BUSCEMA, Trattato..., cit., Vol. I, 170.
(58) In base all’art. 9 della legge « 335 », la Commissione interregionale segnala i criteri per consentire l’unificazione nei bilanci regionali, delle denomi- nazioni dei capitoli concernenti spese della stessa natura, stabilendo anche per ciascun capitolo di spesa il numero di codice relativo alla classificazione funzionale ed economica della spesa stessa, al fine anche di stabilire la necessaria armoniz- zazione con il piano dei conti indicati nel bilancio dello Stato per il medesimo esercizio.