plina costituzionale della finanza regionale negli anni settanta. — 2.1. Il coordinamento della finanza pubblica. — 2.2. Le risorse finanziarie delle regioni. — 3. Gli sviluppi del coordinamento. — 3.1. La legge finanziaria regionale. — 3.2. L’indirizzo ed il coordinamento statale.
1.
L’autonomia delle regioni
1.1.
Il sistema delle autonomie locali
L’impianto costituzionale delle autonomie era articolato sui
principi del decentramento e dell’unità. L’art. 5 Cost. afferma
infatti che « la Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove
le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il
più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i
metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del
decentramento » (
1).
(1) « La norma tende a fissare e svolgere il più ampio collegamento tra organizzazione e comunità seguendo due direttrici diverse. La prima, indiretta, è costituita dalla trasformazione (decentramento) dell’apparato statale, ai cui organi vanno attribuite competenze specifiche e definitive. La seconda, diretta, è data dalla configurazione di una pluralità di istituzioni locali (autonomie locali) con propria organizzazione, centri di vita territoriale, politica e sociale. Il pluralismo giuridico, è su tale piano il completarsi e l’adeguarsi dell’ordinamento alla comu- nità, alla sua composizione, alla complessità dei suoi interessi e dei suoi fini ». Autonomia e decentramento sono così « situazioni che vanno sottolineate (...) in riferimento (...) innanzitutto allo Stato-ordinamento ed allo Stato organizzazione che ne risultano caratterizzati ed orientati », V. SICA, Profilo costituzionale e
politico dell’autonomia regionale, in Rass. dir. pubbl., 1956, 235. Le autonomie
1.
Decentramento ed autonomie locali rivelano la identica
istanza di fondo, svolgono lo stesso principio. Importano e si
risolvono entrambi nell’articolazione di entità composte (in senso
lato). Mentre però il decentramento riguarda ed opera sull’orga-
nizzazione statale, decentrandone le funzioni all’interno di essa o
attribuendole ad altri enti, l’autonomia concerne l’affermazione di
enti particolari, articolando l’ordinamento in una pluralità di isti-
tuzioni locali con propri fini e funzioni (
2).
In generale il concetto di autonomia, meglio, il relativo feno-
meno, riflette, sensibilmente, il cammino dello Stato moderno, e ne
rivela, soprattutto — essendo l’attività, cosiddetta giuridica, scar-
samente rilevante nell’autonomia — la tendenza di dar modo agli
interessi sociali, che sono anch’essi interessi dello Stato, di mani-
festarsi, di attuarsi, attraverso i diretti portatori: cittadini, gruppi,
enti, in forma più appropriata (
3).
Chi ha posto l’accento sul significato etimologico ha chiarito
invece che l’autonomia è la libertà di determinazione consentita ad
un soggetto, esplicantesi nel potere di darsi una legge regolativa
della propria azione, o, più comprensivamente, la potestà di prov-
vedere alla cura di interessi propri, e quindi di godere e di disporre
dei mezzi necessari per ottenere un’armonica e coordinata soddi-
sfazione degli interessi medesimi. L’autonomia quindi presuppone
l’indipendenza da altri poteri e vale nell’ambito in cui questa si
estende (
4).
Quanto al significato dell’unità ed indivisibilità della Repub
mento burocratico « che ha luogo mercé il trasferimento di attribuzioni da uffici governativi centrali a uffici governativi locali » e dal decentramento autarchico di singoli servizi « che si attua con la loro costituzione in entità autonome, fornite o no di personalità giuridica », G. MIELE, La Regione nella Costituzione italiana, in E. ROTELLI(a cura di), Dal regionalismo alla Regione, Il Mulino, Bologna, 1973, 87 ss. Ora il sistema è cambiato (si veda la parte III, cap. VII).(2) In tema di autonomia si vedano le autorevoli posizioni dottrinali di E. CASETTA, Manuale di diritto amministrativo, Giuffrè, Milano, 2001; A.M. SANDULLI,
Manuale di diritto amministrativo, Jovene, Napoli, 1989; S. LARICCIA, Diritto
amministrativo, Cedam, Padova, 2000; importante ed attualissimo è il Trattato di diritto amministrativo europeo, diretto da M.P. CHITIe G. GRECO, Giuffrè, Milano, 1997.
(3) C. BOZZI, Autonomia e decentramento nell’art. 5 Cost., in Stato sociale, 1963, n. 4, 324.
(4) C. MORTATI, Istituzioni di diritto pubblico, II, Cedam, Padova, 1969, 771-772 e bibliografia ivi cit.
blica ne è stato posto in rilievo il significato politico, volendo
intendere che nella ripartizione politica dei poteri tra il centro e la
periferia, nella distribuzione delle competenze tra lo Stato, le
regioni, le province e i comuni e quanti altri enti territoriali e
istituzionali sono sorti in Italia, non deve andare perduta quella
unità politica dell’Italia (...) e che il pluralismo giuridico non deve
trasformarsi in una separazione o contrapposizione politica (
5).
2.
Decentramento ed autonomia non esprimono però sol-
tanto il significato di unità politica; esprimono anche un rilievo
politico che si ricava dall’esame delle singole fattispecie normative
e costituiscono il trampolino di lancio per l’impianto federalista di
cui si dirà oltre.
Si intuiva bene che l’autonomia regionale era posta su di un
piano diverso rispetto a quella dei comuni e delle province; già
leggendo il vecchio testo dell’art. 115 Cost., quando affermava che
« le Regioni sono costituite in enti autonomi con propri poteri e
funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione »; province e
comuni sono invece « enti autonomi nell’ambito dei principi fissati
da leggi generali della Repubblica, che ne determinano le fun-
zioni », secondo l’art. 128 (
6).
(5) C. ESPOSITO, Autonomie locali e decentramento amministrativo nell’art.
5 Cost., in E. ROTELLI (a cura di), Dal regionalismo..., cit., 99. La dichiarazione dell’unità della Repubblica italiana « offre un elemento per l’interpretazione delle singole disposizioni della Costituzione e delle leggi (...) Soprattutto essa impone agli stessi organi legislativi, deputati alla modifica della Costituzione, nel momento in cui fossero convinti che le autonomie concesse, o quelle che in futuro fossero sancite, possano mettere in pericolo l’unità politica dello Stato, di procedere a tali modifiche della Costituzione, in modo da evitare che il pericolo si trasformi in realtà, e statuisce quindi una condizione limitatrice dell’efficacia del principio favorevole alle autonomie ed al decentramento proclamato nello stesso articolo ». L’indivisibilità è « un principio generale e fondamentale del nostro ordinamento » cui « segue la illegalità di ogni attività che entro lo Stato tenda alla divisione della Repubblica italiana in due o più Stati, o alla separazione di una o più parti d’Italia dallo Stato », 101-102. « L’art. 5 che, assieme alle autonomie, consacra l’unità, oltre che l’indivisibilità, della Repubblica, viene così ad incorporare, nella lettura più comune, la forma organizzativa unitaria », U. ALLEGRETTI, Autonomia regio-
nale e unità nazionale, in Le Regioni, 1995, n. 1, 11.
(6) « Nel disegno costituzionale (...) l’istituzione delle regioni costituiva un
prius logico-istituzionale rispetto all’intero riassetto dei rapporti tra Stato e
autonomie locali (...) Le Regioni, in altri termini, erano previste dalla Costituzione come uno snodo essenziale dell’articolazione del sistema istituzionale, a partire dal
Cade quindi opportuna l’osservazione secondo cui la rile-
vanza costituzionale delle regioni non è limitata, come per i comuni
e le province, al mero riconoscimento della loro autonomia, con
rinvio a leggi della Repubblica per la determinazione del loro
ordinamento; l’ordinamento regionale, al contrario, è invece già
definito nei suoi tratti fondamentali e uniformi nella Costitu-
zione (
7). Ciò significa che mentre l’autonomia comunale e provin-
ciale era ancora vincolata funzionalmente dalle leggi dello Stato
attraverso la determinazione positiva da esse operata, l’autonomia
regionale risultava limitata dai principi fondamentali stabiliti da tali
leggi e dall’allora interesse nazionale e delle altre regioni (
8).
principio della loro autonomia finanziaria di cui all’art. 119 Cost. », L. MARIUCCI,Per una Repubblica federale italiana, in AA.VV., Il federalismo preso sul serio, Il Mulino, Bologna, 1996, 23.
(7) G. MIELE, La Regione..., cit., 90. Per questo motivo « il richiamo alle leggi dello Stato come fondamento e limite dell’autonomia regionale sarebbe stato, negli statuti, da un lato del tutto inutile, dall’altro errato (...) Vero è che i limiti dell’autonomia regionale sono posti anche da leggi ordinarie previste e richiamate dalla Costituzione (...) Ma, appunto perché tali leggi sono richiamate dalla Costituzione, e sono in grado di limitare l’autonomia regionale (stante l’art. 115 Cost.) solo in quanto esse sono richiamate dalla Costituzione, è sufficiente che lo statuto dichiari che la Regione ha l’autonomia che le è riconosciuta dalla Costituzione, perché in questa dichiarazione c’è il riconoscimento di tutti i limiti che dalla Costituzione derivano e che nella Costituzione hanno fondamento », F. BASSANINI, V. ONIDA, Gli statuti..., cit., 44. « Un’autonomia così ampia assegnata dalla Costituzione soltanto agli enti (regioni, province, comuni) retti da organi elettivi per cui si può dire che i principi di autonomia si fondano con quelli di democrazia che reggono l’ordinamento repubblicano, ed insieme delineino un sistema in parte originale rispetto anche agli ordinamenti di altri Stati », R. GRACILI, Finanza..., cit., 991.
(8) V. SICA, Profili..., cit., 239. « L’articolazione della Repubblica in enti autonomi con propri poteri e funzioni fissati dalla Costituzione è un momento diverso » dalla « configurazione dei diritti di libertà che, fissando e garantendo la relazione Stato-cittadino, esprimono un momento fondamentale, costituzionale dello Stato-ordinamento. Inerisce e si risolve nella complessità istituzionale del- l’ordinamento (...) Il che deriva ed è rilevabile formalmente dalla stessa riserva
costituzionale delle competenze e dei poteri regionali (...) L’autonomia regionale
svolge e garantisce l’equilibrio istituzionale dell’ordinamento, assicurando nel- l’ambito del’unità una pluralità di centri di vita sociale e politica. Pertanto essa va definita costituzionale negli stessi termini seguiti per la identificazione degli organi costituzionali. Vi è in entrambe le situazioni una identica istanza di equilibrio, inerente per gli organi all’organizzazione e per le Regioni all’articolazione istitu-
zionale dell’ordinamento (...) Stato regionale e non Stato provinciale o comunale,
L’autonomia regionale è poi un limite per lo Stato, perché
essa discende non da un principio di autolimitazione dello Stato-
persona, bensì direttamente dalla Costituzione, come attributo
della personalità giuridica pubblica dell’ente regionale (
9).
Nello stesso ordine di problemi si è anche sottolineato che in
Italia, l’autonomia dei comuni e delle province non è diversa da
quella delle regioni, perché tutte hanno fondamento in articoli della
Costituzione. Unica differenza è che mentre l’art. 115 (vecchio
testo), proclamando l’autonomia delle regioni, rinviava per la di-
sciplina a disposizioni contenute nello stesso testo della Costitu-
zione, l’art. 128 (vecchio testo) rinviava per la disciplina dell’auto-
nomia dei comuni e delle province a leggi generali della Repub-
blica, vincolate nel loro contenuto al rispetto del principio dell’au-
tonomia. La diversità del modo di concretizzazione non escludeva
che il principio dell’autonomia fosse sempre riconosciuto e garan-
tito costituzionalmente (
10).
— caratterizza la struttura stessa dello Stato (ordinamento) affermandone e svolgendone la complessità istituzionale a rilevanza costituzionale », 243. Nella Costituzione la regione è in posizione di « autarchia a rilievo costituzionale » in quanto « il riconoscimento di una riserva di competenza regionale è sempre accompagnato da ampi poteri da parte dello Stato: poteri che si dirigono sia ai titolari degli organi promuovendone la revoca della carica, sia agli atti arrestan- done l’efficacia, per motivi, secondo i casi, di legittimità o di merito, e che pertanto inducono una posizione di relativa subordinazione della regione nei confronti della Repubblica », C. MORTATI, Istituzioni..., cit., 907.
(9) M. IANNONE, L’autonomia..., cit., 125. « L’autonomia regionale (...) è autonomia originaria dell’ordinamento, perché trova la sua fonte nella Carta Costituzionale (artt. 5-115-119-134) al pari dello Stato-persona e, come questo, è Ente pubblico capace di svolgere la propria azione istituzionale in modo autonomo ed indipendente », 129. « In questo senso si chiarisce il valore di equiparazione sostanziale della potestà legislativa regionale concorrente a quella primaria. Non sovrapposizione di competenze e potestà, non posizioni di imperium e di subor- dinazione, ma concezione di un rapporto pluralistico articolato in sfere di compe- tenze distinte e coordinate, con sostanziali garanzie di reciproca autonomia », 129. (10) C. ESPOSITO, Autonomie..., cit., 105-106. Tuttavia « inserire le Regioni nella categoria dei tradizionali enti autoarchici e autonomi (sia pure parlando di autarchia a livello costituzionale o di autonomia politica) significa non cogliere gli aspetti differenziali e innovatori di carattere non soltanto quantitativo, ma quali- tativo », E. GIZZI, Manuale di diritto regionale, Milano, 1972, 460. L’autonomia regionale « si qualifica proprio nei suoi aspetti differenziali e innovatori, e ciò sia rispetto alla posizione che essa assume nei confronti dello Stato, sia per quella che ne deriva rispetto agli Enti territoriali minori. Le Regioni, già in fase di “costi-