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Il sistema regionale

4. Leggi di spesa e copertura finanziaria

4.2. Il sistema regionale

Il sistema dei rapporti tra la programmazione, la contabilità e

la copertura finanziaria dei provvedimenti che comportano spese, è

affrontato con la legge di riforma della contabilità regionale prima

che nell’impianto contabile dello Stato (

63

). È prevalso infatti

l’orientamento di quanti con la legge sulla contabilità delle regioni,

intendevano anticipare e sperimentare linee di riforma più ampie e

perciò valide per l’intero sistema della contabilità pubblica; in

effetti è quanto avvenne nel giro di pochi anni per lo Stato e subito

dopo per gli enti locali. Mentre con la recente legge di riforma della

contabilità regionale, la legge n. 76 del 2000, le regioni recepiscono

i principi riformatori della contabilità dello Stato e cioè della legge

n. 94 del 1997 (vedere cap. IX).

Si pensò così di impostare l’impianto contabile delle regioni

utilizzando tutto il bagaglio culturale accumulato in quegli anni nel

dibattito sulla programmazione di bilancio; ma prestando anche

molta attenzione affinché le regioni non seguissero la pratica statale

di sistematica violazione dei principi costituzionali. D’altronde, pur

gione », V. ONIDA, Leggi..., cit., 14. Per un approfondimento del problema, F. PIZZETTI, Leggi di spesa e autonomia legislativa delle Regioni, in Giur. Cost., 1973, 366 ss.

(63) La legge n. 335 del 1976 si poneva in « prospettiva di una sempre più ampia utilizzazione dei bilanci regionali come strumenti di programmazione, o meglio, di governo decentrato dell’economia », G. MOSSETTO, Programmazione di

bilancio per le Regioni, in Modo economico, 1976, n. 45, 19. I principi generali

introdotti dalla norma rappresentano « il necessario supporto alla politica di piano voluta dalle regioni e sancita nei loro statuti », S. BANDINIZANIGNI, Questioni di

interpretazione dei principi introdotti dalla nuova legge sulla contabilità regionale,

in Nuova rassegna, 1979, n. 19, 2040. La legge n. 335 del 1976 è scaturita da un’iniziativa governativa (disegno di legge n. 1938 del 21 febbraio 1975) frutto di elaborazioni di varia provenienza (Ragioneria generale dello Stato, prima e seconda Commissione Cataldi. Consiglio regionale della Lombardia), in Le Re-

gioni, 1974, 684 ss. Per osservazioni e commenti su detti progetti cfr., V. ONIDA,

Primi progetti di legge quadro sulla contabilità regionale: osservazioni generali e S.

CASSESE, La proposta governativa di riforma della contabilità, in Bilancio e conta-

abrogando l’art. 20 della legge n. 281 del 1970, un sistema contabile

che ricalca il modello statale com’è appunto quello regionale, resta

comunque soggetto ai principi dell’art. 81 Cost.

La legge n. 335 del 1976 introduceva una disciplina che

innovava radicalmente la tecnica legislativa di spesa, prevedendo

come normale il rinvio al bilancio della quantificazione annuale

delle spese ricorrenti o continuative e pluriennali.

1.

Alla base del sistema, dopo il 1976, c’è il bilancio plurien-

nale collegato con il programma regionale di sviluppo; l’art. 1

stabilisce infatti che « la regione adotta ogni anno, insieme al

bilancio annuale, un bilancio pluriennale, le cui previsioni assu-

mono come termini di riferimento quelli del programma regionale

di sviluppo e comunque un termine non superiore al quinquen-

nio » (

64

).

La legge quadro non ha però regolamentato la formazione del

programma regionale di sviluppo, lasciando libere le regioni di

affrontare l’argomento in un’apposita legge sulle procedure (

65

).

(64) La disciplina dei piani regionali di sviluppo è contenuta in apposite leggi, diverse da quelle di contabilità regionale. Tuttavia « il programma regionale di sviluppo, generalmente approvato come documento politico, non sempre ha la rilevanza esterna necessaria per una analisi della traduzione in fatti operativi delle scelte degli amministratori », C. BORRA, Considerazioni sul nuovo indirizzo con-

tabile: esperienze applicative, problematiche, effetti e proiezioni di breve e lungo periodo, in Stato e regione, 1979, n. 2, 123. La legge n. 335/76 non precisa « la veste

che tale programma deve assumere al momento della sua approvazione né i meccanismi base per una sua giusta revisione in relazione sia ai mutati indirizzi politici che alle diverse esigenze apparse in fase di realizzazione del programma stesso », per quanto concerne la durata, seppure con riferimento al sistema statale, « perché si possa addivenire alla predisposizione di un programma pluriennale riteniamo necessario statuire preliminarmente che esso (...) sia ancorato alla legislatura, al fine di attribuirgli anche un preciso significato politico-economico, in considerazione del fatto che deve indirizzare e guidare l’attività dell’esecutivo, espressione della composizione parlamentare, nonché gli operatori economici pubblici e privati », V. TRAPANESE, Riflessioni su un’ipotesi di programmazione, in

Nuova Rassegna, 1996, n. 23-24, 2584.

(65) « Il “programma”, anche se non viene circostanziato e formalizzato, deve nondimeno costituire (...) il supporto del bilancio, il quale, come “atto decisorio”, insieme con la determinazione degli stanziamenti di spesa, implicita- mente fa propri pure gli “obiettivi dei programmi” a cui gli stanziamenti si connettono », O. VOLPATTO, Il bilancio..., cit., 36. Ogni programma regionale è connesso alla soluzione di alcuni aspetti di fondo fra cui quelli della identificazione dell’ammontare della spesa per l’attuazione del programma e dal reperimento dei

Per quanto concerne questo programma, alcuni argomenti ne

favorivano l’approvazione con legge; tra questi argomenti vi è la

circostanza che il bilancio pluriennale costituisce sede per il riscon-

tro della copertura finanziaria di nuove o maggiori spese stabilite da

leggi della regione a carico di esercizi futuri. La soluzione non

legava però con l’ultimo comma secondo il quale « l’adozione del

bilancio pluriennale non comporta autorizzazione a riscuotere le

entrate né ad eseguire le spese in esso contemplate ».

È prevalsa la soluzione di « allegare » il bilancio pluriennale al

bilancio annuale adottato con legge, sottoponendolo in questo

modo alla medesima procedura di formazione ed approvazione (

66

).

Il valore giuridico del documento è perciò soltanto di strumento per

la copertura finanziaria delle spese a carico degli esercizi futuri; ed

è una funzione costituzionalmente legittima nella misura in cui

sono coerenti e attendibili le sue previsioni.

Il bilancio pluriennale è allestito in termini di competenza con

riferimento alle fasi dell’accertamento per le entrate e dell’impe-

gno per le spese; per ogni servizio gestito e per ogni programma di

investimento intrapreso, si da carico di indicare le prospettive di

finanziamento e la cadenza temporale di realizzazione, ma con un

livello di approssimazione diverso da quello che richiedono le

relativi mezzi. L’autonomia finanziaria delle regioni non solo non si contrappone ad una politica di piano in astratto ma presuppone l’esistenza anche di piani regionali. Si aggiunga che se le scelte verranno operate non a caso ma secondo una programmazione regionale non si potrà parlare di costo delle regioni, perché occorrerà considerare l’apporto positivo derivante dall’efficacia e dalla produtti- vità della spesa.

(66) È « una soluzione nuova ed intermedia. Nuova, perché il bilancio pluriennale è “adottato ogni anno” e non una volta tanto, ma soprattutto perché lega l’approvazione del bilancio pluriennale a quella del bilancio annuale, renden- dola perciò annuale essa stessa. Intermedia, perché l’approvazione del bilancio pluriennale avviene nell’ambito o per il tramite della stessa legge che approva il bilancio preventivo dell’anno veniente ma di cui il bilancio pluriennale è un semplice allegato. Quanto conoscono la differenza tra allegati ed annessi al bilancio statale sanno bene che un “annesso” è sempre approvato con la legge di bilancio e vale, quindi, più di un “allegato”; che è un qualsiasi documento che accompagna il bilancio con lo scopo di spiegarne le previsioni ». A. GABOARDI,

Introduzione..., cit., 106. « Non è certo la forma legislativa che può attribuire

maggiore affidamento per il riscontro della copertura la cui idoneità deve essere verificata in ogni caso con riferimento al contenuto del bilancio pluriennale », S. BUSCEMA, Trattato..., cit., 251.

previsioni di cassa e che consigliava una finanza derivata dallo

Stato, com’era appunto la finanza regionale.

Il legislatore stabilendo una durata fissa non chiarisce se il

bilancio pluriennale è un documento « scorrevole »; un documento,

cioè, alle cui previsioni dell’anno appena trascorso (e che si elimi-

nano) si aggiungono le previsioni di un anno che prima non era

considerato.

È comunque un’ipotesi che migliora la flessibilità delle previ-

sioni a vantaggio del disegno programmatorio e delle effettive

possibilità di realizzazione; d’altronde, affermare che il bilancio

pluriennale « è adottato ogni anno » (come stabilisce il comma 1

dell’art. 1) e che « indica per ciascuna ripartizione dell’entrata e

della spesa oltre alla quota relativa all’esercizio iniziale la quota

relativa all’esercizio successivo » (nel comma 2), per un documento

che al massimo vale cinque anni non può che suggerire un’idea di

scorrimento nel senso usuale di questo termine (

67

).

Il bilancio pluriennale è un documento scorrevole anche

perché costituisce sede per il riscontro della copertura finanziaria di

nuove o maggiori spese stabilite da leggi della regione a carico di

esercizi futuri. Si potrebbe altrimenti pensare che la legislazione di

spesa pluriennale si fermi o assuma un orizzonte temporale più

limitato, a mano a mano che ci si allontani dal primo esercizio di

validità del programma di sviluppo (

68

).

L’aggiornamento annuale è poi l’occasione per verificare lo

« stato di avanzamento » del piano, in modo che il bilancio plurien-

nale risulti flessibile alle sue modifiche, agli errori di valutazione o

anche soltanto più sensibile ad informazioni più complete.

Approfondendo l’analisi ci si accorge che l’aggiornamento del

bilancio pluriennale è parte di un sistema di relazioni in cui si

combinano una varietà di ipotesi sulla durata della legislatura, ma

anche del piano regionale di sviluppo e del bilancio pluriennale. Si

(67) « Adottare ogni anno un bilancio quinquennale non può, in altri termini, significare che il periodo di tempo inquadrato da questo bilancio non cambia per cinque anni, perché il terzo anno non sarebbe più iniziale ed il quarto non sarebbe, tantomeno, successivo a quello iniziale », A. GABOARDI, Introdu-

zione..., cit., 106. Il riferimento alla quota relativa all’esercizio iniziale e quella

relativa all’esercizio successivo « costituisce il minimo voluto dal legislatore sta- tale, restando salva la facoltà di ciascuna Regione di estendere l’indicazione agli anni di validità del bilancio pluriennale », S. BUSCEMA, Trattato..., cit., 242.

è quindi osservato che « se l’ipotesi più semplice è che la durata del

bilancio pluriennale coincida con la durata della legislatura, quin-

quennale per legge (...) la legge sui principi non ha infatti voluto e

potuto escludere che (...) la durata di un qualunque programma

regionale di sviluppo sia più breve di quella di una legislatura; e per

questo caso ha stabilito che il periodo coperto dal bilancio plurien-

nale sia anch’esso più breve. Ma nemmeno ha potuto escludere che

un determinato programma regionale di sviluppo abbia una durata

di sei, sette o più anni, e quindi più lunga della legislatura regionale,

stabilendo per quest’altro caso che il bilancio pluriennale non possa

però andare oltre il quinquennio » (

69

).

Ad ogni modo era già ritenuto opportuno che il programma

fosse collegato alla durata della legislatura, scongiurando l’ipotesi

che per qualche anno il bilancio pluriennale risultasse sganciato dal

piano.

Il bilancio pluriennale è quindi il quadro delle risorse che la

regione prevede di acquisire e di impiegare nel periodo conside-

rato, sia in base alla legislazione statale e regionale già in vigore, sia

in base ai previsti interventi legislativi. Sono, però, indicazioni poco

chiare che il legislatore non ha approfondito, mancando di riferi-

menti più precisi nella programmazione nazionale, caratterizzata in

quegli anni da interventi di tipo settoriale più che da un programma

di intervento globale. Il raccordo tra il bilancio pluriennale e la

programmazione si è dunque limitato agli aspetti finanziari (

70

).

(69) A. GABOARDI, Programmazione..., cit., 410, « l’occasione dell’aggior- namento annuale può essere favorevole per tener conto che la riflessione sui risultati raggiunti e su quelli non raggiunti aiuta a dare attualità — ed anche credibilità, di riflesso — all’intero disegno programmatorio ». Queste ipotesi « comprendono anche l’eventualità che la durata di un certo programma finisca per stare a cavallo di due legislature; per cui una determinata amministrazione regionale si trovi ad attuare parzialmente un programma voluto dall’amministra- zione regionale che l’aveva preceduta », 105.

(70) È necessario il coordinamento dei vari livelli di programmazione ma « non essendo possibile — per carenza di volontà politica del Parlamento — realizzare tale tipo di coordinamento e di armonizzazione, si deve ripiegare almeno in un obiettivo minimo di coerenza delle scelte finanziarie regionali contenute nel bilancio pluriennale, con il rispettivo programma regionale di sviluppo. Ciò avviene, però, interamente nell’ambito dell’autonomia regionale », S. BUSCEMA, Trattato..., cit., Vol. III, 245. Nel bilancio pluriennale è iscritta la voce « Fondi da ripartire fra gli ambiti di intervento » che rappresenta « la eventuale quota di risorse disponibili che non è stata già assegnata dallo stesso bilancio

Con l’intenzione di osservare i precetti costituzionali sulla

natura della legge di bilancio e sulla copertura finanziaria dei

provvedimenti che comportano nuove o maggiori spese, nella legge

n. 335 del 1976 era impostato un raccordo tra piano, leggi di spesa

e bilancio (

71

). Il meccanismo doveva assicurare maggiore tempe-

stività nell’esecuzione delle spese, oltre che una maggiore atten-

zione alle esigenze del controllo.

Il bilancio pluriennale non è soltanto uno strumento previsio-

nale e programmatico. Sotto il profilo del valore giuridico è anche,

come si è detto, la « sede per il riscontro della copertura finanziaria

di nuove o maggiori spese stabilite da leggi della regione a carico

degli esercizi futuri ». E si deve però ancora ricordare che non si

possono compiere atti di gestione contabile-finanziaria con il bilan-

cio pluriennale, in quanto questo strumento non ha capitoli è, cioè,

un documento che non autorizza la riscossione di entrate né l’ese-

cuzione di spese (così l’art. 1 della legge n. 335 del 1976, commi 4

e 5).

Quindi, la funzione di riscontro di questa copertura finanziaria

è svolta dal bilancio pluriennale a legislazione vigente e risente dei

calcoli condotti nella fase di « programmazione finanziaria »; questi

calcoli, sintetizzano un quadro indicativo dell’effettiva operatività

della regione nel medio e lungo periodo (

72

). L’occasione offerta

pluriennale ai singoli ambiti di intervento, in mancanza delle definizioni di qualche obiettivo pluriennale ovvero per riservare mezzi finanziari che si rendessero necessari per fronteggiare maggiori costi che si determineranno negli esercizi futuri per la realizzazione di obiettivi già definiti », F. MORESE, Programmazione e

contabilità nei nuovi bilanci regionali, in Stato e regione, 1977, n. 405, 45.

(71) Qualche perplessità è stata comunque espressa: « è dubbio che siffatto sistema assicuri l’osservanza del precetto costituzionale della copertura delle nuove e maggiori spese ». Inoltre la legge « appare in più punti come il risultato di compromessi fra opposte tendenze: il rilievo vale essenzialmente per l’introdu- zione del bilancio di cassa accanto a quello di competenza, mentre la scelta avrebbe dovuto risolversi per l’uno ovvero per l’altro dei due sistemi di bilancio », V. PRINZIVALLI, Il conto consuntivo delle regioni ed il loro bilancio di previsione, in

Nuova Rassegna, 1976, n. 22, 2398 in nota e 2400.

(72) « In quanto responsabile della previsione dei mezzi finanziari su cui la regione può contare e degli orientamenti di spesa che essa intende perseguire, il bilancio pluriennale garantisce l’equilibrio di lungo periodo tra risorse ed impieghi e costituisce pertanto la sede più idonea per un adeguato riscontro di copertura delle leggi regionali che prevedono oneri a carico degli esercizi futuri, cfr. al riguardo G. CASALE, Struttura..., cit., 35.

dall’aggiornamento annuale, con il limite dell’equilibrio, garantisce

che le nuove o maggiori spese avranno l’attenzione che meritano

ricercando per ognuna di esse adeguati mezzi di copertura (

73

).

Per le spese che si protraggono oltre la scadenza del bilancio

pluriennale, il principio della copertura finanziaria impone la ri-

cerca di altri mezzi, idonei sotto il profilo qualitativo e quantitativo.

Analoga soluzione vale quando il legislatore regionale approva

leggi di spesa non comprese nel bilancio pluriennale; una regola di

buona amministrazione consiglia in questo caso un esame periodico

della legislazione di spesa, affinché non siano approvate leggi di

spesa che in sede di preventivo annuale hanno poi difficoltà a

reperire la necessaria copertura finanziaria (

74

).

Per quanto concerne la struttura del documento, l’art. 1 pone

soltanto il riferimento alla « ripartizione dell’entrata e della spesa »,

probabilmente dando per scontata l’applicabilità della struttura

prevista per il bilancio annuale di previsione. Pur privilegiando per

(73) « Anche prescindendo dalle maggiori garanzie che discendono da una visione pluriennale e complessiva delle disponibilità finanziarie il rinvio al bilancio pluriennale comporta anche la verifica di compatibilità con gli orientamenti di spesa in esso rappresentati e quindi di coerenza con i contenuti dei programmi regionali di sviluppo », G. CASALE, Struttura..., cit., 38. Nel sistema della legge n. 335 del 1976 « non sembra ammissibile l’iscrizione nel bilancio regionale di spese che non siano autorizzate, non tanto nel loro ammontare, quanto nella loro natura e finalizzazione, da leggi “sostanziali”, o che non discendano comunque da obblighi di legge o contrattuali. In questa logica, alla legge di bilancio non è preclusa la facoltà di stabilire “maggiori” spese, mentre per essa permane (...) l’impossibilità di stabilirne di “nuove”, cioè che non siano previste da apposita legge sostanziale, che quanto meno ne stabilisca le finalizzazioni o non trovino fondamento generico nell’ordinamento in vigore », 40.

(74) È anche vero però « che la formula prescelta poteva (...) essere rovesciata seguendo questo schema: attribuire rilevanza giuridica (e cioè con autorizzazione a riscuotere le entrate ed a eseguire le spese) al bilancio pluriennale espressione contabile del programma quinquennale regionale ed in stretto rap- porto con le leggi pluriennali di spesa; attribuire contenuto politico-economico al bilancio annuale la cui approvazione poteva coincidere con la verifica annuale dell’attuazione del bilancio pluriennale per la rispettiva quota (...) annuale ade- guandone o modificandone (c.d. aggiustamento) le previsioni. L’assetto voluto dal legislatore impone, invece, alla Regione di rifare anno per anno il bilancio pluriennale sottraendo a questo ogni funzione di realizzazione, sminuendone l’efficacia e addirittura privando di credibilità il programma quinquennale dal quale il bilancio pluriennale avrebbe dovuto essere la traduzione in termini contabili », G.L. RINALDI, La nuova legge in materia di bilancio e di contabilità delle

natura la sintesi all’analisi (

75

), è comunque certo che un docu-

mento come il bilancio pluriennale è più adatto ai suoi scopi quanto

maggiori e più dettagliate sono le informazioni disponibili sulle

fonti di finanziamento, sui vincoli e i collegamenti con particolari

spese o sulla destinazione a spese correnti o di investimento.

2.

Anche il bilancio annuale di previsione ha una struttura

orientata alla programmazione finanziaria. È formulato in termini

di competenza e di cassa; è cioè un documento « misto », come,

d’altronde, si erano già orientati la maggior parte degli statuti

regionali (

76

).

Per le entrate la legge n. 335 del 1976 indicava sei titoli; per le

spese fissava il principio della distinzione tra « spese per l’adempi-

mento delle funzioni normali » e spese « per ulteriori programmi di

sviluppo cui concorrono finanziamenti assegnati alla regione in

sede di programmazione nazionale » (

77

); è una distinzione che

(75) La caratteristica di fondo della logica previsionale nel bilancio plu- riennale risponde al « principio in base al quale più si estende l’orizzonte tempo- rale delle previsioni, maggiore è il grado di incertezza delle stesse; a tale incertezza si fa fronte in genere limitando il grado di analisi delle scelte », A. GUARINI, Il

bilancio..., cit., 170.

(76) Già nel programma economico approvato con la legge n. 685 del 1967 si trovano cenni sull’esigenza di introdurre nell’ordinamento il bilancio di cassa. Per elaborazioni sul tema, M.T. SALVEMINI, Idee per un bilancio previsionale di

cassa, in Saggi in onore del centenario della Ragioneria Generale dello Stato,

Ministero del Tesoro, Roma, 1969, 461 ss. A. PEDONE, Sul bilancio di cassa dello

Stato: problemi e discussioni, in Economia pubblica, 1972, n. 11-12, 11 ss. Sui pregi

e difetti dei due sistemi di bilancio cfr. A. BENNATI, Manuale di contabilità di Stato, Jovene, Napoli, 1990. « Si tratta di due sistemi difficilmente integrabili a causa della diversità di prospettive sulle quali si fondano (...) non si può concordare sulla soluzione apparentemente agevole data al controverso e dibattuto problema dell’abbinamento dei due sistemi di bilancio ». G.L. RINALDI, La nuova legge..., cit., 1006. Ma il problema di fondo sembra quello del sistema di finanziamento delle regioni, basato sui fondi di settore ripartiti secondo decisioni degli organi gover- nativi, che « produce frequenti sfasature temporali fra l’imputazione « teorica » di talune entrate regionali ad un dato esercizio e la possibilità concreta per le Regioni di inscrivere tali entrate e le relative spese nel bilancio e di procedere alle