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I metodi patrimoniali semplici

Il criterio patrimoniale semplice esamina l’azienda vista come un insieme di attività e di passività, di cui il patrimonio netto ne costituisce, sul piano contabile, la somma algebrica, in altre parole, si basa sul principio di valutazione analitica dei singoli elementi dell’attivo e del passivo che compongono il capitale93. Questo metodo richiede di valutare ciascuna voce dello stato patrimoniale

93 In pratica, così come efficacemente espresso dal Caramiello (1993), il valore patrimoniale rappresenta la somma necessaria per ricomporre il capitale aziendale nelle condizioni in cui si trova al momento considerato. C. CARAMIELLO, La valutazione dell’azienda, Giuffrè Editore, Milano, 1993, pag. 34 e ss.

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al suo cosiddetto “costo di sostituzione”94. L’esperto dovrà tener conto solo del valore dei beni materiali ed immateriali che godono di protezione giuridica e che quindi possono circolare separatamente dall’azienda, senza considerare quindi la redditività potenziale futura espressa dell’avviamento95.

In altri termini, si considera tale variabile come

‘neutrale’, supponendo, con evidente forzatura logica che la combinazione produttiva garantisca risultati economici in linea con le condizioni di mercato. Dall’altro, però, l’osservazione empirica dimostra che la varianza delle performances reddituali risulta, invece, abbastanza accentuata, soprattutto nel comparto delle aziende di servizi96.

94 La determinazione del valore patrimoniale si basa su di una stima analitica a valori correnti di sostituzione:

 Analitica, poiché effettuata distintamente per ciascun elemento del patrimonio aziendale attivo e passivo;

 A valori correnti, in quanto direttamente o indirettamente basata sui prezzi di mercato del momento in cui ha luogo la negoziazione;

 Di sostituzione, poiché l’ipotesi assunta è quella di riacquisto o della riproduzione per gli elementi attivi e della rinegoziazione per quelli passivi.

Si veda: O. PAGANELLI, Valutazione delle aziende, UTET, Torino, 1990, pag. 12.

95 G. SAVIOLI, Manuale di tecnica professionale, a cura di F.

PODDIGHE, Padova, 2008, pag. 383.

96 F. PODDIGHE, Manuale di tecnica professionale, Cedam, Padova, 2004, pag. 19.

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Quindi, procedendo con ordine, il metodo patrimoniale semplice parte dal capitale netto di bilancio (dato dalla differenza tra attività e passività) o book value, così come espresso dai dati contabili di fine periodo o infrannuali. Il capitale netto comprende anche l’utile dell’esercizio, con esclusione degli importi per i quali è stata o sta per essere decisa la distribuzione (dividenti, compensi degli amministratori ecc.)97. In via preliminare, però, occorre verificare la correttezza delle registrazioni rispetto alle disposizioni di legge e all’impianto dei principi contabili. Questa revisione viene effettuata per via analitica e spesso si rileva la necessità di effettuale talune modifiche. Dopo di che, il metodo in esame tende a riesprimere a valori correnti, desunti dal mercato o per via di stime, i valori storici (contabili) dei singoli elementi dell’attivo e del passivo presenti in bilancio e si sommano algebricamente i valori così ottenuti al capitale netto. In pratica, si tratta di esprimere gli elementi attivi secondo valori stimati di riacquisto o riproduzione e quelli passivi ipotizzandone la rinegoziazione98.

È questa un’operazione di particolare importanza in quanto i dati di bilancio non esprimono valori di mercato bensì valori che riflettono tutti gli effetti delle politiche aziendali, adottate dagli amministratori negli anni, quali politiche di ammortamento o politiche di accantonamento

97 L.GUATRI, M.BINI, Nuovo trattato sulla valutazione delle aziende, Egea, Milano, 2009, pag. 116.

98 F. PODDIGHE, Manuale di tecnica professionale, Cedam, Padova, 2004, pag. 19.

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ai fondi,99ma non solo, può esserci stata una contabilizzazione irregolare o poco attenta; nel tempo ci possono essere stati dei notevoli cambiamenti nelle condizioni di utilizzo e di partecipazione ai processi produttivi dei vari fattori; mutamenti nelle condizioni economiche di ambiente e di mercato e nel potere d’acquisto della moneta100.

È proprio la riespressione a valori correnti degli elementi patrimoniali attivi e passivi la fase principale della stima del valore del capitale economico.

Nell’operare queste rettifiche si vanno a cercare scostamenti tra i valori così determinati ed i valori di bilancio: in questo modo si determinano minusvalenze e plusvalenze e dalla somma algebrica di questi col capitale netto di bilancio si otterrà il capitale netto rettificato101.

In una tale operazione vanno attentamente valutate alcune poste di bilancio, tra le quali assumono particolare rilevanza:

i valori delle rimanenze, dove la valutazione va eseguita distintamente per ciascuna categoria, in particolare, nel caso di approvvigionamento dall’esterno (es.

materie prime; merci), il valore-base da

99 D. MONTEFORTE, Teorie e tecniche della valutazione d’azienda, Morlacchi Editore, 2004, pag. 8-9.

100 L. POTITO, Le operazioni straordinarie nell’economia delle imprese, Giappichelli, Torino, 2006, pag. 53.

101 D. MONTEFORTE, Teorie e tecniche della valutazione d’azienda, Morlacchi Editore, 2004, pag. 10.

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rettificare è il costo attuale di riacquisto, quindi, si considera il prezzo del più recente acquisto oppure molto semplicemente si fa riferimento al valore corrente (prezzo di mercato), se disponibile; rimanenze di origine interna aziendale (es. prodotti in corso di lavorazione), in tal caso è possibile fare riferimento alla valutazione degli utili connessi alla quota percentuale del lavoro svolto, oppure al calcolo di tutti i costi sostenuti in relazione alla parte di lavoro svolta; semilavorati, si usa il criterio del costo attuale o recente oppure quello di ricostruzione; prodotti finiti, si distinguono tra rimanenze immediatamente destinabili alla vendita per le quali si fa riferimento al minor valore tra il costo più recente e il criterio del presunto realizzo depurato degli oneri da sopportare per la vendita; e le rimanenze fuori listino oppure obsolete per le quali si utilizza il prezzo di possibile realizzo a stralcio o in blocco102;

i crediti e debiti, di particolare importanza ha la valutazione della congruità del fondo svalutazione/rischi su crediti iscritto in bilancio. Bisogna considerare l’esistenza di ratei e risconti ad essi relativi

102 D. MONTEFORTE, Teorie e tecniche della valutazione d’azienda, Morlacchi Editore, 2004, pag. 12.

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soprattutto in presenza di una situazione patrimoniale infra-annuale: se i crediti/debiti producano interessi, in genere il valore corrente non è altro che il valore nominale; se sono infruttiferi (es. crediti verso clienti) ci sarà bisogno di un’attualizzazione del valore nominale, al tasso corrente di mercato e per un tempo medio di scadenza stimato ad hoc103. Da considerare sono, infine, i crediti e debiti espressi in valuta estera per i quali si prevede la conversione in moneta nazionale in base al cambio in vigore al momento della perizia, oppure con riferimento ad un periodo più ampio, quando sia consigliabile un atteggiamento particolarmente prudenziale104.

le immobilizzazioni tecniche ,voce che si riferisce all’insieme di beni fondamentali all’attività tipica dell’impresa, assumono un peso rilevante nelle aziende che svolgono attività industriale, si tratta di immobili industriali e commerciali, impianti, macchinari, automezzi e così via.

Per le immobilizzazioni tecniche si parte dal

103 C. ORSI, Manuale pratico del commercialista, Maggioli Editore, 2009, pag. 715.

104 D. MONTEFORTE, Teorie e tecniche della valutazione d’azienda, Morlacchi Editore, 2004, pag. 13.

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costo di acquisto o di riproduzione, costo che dopo verrà abbattuto per considerare usura, inadeguatezze ecc. del bene allo stato attuale: in questo caso ci si può riferire ai valori del mercato dell’usato, ove questo esista, facendo riferimento a beni con uguali caratteristiche (es.automobili). Solitamente queste stime sono fornite da periti esperti, particolarmente qualificati. Laddove siano presenti immobilizzazioni tecniche finanziate tramite leasing e il cui valore non venga evidenziato in bilancio, ai fini di una corretta valutazione del capitale economico è necessario considerare queste voci soprattutto se sono operazioni cominciate da tempo. La rettifica che verrà attuata al patrimonio netto contabile è pari alla differenza tra il valore corrente del bene considerato e la somma del valore attuale delle rate a scadere e del valore di riscatto105;

i fondi rischi non equivalenti al valore economico atteso degli eventi a fronte dei quali sono stati creati, di questi occorre valutarne la congruità, tenendo presenti anche i rischi desumibili dai conti d’ordine;

105 D. MONTEFORTE, Teorie e tecniche delle valutazioni d’azienda, Morlacchi Editore, 2004, pag. 11.

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 i valori immateriali, si tratta di quei beni immateriali per i quali è consentita, per legge, l’iscrizione nel bilancio d’esercizio (i c.d. oneri di utilità pluriennale, come ad esempio le spese di impianto e le spese capitalizzate per consentire la partecipazione al risultato di più esercizi), in particolare si prendono in considerazione quelli suscettibili di trasferimento autonomo rispetto all’azienda ed il metodo per la determinazione del valore è lo stesso previsto per le immobilizzazioni tecniche: stima del costo attuale e suo abbattimento per tenere conto della situazione effettiva nel concreto106.

altre poste di bilancio, ovvero beni autonomi dal complesso aziendale in esercizio che sono “accessori” rispetto al core business e quindi liquidabili in ogni momento senza problemi, per questi è necessaria una valutazione separata rispetto al resto dell’azienda, in particolare per pervenire al valore corrente saranno adottati diversi criteri: per i titoli quotati, la media delle quotazioni dell’ultimo mese/semestre;

106 C. ORSI, Manuale pratico del commercialista, Maggioli Editore, 2009, pag. 714.

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per i titoli non quotati, il valore di bilancio o valore corrente di titoli similari quotati107.

Partecipazioni, per stimarne il valore corrente si distinguono le partecipazioni in società controllate da quelle in società non controllate. Il calcolo delle partecipazioni di controllo può avvenire sia sulla base di una valutazione congiunta con la capogruppo, con riferimento al bilancio consolidato, che attraverso una valutazione analitica di ogni società che costituisce il gruppo. Sono stime, queste, che necessitano di una particolare attenzione quando le partecipazioni sono relative a società con risultati negativi oppure quando vengano riconosciute alle società controllanti “premi di maggioranza”. Per le partecipazioni in società non controllate, invece, le stime analitiche spesso non sono possibili per carenza di informazioni dettagliate. Quindi, in queste circostanze, ci si riferirà al valore desunto dai prezzi di mercato (ove ciò sia possibile), oppure si farà riferimento a quello desunto dal patrimonio netto contabile. Anche in tale caso non si deve

107 C. ORSI, Manuale pratico del commercialista, Maggioli Editore, 2009, pag. 715.

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trascurare l’esistenza di eventuali “sconti di minoranza”108.

Fenomeni di questo tipo determinano un valore economico del capitale diverso dal suo valore contabile.

Operate tutte le rettifiche, che devono rivolgersi potenzialmente a tutte le voci dello Stato Patrimoniale, il valore del capitale sarà uguale a:

Valore netto contabile del capitale netto (C) + plusvalenze attività

- minusvalenze attività + minusvalenze passività

- plusvalenze passività +/- imposte

= Patrimonio netto rettificato a valori di mercato (K)

Quindi, in definitiva, la tecnica descritta può essere sintetizzata con la semplice espressione:

W = K

E cioè si identifica il valore dell’azienda (W) col netto rettificato a valori di mercato (K).

108 D. MONTEFORTE, Teorie e tecniche della valutazione d’azienda, Morlacchi Editore, 2004, pag. 11.

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Particolare menzione merita l’effetto fiscale latente derivante dalle rettifiche apportate. Invero, qualora le rettifiche patrimoniali determinino complessivamente un plusvalore rispetto al patrimonio netto contabile, occorre quantificare l’esborso cui l’azienda dovrebbe far fronte nel momento in cui questo plusvalore venisse realizzato e transitasse, quindi, per il conto economico della società. A questo proposito, occorre rilevare che, di solito, l’aliquota d’imposta applicata nelle valutazioni è più bassa di quella corrente, onde poter tenere conto della possibile emanazione di norme che prevedono una diminuzione del carico fiscale per le società.

Nel caso in cui le minusvalenze sono superiori alle plusvalenze si ha, invece, un beneficio fiscale

“potenziale” (cioè usufruibile soltanto nel caso in cui l’azienda presenti in futuro redditi dai quali ridurre le minusvalenze) e condizionato109.

Concludendo, il limite maggiormente evidente di un suddetto procedimento, che considera semplicemente le componenti “tangibili” di patrimonio, si rinviene evidentemente con riferimento agli impieghi immateriali non contabilizzati.

In effetti, “il metodo patrimoniale puro non tiene in alcun conto gli elementi patrimoniali immateriali non contabilizzati, che peraltro possono apparire di

109 L’operazione è inoltre condizionata alla deducibilità fiscale delle rettifiche negative determinate in sede di valutazione.

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fondamentale importanza per un complessivo apprezzamento del sistema aziendale”110.

Tale mancanza è un ostacolo non indifferente, quindi, per ovviare a tale inconveniente, in dottrina si sono sviluppati i metodi patrimoniali complessi che grazie all’ausilio di specifiche tecniche di derivazione matematico-contabile, cercano di attribuire un peso adeguato alle grandezze immateriali non contabilizzate111.