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I metodi patrimoniali complessi

Come detto, la problematica della valutazione degli elementi attivi immateriali è una delle più acute nell’ambito dei metodi patrimoniali. Secondo la dottrina tradizionale, questa difficoltà viene risolta, nell’ambito del metodo patrimoniale semplice, limitandosi a valutare i soli elementi patrimoniali a cui è possibile attribuire autonomia di valore. Vengono, quindi, considerati unicamente quegli elementi che, per le loro particolari caratteristiche, possono essere autonomamente ceduti

110 G. ZANDA, M. LACCHINI e T. ONESTI, La valutazione del capitale umano dell’impresa. Modelli qualitativi e quantitativi di logica economico-aziendale, Giappichelli, Torino, 1992.

111 Tali procedimenti si rifanno alla teoria del Going Concern Value, filone concettuale che si fonda sull’idea che l’azienda, per il semplice fatto di essere operativa, può beneficiare di valori immateriali non contabilizzati. In effetti, a ben vedere, per costituire una nuova azienda si andrebbe incontro a degli oneri che possono essere evitati acquistando una combinazione già in esercizio.

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(vedi ad esempio: marchi, brevetti, modelli, formule, diritti di concessione e cos’ via). Si tratta di entità patrimoniali che si possono enucleare con facilità dal resto degli impieghi e, per questo motivo, possono, teoricamente, essere ceduti singolarmente.

Dall’altro, esistono altri elementi che non hanno, invece, autonomia di valore in quanto il loro potenziale economico non è enucleabile rispetto al complesso patrimoniale (vedi ad esempio: spese per la formazione del personale, ricerca, investimenti pubblicitari) e non è verosimile pensare di estrarli dal patrimonio aziendale per cederli autonomamente. Sicuramente sono dei ‘serbatoi di utilità’ a cui è doveroso riconoscere un adeguato valore economico; ma è chiaro che tale utilità può unicamente essere trasferita insieme all’intero complesso aziendale.

Per tale ragione si dice che non abbiano un’autonomia di valore: il loro contributo di utilità si esplica soltanto nel contesto aziendale di riferimento e può essere trasferito solo trasferendo l’aggregato aziendale nel suo complesso.

Frequentemente accade che tali elementi non abbiano neppure rilevanza nel prospetto patrimoniale, in quanto, data la difficoltà di misurare il valore residuo a fine esercizio, spesso, in ossequio alla regola della prudenza amministrativa, si preferisce spesare tali investimenti in conto economico112.

Il solo patrimonio netto rettificato non esprime adeguatamente il valore di capitale economico; in

112 F. PODDIGHE, Manuale di tecnica professionale, Cedam, Padova, 2004, pag. 25.

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proposito Guatri osserva: “Il metodo patrimoniale non si presta, in sostanza, ad un confronto con la formula teorica.

È ben vero che in una ideale situazione di equilibrio i prezzi dei beni capitali esprimono i valori attuali dei flussi monetari da loro attesi. Ma la realtà è ben più varia e complessa, talché tale reazione è, appunto, riferibile solo ad una situazione astratta. Da queste osservazioni deriva l'importante regola che il metodo patrimoniale, preso in se stesso, non può mai considerarsi una soluzione razionale del problema di valutazione di un azienda”113.

Ecco perché al fine di ovviare alla carenza di informazione dei metodo patrimoniali semplici, si ricorre al metodo patrimoniale complesso, col quale si tenta, nell’ambito della valutazione del capitale economico aziendale, di fare emergere quei valori che invece non emergono nel precedente metodo.

Il metodo patrimoniale complesso non è altro che un’evoluzione del metodo patrimoniale che vuole integrare il valore del capitale economico risultante dall’applicazione del metodo patrimoniale semplice, con una stima del plusvalore che i beni immateriali (i c.d.

intangibles) possono dare alla società valutata.

Quindi, in tale ottica l’espressione sintetica proposta precedentemente si arricchisce di un addendo e formalmente il valore dell’impresa sarà:

W = K + BI

113 L. GUATRI, La valutazione delle aziende, EGEA, Milano, 1990, pag.43.

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dove:

W = valore stimato dell’impresa;

K = valore del patrimonio netto rettificato a valori di mercato;

BI = intangibles, ovvero valore attribuito ai beni immateriali non contabilizzati.

K + BI = K’

Tra le tante definizioni di metodo patrimoniale complesso, particolarmente strutturata appare quella di Onesti, il quale osserva che il metodo in esame, ispirato alla teoria del going concern value114, parte dall’assunto che per creare un’azienda ex-novo occorre sostenere dei costi che non sono, invece, sostenuti nel caso di una similare azienda funzionante. Da ciò deriva che, valutando un’azienda col metodo patrimoniale semplice, si arriverebbe a trascurare una parte cospicua del valore d’impresa, ossia le sue attività immateriali e quindi, il metodo patrimoniale complesso cerca di superare suddetto limite considerando quello che è il ‘patrimonio invisibile’

costituito dai beni immateriali115.

114 Valutazione di un'impresa che tiene conto oltre che del valore dei mezzi propri anche del contributo fornito dall'essere funzionante e produttiva, con mercati di approvvigionamento e di sbocco già aperti.

Viene chiamato avviamento (goodwill) la differenza fra i due valori.

115 D. MONTEFORTE, Teorie e tecniche della valutazione d’azienda, Morlacchi Editore, 2004, pag. 14.

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Le imprese destinano una parte cospicua dei loro investimenti per conservare ed accrescere la dotazione di beni immateriali, poiché oggi tali risorse sono considerate una componente essenziale per il successo aziendale nel lungo periodo. Ai fini della determinazione del valore del capitale economico delle imprese è quindi importante disporre di opportune procedure contabili che consentano di rilevare la dinamica (in aumento ed in diminuzione) di questi beni e l’ ammontare di investimento netto destinato ad essi (indicato a volte con l’ espressione stock di beni immateriali).

Quello che spesso accade è che il formarsi ed il deperire dei beni immateriali non venga rilevato, se non in misura limitata, dai processi contabili di accertamento del reddito, provocando gravi e deformanti anomalie nella definizione dei flussi reddituali di periodo. Le ragioni di ciò sono da attribuirsi sia alle difficoltà di misurazione del fenomeno che alla necessità di evitare l’anticipazione degli effetti fiscali che conseguirebbero all’evidenziazione di tali valori.

In ogni caso, al fine di adottare tale metodo sembra utile anzitutto specificare le caratteristiche che un bene immateriale deve presentare. La dottrina si è resa conto che la classificazione di tali beni è tutt’altro che agevole, in quanto le varie denominazioni applicate a specifici beni immateriali sono soltanto punti di vista diversi per

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esprimere concetti e fenomeni che in parte si sovrappongono116.

Limitando l’attenzione all’analisi dei risultati ottenuti dalla dottrina italiana in questo campo117, gli intangibles, come già detto, affinchè siano rilevati nel processo di valutazione aziendale devono possedere le tre seguenti caratteristiche:

1. utilità pluriennale;

2. trasferibilità (nel senso che esso deve essere cedibile a terzi);

3. misurabilità (nel senso che deve essere possibile definirne il valore).

L’accoglimento di questi criteri di selezione restringe notevolmente l’area dei beni immateriali:

rimangono, invero, esclusi, ad esempio, il know-how aziendale ed i costi di formazione del personale.

L’esclusione dalla categoria dei beni immateriali non impedisce, comunque, che questi fattori possano essere valorizzati nel momento in cui viene ceduta la società: la

116W. ANSON, Establishing Market Values for Brands, Trademarks and Marketing Intangibles, in “Business Valuation Review”, n. 2 /1996; Brugger G. – Ferrata R. – Grando A. , Working Paper in

“Progetto Intangibles”.

117G. BRUGGER, La valutazione dei beni immateriali legati al marketing e alla tecnologia, in “Finanza, Marketing e Produzione”, n.

1/1989, pp. 33 ss. ; Guatri L. , Trattato sulla valutazione delle aziende, Egea, Milano, 1998, pp. 239 ss.; Renoldi A. , La valutazione dei beni immateriali. Metodi e soluzioni, Milano, 1992, pp. 19 ss.

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determinazione di quello che viene definito “avviamento”

risponde proprio a questa esigenza.

Si può dire, che non è sempre necessario che esista un’effettiva capacità di trasferimento del bene immateriale ai fini di una valutazione separata, ma, è importante che il

‘serbatoio di utilità’ che tale elemento rappresenta possa essere ben individuabile ed anche preso in considerazione separatamente e quindi si possa identificare, circoscrivere e anche misurare la sua partecipazione alla redditività aziendale. Inoltre, bisogna prestare molta attenzione nell’attribuire separati valori a fattori non ben distinguibili o che possano essere inclusi in diversi elementi immateriali maggiormente riconoscibili e con una maggiore autonomia. Laddove le linee di demarcazione diventino incerte è preferibile considerare quelle risorse intangibili ricomprese in un generico valore di avviamento. Bisogna essere cauti anche quando, definiti i beni immateriali da considerare, se ne debba misurare il valore, in quanto, l’intangibilità e l’alta sensibilità del valore alle oscillanti condizioni e agli eventi del contesto ambientale e del mercato che li caratterizza non ne rendono semplice la stima118.

Tuttavia, se si ritiene di assegnare all’azienda un valore di avviamento oltre quello di beni immateriali specifici è necessario effettuare una verifica della capacità dell’impresa di produrre reddito. Infatti, suddetto valore si riscontra tramite una logica differenziale ovverosia

118 L. POTITO, Le operazioni straordinarie nell’economia delle imprese, Giappichelli, Torino, 2006, pag. 57.

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detraendo dal valore economico del capitale, definito in base alle potenziali capacità di produrre reddito, il patrimonio netto rettificato e rivalutato.

Da precisare è che la verifica reddituale119 è sempre opportuna anche quando non si consideri il valore di avviamento, ma si voglia far emergere il valore di taluni beni immateriali, o anche quando si voglia semplicemente rivalutare i vari cespiti iscritti in bilancio, infatti, come precedentemente chiarito, i maggiori valori cui si perviene dovrebbero trovare un’adeguata giustificazione nell’attesa redditività dell’azienda120.

In poche parole, l’elemento che distingue il metodo patrimoniale semplice dal metodo patrimoniale complesso è rappresentato, quindi, dalle risorse immateriali, costituite, a loro volta, dai beni immateriali propriamente detti e dall’avviamento: tali componenti immateriali hanno in comune la caratteristica di esprimere

119 Laddove la verifica reddituale individui dei risultati negativi ovvero i futuri flussi reddituali prevedibili non consentono di remunerare i maggior valori attribuiti al patrimonio, non esiste alcun avviamento, quindi, è necessario solo proporre quei valori di beni immateriali che trovano fondamento economico nelle capacità reddituali future dell’azienda. Addirittura si potrebbe rinunciare alla stima di ogni tipo di intangibles; o ancora potrebbe accadere che lo stesso patrimonio netto rettificato e rivalutato non trova una completa copertura nei risultati economici attesi, costituiendosi quello che è un

‘avviamento negativo’, che consiglia di limitare o magari annullare del tutto o in parte, anche quelle rivalutazioni apportate agli elementi attivi materiali. 119 L. POTITO, Le operazioni straordinarie nell’economia delle imprese, Giappichelli, Torino, 2006, pag. 61.

120 L. POTITO, Le operazioni straordinarie nell’economia delle imprese, Giappichelli, Torino, 2006, pag. 60.

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patrimonialmente la capacità reddituale futura dell’azienda. È facile comprendere come la stessa volontà di valorizzare le risorse aziendali immateriali (che, in ottica prospettica, possono garantire o aumentare la redditività attuale) costituisce già un allontanamento dalla logica puramente patrimoniale, in quanto è inserita una componente che tende a valutare la redditività dell’azienda121.

In Italia è a partire dagli anni ’80 che, soprattutto grazie a talune opere del Guatri nel 1987, cominciano a svilupparsi nuovi metodi di stima degli intangibles ed è proprio coi suoi studi che, come precedentemente affermato, si comincia a parlare di metodi patrimoniali complessi ed in particolare a fare la distinzione tra metodi patrimoniali complessi di primo (viene anche inserito il valore dei beni immateriali non contabilizzati ma dotati comunque di un valore di mercato) e di secondo grado (fa riferimento anche ai beni immateriali non contabilizzati non dotati di valore di mercato) 122.

121“L’obiettivo è quello di mediare in maniera più compiuta la metodologia patrimoniale con la necessità di considerare anche la capacità reddituale non espressa dalle voci dell’attivo e del passivo”:

M. MASSARI, La valutazione d’azienda: l’evoluzione della dottrina, in “La valutazione delle aziende”, n. 15/1999.

122Nello specifico, nella versione del 1980, a proposito dei metodi di valutazione complessi di secondo grado, Guatri definisce quattro procedimenti specifici:

 Il costo di sostituzione ovvero di riproduzione dei beni: cioè quanto costerebbe ad una certa data ricostruire o rimpiazzare il bene da valutare;

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In particolare, si definirà metodo patrimoniale complesso di primo grado il metodo che comprende tutti i beni contabilizzabili, materiali e immateriali, dove viene anche inserito il valore dei beni immateriali non contabilizzati ma dotati comunque di un valore di mercato che ne agevoli la determinazione (es. raccolta banche, portafoglio premi assicurativi, licenze negozi e grande distribuzione). Tali metodi sono basati su stime effettuate sui prezzi di mercato e cioè con comparazione per beni simili a quelli che sono oggetto di stima aventi una quotazione di mercato e quindi, data la non perfetta comparabilità dei valori, con la determinazione di un minimo ed un massimo entro cui far ricadere la valutazione stessa123.

Dall’altro si ha il metodo patrimoniale complesso di secondo grado che fa riferimento anche ai beni immateriali non contabilizzati non dotati di valore di mercato (es. portafoglio di prodotti, brevetti e concessioni

 La capitalizzazione dei costi effettivamente affrontati, indifferentemente dalla loro contabilizzazione;

 Il costo della perdita o “the costo of loss” (nel 1980 considerato un “metodo applicato nel Nord-America ma raro nel nostro paese): ossia il calcolo delle perdite che si dovrebbero affrontare nel caso di privazione del bene;

 La redditività attesa del bene.

D. MONTEFORTE, Teorie e tecniche della valutazione d’azienda, Morlacchi Editore, 2004, pag. 15.

123 D. MONTEFORTE, Teorie e tecniche della valutazione d’azienda, Morlacchi Editore, 2004, pag. 15.

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industriali, know-how, quote di mercato e immagine aziendale, rete di vendita, management, valore del capitale umano). Un metodo quindi utilizzato per quei beni immateriali che non hanno una comparabilità di mercato, sono basati su stime effettuate sulla base del costo dei beni stessi o sulla redditività presunta realizzabile col bene.

Da precisare è anche che, in relazione ai procedimenti di valorizzazione adottati par i beni immateriali, si distinguono ulteriormente i metodi patrimoniali complessi in analitici (stimati con una ricostruzione logica fondata su dati documentati) ed empirici (in questo caso la valutazione è effettuata in base a parametri dedotti dal comportamento degli operatori nelle negoziazioni avvenute sul mercato). I metodi analitici più frequentemente utilizzati sono:

 Costo di riproduzione, con il quale si considerano i costi da sostenere, opportunamente attualizzati, per la ricreazione di questi beni, ridotti per il degrado;

 Redditi o perdite differenziali, con cui si stima il flusso di redditi incrementali consentiti da tali beni o i minori redditi da sopportare nell’ipotesi di cessione;

 Valore netto contabile, calcolato dal costo storico complessivo sostenuto, anche se non capitalizzato, ed applicando allo stesso un congruo processo di ammortamento.

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Nei metodi empirici, si ha, invece, la valorizzazione di beni immateriali basata su parametri e formule dedotti dai comportamenti negoziali degli operatori sul mercato e altre forme dedotte dall’esperienza (ad esempio di frequente applicazione per banche, assicurazioni, negozi al dettaglio ecc.) quindi si tratta di identificare un parametro rilevante per quella tipologia di azienda e di tarare la valutazione proprio su quel parametro, osservato per un cero periodo di tempo ed eventualmente confrontato con aziende analoghe.

In ogni caso appare evidente che la determinazione del valore di questi beni è cruciale in sede di valutazione.

L’acquirente li pagherà e potrà così iscrivere tra le componenti dell’attivo patrimoniale la voce relativa all’avviamento.

2.7 L’utilizzo dell’avviamento nei metodi