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Gli studi più recenti

Con il passar del tempo e l’evolversi degli studi economico–aziendali ci si è concentrati sull’analisi della natura e dei metodi di stima dell’avviamento, cercando soprattutto una definizione ed una quantificazione di quelli che sono i beni immateriali.

L’Amodeo definisce le risorse immateriali alla stregua di “circostanze” e “modi di essere” del capitale di impresa che danno al reddito una certa fisionomia ed altezza23.

Ciò che preme sottolineare è l’importanza che il patrimonio intangibile aziendale sta assumendo sempre più quale differenziale competitivo tra le imprese.

Dall’altro, nei metodi di stima patrimoniali complessi, nella definizione del valore dei beni immateriali si cerca di mettere insieme quel maggior rispecchio della realtà tipico dei metodi patrimoniali con una razionalità di quei metodi fondati invece sui flussi di

22 E. ARDEMANI, L’avviamento dell’impresa, Carlo Marzorati Editore, Milano, 1958, pagg. 23-24.

23 D. AMODEO, Ragioneria generale delle imprese, Giannini, Napoli, 1989, pagg. 125-126.

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risultato di cui dovrebbe tener conto la stima dei beni immateriali.

È utile chiarire dapprima una nozione di beni immateriali in quanto sugli stessi non vige un’ unanimità di consensi24.

Le origini del dibattito circa i beni immateriali, circa le opportunità e modalità di inserimento di tali valori all’interno del bilancio, ha la sua origine in Italia con le opere dello Zappa (1950) e successivamente di altri aziendalisti come soprattutto l’Onida (1974), ma, il riconoscimento del valore dei beni immateriali alla formazione e alla misura del capitale economico ha origini più recenti.

Molti autori come il Renoldi (1992) e Itami (1988) fanno riferimento all’ultimo ventennio come un periodo in cui viene data una grande attenzione agli intangibili; è soprattutto agli inizi degli anni ’80 che in Italia, soprattutto grazie al Guatri (1987), si diffondono maggiormente nuove tipologie di valutazione degli intangibili, ormai considerati negli studi aziendali variabili chiave per lo sviluppo. È proprio con gli studi di Guatri, infatti, che per la prima volta si parla di metodi patrimoniali complessi dove l’entità del capitale economico è data dal capitale netto rettificato al quale viene aggiunto il valore dei beni immateriali non contabilizzati, l’elemento, quindi, che lo contraddistingue rispetto al metodo patrimoniale semplice è rappresentato

24 D. AMODEO, Ragioneria generale delle imprese, Giannini, Napoli, 1989, pagg. 125-126.

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dalle risorse immateriali, costituite, a loro volta, dai beni immateriali propriamente detti e dall’avviamento, sono, quindi, tutti elementi immateriali che rappresentano patrimonialmente la capacità reddituale futura dell’azienda.

Posto ciò, secondo l'approccio di valutazione di capitale economico, scrive Guatri che: “le aree in cui è più agevole identificare gli intangibles sono il marketing e la tecnologia; ci si potrebbe quindi limitare a queste due classi definendo adeguatamente i contenuti dell'una e dell'altra. Tutt’al più si può pensare a tre classi: oltre alle due citate gli 'altri intangibles' legati alla conoscenza e alle capacità, non collegabili direttamente né al marketing né alla tecnologia. Andare al di là di questa tripartizione potrebbe portare a inutili ripetizioni”.

La soluzione preferibile25, almeno nell'ottica delle valutazioni di capitale economico26 e di capitale

25 Cfr. L. Guatri, Trattato sulla valutazione delle aziende, EGEA, Milano, 1998, pagg. 245 e seguenti.

26 “Il concetto di capitale economico esprime il valore di scambio attribuibile al capitale proprio considerato come complesso economico vincolato al funzionamento di una data azienda ed il cui trasferimento opera il trasferimento della stessa azienda e precisamente dei diritti e obblighi patrimoniali e di controllo ad essa inerenti”. Cfr. L. Pozza, Le risorse immateriali. Profili di rilievo nelle determinazioni quantitative d'azienda, EGEA, Milano, 1999, pag.

178. “Il capitale economico è, infatti, quella particolare configurazione del capitale d'impresa stimata da un perito indipendente nell'ipotesi di trasferimento del complesso aziendale. È, in altre parole, quella configurazione del capitale che esprime il valore di scambio di una azienda stand alone”. Cfr. G. Zanda-M. Lacchini-E. Laghi, Conferimenti aziendali ed eventuale iscrivibilità in bilancio

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potenziale, è quella che adotta il criterio della dominanza.

Ciò per evitare il rischio di duplicazioni e sovrapposizioni, in presenza di situazioni in cui i valori degli intangibles appaiono legati sia al mercato (ovvero in altra versione alla fiducia), sia alla tecnologia (ovvero alla conoscenza).

Tale criterio conviene sulla “opportunità di stimare gli intangibles globalmente, come beni legati alla tecnologia o al marketing, secondo la prevalenza dell'uno o dell'altro profilo”. È evidente che i beni immateriali sono soltanto punti di vista diversi per esprimere concetti e fenomeni che in parte si sovrappongono. È quindi più agevole comprenderli in pochi o addirittura in un unico valore27al quale può essere relativamente indifferente applicare questa o quella denominazione.

dell'avviamento e dei beni immateriali: una nota critica, in "Rivista Italiana di Ragioneria e di Economia Aziendale", settembre-ottobre 1995, pagg. 451-452.

27 L'espressione in un'unica entità del valore dei beni immateriali trova una necessaria ed ineliminabile verifica nelle capacità di produrre reddito dell'impresa. Se l'impresa non ha la capacità di produrre adeguati redditi, non ha senso attribuire valore ai beni immateriali; anche se la loro riproduzione comporta certi costi, non sarebbe conveniente riprodurli. Da ciò deriva l'ovvia conseguenza, dato che il reddito è un concetto unitario, non distribuibile tra i singoli beni immateriali, che la verifica della congruità del valore attribuito a tali beni deve avvenire complessivamente. Quindi un'ipotetica attribuzione di valori distinti ai vari tipi di beni immateriali non potrebbe essere verificata, nell'aspetto reddituale, per singoli beni.

Cfr. L. Guatri, op. cit., pag. 246.

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Di carattere metodologico e definitorio sono le novità introdotte dal Brugger28 che sottolinea ben tre elementi caratteristici dei beni immateriali:

 Il bene deve essere all’origine di costi ad utilità differita;

 Il bene deve essere trasferibile (caratteristica questa che evita il problema della duplicazione, ovvero il rischio che, con nomi differenti, si vada a valutare la stessa cosa);

 Il bene deve essere misurabile nel suo valore.

“Ciò che importa è che il serbatoio di utilità, che esso rappresenta, possa essere individuabile e preso in considerazione in modo distinto, che sia insomma possibile chiaramente identificare e circoscrivere, e poi misurare, la sua partecipazione alla redditività aziendale”29.

Il Guatri, approva suddetta concezione di bene immateriale definita da Brugger, e rifiuta la corrispondenza tra valore del capitale economico e valore di tutti i bene materiali ed immateriali, anzi, esclude che in tali beni vi rientrino condizioni e fattori che anche se

28 G. BRUGGER, La valutazione dei beni immateriali legati al marketing e alla tecnologia, in Finanza, Marketing e Produzione, n.1, 1989, pag. 33.

29 L. POTITO, Le operazioni straordinarie nell’economia delle imprese, Giappichelli, Torino, 2006, pag. 57.

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abbiano un valore per l’impresa, non possiedano quelle caratteristiche e pertanto sono da considerarsi come “…

un generico valore di avviamento”30.

Segue lo stesso pensiero Renoldi, il quale definisce in primis quali fattori immateriali: “…. L’insieme di tutti quegli elementi che residuano una volta che siano state enucleate le attività materiali”31, inoltre, ai fini dell’individuazione degli stessi fa particolare riferimento al criterio dell’identificabilità, distinguendo così32:

 Beni immateriali in senso stretto, ovverosia beni che possiedono un’autonoma rilevanza e sono per questo identificabili;

 Valori immateriali non suscettibili di autonoma individuazione, e che rientrano nell’ambito del “goodwill”.

Quindi, Renoldi, fa una classificazione che risulta essere allargata rispetto a quella fatta dal Brugger nel 1989, una classificazione che a parere dell’Autore avrebbe il premio di “ridimensionare l’area grigia di valutazione aziendale rappresentata dall’avviamento”. In pratica, Renoldi, piuttosto che una valutazione degli intangibili all’interno dell’avviamento, si esprime a favore di una

30 L. GUATRI, Trattato sulla valutazione delle aziende, Egea, Milano, 1998, pag. 241.

31 A. RENOLDI, La valutazione dei beni immateriali. Metodi e soluzioni, Egea, Milano, 1992, pag. 21.

32 A. RENOLDI, La valutazione dei beni immateriali. Metodi e soluzioni, Egea, Milano, 1992, pag. 25-26.

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loro valutazione autonoma, al fine di evitare la scarsa dimostrabilità dei valori di avviamento33, una posizione questa che comunque andava in quegli anni controcorrente in quanto in molti si esprimevano contro il calcolo autonomo dei beni immateriali e a favore del calcolo dell’avviamento come misura onnicomprensiva.

Dello stesso avviso del Renoldi sembra essere il Coda che scrive:

“… non tutti i valori di cui si compone il capitale di un’impresa funzionante sono riconducibili a beni”34 nonché il Cavalieri che scrive del capitale d’impresa come: “… un insieme finalizzato di condizioni (positive e negative) di produzione. Esso è dato, in un definito istante, dal complesso delle utilità economiche (beni materiali, immateriali e potenzialità) di cui l’impresa dispone per lo svolgimento della sua attività produttiva (componenti positive, attività) e del complesso delle obbligazioni che l’impresa ha assunto verso terzi (componenti negative, passività)”35.

Infine, Reilly e Scheweihs 36 , dopo aver sottolineato gli elementi caratteristici dei beni immateriali, allo stesso modo ci dicono di come molti fenomeni economici, che

33 D. MONTEFORTE, Teorie e tecniche di valutazione delle aziende, Morlacchi Editore, Perugia, 2004, pag. 16.

34 V.COSA, Introduzione alla valutazione dei capitali economici, Giuffrè, Milano, 1963, pag. 43.

35 E. CAVALIERI-R. FERRARIS FRANCESHI, Economia Aziendale, Vol. I, Attività aziendale e processi produttivi, Giappichelli, Torino, 2000, pag. 236.

36 R.F. REILLY-R.P. SCHWEIHS, The advanced business valuation, McGraw-Hill, New York, 2000, pag. 7.

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pur avendo un valore per l’impresa, non possano comunque essere identificati quali beni immateriali.

Lo Zanda sembra invece essere non completamente d’accordo al riguardo, in effetti, egli fa dei beni immateriali una precisa classificazione distinguendo i beni immateriali strutturali (capitale umano , licenze e tecnologie), ovvero: “…. quelle risorse intangibili di cui qualsivoglia metodologia valutativa patrimoniale deve necessariamente tenere conto in quanto meritevoli di valutazione autonoma. Tali risorse si caratterizzano, da un lato, in quanto esprimono il valore delle mutue e reciproche relazioni che si istaurano tra i diversi beni aziendali, trasformandoli da mero coacervo di res staccate in un complesso sistemico di beni, persone ed operazioni finalizzato al conseguimento di risultati economici;

dall’altro lato consentono all’impresa di acquisire le condizioni giuridico-amministrative necessarie per operare nel proprio settore economico”37; e i beni immateriali non strutturali ovvero risorse che: “…

traggono il proprio valore dalle relazioni che si instaurano tra l’impresa ed il mercato”38. In particolare, di questi ultimi beni, in quanto connessi al mercato di riferimento dell’azienda, ne fa una distinzione sulla base del settore

37 G. ZANDA-M.LACCHINI-T.ONESTI, La valutazione delle aziende, Giappichelli, Torino, 2001, pag. 191-192.

38 G. ZANDA-M.LACCHINI-T.ONESTI, La valutazione delle aziende, Giappichelli, Torino, 2001, pag. 192.

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economico, precisamente i settori e quindi i beni immateriali non strutturali corrispondenti sono39:

SETTORE BENI IMMATERIALI

NON STRUTTURALI Imprese industriali

operanti su commessa

Portafoglio valori Imprese industriali che

producono per il mercato

Marchio

Imprese commerciali Insegna

Intermediari finanziari Portafoglio clienti Settore bancario Valore della raccolta

Quindi, sembrerebbe che secondo lo Zanda il metodo di stima del valore del capitale economico potrebbe essere il metodo patrimoniale complesso dove il suddetto valore sarà dato dal patrimonio netto rettificato, che ci dice del valore corrente dei beni materiali, più quei valori di beni immateriali strutturali e non strutturali precedentemente definiti.

Quello dello Zanda, concludendo, appare essere un concetto di bene immateriale più ampio rispetto a quello definito dal Guatri, perchè, volendo fare un esempio, se per il primo Autore annoverabile tra i beni

39 G. ZANDA-M.LACCHINI-T.ONESTI, La valutazione delle aziende, Giappichelli, Torino, 2001, pag. 196-197.

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immateriali è anche il valore del capitale umano questo di certo non risulta essere compreso tra i beni immateriali definiti dal secondo40.

1.4 L’avviamento secondo il codice