• Non ci sono risultati.

Le azioni positive di cui all’art 9 della legge 53/2000.

LA LEGGE N 53/2000 E LE AZIONI POSITIVE

4. Le azioni positive di cui all’art 9 della legge 53/2000.

Le politiche di conciliazione citate compresi gli aggiornamenti appena esposti sono ampiamente supportati da un importante strumento messo a punto dalla legge n. 53/2000 proprio per consentire adeguate politiche di raccordo tra famiglia e lavoro: le c.d azioni positive disciplinate all’art. 9 della legge suddetta rubricato “Misure a sostegno della flessibilità di orario”.

L’espressione “azioni positive” deriva dall’esperienza statunitense delle “affermative actions” con le quali si fa riferimento allo strumento più idoneo a contrastare le discriminazioni nei confronti delle donne, anche attraverso la concessione di benefici volti a stabilire un’effettiva parità di fatto, realizzando pari opportunità fra donne e uomini. Va detto però, che le azioni in oggetto erano state già proposte nel 1991 con l’emanazione della legge n. 125 avente l’intento di “favorire, anche mediante una diversa organizzazione del lavoro,

condizioni e tempo di lavoro, l’equilibrio tra responsabilità familiari e professionali ed una migliore ripartizione di tali responsabilità tra i due sessi”178.

All’epoca la legge nacque per favorire l’occupazione femminile e la realizzazione dell’uguaglianza tra uomini e donne, attraverso la promozione di azioni positive dirette a179:

• eliminare le disparità di trattamento nella formazione scolastica e professionale e nell’accesso al lavoro;

• promuovere l’inserimento delle donne nei settori professionali in cui sono ancora poco presenti;

• favorire una diversa organizzazione del lavoro, al fine di coniugare vita familiare e lavorativa;

178. www.parlamento.it

179. www.consiglieraparitaveneto.it

89

• favorire la diversificazione delle scelte professionali delle donne soprattutto attraverso l’orientamento scolastico e professionale e gli strumenti della formazione.

Purtroppo, a causa delle difficoltà e degli ostacoli incontrati durante la sua applicazione dovuti soprattutto all’esiguità dei fondi ed alla mancanza di una convinta adesione alle sue finalità, per oltre dieci anni i risultati applicativi di questa legge sono stati insoddisfacenti in generale e quasi inesistenti per quanto concerne la conciliazione dei tempi180

. Ciò ha comportato una profonda modifica della legge stessa ed un ripensamento della disciplina dopo molti anni.

Come accennato, nello specifico, le azioni positive sono disciplinate nell’articolo 9. La norma prevede l’erogazione di contributi in favore di aziende che in applicazione di specifici accordi con le associazioni sindacali dei lavoratori o datoriali, attuino progetti riferibili a “tre diverse tipologie

d’azione” tutte accomunate dallo stesso intento di facilitare la conciliazione tra

gli impegni e le esigenze di lavoro e quelli connessi alla cura dei familiari: • tipologia A: progetti di azioni positive che consentano alla

lavoratrice madre o al lavoratore padre (anche adottivi) di usufruire di particolari forme di flessibilità degli orari e dell’organizzazione del lavoro;

tipologia B: programmi di formazione per il reinserimento dei

lavoratori al rientro dal congedo (di maternità, paternità o parentale), in particolare per favorire l’aggiornamento professionale collegato anche ad eventuali processi di innovazione o modifiche organizzative avvenute nell’azienda durante il periodo di assenza;

tipologia C: progetti che consentono la sostituzione del titolare

di impresa o del lavoratore autonomo, che benefici del periodo

180. www.consiglieraparitaveneto.it

90

di astensione obbligatoria o dei congedi parentali, con altro imprenditore o lavoratore autonomo.

Le azioni positive, quale strumento del diritto diseguale atto a realizzare l’eguaglianza sostanziale, ottengono un definitivo riconoscimento dal nuovo testo dell’art.1 del Codice delle Pari Opportunità così come riscritto dall’art. 1 del D.Lgs. 25 gennaio 2010 n. 5, recante norme di “Attuazione della direttiva

2006/54/CE relativa al principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione ed impiego” che

espressamente statuisce: “Il principio della parità non osta al mantenimento o

all’adozione di misure che prevedano vantaggi specifici a favore del sesso sottorappresentato” (comma 3)181

.

A circa dieci anni dalla sua formulazione l’articolo 9 l. n. 53/2000 è stato riformulato rispetto alla versione precedente, ma al fine di comprendere la portata della modifica sembra opportuno riportare la vecchia dicitura che recitava:

<<1. Al fine di promuovere ed incentivare forme di articolazione della

prestazione lavorativa volte a conciliare tempo di vita e di lavoro, nell’ambito del Fondo per l’occupazione di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, è destinata una quota fino a lire 40 miliardi annue a decorrere dall’anno 2000, al fine di erogare contributi, di cui almeno il 50 per cento destinato ad imprese fino a cinquanta dipendenti, in favore di aziende che applichino accordi contrattuali che prevedono azioni positive per la flessibilità, ed in particolare:

a) progetti articolati per consentire alla lavoratrice madre o al lavoratore padre, anche quando uno dei due sia lavoratore autonomo, ovvero quando abbiano in affidamento o in adozione un minore, di usufruire di particolari forme di flessibilità degli orari e dell'organizzazione del lavoro, tra cui part time reversibile, telelavoro e lavoro a domicilio, orario flessibile in 181. www.s.v.camcom.gov.it.

91

entrata o in uscita, banca delle ore, flessibilità sui turni, orario concentrato, con priorità per i genitori che abbiano bambini fino ad otto anni di età o fino a dodici anni, in caso di affidamento o di adozione;

b) programmi di formazione per il reinserimento dei lavoratori dopo il periodo di congedo;

c) progetti che consentano la sostituzione del titolare di impresa o del lavoratore autonomo, che benefici del periodo di astensione obbligatoria o dei congedi parentali, con altro imprenditore o lavoratore autonomo. 2. Con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con i Ministri per la solidarietà sociale e per le pari opportunità, sono definiti i criteri e le modalità per la concessione dei contributi di cui al comma 1>>.

Attualmente, invece, vi sono alcune novità.

Procedendo con ordine va detto che le prime modifiche all’articolo erano già state apportate con la legge finanziaria 2007 e riguardavano182:

• l’inserimento dei finanziamenti per la conciliazione nel Fondo per le politiche della famiglia;

un nuovo articolo 9 con l’individuazione di una quarta tipologia di azione positiva, che prevede l’inserimento, fra le motivazioni, della cura di figli disabili ed anziani non autosufficienti;

• l’ammissione al finanziamento delle Aziende sanitarie locali e delle Aziende ospedaliere;

• l’elevazione dell’età dei minori etc.;

• l’istituzione di una Commissione tecnica per selezionare e valutare i progetti;

• la possibilità di utilizzare parte delle risorse per attività di promozione delle misure in favore della conciliazione, di consulenza alla progettazione e di monitoraggio delle azioni183

.

182. www.sv.camcom.gov.it. 183. www.consiglieraparitaveneto.it

92

La nuova normativa è andata in vigore dal 1 gennaio 2007 ma in virtù del suo carattere sperimentale, ha subìto nel tempo diverse modifiche finalizzate ad adattarla all’evoluzione del contesto di riferimento, così da intercettare i nuovi bisogni di conciliazione emersi nel corso dell’attuazione. Infatti, circa due anni dopo, la legge 18 giugno 2009 n. 69 recante “Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività

nonché in materia di processo civile” ha riscritto l’art. 9 della legge n. 53/2000, al fine di rilanciare questo strumento di sostegno alla maternità e paternità e promuovere progetti sperimentali che attuino, con maggiore efficacia ed efficienza, misure dirette a sostenere i soggetti con responsabilità genitoriali o familiari.

La riforma dell’articolo prevede altresì un ampliamento della rosa dei soggetti beneficiari all’interno dei quali sono ricompresi non solo le aziende, le aziende sanitarie locali e le aziende ospedaliere ma anche i datori di lavoro privati iscritti in pubblici registri, i titolari di impresa, i lavoratori autonomi o liberi professionisti per esigenze legate alla maternità o alla presenza di figli minori o disabili. Ciò non più solo per finanziare la loro sostituzione totale dall’attività con altri soggetti autonomi in possesso dei necessari requisiti professionali, ma anche per avvalersi della loro collaborazione parziale. Collaborazione che può essere attivata anche con un eventuale soggetto dipendente184

.

Ancora, al fine di poter fruire dell’incentivo, era necessario stipulare un accordo collettivo con le parti sociali che prevedesse un progetto per l’attuazione di azioni positive, ora è sufficiente, almeno nelle imprese di minori dimensioni, un accordo individuale tra lavoratrice/lavoratore e datore di lavoro.

Allo stato attuale l’articolo 9 dispone l’erogazione di contributi in favore di datori di lavoro privati iscritti in pubblici registri, ivi comprese le

184. F. PELAIA, Le opportunità offerte dall’art. 9 della legge 53/2000 a un anno dalla riforma, in www.associazionealfa.it.

93

imprese collettive e gli enti sanitari (AA.SS.LL., AA.OO., AA.OO. Universitarie) che attuino accordi finalizzati ad incentivare azioni volte a conciliare tempi di vita e di lavoro, ma è necessario che gli accordi contengano almeno una delle seguenti tipologie di azioni positive185

:

<<a) progetti articolati per consentire alle lavoratrici ed ai lavoratori di

usufruire di particolari forme di flessibilità degli orari e dell’organizzazione del lavoro, quali part-time reversibile, telelavoro e lavoro a domicilio, banca delle ore, orario flessibile in entrata o in uscita, sui turni e su sedi diverse, orario concentrato, con specifico interesse per i progetti che prevedano di applicare, in aggiunta alle misure di flessibilità, sistemi innovativi per la valutazione della prestazione e dei risultati;

b) programmi ed azioni volti a favorire il reinserimento delle lavoratrici e dei lavoratori dopo un periodo di congedo parentale o per motivi comunque legati ad esigenze di conciliazione;

c) progetti che, anche attraverso l’attivazione di reti tra enti territoriali, aziende e parti sociali, promuovano interventi e servizi innovativi in risposta alle esigenze di conciliazione dei lavoratori. Tali progetti possono essere presentati anche da consorzi o associazioni di imprese, ivi comprese quelle temporanee, costituite o costituende, che insistono sullo stesso territorio e possono prevedere la partecipazione degli enti locali anche nell'ambito dei piani per l'armonizzazione dei tempi delle città>>.

Ancora, ai sensi della nuova norma:<<destinatari dei progetti devono

essere lavoratrici o lavoratori, inclusi i dirigenti, con figli minori, con priorità nel caso di disabilità ovvero di minori fino a dodici anni di età, o fino a quindici anni in caso di affidamento o di adozione, ovvero con a carico persone disabili o non autosufficienti, ovvero persone affette da documentata grave infermità>>.

Inoltre è previsto che una quota del 10 % delle risorse venga riservata per progetti che consentano ai titolari di impresa, ai lavoratori autonomi o ai

185. www.politichefamiglia.it.

94

liberi professionisti, di avvalersi della collaborazione o sostituzione di soggetti in possesso dei necessari requisiti professionali per esigenze legate alla maternità o alla presenza di figli minori ovvero disabili.

Il regolamento attuativo dell’art. 9 rinnovato è stato approvato con d.p.c.m. 23 dicembre 2010 n. 277 ed è entrato in vigore il 18/5/2011186

. Esso dispone che i progetti di cui sopra debbano avere una durata massima di 24 mesi, che debbano prevedere almeno una delle tipologie di azioni positive di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1 e che possano essere finanziati per un contributo massimo di € 500.000,00. Stabilisce inoltre le tipologie di datori di lavoro privati e di aziende sanitarie che possono presentare progetti; esclude gli enti pubblici diversi da queste ultime dai soggetti finanziabili anche a titolo di partenariato in rete o in consorzio e determina le condizioni per una nuova partecipazione ai bandi di finanziamento da parte dei soggetti che hanno già usufruito di un contributo ai sensi dell'art. 9 della l. 53/2000 (conclusione totale del progetto precedente e presenza di elementi di novità sostanziale rispetto al progetto precedentemente finanziato)187

.

Il regolamento estende la tipologia di destinatari/e di cui al comma 1 dell'art. 9 ai soci lavoratori e alle socie lavoratrici delle cooperative, alle lavoratrici ed ai lavoratori in somministrazione ed ai titolari di contratti di collaborazione coordinata e continuativa. Viene determinata altresì la natura degli accordi sindacali e contrattuali ammissibili come presupposto obbligatorio per il progetto.

Per quanto riguarda i progetti di sostituzione o affiancamento di titolari d’azienda o lavoratrici e lavoratori autonomi di cui al comma 3, il nuovo regolamento fissa a € 35.000,00 il tetto massimo del contributo, mentre la durata massima della sostituzione non può superare i 12 mesi per la

186. www.politichefamiglia.it 187. www.politichefamiglia.it

95

sostituzione della coppia di genitori, anche frazionati su un arco temporale di 24 mesi188

.

La normativa italiana ha poi avuto cura di divulgare i modelli di azioni positive a seconda che si tratti di realizzarle nel settore privato o nella pubblica amministrazione.

Per quanto concerne il primo ambito, l’adozione e la sperimentazione di azioni positive sono affidate sostanzialmente alla libera determinazione dei soggetti individuati dal legislatore e nello specifico, all’interno dell’art. 43 del Codice delle pari opportunità dove vengono indicati un ampio numero di soggetti abilitati a promuovere progetti di azioni positive.

Il successivo art. 44 prevede che si possa richiedere al ministero del lavoro, entro il periodo che corre tra il 1° ottobre al 30 novembre di ogni anno, di essere ammessi al rimborso totale o parziale degli oneri finanziari derivanti dai progetti di azioni positive.

Sono poi previsti anche finanziamenti del Fondo Sociale Europeo per azioni positive in materia di formazione professionale e per l’imprenditoria femminile.

Un particolare da evidenziare è la previsione dell’art. 37, comma 3, del Codice suddetto secondo il quale: “nel caso di sentenza di accertamento di

discriminazioni, il giudice, oltre a liquidare il risarcimento del danno anche non patrimoniale eventualmente richiesto, ordina all’autore delle discriminazioni di definire un piano di rimozione delle discriminazioni accertate, fissando i criteri, anche temporali, da osservarsi ai fini della definizione ed attuazione del piano”189

.

188.

Donne e politiche femminili, in

http://62.101.84.82/gs/Portale/dati.nsf/4ed920d995034951c1256e3500458b59/2b56b9699fc8a8c8c12 575d60056c159?OpenDocument

189. Il Codice è consultabile in www.servizi.cgil.milano.it

96

Quanto poi al settore pubblico, il modello adottato è obbligatorio: le pubbliche amministrazioni devono redigere un piano triennale per la realizzazione delle pari opportunità con il quale190:

• devono riservare alle donne almeno un terzo dei posti di componente delle commissioni di concorso;

• devono adottare propri atti regolamentari per assicurare pari opportunità fra uomini e donne sul lavoro;

• devono garantire la partecipazione delle proprie dipendenti ai corsi di formazione e di aggiornamento professionale, in rapporto proporzionale alla loro presenza nella singola amministrazione, adottando tutte le misure organizzative atte a facilitarne la partecipazione e consentendo la conciliazione fra vita professionale e vita familiare;

• devono adottare tutte le misure per attuare le direttive della Unione europea in materia di pari opportunità (art. 57 decreto legislativo n. 165 del 2001).

Possono presentare i piani:

• le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo; • le province, i comuni e gli altri enti pubblici non economici. I piani di azioni positive hanno vigenza triennale e devono tendere alla rimozione degli ostacoli che impediscono la piena realizzazione di pari opportunità di lavoro e nel lavoro tra uomini e donne, prevedendo misure di riequilibrio della presenza femminile nelle attività e nelle posizioni gerarchiche ove sussiste un divario fra generi non inferiore a due terzi.

Ad ogni modo, dopo molti anni dal varo della legge n. 53 e dall’applicazione dell’art. 9 nel contesto normativo italiano, va detto che il percorso di questo articolo è stato travagliato da evidenti difficoltà, dovute sia ad un difetto di comunicazione ed informazione, sia a retaggi culturali che

190. Piano delle azioni positive, in www.comune.berbenno.bg.it

97

hanno frenato sensibilmente l’accesso ai finanziamenti e l’adozione di progetti di conciliazione191

.

Comunque, nonostante le problematiche espresse, è possibile fare un bilancio positivo delle esperienze fino ad oggi maturate in alcune regioni quali il Trentino Alto Adige dove, come si avrà modo di leggere nel prosieguo, grazie all’utilizzo dei fondi per la sperimentazione di interventi di conciliazione, sono stati raggiunti grandi risultati. Numerose sono infatti le aziende che possono confermare di aver tratto degli effettivi vantaggi dall’introduzione di misure volte ad armonizzare le logiche del processo produttivo con le esigenze di cura familiare192

.

Si è riscontrato, pertanto, che la sperimentazione di azioni positive per la conciliazione aiuta a migliorare gli aspetti organizzativi intendendo per essi193

: l’immagine aziendale ed il senso di appartenenza; la capacità di attrarre e sviluppare talenti; la fidelizzazione e la motivazione del personale; la gestione delle risorse umane ed il clima aziendale; la prevenzione dei processi di esclusione e discriminazione.

Alcuni miglioramenti vengono riscontrati anche a livello di efficienza e produttività, qualità dei servizi offerti, soddisfazione dei clienti esterni e accesso a nuovi segmenti di mercato. Contemporaneamente, altri grandi benefici per l’azienda sembrano essere costituiti, quindi, dalla riduzione del tasso di assenteismo e del turnover del personale.

Da ciò deriva che un’azienda che investe sulla ricchezza più preziosa che possiede (il capitale umano) e che lavora sull’armonia del clima lavorativo rileggendo tutta l’organizzazione in un’ottica di genere, può non soltanto migliorare la qualità della vita dei propri dipendenti, ma anche aumentare sensibilmente i propri standard di competitività e produttività194

. 191. www.consiglieraparitaveneto.it. 192. www.consiglieraparitaveneto.it. 193. www.provincia.so.it 194. www.provincia.so.it 98

Resta comunque il fatto che molte iniziative volte ad attuare politiche di conciliazioni sono ammesse ancora in itinere.

La problematica più evidente in questo complesso di vantaggi è stata quella che ha visto l’attuazione di quanto stabilito o consentito dalla legge, piuttosto difficoltosa a causa di una mancata considerazione degli aspetti legati alla diffusione e sensibilizzazione nei contesti di lavoro delle novità introdotte. In altri termini, sul piano applicativo si è verificata una sorta di sopravvalutazione complessiva, che considerava scontato e preesistente un terreno naturalmente predisposto alla conciliazione e riteneva di rivolgersi a soggetti pronti al via già allo scoccare del primo segnale positivo in termini di aiuto finanziario195

.

Quanto espresso rispecchia in pieno anche il mio pensiero, le remore e i dubbi provati nel leggere un testo di legge che in alcune parti mi è parso avere una sovrastruttura complessa e poco aderente ad una realtà sociale dove, non va dimenticato, esistono non poche carenze a livello strutturale necessarie ad attuare politiche conciliative e dove le lungaggini burocratiche aleggiano su qualsiasi tentativo di migliorare l’assetto sociale esistente.