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Lo stato dell’arte del nostro paese: la risposta delle amministrazioni, delle imprese e le difficoltà attuative delle norme.

RESPONSABILITÀ: PROSPETTIVE E STATO DELL’ARTE

3. Lo stato dell’arte del nostro paese: la risposta delle amministrazioni, delle imprese e le difficoltà attuative delle norme.

Dopo aver lungamente trattato e descritto il percorso che negli anni le istituzioni hanno compiuto al fine di raggiungere un ragguardevole grado di risoluzione del gap di genere, sembra giunto il momento di comprendere fino a che punto i principi propugnati sono stati seguiti, le buone pratiche adottate e soprattutto se in sostanza gli obiettivi prefissati si sono tradotti in concreta realtà.

Emerge da una serie di ricerche effettuate che a mettere a punto politiche di conciliazione secondo quanto predisposto dall’applicazione delle azioni positive, sono state soprattutto le grandi imprese piuttosto che le piccole.

Secondo alcuni studi effettuati nel 2011 in Lombardia (ma il dato è comune anche ad altre regioni italiane) le aziende che hanno risposto maggiormente alle proposte di utilizzo dell’art. 9 appartengono ai settori della

Grande distribuzione e del Commercio all’ingrosso e dettaglio (ipermercati, grandi cooperative di vendita, grandi magazzini). Mentre un modesto interesse per numero di progetti presentati ed ammessi, si riscontra nelle Cooperative sociali che occupano a maggioranza personale femminile218.

Sembrano, invece, mancare all’appello le aziende del settore Bancario ed Assicurativo che sono invece state protagoniste, negli anni ’80 e ’90, di azioni positive innovative per l’occupazione femminile e la conciliazione familiare. Diversamente accade per le aziende manifatturiere in particolare le più piccole. Esse sembrano essere le meno raggiunte dall’informazione sulla legge e dall’adesione all’utilizzo dell’art. 9.

Per quanto concerne il Centro e il Sud Italia si rileva invece la presenza di due realtà differenti sotto certi aspetti: molti sono stati i progetti presentati in entrambe le zone, ma poche sono state le concretizzazioni, più presenti sicuramente in Regioni come Toscana ed Emilia rispetto alle altre219.

Tutto ciò forse è dovuto ad una serie di fattori tra i quali va menzionato l’atteggiamento sindacale poco interessato alle opportunità offerte dall’art. 9 ed incapace di sviluppare appieno un ruolo attivo e diffuso nelle imprese, sia a livello nazionale che provinciale.

Sostanzialmente i temi posti dalla conciliazione familiare non sono ancora divenuti un obiettivo diffuso nella contrattazione aziendale e non rappresentano, se non in pochi casi, una priorità per l’azione sindacale, se non nelle parti di recepimento obbligatorio delle misure introdotte dalla Legge 53/2000 sui congedi parentali.

In realtà l’informazione sulle opportunità offerte dall’art. 9, non sembra essere, secondo i sindacati, ancora diffusa in modo capillare nelle sue strutture. La conciliazione è vista più come “questione delle politiche di genere”

218. Le scelte delle piccole e medie Aziende della Provincia di Milano per lo sviluppo di politiche di pari opportunità e l'utilizzo di risorse per le azioni positive, in

http://temi.provincia.milano.it/donne/doc/pubblicazioni/Piccole%20e%20medie%20imprese.pdf 219. P. DONATI, R. PRANDINI, La conciliazione famiglia-lavoro nelle piccole e medie imprese, Franco Angeli, 2009.

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appartenente ai Coordinamenti/Centri donna sindacali che promuovono periodicamente iniziative. Questi stessi organismi non sembrano a loro volta produrre grandi adesioni da parte delle strutture aziendali delle RSU220. Quali

le motivazioni? Condivido pienamente quanto espresso da Susanna Camusso, segretario generale della CIGL in un’intervista rilasciata al Sole24 ore nel gennaio scorso: i motivi sono diversi: altre priorità contrattuali, la piccola dimensione delle aziende, poche sollecitazioni interne alle aziende221

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Sebbene venga riconosciuto ampiamente il valore politico ed innovativo della Legge 53/2000 il sindacato dichiara di avere maggiori difficoltà soprattutto nelle piccole e medie aziende, dove si trova a dover affrontare diverse criticità nella relazione con gli imprenditori. A mio avviso ciò avviene perché si tratta comunque di realtà dove la negoziazione delle condizioni di conciliazione familiare avviene a livello individuale senza prevedere interventi esterni. Forse questo avviene anche perché nei piccoli contesti imprenditoriali l’intervento del sindacato dovuto alla clausola espressa dall’art. 9 viene visto come una sorta di controllo sull’applicazione della legge, oltre che come “una forzatura ed una intrusione”, che insieme al sindacato fa entrare nelle aziende l’Ispettorato del Lavoro per “controllarle” anche su aspetti che non riguardano le norme e gli obblighi della Legge 53/2000222.

Diverso l’atteggiamento nei confronti dell’istituzione di servizi all’interno delle aziende più grandi (nidi aziendali, servizi a tempo per bimbi piccoli). Laddove essi si realizzano il sindacato partecipa al controllo ed alla verifica dei costi e degli standard di qualità.

220. Le scelte delle piccole e medie Aziende della Provincia di Milano per lo sviluppo di politiche di pari opportunità e l'utilizzo di risorse per le azioni positive, in

http://temi.provincia.milano.it/donne/doc/pubblicazioni/Piccole%20e%20medie%20imprese.pdf 221. www.ilsole24ore.com.

222. Le scelte delle piccole e medie Aziende della Provincia di Milano per lo sviluppo di politiche di pari opportunità e l'utilizzo di risorse per le azioni positive, in

http://temi.provincia.milano.it/donne/doc/pubblicazioni/Piccole%20e%20medie%20imprese.pdf

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Secondo i sindacati la “cultura della conciliazione è ancora di tipo tradizionale”, sia per le aziende (soprattutto le piccole e quelle a conduzione famigliare) che per i lavoratori. Pertanto servirebbero vere e proprie “campagne di sensibilizzazione” volte ad incentivare sia la richiesta dei congedi parentali da parte dei lavoratori, che le a sperimentazione da parte delle aziende di misure di conciliazione “rispettose” del lavoro delle donne. Una buona idea ai fini dell’applicazione della legge potrebbe essere quella di “far circolare le esperienze e le buone prassi aziendali” (che possono divenire modelli utili di contrattazione aziendale a cui riferirsi) proponibili alle aziende come progetti trasferibili nel loro contesto223

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In merito all’applicazione dei principi in oggetto si possono evidenziare alcuni elementi di criticità che normalmente la ostacolano:

• la “diffidenza” delle imprese, medie e piccole, nei confronti del finanziamento pubblico per i tempi di approvazione, le attese e l’incertezza sui tempi del rimborso del finanziamento approvato; • l’accordo sindacale necessario per la presentazione dei progetti

ritenuto un “vincolo” posto dalla legge;

• l’impatto con le procedure burocratiche per la presentazione dei progetti e l’applicazione delle norme di rendicontazione che non sono facilmente risolvibili ed assolvibili dalle piccole imprese, che non dispongono di risorse interne da poter dedicare all’esecutività dei progetti;

• la struttura stessa delle piccole imprese che prevede talvolta un rapporto consolidato e diretto tra gli impiegati ed i titolari d’impresa corredato da fiducia e stima professionali, tali da evitare l’intervento di soggetti esterni pronti a dirimere eventuali controversie.

223. Le scelte delle piccole e medie Aziende della Provincia di Milano per lo sviluppo di politiche di pari opportunità e l'utilizzo di risorse per le azioni positive, in

http://temi.provincia.milano.it/donne/doc/pubblicazioni/Piccole%20e%20medie%20imprese.pdf

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Un altro elemento di non poco rilievo che contribuisce ad una lenta applicazione della legge soprattutto negli ultimi sei, sette anni è costituito a mio avviso dalla crisi economica che l'Italia ed altri paesi europei sta attraversando.

La mia opinione trova riscontro in recenti scritti224 che rilevano come

questo fattore sia forse dominante tra gli altri. In effetti si deve riconoscere che in questo periodo così come in quelli che lo hanno preceduto, le esigenze di conciliare vita e lavoro non è stata primaria né per i lavoratori e neppure per le aziende troppo impegnate a risolvere problematiche fondamentali come la sopravvivenza dell’azienda stessa.