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Il Flexi-time e la banca delle ore.

PARITÁ TRA UOMINI E DONNE: UN OBIETTIVO PRIORITARIO MEDIANTE LO STRUMENTO DELLA

7. Il Flexi-time e la banca delle ore.

Ulteriori forme di modalità di lavoro flessibile sono il flexi time e la banca delle ore.

Con la locuzione “flexi time” non s’intende solo l’introduzione di una nuova formula lavorativa, ma uno strumento regolato dai singoli CCNL che si affianca ai contratti a tempo indeterminato ed eventualmente a tempo determinato, nella gestione della flessibilità dei tempi di lavoro. Alcuni esempi di CCNL inerenti il flex time sono:

• Il CCNL 94/97 che introduce disposizioni tese a stimolare una gestione flessibile del tempo di lavoro;

• Il CCNL integrativo del 14/9/2000 art. 38 bis introduce il concetto di “Banca Ore”.

Il flexi time è caratterizzato da un orario di lavoro flessibile e dalla facoltà del prestatore di lavoro di variare, entro fasce orarie prestabilite, la collocazione temporale della prestazione nell’arco della singola unità di tempo143. Nel caso di questa tipologia, l’attività lavorativa può realizzarsi

anche con riferimento alla singola giornata, concentrando l’orario in un periodo continuato dal mattino al pomeriggio senza intervallo a metà giornata. Margini di flessibilità possono essere introdotti anche negli orari di entrata e uscita. Questo significa che ad uno spostamento dell’orario di inizio della prestazione corrisponde un correlativo slittamento dell’orario di cessazione.

143. www.iscomcuneo.it

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La flessibilità lavorativa nell’ambito della giornata o della settimana, deve essere conforme alle disposizioni che nel nostro ordinamento pongono limiti alla durata massima dell’orario giornaliero, nonché allo svolgimento della prestazioni lavorative nella giornata di domenica, in quelle festive e durante la notte144.

Di diverso aspetto è la banca delle ore la quale praticamente consiste nell’accantonamento, su un conto individuale, del numero delle ore prestate in eccedenza rispetto al normale orario di lavoro.

La banca delle ore nasce presso l’ipermercato francese Mammouth, di Strasburgo, nella seconda metà degli anni ‘80. In quel periodo, infatti, la Direzione aziendale della struttura era alla ricerca di un sistema organizzativo atto a garantire quella flessibilità necessaria in un ambito come quello. Il sindacato, a sua volta, ricercava proposte organizzative capaci di ascoltare i bisogni, soprattutto delle lavoratrici, nel merito del difficile tema della conciliazione tra tempi di lavoro e tempi della famiglia145

.

Al di là di questo, da quanto accennato si evince che a fronte di una maggiore durata della prestazione lavorativa rispetto al normale orario di lavoro, il lavoratore matura un “credito” cui consegue il diritto al recupero, per un periodo corrispondente, della maggiore prestazione effettuata, con le modalità ed i criteri di volta in volta stabiliti dalla contrattazione collettiva.

Al riguardo sono configurabili per lo più tre ipotesi riguardanti la fruizione del recupero146:

1. Nella prima ipotesi, quest’ultima deve essere preventivamente autorizzata dal datore di lavoro;

2. Nella seconda ipotesi la fruizione del recupero deve essere preventivamente concordata tra lavoratore e datore di lavoro;

144. www.iscomcuneo.it 145. www.arpat.toscana.it

146. C. CARDARELLO, Le assenze nel rapporto di lavoro subordinato, Giuffrè, Milano, 2003

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3. Nella terza ipotesi, essa è un diritto del lavoratore, il quale ha soltanto l’obbligo di darne congruo preavviso al datore di lavoro. Ancora, nella prima ipotesi il lavoratore non può stabilire autonomamente il momento per la fruizione del recupero, ma deve soggiacere alla preventiva autorizzazione del datore di lavoro, il quale, peraltro, può opporre un diniego ancorato all’esistenza di esigenze tecniche, organizzative e produttive. Da ciò deriva che qualora le suddette esigenze siano inesistenti o non adeguatamente motivate, l’eventuale rifiuto potrebbe ritenersi contrario a principi di correttezza e buona fede ed in taluni casi, addirittura discriminatorio.

Nel secondo caso, richiedendosi invece un accordo, è esclusa in toto ogni possibilità per ambedue le parti di stabilire in via unilaterale il momento di fruizione del recupero. E’ inutile dire che qualche problema può sorgere qualora non si raggiunga l’accordo in merito al momento o al periodo destinato alla fruizione del recupero e si approssimi l’eventuale termine di scadenza per la fruizione predetta. Soprattutto, come agire in tal caso, quando si abbia motivo fondato per ritenere che il mancato consenso di una delle parti sia il frutto di un comportamento pretestuoso e contrario a correttezza e buona fede? Qualora il rifiuto provenga dal lavoratore, l’azienda, cui deve riconoscersi un interesse alla fruizione, può invitare formalmente per iscritto il lavoratore a comunicare le date nelle quali ritiene di fruire della banca delle ore, riservandosi di comunicare il proprio consenso in relazione ai periodi indicati147

. Quando, invece, il mancato consenso sia riferibile all’azienda, il lavoratore può formalizzare anch’egli per iscritto la richiesta di fruizione, comunicando al datore di lavoro i periodi prescelti e l’attesa di una sua decisione, con l’invito, nel contempo, a precisare le ragioni tecniche organizzative e produttive che eventualmente impediscono l’accoglimento della richiesta.

147. C. CARDARELLO, Le assenze nel rapporto, cit..

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Infine, nell’ultima ipotesi descritta, deve ritenersi che l’azienda non può in linea generale impedire al lavoratore la scelta in merito al momento di fruizione del recupero, dovendo questi limitarsi a darne comunicazione, secondo i tempi stabiliti. Tuttavia è legittimo ritenere che esista comunque un limite all’esercizio del diritto derivante in primo luogo dal buon senso, ed in secondo luogo dall’esigenza di garantire, quanto meno, la sicurezza dei lavoratori e degli impianti, la continuità del ciclo produttivo, specialmente nei periodi di picco lavorativo e la prestazione dei servizi pubblici essenziali.

Sotto diverso profilo, considerata la funzione della banca delle ore, deve escludersi la possibilità di avvalersi del monte ore disponibile per supplire ad una mancata prestazione dell’attività lavorativa conseguente, per esempio, ad un ritardo148

. Infatti la banca delle ore è funzionalmente concepita per attuare una maggiore e migliore flessibilità temporale della prestazione lavorativa, non per tutelare forme di sostanziale inadempimento degli obblighi lavorativi, siano essi assenze o semplici ritardi.

Dinanzi a ciò, il datore di lavoro può dunque legittimamente rifiutare la copertura del ritardo con la banca delle ore, ma anche avviare un procedimento disciplinare che può eventualmente concludersi con la comminazione di una sanzione, soprattutto qualora l’inosservanza delle norme concernenti l’orario di lavoro sia reiterata e tragga origine da ragioni non oggettivamente giustificabili.

Altra questione è se il lavoratore possa perdere il diritto ai recuperi in caso di mancata fruizione degli stessi, entro il termine previsto dalla contrattazione collettiva.

Al riguardo, sembra doveroso operare una distinzione. Infatti, se il lavoratore non usufruisce del recupero e la fruizione è assoggettata all’autorizzazione del datore di lavoro o ad un accordo, tale che il consenso datoriale rappresenti un elemento ineliminabile ed imprescindibile, è evidente che la perdita del monte ore sarebbe come minimo iniqua. In tal caso, bisogna

148. C. CARDARELLO, Le assenze nel rapporto, cit.

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dunque ritenere che il lavoratore abbia diritto comunque alla monetizzazione delle ore non fruite.

Diversa è l’ipotesi, in cui il lavoratore sia titolare di un diritto al recupero e per sua libera scelta, decida di non chiederne la fruizione ovvero di non fruirne affatto, abdicando all’esercizio del diritto in argomento. In tal caso si può pensare che il lavoratore, non avendo manifestato alcun interesse alla fruizione, abbia lasciato decorrere un termine di decadenza, ex art. 2964 cod. civ., preclusivo alla fruizione stessa ovvero alla sua surrogazione, in via alternativa, con la monetizzazione149. In questo caso, però, è necessaria un’ulteriore precisazione che si riferisce all’ipotesi in cui l’esecuzione della prestazione lavorativa sia sospesa, come nei casi di malattia, infortunio e puerperio. Data la situazione e proprio perché il lavoratore non ha la possibilità in concreto di attivare e/o esercitare il suo diritto alla fruizione del recupero, mi sembra legittimo ritenere in via interpretativa che si possa determinare uno scorrimento del termine finale di fruizione dei recuperi per un periodo corrispondente a quello della sospensione della prestazione lavorativa150.

Ancora differente, da ultimo, è il caso di cessazione del rapporto di lavoro. In tale fattispecie, qualunque sia la causa ed il meccanismo di attivazione dell’istituto (autorizzazione, accordo, diritto), deve ritenersi pienamente esistente il diritto del lavoratore a percepire le somme corrispondenti ai recuperi non effettuati151

.

149. C. CARDARELLO, Le assenze, cit. 150. C. CARDARELLO, Le assenze, cit. 151. C. CARDARELLO, Le assenze, cit.

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CAPITOLO III