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La normativa comunitaria.

PARITÁ TRA UOMINI E DONNE: UN OBIETTIVO PRIORITARIO MEDIANTE LO STRUMENTO DELLA

3. La conciliazione nella Costituzione italiana.

3.2. La normativa comunitaria.

La conciliazione tra lavoro professionale e famiglia è diventata con gli anni una tematica centrale anche per le istituzioni europee sia come strumento di promozione dell’occupazione, sia come misura per affrontare le sfide derivanti dal mutato quadro demografico dei paesi europei.

Se si volge lo sguardo alla produzione normativa europea si ha modo di rilevare che il primo riferimento alla “conciliazione tra vita professionale e vita familiare” può essere rinvenuto in una comunicazione della Commissione sulle politiche familiari del 1989 dove si prospettava la necessità di assumere iniziative per permettere a uomini e donne di conciliare i loro obblighi familiari e lavorativi107.

107. I. QUADRELLI, Promuovere la conciliazione tra responsabilità familiari e impegno lavorativo nei luoghi di lavoro, in Working paper dell’Osservatorio nazionale sulla famiglia, febbraio 2012.

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Infatti, “nel primo periodo di vita della Comunità Europea le politiche di uguaglianza e di parità assumono un significato limitato, coerente con le finalità di coesione economica e sociale funzionali alla creazione del mercato unico. In tale ottica, l’uguaglianza è quella che va garantita ai concorrenti in un mercato, che non devono essere oggetto di discriminazioni nel perseguimento dei propri obiettivi imprenditoriali e professionali”108.

La parità di genere è quella riconducibile all’articolo 119, primo comma, del Trattato di Roma del 1957 che sancisce il principio dell’eguale retribuzione a parità di lavoro tra lavoratori uomini e donne.

A partire però dal disposto dell’art. 119 del Trattato di Roma, si è verificato fin dai primi anni un ampio sviluppo del diritto comunitario secondario, sia in materie direttamente attinenti alla parità di trattamento nell’accesso all’occupazione ed ai luoghi di lavoro, sia in materie collegate, quali la tutela della maternità e della paternità o della parità nell’accesso alla tutela sociale ed ai sistemi di sicurezza sociale. Così, fino all’inizio degli anni ’90 le iniziative in tema di parità, anche se essenzialmente confinate alle politiche dell’occupazione, consentono il raggiungimento di importanti traguardi nella direzione di promuovere la parità di trattamento fra i generi nell’accesso e nello svolgimento dei rapporti di lavoro109

.

A seguire si rilevano i principi contenuti all’interno del trattato sull’Unione Europea che nasce nel 1992 sancendo l’unificazione politica, economica e sociale dei primi 15 Paesi membri.

In realtà l’orientamento europeo nei confronti delle pari opportunità è chiaramente presente nel Trattato di Maastricht, che all’art. 141 afferma la parità di retribuzione fra uomo e donna sui luoghi di lavoro. Ma gli stessi principi vengono confermati anche dal Trattato di Amsterdam stipulato nel 1997, il cui impegno principale è volto alla promozione di un più alto livello occupazionale nei paesi della Comunità. Proprio in quest’ultimo Trattato, vi è

108. M. MARCUCCI, M. I. VANGELISTI, L’evoluzione, cit. 109. M. MARCUCCI, M. I. VANGELISTI, L’evoluzione, cit.

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la volontà da parte dell’UE, di inserire la dimensione delle pari opportunità in tutte le attività e le politiche comunitarie, focalizzandosi sull'eliminazione delle disuguaglianze di trattamento fra le donne e gli uomini e sulla promozione della parità. In particolare, il Trattato di Amsterdam110

:

• include i diritti della donna fra i diritti sociali fondamentali (IV comma del Preambolo);

• promuove la parità fra uomini e donne, in quanto missione della Comunità;

• impegna gli Stati membri a combattere le discriminazioni fondate sul sesso;

• amplia l’art. 119 del trattato di Maastricht, stabilendo la parità di retribuzione tra uomini e donne, non solo per uno stesso lavoro, ma anche per un lavoro <<di pari valore>>;

• consente agli Stati membri l’adozione di azioni positive intese a facilitare l’esercizio dell’attività professionale da parte delle donne.

Ancora, la Dichiarazione di Pechino del 15 settembre 1995 ed il relativo Programma d’Azione per la realizzazione dell’uguaglianza, dello sviluppo e della pace adottati dalla quarta conferenza mondiale sulle donne, pone le sue fondamenta su tre concetti fondamentali: <<genere e differenza>>, <<empowerment>> e <<mainstreaming>>111

.

Ma, al di là dei Trattati, l’impegno dell’UE nella materia delle pari opportunità si evince anche dalla lettura di una serie di Direttive in materia e dalla prosecuzione dei Programmi d’Azione per la realizzazione delle pari opportunità fra uomini e donne. Proprio per quanto concerne le Direttive e le Raccomandazioni che hanno posto le basi per l’implementazione delle

110. www.europa.eu.it

111.

ISFOL, Conciliare vita/lavoro: un traguardo possibile, Roma, 2006.

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politiche di conciliazione a livello dei singoli stati, va detto che esse sono numerose. Tra queste si rileva112

:

• La Raccomandazione 92/241/CEE del Consiglio del 31 marzo 1992, sulla custodia dei bambini, che fissa alcune norme per l’organizzazione ed il funzionamento dei servizi per la prima infanzia ed incoraggia gli Stati membri a rendere accessibili tali servizi ai genitori che lavorano, seguono un corso di formazione o sono in cerca di occupazione. Si fa anche riferimento all’opportunità di promuovere una distribuzione delle responsabilità lavorative, familiari e di cura tra uomini e donne.

• La Direttiva 92/85/CEE del Consiglio, del 19 ottobre 1992, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento. Si tratta del primo provvedimento comunitario che afferma il principio secondo il quale le donne potevano essere trattate diversamente, come gruppo, al fine di ottenere una maggiore uguaglianza di opportunità.

• La Risoluzione del Consiglio e dei rappresentanti dei governi degli Stati membri del 6 dicembre 1994, sull’equa partecipazione delle donne ad una strategia di crescita economica orientata verso l’aumento dell’occupazione nell’unione europea. All’interno di essa si sottolinea la

particolare importanza del sostegno delle donne

nell’inserimento nel mercato del lavoro e nel reinserimento professionale nel caso di un'interruzione per motivi familiari, offrendo loro possibilità di orientamento e di qualificazione.

112. Consultabile in www.europa.eu.

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Su tali presupposti il Consiglio ha invitato gli Stati membri a “sviluppare politiche dirette a riconciliare gli obblighi

familiari con gli obblighi professionali, comprese le misure per incoraggiare e facilitare una maggiore partecipazione degli uomini alla vita familiare”.

• La Direttiva 96/34/CE, poi abrogata e sostituita dalla direttiva 2010/18/UE dell’8 marzo 2010 del Consiglio che attua l’accordo quadro in materia di congedo parentale concluso da BUSINESSEUROPE, UEAPME, CEEP e CES. Questa direttiva attribuisce ai lavoratori di entrambi i sessi il diritto individuale al congedo parentale per la nascita o l'adozione di un figlio per un periodo minimo di quattro mesi. Per promuovere la parità di opportunità e di trattamento tra gli uomini e le donne, si prevede che il congedo venga accordato, in linea di principio, in forma non trasferibile. • La Comunicazione n. 67 della Commissione del 21 febbraio

1996 sulla volontà di “Integrare la parità di opportunità tra le donne e gli uomini nel complesso delle politiche e azioni comunitarie”. All’interno di essa si stabilisce il principio in base al quale la parità fra le donne e gli uomini deve essere sistematicamente presa in considerazione, in tutte le politiche e in tutte le azioni comunitarie fin dal momento della loro concezione, in maniera attiva e visibile.

Estremamente importante è il principio di <<gender mainstreaming>>, contenuto all’interno della comunicazione, che si sostanzia nel prendere in considerazione le differenze tra le condizioni, le situazioni e le esigenze delle donne e degli uomini, nell'insieme delle politiche e delle azioni comunitarie113

. Le prospettive d’azione si sviluppano in diversi campi114

:

113. S. COSTANTINI, Contrattazione collettiva nazionale e conciliazione fra lavoro e vita familiare: un rapporto difficile, in Lavoro e Diritto n. 1/2009

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occupazione e mercato del lavoro;

le donne dirigenti d'impresa e le coniugi collaboratrici nelle PMI dove si prevede di potenziare le azioni in favore delle

donne nelle PMI, tramite un miglioramento della flessibilità del lavoro e delle qualifiche professionali e favorendo l’accesso agevolato al credito;

istruzione e formazione;

diritti delle persone;

cooperazione allo sviluppo;

informazione e politica del personale;

Alle Direttive prima citate si aggiungono anche le seguenti:

• La Direttiva 97/81/CE del Consiglio del 15 dicembre 1997 relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall’UNICE, dal CEEP e dalla CES, che stabilisce l’uguaglianza di trattamento tra i lavoratori full time e part- time e che incoraggia il ricorso al part-time a tutti i livelli di responsabilità dell’impresa.

• La Direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999 relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, che mira ad eliminare le discriminazioni relativamente a retribuzione, congedi, protezione sociale e trattamento pensionistico tra lavoratori a tempo indeterminato e lavoratori a tempo determinato.

• La Risoluzione del Consiglio e dei ministri incaricati dell’occupazione e della politica sociale 2000/C218/02, la

114. Ibidem.

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quale statuisce che “l’obiettivo della partecipazione equilibrata degli uomini e delle donne all’attività professionale e alla vita familiare” e l’obiettivo di una “equilibrata partecipazione di donne e uomini al processo decisionale” costituiscono i presupposti per una reale parità tra donne e uomini. Afferma inoltre la necessità di un approccio “globale ed integrato per conciliare la vita professionale con quella familiare, in quanto diritto degli uomini e delle donne, fattore di realizzazione personale nella vita pubblica, sociale, familiare e privata, valore sociale fondamentale e responsabilità della società, degli Stati membri e della Comunità europea”115

.

Il principio di parità di cui si parla in questa Risoluzione si fonda sulla equilibrata distribuzione delle responsabilità familiari e lavorative di donne e uomini oltre che sulla rimozione degli ostacoli che impediscono la partecipazione femminile al lavoro ed alla sfera sociale.

• Un’altra Risoluzione è quella del Parlamento del 14 gennaio 2004, sulle Pari Opportunità per le donne e gli uomini nell’Unione Europea. All’interno di essa viene chiesto agli Stati membri di dare un’importanza prioritaria nella loro agenda alla “questione delle strutture di accoglienza dei bambini, strutture che siano adeguate ed accessibili, affinché gli obiettivi del Consiglio europeo di Barcellona di fornire entro il 2010, almeno nella misura del 90%, strutture di accoglienza per i bambini compresi tra i tre anni e l’età dell'obbligo scolastico, e nella misura del 33%, per i bambini al di sotto dei tre anni, possono essere realizzati”116

.

115www.europa.eu.

116 I. QUADRELLI, Promuovere la Conciliazione, cit.

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Ancora, abbiamo “la Risoluzione del Consiglio del 22 febbraio 2007 la quale precisa che i cambiamenti demografici richiedono ulteriori sforzi per consentire agli uomini ed alle donne che desiderano lavorare e creare una famiglia di avere figli senza dover sacrificare la carriera, promuovendo la parità di genere, facilitando la conciliazione di lavoro, famiglia e vita privata, prendendo in considerazione un’equa partecipazione del padre ai compiti familiari”. Tutto questo va considerato alla luce del fatto che secondo il parere del Comitato economico e sociale europeo del 14 marzo 2007, le famiglie sono fonte di prosperità economica, soprattutto quando entrambi i genitori hanno la possibilità di esercitare un’attività professionale remunerata. Sempre secondo tale parere, l'Unione europea dovrebbe pertanto incoraggiare gli Stati membri ad integrare la dimensione familiare nelle politiche economiche e sociali, ricorrendo nel mentre alle migliori prassi per promuovere una politica della famiglia sostenibile”117.

Dopo aver enunciato i principi normativi espressi dalle istituzioni europee, va sottolineato un evidente passo avanti compiuto dalle stesse nel considerare la questione: infatti l’interesse per la conciliazione determina un’attenzione anche per le relazioni familiari e personali dei cittadini europei, laddove gli interventi precedenti si erano limitati alla sfera strettamente lavorativa118

.

Emerge un orientamento nuovo intorno al tema delle pari opportunità, che segna il superamento di un approccio centrato sull’uguaglianza di trattamento tra uomini e donne sul posto di lavoro, a favore di una prospettiva che sostiene la necessità di garantire uguaglianza di opportunità per superare le disuguaglianze ancora persistenti nell’accesso e nella permanenza nel

117. Ibidem

118. S. JACQUOT, C. LEDOUX, B. PALIER, << The Emergence and Changing Nature of a Polysemic Category>>, in REC-WP 11/2010.

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mercato del lavoro, anche attraverso azioni positive a favore delle donne considerate come gruppo sociale svantaggiato119

.

Alla fine degli anni Novanta, inoltre, con l’affermarsi del “gender

mainstreaming” si è assistito all’emergere di un ulteriore cambiamento di

prospettiva. Questo considerando che il principio di cui sopra è un orientamento centrato sull’idea di promuovere l’uguaglianza tra uomini e donne in tutte le attività e le politiche a tutti i livelli, attraverso una strategia orizzontale focalizzata sull’analisi delle organizzazioni e degli effetti delle politiche sulle vite degli uomini e delle donne.

L’adozione di questo orientamento da parte delle istituzioni europee ha determinato uno spostamento della prospettiva di analisi e di intervento: dalla centralità attribuita alle donne ed agli interventi a favore delle donne si è passati ad una prospettiva di genere, che considera la posizione relativa di uomini e donne e quindi le condizioni di potenziale svantaggio che colpiscono entrambi nelle varie sfere della vita sociale. Come conseguenza di ciò, a livello europeo, per la prima volta si è riconosciuta l’importanza di considerare anche le condizioni di vita degli uomini per realizzare l’obiettivo dell’uguaglianza: una società più giusta, nella quale le responsabilità del lavoro e della cura siano più equamente distribuite non può prescindere dalla trasformazione del ruolo maschile120.

Pertanto, se l’adozione del “gender mainstreaming” ha determinato, da un lato, una minore attenzione e legittimazione delle azioni positive a supporto delle donne, dall’altro, ha permesso di focalizzare l’importanza dell’interconnessione tra le condizioni di vita di uomini e donne per realizzare l’obiettivo dell’uguaglianza di genere121. La Risoluzione 2000/C218/02 prima enunciata prende forma proprio all’interno di questa prospettiva concettuale,

119. C. BOOTH, C. BENNETT, “Gender Mainstreaming in the European Union Towards a New

Conception and Practice of Equal Opportunities?”, in European Journal of Women's Studies vol. 9 n. 4, 2002.

120. C. BOOTH, C. BENNETT, Gender Mainstreaming, cit.

121. M. STRATIGAKI, “Gender Mainstreaming vs Positive Action. An Ongoing Conflict in EU

Gender Equality Policy”, in European Journal of Women's Studies, vol. 12 n. 2, 2005.

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nella quale la conciliazione famiglia-lavoro diventa uno degli strumenti principali per realizzare l’obiettivo della parità tra uomini e donne122

.