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La conciliazione come pari responsabilità più che pari opportunità.

Alla luce di quanto espresso fino ad ora, va dunque detto che da molti anni ormai la conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro ha acquisito grande visibilità nell’agenda europea, imponendosi quale perno delle principali disquisizioni in materia di politica del lavoro e dell'occupazione oltre che, evidentemente, di politica sociale e familiare.

Questi citati sono tutti ambiti in qualche modo lambiti dalla tematica che ormai non costituisce più un “problema di donne”, ma di equità sociale. Un modello che produce e riproduce vecchie e nuove disuguaglianze, i cui effetti si ritorcono non solo sulle biografie femminili ma sull'intera società, ben oltre gli ormai sfocati confini nazionali.

Ormai siamo diventati tutti protagonisti dei continui e rapidi mutamenti economici e sociali che si affacciano sul panorama mondiale che assiste anche ad una maggiore partecipazione delle donne al mondo del lavoro ed a una diversificazione dei modelli e dei carichi familiari, dovuti anche all’aumento della popolazione anziana. Quelli menzionati costituiscono importanti fattori di cambiamento a seguito dei quali conciliare diventa un aspetto centrale per lo sviluppo economico e culturale dell’occupazione femminile e del mondo economico e produttivo.

Quella in oggetto dunque sembra essere una tematica frutto del mutamento di ruolo attribuito alla figura femminile, oltre a rappresentare una grande opportunità di accrescimento culturale e sociale della vita di quest’ultima, prima relegata sempre ad angelo del focolare, senza prospettive ed inevitabilmente soggetta a relativa considerazione del suo ruolo.

Con il lavoro remunerato al di fuori della famiglia le donne hanno cambiato il loro stile di vita, affiancando al lavoro di cura quello produttivo.

Oltre a far sì che le donne si presentino come protagoniste del cambiamento, autrici delle proprie vite247

, ciò solleva più che mai l'esigenza della condivisione delle attività di cura e della gestione familiare da parte del partner e pone ulteriori esigenze di riorganizzazione del lavoro, essendo questo ancora modellato sulla cultura aziendale maschile.

Come si è detto, la divisione del lavoro di cura all’interno della famiglia risulta essere fortemente sbilanciata a sfavore della componente femminile divenendo fonte di disuguaglianze. Ecco il motivo per il quale la responsabilità della custodia dei figli, degli anziani e di persone con bisogni

particolari rappresenta un freno alla partecipazione attiva delle donne nel

campo del lavoro.

Nasce dunque da qui la necessità di adottare “misure di conciliazione” e dunque di facilitazioni e misure in grado di salvaguardare la possibilità di conciliare la vita familiare con la vita lavorativa soprattutto attribuendo pari responsabilità ad entrambe i coniugi.

La redistribuzione del lavoro familiare tra i generi diventa una finalità esplicita della conciliazione.

La promozione della partecipazione maschile alla cura dei figli e dei membri non autosufficienti della famiglia è stata tuttavia trattata in maniera marginale nell’ambito delle politiche di conciliazione e pochi sono gli esempi di misure specificatamente pensate per favorire il coinvolgimento maschile. Il problema risiede infatti nel fatto che la scarsa tematizzazione della partecipazione maschile al lavoro familiare si inserisce in un contesto di pratiche familiari ancora fortemente sbilanciate in termini di genere.

Gli studi dell’Eurostat dimostrano infatti che a livello europeo le donne tra 20 e 74 anni dedicano in media molto più tempo al lavoro familiare rispetto

247 . La femminilizzazione del lavoro, in www.ub.edu.it

127

agli uomini, con percentuali che variano dal poco meno del 50% in più in Svezia a oltre il 200% in più in paesi come Italia e Spagna248

.

Altre ricerche evidenziano poi che le misure di conciliazione sono meno disponibili per gli uomini: essi ritengono con minore frequenza rispetto alle donne di poter usufruire di forme di flessibilità dell’orario che potrebbero facilitare la conciliazione tra responsabilità familiari e lavorative249.

A tal proposito non va omesso il fatto che in alcune province ( Cremona e Ferrara), nell’ambito del Piano territoriale per la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, sono state create apposite equipe integrate di operatori incaricati di svolgere, presso i rispettivi Enti/Organizzazioni, compiti di informazione specialistica e di consulenza orientativa in tema di conciliazione rivolta ad imprese, persone e servizi.

Ma anche in settori come quelli assistenziali si ha modo di vedere una forte presenza delle donne che in questo caso sembrano svolgere una professione nata proprio per loro. Di certo ci si chiede “Perché le donne costituiscono una presenza così rilevante nel lavoro sociale? Perché sono le figure femminili a svolgere prevalentemente le professioni sociali?

Uno dei problemi più gravi risiede a mio avviso nella forte disuguaglianza nella suddivisione degli incarichi nell'ambito del lavoro sociale, che pur essendo tipicamente femminile, vede le donne relegate a meri compiti di gestione, riservando i ruoli leadership agli uomini.

La realtà è che la creazione del servizio sociale ha rappresentato lo spostamento dell’oppressione patriarcale dalla sfera domestica e privata a quella pubblica dove ancora oggi, nell’ambito delle organizzazioni sociali gli uomini rivestono il ruolo di leader e le donne sono destinate a funzioni manageriali, ossia ruoli tecnici e operativi.

248Eurostat 2010

249 NADEEM S., METCALF H., “Work-life policies in Great Britain: What works, where and how?”

in Employment Relations Research Series, n. 77, Department for Business, Enterprise & Regulatory Reform, 2007.

128

In conclusione, si può affermare che il percorso da intraprendere presenta tutta la sua complessità e tempi lunghi di realizzazione. Fino a che non si arriverà a comprendere che il sostegno alla maternità e quindi al lavoro delle donne, non si traduce solo in una risposta sociale, di per sé estremamente importante, ma rappresenta uno strumento di sviluppo economico per un proficuo utilizzo delle risorse umane e della qualità del loro lavoro, si continuerà solo a “tratteggiare” una strategia, che, per essere davvero efficace necessita di essere definita con decisione e capacità innovativa.

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