Tango e Furlana
II.1. b Tango apache: il contesto internazionale
La presenza del tango nei film italiani del periodo muto non può però essere compresa prescindendo dal contesto internazionale, pertanto, al fine di comprendere le dinamiche che interessarono questa massiccia produzione filmica legata alla danza che tanto scandalo destò in Italia, ritengo necessario considerarla innanzitutto alla luce del più ampio contesto europeo, dove in quegli stessi anni il tango si diffuse secondo una peculiare direttrice, quella identificata dalle storie degli apaches parigini. Gli anni Dieci segnano infatti l’ascesa nella cinematografia francese del modello di serialità della detective story angloamericana, fondata sulla successione acronologica di episodi autoconclusi, il cui filo conduttore è identificato dal protagonista, per lo più un detective sul modello di Nick Carter169, almeno in questa prima fase: «le storie di Nick Carter adattate [per il cinema] da Jasset sono basate su un unico scenario ricorrente: un ricco e rispettabile cittadino subisce l’aggressione di un “apache” – termine con il quale in questo periodo si suole definire, in Francia, gli esponenti della piccola criminalità urbana – e dopo una serie di vicissitudini viene eroicamente tratto in salvo dal detective»170. Nel ruolo del protagonsita, nella serialità francese del muto, alla breve fortuna dei detective, seguirà una più longeva stirpe di banditi cinematografici. Tuttavia, antagonisti o protagonisti che siano, a caraterizzare
169 È del 1908 la prima serie di film con protagonista il detective Nick Carter, diretti da Victorin Jasset per la
casa di produzione Éclair. La serie prendeva spunto dagli omonimi dime novel americani (la prima serie è del 1891), a loro volta derivati dal racconto (1886, ed. Street and Smith, New York) di John Russell Coryell. La serie Americana di Nick Carter era giunta nel mercato editoriale francese nel 1907; Jasset operò tuttavia una certa francesizzazione della serie intervenendo su personaggi e ambientazione per la trasposizione seriale cinematografica che ne fece. Cfr. Monica Dall’Asta, Trame spezzate, Recco-Genova, Le Mani, 2009, pp. 56- 65.
49 inequivocabilmente la proliferante serialità francese degli anni Dieci è proprio la figura dell’“apache”, un’accezione di bandito peculiare, che identifica da sola un’epoca e una classe - la borghesia emergente che si sta avvicinando al cinema – incarnandone sullo schermo le paure, nel tentativo di esorcizzarle.
La storia del termine “apache”, entrato nell’uso comune all’inizio del Novecento per designare i giovani deliquenti parigini, affonda le sue radici nella ricezione dei romanzi di Fenimore Cooper in Francia. Selvaggi, refrattari, crudeli e dotati come i pellirosse di una prodigiosa capacità di mimetizzarsi nell’ambiente cirscostante, i malvimenti della metropoli francese vengono associati ai “selvaggi” del Nuovo Mondo già in Les Mystères de Paris (1842), dove Eugène Sue descrive questi «altri barbari, ma altrettanto estranei alla civilizzazione quanto i selvaggi che Cooper ha così ben ritratto».171
Dalla metà del XIX secolo fino alla prima guerra mondiale, orde di apaches colonizzano dapprima la letteratura, quindi il cinema. L’eco di questa produzione non tarda a farsi sentire in Italia, dove troviamo titoli come Tontolini apache (Cines, 1910), Firulì
apache (Ambrosio, 1911), fino alla filmografia di Emilio Ghione, nei panni dell’apache Za
la Mort. «Tra gli elementi che compongono la mitologia degli apache vi sono innanzitutto il tango apache e il tango vals più conosciuto come valse, che costituiscono il dato identitario più celebre e longevo; li troviamo di nuovo in un film Pathé del 1904 con ambizioni documentarie, Danse des apaches di Gaston Velle, inserito nell’antologia di danze di tutto il mondo Danses diverses (1902-1904)»172.
Pionieristico in questo senso è l’americano Bowery Waltz173
, film prodotto dalla Edison Manufacturing Co. già nel 1897 e che mette in scena una danza identificata fin dal titolo come valzer174, che alla visione si rivela una danza apache: si riscontrano infatti già in questo prodotto prematuro d’oltreoceano elementi tipici del filone, come il berretto con visiera dell’apache, ma soprattutto la postura e i passi di cui si compone la danza. Questa viene eseguita dalla coppia del caso scaricando tutto il peso l’uno sul petto dell’altra, il resto del corpo distanziato per consentire la motilità delle gambe e il sedere esageratamente
171 Ivi, pp. 63-65. Cfr. anche Dominique Kalifa, Archéologie de l’apachisme. Les représentations des peaux-
rouges dans la France du XIX siècle, «Le Temps de l’histoire», n. 4, 2002, pp. 7-25 e Régis Messac, Le Detective Novel et l’influence de la pensée scientifique [1929], Genève, Slatkine Reprints, 1975, pp. 423 ss.
172
Denis Lotti, Emilio Ghione. L’ultimo apache, Bologna, Edizioni Cineteca di Bologna, 2008, p. 150. «Danse des apaches, scène de danse (1904), di Gaston Velle, interpreti “Les Dahlias” danzatori acrobatici di “La Scala de Paris” (cfr. Le Catalogue Pathé des années 1896 à 1914, vol. 4, cit., p. 892)», Ivi, p. 171 n.
173 Bowery Waltz, Edison Manufacturing Co., 1897. Operatore/regista: William Heise. Interpreti: James T.
Kelly, Dorothy Kent (Waite's Comedy Company). Copia: Paper Print Collection (Library of Congress). Lunghezza originale: 50 piedi.
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proteso indietro come nel canyengue; la donna è seguidora175 – qui passiva in modo ironicamente caricaturale – e l’uomo col piede sinistro, la gamba stesa esternamente, esegue una sorta di media luna176; nella presa la dama è spostata sul fianco destro del cavaliere e le braccia (destro per la donna, sinistro per l’uomo) sono allungate di lato all’altezza della testa, caratteristiche queste, inconfondibili del tango. D’altro canto quel condurre la dama strattonandola con violenza segna la connotazione della danza come “apache”.
«Altri titoli dell’epoca sono la produzione italiana: La Valse morose (Cines 1906, cfr. Aldo Bernardini, Archivio del cinema muto italiano, Anica, Roma 1991) e un film Pathé incerto, con titolo italiano, La valz dei teppisti»177. Quest’ultimo è forse lo stesso film (Francia, 1908) conosciuto col titolo francese de La valse chaloupée o Valse des
Apaches executée par les Dahlias identificato come cellula estrapolata dal film L’Empreinte ou la main rouge, (Paul-Henry Burguet, 1908, produzione Film d’Art),
adattamento cinematografico del “mimodramma”178
Conscience di F. Durel, rappresentato all’Olympia Théâtre di Parigi nel 1902. Qui la maggior parte delle modifiche applicate al testo d’origine sono volte all’integrazione di numeri di danza e musica nella narrazione, i quali pur essendo a tutti gli effetti parte del racconto, conservano purtuttavia una forte componente attrazionale, nella quale Laurent Guido ha giustamente ravvisato i sintomi di un ben preciso intento della società di produzione francese, preoccupata – in vista della propria legittimazione artistica – di fare propri i canoni dell’arte elitaria e cosiddetta “alta”, ma altresì di attirare sullo schermo personalità di prestigio, ivi comprese vedettes provenienti dalla rivista o dal cabaret. Si spiega così l’introduzione nella diegesi di numeri di music-hall, come la presenza nel cast di un’artista quale Mistinguett179, che da quegli ambienti proveniva; del mimo Séverin (Gaston Severin), già protagonista delle rappresentazioni teatrali di Conscience, e di Max Dearly, nella parte dell’apache ingiustamente accusato. Quest’ultimo, in coppia con Mistinguett è interprete di quella
175 Segue cioè il partner che la guida nella danza (termine del vocabolario del tango). 176
«Media luna: un semicerchio tracciato con la punta del piede», R. Farris Thompson, Tango. Storia
dell’amore per un ballo, cit., p. 288.
177 D. Lotti, Emilio Ghione…, cit., p. 171n.
178 Mimodramma: «Rappresentazione mimica con accompagnamento musicale, molto vicina al balletto,
sebbene più libera nella formulazione coreografica.», Cfr. la relativa scheda della versione online del vocabolario Treccani, all’indirizzo <http://www.treccani.it/vocabolario/mimodramma/>.
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“valse chaloupée”, “quadro danzato” integrato nel film, che riprende uno spettacolo già
sperimentato con successo dalla coppia sui palcoscenici parigini180:
l’autonomie de ce morceau vis-à-vis de l’Empreinte est d’ailleurs parfaitement démontrée par l’existence d’un tirage ultérieur de cette seule séquence, devenu, sous le titre la Valse chaloupée, un court métrage pour le système d’appareils de salons KOK Pathé Frères. Ce produit spécifique, par le biais duquel ces images de Dearly et Mistinguett ont survécu jusqu’à nos jours, signale donc la trajectoire emblématique d’un numéro de music-hall «intégré» au départ dans une œuvre cinématographique et qui retrouve par la suite sa singularité sous la forme d’une bande à destination du cadre familial»181
.
Allorché il numero di danza viene assorbito nella narrazione filmica, alla partitura musicale originale di Colo-Bonnet si sostituisce una musica appositamente composta da Fernand Le Borne, allora incaricato della «direction de la partie musicale» presso la Film d’Art e pubblicata nello stesso 1908 per essere distribuita gratuitamente assieme alle copie della pellicola: una decisione che muove dalla convinzione che la coerenza estetica dell’opera cinematografica venga rafforzata da una relazione più stretta tra la musica e le immagini proiettate182.
Degli undici quadri del film se ne conservano soltanto sei, ovvero la sequenza di
valse (IV) e i quadri finali (VII-XI) e colpisce l’indicazione contenuta nella partitura
pubblicata, volta ad assicurare un perfetto sincronismo tra i movimenti sullo schermo e la musica d’accompagnamento: «le Cinématographe devra tourner à 120 tours à la minute, sauf pour la Valse Apache où il faut tourner un peu plus lentement, environ 100 tours à la minute»183.
Il dato ci fornisce indirettamente un’informazione fondamentale riguardo alla sequenza di danza, che identifica immediatamente come “Valse apache”: essa verrà proiettata più lentamente, come per poterne saggiare con più agio la spettacolarità intrinseca. Quanto alla musica nello specifico, Guido rileva che la composizione appositamente realizzata da Le Borne insiste su una serie di variazioni intorno alla stessa aria in LAb maggiore e, indugiando su qualche misura introduttiva suonata “Vivo”, “aspetta” che la coppia inizi a danzare, prima di passare al “Meno mosso” su un tempo di
180
Laurent Guido, «Quel théâtre groupera amais tant d’étoiles?». Musique, danse et intégration narrative
dans les attractions gestuelles du Film d’Art, in «1895. Mille huit cent quatre-vingt-quinze», [online] n° 56,
2008, messo online il 01 dicembre 2011, consultato il 20 dicembre 2011. URL: http://1895.revues.org/4068, p. 172.
181 Ivi, p. 151. 182
Ivi, p. 153.
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valzer abbastanza lento, in tre tempi: più in generale il lavoro di composizione si rivela ricalcato direttamente sulla logica interna della coreografia184.
Eppure quel che vediamo sullo schermo poco somiglia ad un valzer. Scrive ancora Guido nella sua attenta analisi della sequenza:
sitôt après l’entrée latérale du couple, le premier mouvement consiste en une succession de petits pas rapprochés où Max Dearly, portant casquette et foulard, adopte une attitude machiste aux limites de la brutalité pour maintenir constamment sous son emprise serrée la taille de sa partenaire, vêtue pour sa part d’une longue robe cintrée et décolletée. Ces divers gestes préparent l’effet chaloupé lui-même, qui consiste à faire basculer très fortement la femme en avant. Le Borne souligne ce moment-clé («Le danseur renverse sa danseuse », sur deux mesures) par un changement soudain de volume (du piano au forte), ainsi que par un ralentissement du rythme (piu lento), jusqu’à une relance de la cadence initiale (a tempo). La répétition à l’écran de toute cette succession de gestes est suivie à l’identique dans la partition185.
L’intera sequenza è ambientata in una specie di taverna che vediamo ripresa in totale, dove Mistinguett e Dearly ballano circondati dagli avventori del locale, disposti in semi-cerchio di fronte alla macchina da presa. Al suono di un bandoneón (il musicista che lo suona è in campo), sono chiaramente riconoscibili alcuni passi laterali in tre tempi, che la coppia compie in simmetria. A caratterizzare specificatamente la danza sono però altri movimenti: Dearly strattona più volte la sua compagna di ballo in modo sempre più violento, facendola dapprima girare, poi riattirandola a sé con un rapido scatto del braccio, quindi la presa si tramuta in una morsa pericolosa, i cambré della schiena nei quali piega la ballerina si fanno man mano più esasperati e il cavaliere scuote più volte la testa della partner, finché al climax della drammaticità conduce la danza prendendola letteralmente per i capelli: «le second mouvement voit les danseurs retourner au centre du cadre pour effectuer un nouveau motif chorégraphique, très spectaculaire, où Mistinguett est violemment projetée vers l’arrière, retenue en bout de bras et ramenée par un Dearly dont l’expression de folie culmine ensuite lorsqu’il l’empoigne à la gorge. […] Dearly fait chalouper la malheureuse en la tenant […] par les cheveux […]». Quindi la coppia esce di scena per poi tornare in campo per eseguire una serie di giri, finché «la simulation de servilité est poussée à son comble lorsque Mistinguett, maintenue uniquement par la nuque, est “valsée” à une vitesse vertigineuse par son partenaire. Après une ultime traversée commune du cadre, dans une même attitude fière, pas décidé et poings en avant,
184
L. Guido, «Quel théâtre groupera amais tant d’étoiles?»... cit., pp. 159-160.
53 Dearly propulse littéralement sa compagne hors du cadre, un geste aussitôt salué par la salve d’applaudissements qui clôt le tableau».186
Sulla scorta dell’attenta analisi ritmica e musicale di Guido, ci addentreremo ora nello specifico della danza. Pur trattandosi di un film di produzione francese, che esula dunque dai propositi di questo lavoro, ritengo che la danza qui eseguita costituisca un modello ampiamente ripreso dalla successiva produzione cinematografica di valse e tango apache: una sorta di matrice cui la cinematografia internazionale, compresa quella italiana, farà riferimento allorché tenterà la strada del “film apache”. Nella sequenza de la Valse
chaloupée i due performer entrano da sinistra del quadro (totale). Una parte del pubblico
entra in campo di seguito a loro, mentre altre comparse entrano da un’arcata sullo sfondo. Due poliziotti avventori del ristornate sono già in scena, seduti a un tavolino, disposto frontalmente rispetto alla macchina da presa.
La prima caratteristica che contraddistingue la danza è la postura: i due danzatori ballano “attaccati” all’altezza del petto, mentre la presa delle braccia (destro per la donna, sinistro per l’uomo) è raccolta sotto il mento, dimodoché i due sono molto vicini. La maggior parte dei passi vengono eseguiti con elevazione da parte della ballerina (i piedi scaricano cioè il peso sull’avampiede) e sono eseguiti perlopiù simmetricamente dai due partner, che vanno cioè nella stessa direzione.
I due ballerini (Mistinguett e Dearly):
- eseguono una serie di piccoli passi ravvicinati arretrando nella direzione di spalle alla ballerina, cioè verso la sinistra del quadro
- due passi di valzer laterali (alla loro sinistra, poi alla loro destra) - un giro di coppia
- i danzatori tornano al centro della sala eseguendo una serie di piccoli passi ravvicinati: stavolta è il cavaliere a indietreggiare
- due passi di valzer laterali come prima (alla loro sinistra, poi alla loro destra) - un giro di coppia
- alcuni passi di valzer in senso antiorario, ma simmetrici tra loro e chiusi da un casqué187. Serie ripetuta per due volte.
186 Ibidem.
187 Casqué: «Figura del tango, in cui il cavaliere si china in avanti e la dama si piega sotto di lui all'indietro»,
in Gabrielli Aldo, Grande Dizionario Italiano, Milano, Hoepli, versione online (http://www.grandidizionari.it/Dizionario_Italiano).
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- Dearly fa girare la sola partner tenendola per un braccio, quindi la ritrae a sé preparandola per una “camminata”, che partirà dal fondo a destra del quadro: entrambi di 3/4 rispetto alla macchina da presa, guardano di fronte a sé.
- dopo due passi (camminata) in avanti (si sono così riportati al centro della scena), Dearly fa girare Mistinguett facendola scorrere lungo la presa del suo braccio destro, che subito “srotola” velocemente, quindi la riattira a sé strattonandola violentemente. Serie ripetuta per due volte.
- il ballerino prende la partner per la testa, che tiene serrata tra le mani, prosegue quindi la danza tenendola per la testa: riprendono i giri di valzer in senso antiorario, chiusi da un casqué: serie ripetuta per due volte (stavolta però i casqué appaiono molto più scattosi e violenti, provocati dal partner tirando la compagna letteralmente per i capelli).
- camminata laterale verso la destra del quadro
- dopo un nuovo giro della danzatrice scorrendo lungo il braccio del ballerino, la presa delle mani cambia: le braccia (il destro per la donna, il sinistro per l’uomo) sono ora stese lateralmente
- con la nuova presa, i due eseguono alcuni piccoli passi (è l’uomo ad arretrare), fin quasi a uscire a sinistra del quadro; poi tornano al centro della scena per un paio di giri in cui lei slancia la gamba sinistra indietro.
- nuovo giro della danzatrice scorrendo lungo il braccio del ballerino, poi due giri in cui Dearly tiene la partner per la nuca, sulla quale lei scarica tutto il peso, mentre le sue mani restano intrecciate dietro la schiena in segno di totale abbandono alla guida maschile. - camminata finale della coppia verso il limite sinistro del quadro
- infine lui la spinge letteralmente fuori dalla scena. (Figg. 11.a.-b.)
Molti dei movimenti fin qui descritti tradiscono una matrice coreografica che su un ritmo ternario di valzer innesta passi e atteggiamenti ascrivibili piuttosto al tango, che in quegli anni si andava diffondendo nel milieu parigino dei cabaret, dove si sarebbe raffinato dei suoi elementi più sensuali.
Guardando alla danza, i passi della milonga sono corti e leggeri, soffici come gli appoggi delle zampe di un gatto, con poche figure per via della velocità da tenere nell’esecuzione. […] il contatto di coppia può avvenire persino limitandosi alle teste, senza abbraccio, con le mani di ognuno dei partner allacciate dietro la propria schiena. I passi del vals, detto anche criollo […] sono essenzialmente quelli del tango lento, ovviamente accentuando l’importanza e la frequenza dei giri. Si dice cruzado per via dei continui cambi
55 di direzione nel movimento della coppia. Nell’era del ragtime, parente della
milonga, era chiamato hesitaton waltz, nel senso di interrompere il legato tipico
del valzer con un momento sospeso, staccato, pur mantenendo sempre lo scivolamento costante al suolo»188.
Sono evidenti i punti di contatto tra tango e Valz dei teppisti, fin dalla postura: nel tango argentino – ma anche, si è detto, nelle sue matrici, dalla milonga fino a risalire al canyengue – «la coppia è guancia a guancia, e, a seconda degli stili, l’uomo può addirittura guidare solo col petto […], lasciando spazio al resto del corpo, e quindi ai piedi, di muoversi all’unisono o in contrapposizione. Il tango argentino si balla con cortes y
quebradas, vale a dire con continui arresti della marcia e torsioni del busto»189. Torna persino il gesto di danzare con le mani intrecciate dietro la schiena.
Ricorrono nella sequenza descritta anche alcuni elementi peculiari del tango argentino, come il passo base detto salida basica, ovvero la “camminata”, modulo qui evocato a tratti eppure innegabilmente presente in quella camminata laterale verso la destra del frame o nella breve promenade conclusiva fino all’uscita dal quadro della danzatrice, violentemente spinta fuori dal partner: «sta di fatto che la sostanza ultima del tango consiste nell’incalzare dell’uomo, che avanza, da conquistatore, e nell’indietreggiare della donna, che riceve il segnale dal partner e che, nel fare ciò, man mano che i passi movimentano, articolandola, la salida basica, la camminata, muove il bacino-sedere in rotazioni seducenti»190.
La descrizione del tango sopra citata, che fornisce Elisa Guzzo Vaccarino, aderisce qui singolarmente a quei piccoli passi ravvicinati con cui si apre la Valz dei teppisti. Ma anche le pause frequenti che interrompono la danza in corrispondenza dei casqué o dei violenti scatti con cui Dearly strattona la partner per poi riattirarla a sé, dopo averla fatta piroettare, delineano una sorprendente assonanza con le cortes del tango, cariche di pathos e sensualità. Ancora, allorché Dearly e Mistinguett cambiano la presa delle braccia (che da raccolte sotto il mento si distendono lateralmente all’altezza del volto), la nuova posizione conquistata rievoca quella assunta da tanti interpreti del primo tango, testimoniata da una foto (Fig. 12) del tanguero argentino Bernabé Simarra, pubblicata il 28 marzo 1913, il quale fu tra i ballerini che esportarono la nuova danza in Francia e il cui abbigliamento in
188 E. Guzzo Vaccarino, Il tango, cit., pp. 151-152. 189
E. Muraca, Il tango…, cit., p. 1.
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quello scatto – cappello e foulard al collo, la divisa dell’apache da manuale – ricorda quello di Dearly191.
Infine quei giri in cui Mistinguett slancia la gamba indietro sembrerebbero