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Excelsior, la danza classica al cinema

Nel documento La danza nel cinema muto italiano (pagine 95-101)

la danza classica nel cinema muto italiano

III.1 Excelsior, la danza classica al cinema

Persino l’ambizioso progetto del film Excelsior290

(Luca Comerio, 1913)

stilisticamente non si discosta da queste semplici riprese a tema coreutico. Eppure nello stesso periodo Piero Fosco, alias Giovanni Pastrone, girava Cabiria (1914), primo colossal della cinematografia italiana, mettendo in campo innovazioni registiche come il carrello e una variabilità di angolazioni di ripresa fino ad allora sconosciuta. Comerio rimane invece ancorato alla spazialità teatrale, in un atteggiamento di completa sudditanza rispetto allo spettacolo originale; «manca una vera alternanza di piani che valorizzi, oltre alle coreografie, le doti mimiche dei protagonisti. […] È inoltre scarsa la consapevolezza della frattura, della profonda novità rappresentata dal cinema rispetto alla danza»291.

parafulmine, non compare infatti la variazione della ballerina solista in occasione delle danze esguite in onore dell’ospite: esse vengono interpretate dalle sole “ballerine di fila”.

290

Edizione in VHS (2000?) a cura de La Fondazione Scuola Nazionale di Cinema Cineteca Nazionale in collaborazione con la rivista «Choréographie - Studi e ricerche sulla danza», Excelsior (1913) di Luca Comerio. Produzione: Luca Comerio. Lunghezza originale: 2000 m. Lunghezza copia: 350 m, Durata (titoli apposti compresi): 15’55’’. Edizione restaurata dalla Scuola Nazionale di Cinema Cineteca Nazionale. La copia dispone dell'accompagnamento musicale originale del ballo: partitura musicale rielaborata, eseguita al piano e sincronizzata con la copia restaurata in sede di registrazione. Produzione realizzata con il contributo del Consiglio Nazionale delle Ricerche Comitato Nazionale per la Scienza e a Tecnologia dei Beni Culturali. Messa in scena: Enrico Biancifiori; costumi: Caramba. Coreografia di Luigi Manzotti (1881) Musica di Romualdo Marenco. Ricostruzione della coreografia e sincronizzazione: Flavia Pappacena; rielaborazione pianistica ed esecuzione: Vinicio Colella; Ricostruzione dell'edizione cinematografica: Maria amata Calò. «nel […] frammento troviamo delle monocromìe […], ottenute con la tecnica dell’imbibizione […]. Le imbibizioni rilevabili sono tre. La prima, blu, per il quadro dell’ “Oscurantismo”, corrisponde al normale codice espressivo del cinema muto, che usava questo specifico colore in imbibizione per le scene notturne. La seconda, rossa, marca il raccordo fra il primo quadro e il secondo: La Luce […]. La terza imbibizione, che copre l’intero arco residuo del Secondo quadro, fino alla fine del frammento, è un giallo pallido con tendenza all’ambra […] per denotare/connotare la solarità dell’azione del quadro e, al contempo, per velare il meno possibile i dettagli della ripresa in campo lungo, grandiosa e complicata.», Mario Musumeci, Un Restauro a

tempo di danza, in Flavia Pappacena, a cura di, Excelsior. Documenti e saggi, Roma, Di Giacomo editore,

Scuola Nazionale di Cinema – Cineteca Nazionale, 1998, p. 150. Si segnala inoltre che, presso l’Università degli Studi di Firenze, Facoltà di Lettere e Filosofia, a.a. 2009-2010, è stata discussa la tesi di laurea triennale in Storia del teatro e dello spettacolo di Annalisa Cuccoli, 11 gennaio 1881: il ballo Excelsior, uno spettacolo

immagine di un’epoca, relatore Prof.ssa Sara Mamone.

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Partendo da un’apposita messinscena del gran ballo Excelsior (coreografie di Luigi Manzotti, musiche di Romualdo Marenco), rappresentato per la prima volta al Teatro alla Scala di Milano l’11 gennaio 1881 (Figg. 20.a.-c.), il film è il risultato di una compilazione di azioni mimiche e danzate volte alla celebrazione del Progresso, inframezzate da sequenze “dal vero” nello stile documentaristico cui Comerio era avvezzo, come probabilmente dovevano essere quelle relative alla realizzazione del canale di Suez e del traforo del Cenisio292.

Elena Mosconi, a proposito del film di Comerio, rileva anche l’influenza della pantomima, il cui ascendente sul cinema, anziché in un ristretto codice di gesti convenzionali, risiede in questo caso nella mimica delle masse e nella rappresentazione del movimento corale, per la prima volta visibile attraverso il cinema parimenti ai gesti minimi e ai volti dei personaggi.

The influences of pantomimic choreography on cinema are not merely limited to the film transposition of the Excelsior Ballet realized by Comerio in 1913 with the La Scala dancers, or to the citations (“in the manner of”) of the same dance in films such as Giornalissimo by Ugo Falena (1914). Rather, and more in general, they extend from the reproduction of the mimicry of the masses, to choreography, to the spectacular and scenographical dimension of films. It is precisely from this pantomime […] that the interest for the composition of masses and for spectacle is born: a tendency shared by all genres […] whose echo is found in the theoretical debate. As early as 1907, an anonymous newspaperman believes that cinema’s ambition is not to become art but choreography, and explicitly indicates Manzotti as the model:

Choreograph is […] the soul of cinema. The audience wants to have a good time, that is, be struck by the spectacle of greatness, of wonders, and comedy. The spectator will watch simple scenes, with few characters, with more or less interest, but he will soon be tired. His spirit, instead, will appreciate the agitated mass on screen […] To bring all this together, however, a really talented choreographer is needed […] Manzotti’s s ills293

.

Per quanto riguarda la trasposizione dello spettacolo originale, Comerio si attenne alla rivisitazione realizzata da Caramba294 (Luigi Sapelli) per il Teatro alla Scala nella stagione Carnevale-Quaresima 1908/09. Caramba – già dal 1904 consulente del teatro per

292 Maria Amata Calò, Il film Excelsior di Luca Comerio, in F. Pappacena, a cura di, Excelsior. Documenti e

Saggi, cit., p. 138.

293 E. Mosconi, The Art of “Spea ing Silentl ”, cit., p. 43. La citazione interna è a sua volta tratta da:

Pellicola, La cinematografia è un’arte?, in «La Rivista Fono-Cinematografica», n. 9 (Decembre 1907), anche in Riccardo Redi, Claudio Camerini, a cura di, Tra una film e l’altra. Materiali sul cinema muto italiano

1907-1920, Venezia, Marsilio, 1980, pp. 35-38.

294

Con la collaborazione del coreografo Achille Coppini. Cfr. Flavia Pappacena, Il nuovo Excelsior di

95 gli spettacoli di danza – per il Ballo Excelsior non soltanto rinnovò costumi e scene, ma intervenne anche sulla coreografia per attualizzare uno spettacolo il cui tema – il Progresso – aveva fatto numerosi passi avanti dalla prima rappresentazione scaligera: «la grande protagonista, l’Elettricità, e le sue “varie e più moderne applicazioni” - l’illuminazione, il telegrafo, il telefono – divennero il tema di un nuovo quadro del rinnovato Excelsior che prese il posto di quello dei “Fattorini del Telegrafo” [il VI], definitivamente abolito. L’Elettricità fu protagonista anche sotto forma di tecniche di illuminazione, e non solo nell’omonimo quadro»295

.

Vennero dunque inserite nel nuovo quadro le invenzioni che avevano segnato il passaggio al Novecento: la telegrafia senza fili e la navigazione aerea su tutte. Quanto ai nuovi costumi e le rinnovate scene, Caramba vi impresse la propria firma inconfondibile, frutto di un’abile commistione tra fedeltà storica e originalità. Si ponga attenzione a tal proposito alla scelta del vestiarista di sostituire l’originario costume disegnato da Edel per la Civiltà nel quadro della “Luce” con un semplice, candido tutù, recuperando in tal senso la tradizione del ballet blanc, della quale si può cogliere una certa eco anche nelle vesti lunghe e leggere – con profondi spacchi296 per agevolare il movimento delle gambe – indossate dalle ballerine delle prime tre quadriglie.

La versione cinematografica di Comerio, che chiamò a collaborare lo stesso Caramba, mutuò dall’allestimento del 1909 sia i costumi che l’impostazione dello spettacolo e la coreografia. Le riprese avvennero en plein air in un’area nei pressi di Milano, per poter sfruttare la luce solare, laddove a causa della bassa sensibilità delle pellicole dell’epoca l’illuminazione artificiale si sarebbe rivelata insufficiente per un profilmico così ampio. Sia a causa di una tecnica registica ancora immatura, sia per poter fornire una costante visione d’insieme della coreografia manzottiana, il cui splendore risiedeva principalmente negli “effetti caleidoscopici”, Comerio mantenne invariata la visione teatrale, riprendendo il film per lo più in campo lungo, frontale297. La tridimensionalità qui, a dispetto di tale spazialità “piatta”, è in parte recuperata dall’articolazione del palcoscenico su più livelli, dunque dalla scenografia di Caramba in

295 Ivi, p. 121. 296

Per le modifiche ai costumi originali apportate da Caramba, cfr. F. Pappacena, Il nuovo Excelsior di

Caramba, cit., pp. 123-124.

297 Il restauro del film del 1998 è stato l’occasione per rimontare il film: i materiali originali, su pellicola

infiammabile, erano disordinatamente assemblati su un unico rullo comprendente dei doppi, tra i quali in quell’occasione sono stati scelti quelli in campo medio, partendo dal presupposto, condivisibile, che Comerio li avesse girati per spezzare la monotonia del campo lungo. Cfr. M. Musumeci, Un Restauro a tempo di

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ultima analisi, ed è sottolineata dai costumi “in serie” di eco romantica: essi costituiscono un pattern che agisce di concerto con la disposizione dei danzatori per creare un suggestivo effetto di ulteriore moltiplicazione dei livelli del palcoscenico. Il corpo di ballo è distribuito su ciascuno di essi, perciò la profondità di campo, nell’inquadratura in campo lungo, è particolarmente funzionale alla leggibilità di un quadro tanto ricco. Proprio per poter riprendere in totale i vari quadri del gran ballo, questi vennero ridotti nelle dimensioni e adattati al palcoscenico allestito per l’occasione, più quadrato e più piccolo rispetto a quello del teatro scaligero.

L’adattamento della coreografia venne curato da Enrico Biancifiori, che riprodusse la versione della stagione teatrale alla Scala 1908/09, operandovi alcune modifiche, ricostruite in modo esauriente da Flavia Pappacena attraverso un confronto tra le trascrizioni della coreografia di Manzotti lasciateci da Giovanni Cammarano ed Enrico Cecchetti298 ed il breve frammento di film conosciuto al 1998299: originariamente accreditato di una lunghezza di 2000 metri, di Excelsior fino a poco tempo fa si conoscevano soltanto circa 350 metri corrispondenti all’intero I quadro (L’Oscurantismo) e ai tre movimenti (La Fama, l’Entrata della Civiltà, Il Risorgimento) del II quadro (La

Luce), «fatta eccezione per la variazione della Civiltà»300. Su questo metraggio di pellicola si è basata la ricostruzione di Flavia Pappacena, che ha puntualmente dato conto delle modifiche apportate da Biancifiori alla coreografia originale:

raffrontando i quaderni di Cammarano e Cecchetti con il film di Comerio, le differenze più significative sul piano coreografico sono le seguenti.

a) Passo a otto della Fama301. […] nella versione filmica vengono eliminate le

punte e la batteria: le cabrioles in arabesque diventano semplici temps levés e

298 Una terza trascrizione, conservata come le altre presso il Museo Teatrale alla Scala, è quella di Eugenio

Casati.

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«Fino ad oggi [2013] si riteneva che le uniche parti sopravvissute di Excelsior fossero le coreografie del primo e secondo quadro conservate presso la Cineteca Nazionale di Roma, ma nel novembre scorso è stato rinvenuto negli archivi della Cineteca di Bologna un rullo in cui erano assemblati, oltre ai titoli di testa originali, diversi frammenti relativi a brani del film considerati perduti: di particolare interesse alcune riprese ‘dal vero’, la sequenza dedicata al traforo del Cenisio e un segmento dell’apoteosi finale», Giovanni Lasi,

Excelsior, in Paola Cristalli, a cura di, Il Cinema Ritrovato XXVII edizione, catalogo del festival, Bologna,

Cineteca di Bologna, 2013, pp. 34-35. Purtroppo il frammento, proprio a causa del recente rirtrovamento, non è ancora disponibile al pubblico per la consultazione. Pertanto non ho potuto procedere autonomamente ad un’analisi delle nuove immagini, che pure ho visto in occasione del Cinema Ritrovato 2013, dove ho potuto appurare che contengono anche nuovi frammenti coreografici.

300 M. A. Calò, Il film Excelsior di Luca Comerio, cit., p. 137.

301 Per una dettagliata analisi strutturale del Passo a otto della Fama e del primo quadro (L’Oscurantismo),

cfr. Flavia Pappacena, Ricostruzione del passo a due di Valentino e Fanny del terzo quadro Il primo battello a vapore del gran ballo Excelsior, in Recupero, ricostruzione, conservazione del patrimonio coreutico

97 gli entrechat cinq, sissonnes in attitudes. Per quanto riguarda la composizione del passo, esso è costruito, come l’originale manzottiano, in quattro moduli: A, B, A’, C, ma presenta le seguenti differenze. Il modulo A coincide con quello della versione cecchettiana (ad eccezione della batteria. Nel quaderno di Cammarano, invece del saut de basque che porta le ballerine “vis-à-vis”, vi è contretemps; assemblé, entrechat cinq), il modulo B (piccoli emboîtés eseguiti dalle ballerine di profilo in un’unica fila) è analogo ad entrambi i quaderni; il modulo C (galoppetto di chiusura: avanzamento con pas de chat e développés) è completamente diverso. Infatti la versione Cammarano presenta una serie di jetés (3 «svelti» e 2 «marcati» per 3 volte di seguito) da una parte e dall’altra eseguiti da due file in senso trasversale; nella versione Cecchetti pas de bourrée, due jetés, per tre volte, 6 piccoli jetés e un giro e mezzo in dentro, la prima volta verso sinistra, la seconda verso destra, scorrendo su un’unica linea trasversale.

b) Variazioni della Civiltà302. L’entrata della Civiltà (diagonale e saluto) è conforme alla versione cecchettiana. La serie di passi del Ballabile del Risorgimento è quasi identica alla versione Cammarano (questa parte manca nel quaderno di Cecchetti) con un aumento di difficoltà: gargouillades nella prima serie, ronds de jambe en l’air sautés nella terza serie (dalla Galimberti saltati sulle punte), ma échappés con changements saltati sulle punte (quelli della Galimberti) invece di entrechat quatre-échappé (Cammarano) nella seconda serie (l’arretramento).

c) Ballabile del Risorgimento. In questa sede segnaliamo soltanto due piccoli cambiamenti, per rimarcare l’“effetto caleidoscopico” di cui si è diffusamente parlato nei primi due articoli. 1- Nella figura 8a [delle 39 che compongono il Quadro II – La Luce – nella trascrizione della partitura coreografica di Giovanni Cammarano, datata tra la fine del 1881 e il 1888] invece di eseguire contretemps con entrechat per tre volte, con un effetto balancé, nella versione filmica le ballerine attraversano la scena, scambiandosi, con contretemps, assemblé, sissonne in attitude. 2 – Nella figura 18a le ballerine avanzano disposte su di un’unica fila (mani dietro la vita della compagna): nella versione Biancifiori con passé e pas de bourrée, nella versione Cammarano “marciando” con dévéloppés in avanti, ripetendo quindi la formula della figura 11a (di profilo avanzando si aprono di lato)303.

Probabilmente le semplificazioni apportate da Biancifiori al Passo a otto della

Fama, trovano valida spiegazione anche nel fatto che le ballerine impiegate nel film di

Comerio non erano allo stesso livello delle distinte (allieve) scaligere dei primi allestimenti teatrali, se vennero espunte le principali difficoltà imputabili al brano: le punte e la batteria304.

italiano del XIX secolo, Atti del convegno, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Roma, 10 dicembre 1999, fascicolo della rivista «Choréographie», Roma, Associazione culturale Choréographie, 2000, pp. 154-156.

302 Per una puntuale ricostruzione della Variazione della Civiltà (nell’interpretazione del 1928 da Bianca

Gallizia), cfr. Flavia Pappacena, a cura di, Testimonianze, in Recupero, ricostruzione, conservazione del

patrimonio coreutico italiano del XIX secolo…, cit., pp. 238-241.

303

F. Pappacena, Il nuovo Excelsior di Caramba, cit., p. 126.

98

Più in generale l’Excelsior nella sua concezione originaria era fortemente connotato dallo stile «caratteristico» (simile a una danza di carattere), predominante rispetto a quello classico-accademico e alla modalità di marcia o quadriglia, che corrispondeva a una sorta di défilé danzante305. Lo stile del primo ballerino è quello tipico dell’ultimo ventennio dell’Ottocento: «unisce il rigore della danza accademica ai caratteri - impeto e slanci, giri «vorticosi» e salti sorprendenti – della scuola autoctona italiana»306.

Lo stile della prima ballerina è invece quello peculiare della scuola scaligera: caratterizzato da una tecnica forte, basata su passi brillanti e veloci, […] si distingue per una grande leggerezza di salto e una straordinaria forza di punte. Ad eccezione del quadro dell’“Abolizione della Schiavitù”, dove ostenta la sua perizia nei giri e sulle punte, in generale, a quanto risulta dal quaderno di Cammarano, la prima ballerina usa una tecnica basata in larga parte su batteria (entrechats six e entrechats quatre, brisés e cabrioles) e veloci gargouillades. Secondo l’uso italiano, la fraseologia dei passi accademici è elementare e schematica e nelle variazioni di virtuosismo lascia spesso il posto a formule di iterazione di uno stesso passo o modulo (si veda nel ballabile del “Risorgimento” la ripetizione di gargouillades e ronds de jambe en l’air sautés). Analoga alla tecnica della prima ballerina, sebbene di minor impegno, è la tecnica delle “distinte” o prime allieve impiegata solo nel Passo a otto della Fama. Essa si basa prevalentemente sulla batteria (cabrioles in arabesques, entrechats cinq), su movimenti scorrevoli (contretemps) e su veloci passi a terra o leggermente sollevati dal suolo (pas de bourrée, piccoli emboîtés ecc.) con cui vengono scanditi i vivaci disegni ritmici del Marenco. Sempre nell’ambito della tecnica accademica, più semplice e schematica è, viceversa, la tecnica dei ballabili, subordinata al disegno generale307.

Quanto alla recitazione relativa alle azioni mimiche, questa si esprimeva secondo due modalità: «a) il gesto convenzionale codificato e fisso, b) espressioni libere»308. Vi erano poi i cosiddetti “mimi-danzanti”, i quali, «Eredi dell’antica tradizione italiana del grottesco, […] utilizza[va]no una tecnica di movimento basata su un vocabolario composito: gesticola[va]no in modo caricaturale, effettua[va]no vari tipi di passo e salti, anche difficili (tour en l’air), suona[va]no strumenti»309

.

305 F. Pappacena, a cura di, I fondamenti della struttura del ballo, in Id., , Excelsior. Documenti e Saggi, cit.,

p. 78. 306 Ivi, p. 79. 307 Ivi, pp.79-80. 308 Ivi, p. 81. 309 Ibidem.

99 Per le proiezioni del film al Teatro Adriano di Roma (29-4-1914 )310, Lucio d’Ambra compose un prologo311

che il pubblico romano poté ascoltare nell’interpretazione dal vivo di Adele Garavaglia (secondo altra fonte Renata Sainati). Quello stesso d’Ambra che con la collaborazione di Caramba realizzò più di un film in cui spesso la danza giocava un ruolo importante, quando non da protagonista. (Fig. 21).

Nel documento La danza nel cinema muto italiano (pagine 95-101)