Il ballo da sala nel cinema muto italiano
II.1. a Il tango nel cinema muto italiano
Perché proprio il tango si diffonde a macchia d’olio nel cinema muto italiano? Si tratta di una danza piuttosto “giovane” rispetto agli altri tipi di ballo di società, come la polca e il valzer ad esempio. Il tango nasce infatti in Argentina, segnatamente a Buenos Aires, sul finire dell’Ottocento, da una mescolanza di movimenti sintomo di altrettante diverse migrazioni: uruguayana, europea (andalusa e italiana), cubana, africana. Vi sono diverse teorie sulla sua origine; una delle più accreditate individua la matrice principale nella habanera e nella milonga:
«A partire dal 1850 i marinai delle navi mercantili impiegate nella rotta commerciale tra il Rio della Plata e i Caraibi diffondono a Buenos Aires e a Montevideo (i due porti più importanti) la habanera cubana, ritmo proveniente, secondo molti autori, dalla controdanza [o contraddanza] spagnola e dai tanghi andalusi. […] la habanera si trasforma gradualmente in milonga, erede dell’antica payada e precursore del tango»121. Ma c’è chi
come l’uruguayano Vicente Rossi122
, ritiene invece che il tango provenga dalla milonga, la
119 Ricorre in otto dei film inclusi nell’indice dei film a contenuto coreutico in appendice al presente lavoro. 120 Ricorre in ventuno dei film inclusi nell’indice dei film a contenuto coreutico in appendice al presente
lavoro.
121 Elisabetta Muraca, Il tango. Sentimento e filosofia di vita, Milano, Xenia, 2000, p.7. 122
Vicente Rossi, Cosas de negros: los oríjenes del tango y otros aportes al folklore rioplatense, Córdoba, Casa editora, 1926, cit. in E. Muraca, Il tango…, cit., p. 7.
39 quale deriverebbe però dal candombe dei neri montevideani, danza di origine afro-antillana che si sarebbe poi diffusa nei sobborghi della città, acquistando allora il nome di milonga. Mentre secondo Ventura Lynch (1883)123 la milonga sarebbe stata ideata dai compadritos e dagli orilleros124 per schernire i balli dei negri. Un’ulteriore ipotesi sostiene che il tango argentino trarrebbe origine da quello andaluso, giunto a Buenos Aires attraverso la zarzuela spagnola, ma in realtà la tecnica delle due danze differisce notevolmente125. Tralasciando ulteriori più o meno accreditate ipotesi di origine del tango danza – nonché la
vexata quaestio dell’origine filologica del nome – quello che sembra assodato è
l’ambientazione bassa e popolare nella quale si sarebbe sviluppata la nuova danza.
Nella Buenos Aires della seconda metà dell’Ottocento, nonché a Montevideo, Uruguay, (dunque sulle due sponde del Rio de la Plata) l’esodo dalle campagne verso la città, insieme all’immigrazione europea, comportarono un massiccio afflusso di uomini (il che spiega perché spesso il tango venisse ballato anche da due maschi in coppia) e diede luogo ad una fusione culturale che mescolava elementi latino-americani, europei e africani. Proprio dall’Africa deriverebbe il ritmo della milonga, «uno dei generi costitutivi del tango (milonga in due tempi, tango in quattro, vals criollo in tre), il primo ad apparire in ordine di tempo come forma che precorre il tango vero e proprio, privilegiando l’ondulamento della camminata, la sincope, gli intrecci di gambe»126.
Immigranti, ex-militari e gauchos,127 trasformati dall’inurbamento in compadritos
orilleros alloggiati nei fatiscenti conventillos128, si sarebbero riversati nelle bettole e nei postriboli della città-porto, ambienti tendenzialmente malfamati dunque, per dar vita al tango.
Elisa Guzzo Vaccarino ben sintetizza la formazione di questo ballo attraverso le rotte atlantiche:
riassumendo, contraddanza europea, francese soprattutto, murga carnevalesca con i bombos, i tamburi dotati di cembalo metallico in cima […] e poi
habanera cubana portata dai marinai antillani, tango andaluz con influssi
123
E. Muraca, Il tango…, cit., p. 7.
124 “Compadritos”, cioè piccoli malavitosi; mentre il termine “orilleros” deriva da “orilla”, che significa
“margine”, “periferia”. Cfr. Elisa Guzzo Vaccarino, Il tango, Palermo, L’Epos, 2010, p. 28.
125 «Nel tango andaluso l’uomo e la donna ballano rigorosamente separati, battendo i tacchi e facendo
schioccare le dita», E. Muraca, Il tango…, cit., p. 8.
126 E. Guzzo Vaccarino, Il tango, cit., p. 25.
127 Gaucho: « Pastore a cavallo che governa le grandi mandrie di bestiame nelle pampas del Río de la Plata.»,
Treccani cinema, ed. online (http://www.treccani.it/enciclopedia/gaucho/).
128 «Generalmente il conventillo è una grande casa con servizi comuni, composta da un lungo corridio, a volte
un ampio cortile di sterrato, su cui si affacciano un’infinità di stanze e stanzette dove vivono stipate decine di famiglie. Funziona come un pensionato.», E. Muraca, Il tango…, cit., p. 10.
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zigani, entrato nel teatro musicale leggero della zarzuela in Spagna, valzer, mazurka e polka centro-europei, candombe afro-criollo, generano la milonga […]. Il tango fiorisce nei quartieri popolari, i barrios, come frutto del bisogno di integrare i porteños, gli abitanti già insediati sui porti, i nuovi arrivati, veicolando le loro sofferenze per lo sradicamento, la solitudine, la fatica, e celebrando però anche la gioia della festività, attraverso un modo di comunicare guardato con sdegno dalla buona borghesia, che non approva abbracci troppo intimi e promiscuità»129.
Tralasciando qui l’aspetto più squisitamente musicale, basti sapere che i primi musicisti lo suonavano per lo più “a orecchio” e che la formazione strumentale-tipo per il tango, in origine si componeva di flauto, chitarra e violino, mentre in seguito si sarebbe attestata sulla presenza di due bandoneón, due violini, pianoforte e contrabbasso. Di questi, lo strumento che più caratterizza il tango è indubbiamente il bandoneón130.
Tra 1860 e 1890 è possibile individuare una prima fase “magmatica” di definizione del tango a partire dalla milonga in 2/4, «figlia del candombe, di origine ritmica nero- caraibica, a cui si aggiunge il vals (cruzado) in 3/4, per arrivare infine al tango in 4/8»131. La forma di proto-tango che prende vita in questo periodo è detta canyengue ed è caratterizzata da passi marcati e sincopati eseguiti con le ginocchia piegate, la ballerina che poggia sul fianco dal partner, le braccia stese all’altezza del fianco132
.
Tra 1890 e 1920 si sviluppa la forma base del tango, «in tempo di 2 x 4, con la
toma, cioè la presa della donna effettuata dall’uomo con il braccio sinistro al di sopra della
testa, con l’ocho, il disegno con i piedi in andata e ritorno di un otto a terra, la corrida, a passetti in avanti, e la medialuna, mezzo giro in coppia; si balla testa contro testa […], distanziando così reciprocamente le gambe in basso per poter meglio tracciare arabeschi,
firuletes, al suolo»133.
Il periodo compreso tra il 1900 e il 1920 è detto “la guardia vieja” e corrisponde al momento in cui il tango compie la sua ascesa, sia musicalmente che in quanto danza. Nel primo decennio del Novecento il tango porteño emigra in Europa, approdando dapprima a Parigi. Qui, tra i numerosi personaggi che cercano fortuna oltreoceano troviamo Alfredo Gobbi, che con il compositore Angel Villoldo vi registrò El choclo (La pannocchia, 1905), uno dei tanghi più celebri, contribuendo al successo eclatante della danza proibita nella capitale francese, dove si depurò della sua componente più sensuale e scandalosa, come
129 E. Guzzo Vaccarino, Il tango, cit., pp. 28-29
130 Cfr. Marco Brunamonti, Il tango, musica e danza, [Copyright 2002], Milano, Auditorium, 2010, pp. 66-
81. Cfr. anche E. Muraca, Il tango…, cit., p. 15.
131 E. Guzzo Vaccarino, Il tango, cit., p. 151. 132
Ivi, p. 152. Canyengue: termine di origine africana.
41 pure avverrà in Gran Bretagna, in Germania e non ultima in Italia, dove l’arrivo della nuova danza desterà scandalo e censure:
la diabolica danza, di cui tutti parlano, si inserisce in diversi settori della società europea. Le critiche e i pregiudizi si sprecano, ma parte dell’aristocrazia britannica e quella francese, più all’avanguardia, si schierano a favore del tango. Nascono i caffè-tango, i tè-tango, i vestiti tango (con profondo spacco sulla gonna), il color-tango (arancione). Fino al primo evento bellico il tango accompagna la spensieratezza e il divertimento della borghesia europea134.
Proprio dalla capitale francese negli anni Dieci si diffuse una vera e propria “tangomania”, che di lì a poco avrebbe investito il resto dell’Europa, Italia inclusa: «si vedono per le vetrine, frammisti alle “Gioconde” anche il torrone-tango, il liquor-tango, o la paudre-tango [sic] e l’elixir profumato al tango…» mette in guardia “uno che protesta” nel 1914135.
Al rientro in patria il tango argentino, filtrato dal perbenismo europeo e parigino in particolare, riapparirà in una forma “raffinata” dagli eccessi, accettabile anche dalla buona borghesia porteña, che vi si dedicherà quindi in decorosi cabaret sul modello parigino e non più in equivoci postriboli. La capitale francese, nel corso degli anni Dieci e poi fra le due guerre, diviene infatti un topos del tango argentino, non soltanto dettando la tipologia di locali destinata ad accoglierlo per l’approvazione della crème della società argentina, ma finanche nei titoli e nei testi dei brani di accompagnamento alla danza (Anclao en París, La
que murió en París, ecc.) 136. Se l’“epoca d’oro” del tango si identifica con gli anni
Quaranta137, è tuttavia negli anni Dieci che il suo impatto si fa sentire con maggior clamore sulla società europea.
Si è accennato alla stridente reazione provocata dal suo arrivo in Italia. Nella penisola infatti la “danza immorale” arriva sul finire del 1913, destando l’immediata reazione della stampa cattolica, che dalle colonne de «L’Unità Cattolica», si scaglia contro il ballo lussurioso, portando avanti una vera e propria “crociata” contro di esso138
. Questa rientra nella più generale battaglia antimodernista propugnata dalla Chiesa sotto il
134 E. Muraca, Il tango…, cit., p. 16.
135 Dal tango alla massoneria. I grattacapi di Giovanni Giolitti. Il tango e il suo fango!, in «L’unità
cattolica», Anno LII - Num. 4, martedì 6 gennaio 1914, p. 1. Cfr. anche Anonimo, La setta verde ed il tango
contro l’Unità Cattolica, in «L’Unità Cattolica», a. LII, n. 7, 10 gennaio 1914, p. 1.
136 E. Muraca, Il tango…, cit., pp. 14-17. 137 E. Guzzo Vaccarino, Il tango, cit., p. 153.
138 Così la definisce l’allora arcivescovo di Firenze nell’articolo S. E. Mons. Mistrangelo arciv. di Firenze
incoraggia il nostro giornale e dichiara PAGANO il “tango„, «L’Unità Cattolica», a. LII, n° 12, venerdì 16
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pontificato di Pio X (1903-1914), che una «brusca battuta d’arresto» avrebbe conosciuto sotto quello di Benedetto XV (1914-1922), improntato a una maggiore tolleranza139. Proprio quest’ultimo tuttavia, sulle pagine del giornale cattolico, era intervenuto opponendosi al tango, ancor prima dell’elezione al soglio pontificio, che sarebbe avvenuta solo qualche mese dopo (3 settembre 1914)140. L’arciv. Di Bologna proibisce il ballo del
“tango„ e lo dichiara immorale titola il giornale fiorentino il 15 Gennaio 1914, riportando
quindi il testo integrale della lettera indirizzata ai parroci da parte dell’allora Mons. Giacomo Della Chiesa, datata 12 Gennaio 1914141 e nella quale egli sentenzia: «la nuova danza “Il Tango” deve considerarsi come proibita a chiunque professi rispetto alle leggi morali». L’accanita lotta contro il ballo immorale sulle pagine de «L’Unità Cattolica» avrebbe raggiunto il suo apogeo tra il gennaio e il marzo di quell’anno (Fig. 9), culminando nella pubblicazione dell’opuscolo dal titolo evocativo Il tango e il suo fango, disponibile a richiesta dei lettori a partire da mercoledì 14 gennaio 1914, a cent. 10 la copia142.
Probabilmente proprio in virtù di quell’«illimitata ubbidienza»143 che il direttore Alessandro Cavallanti aveva promesso al più accondiscendente successore di Pio X, il giornale mise fine piuttosto bruscamente alla “nobile crociata” contro il “vituperoso ballo”: se qualche traccia se ne riscontra ancora lungo il primo semestre dell’anno, dal successivo questa viene definitivamente soppiantata dal ben più impegnativo dibattito sulla posizione italiana nei confronti del conflitto mondiale che si andava profilando in quei mesi144. Si racconta che bisognerà attendere ancora il 1924, quando Casimiro Aín, detto «El Vasco Aín», uno dei più celebri ballerini di tango della “guardia vieja”, ballerà al cospetto di Pio XI, perché un papa non trovi più tanto riprovevole il tango, raccomandando tuttavia in sua vece la più morigerata furlana145. Allora Aín Aveva cinquant’anni; l’incontro sarebbe
139 Cfr. Maurizio Tagliaferri, L’Unità Cattolica. Studio di una mentalità, Roma, Editrice Pontificia Università
Gregoriana, 1993, pp. 192-193.
140
Per un’approfondimento sulla diversa politica papale di Benedetto XV, ma anche di Pio X e Pio XI, cfr. Claudio Rendina, I papi. Storia e segreti, Roma, Newton & Compton editori, 2005 (prima edizione 1983), pp. 785-789.
141
Corinthius, L’arciv. di Bologna proibisce il ballo del “tango„ e lo dichiara immorale, in «L’Unità Cattolica», a. LII, n° 11, giovedì 15 gennaio 1914, p. 3.
142 Cfr., «L’Unità Cattolica», a. LII, n° 10, mercoledì 14 gennaio 1914, p. 1.
143 Cfr. Anonimo, L’Unità Cattolica a S.S. Benedetto XV, «L’Unità Cattolica», a. LII, n° 205, domenica 6
settembre 1914, p. 1.
144 È del 28 giugno 1914 l’attentato di Sarajevo ad opera dello studente serbo Gavrilo Princip, nel corso del
quale furono assassinati l’arciduca Francesco Ferdinando erede al trono d'Austria-Ungheria e sua moglie Sofia.
145 E. Muraca, Il tango…, cit., p.89. Forlana: «(anche Forlane, Furlana, Furiano). Danza italiana brillante in
6/8 originaria della provincia del Friuli ed eseguita da due coppie. Particolarmente popolare tra i gondolieri venez.[iani], del XVIII sec.», H. Koegler, Dizionario Gremese della Danza e del Balletto, cit., p. 205.
43 avvenuto nel tardo pomeriggio del 1° febbraio 1924146, nella Biblioteca Vaticana, organizzato dall’ambasciatore argentino in Vaticano García Mansilla e per l’occasione il celebre ballerino avrebbe danzato in frac, con la partner avvolta in una casta gonna lunga blu – sulle note dell’Ave María di Francisco Canaro –, una forma di tango ripulita degli elementi più esplicitamente erotico-allusivi, mantenendo quindi i volti separati, l’abbraccio meno serrato, il busto ben eretto e la mano posizionata in alto147. In realtà l’episodio è alquanto dubbio148, difatti già nel 1914 «La Stampa» informava:
il «Tango», il tanto discusso ballo che in questi ultimi tempi sollevò gran clamore e calorose discussioni, sia nei salotti dell’alta società che nella borghesia e nel popolo, dopo l’ostracismo dei moralisti e la crociata delle Supreme Autorità Ecclesiastiche, sta per essere bandito dal consorzio civile, per rientrare nell’oblio, dal quale balzò fuori recentemente per un caso davvero inspiegabile. Il «Tango» verrà sostituito dalla «Furlana», la classica danza Friulana tanto in voga nel principio del secolo scorso, e che S. S. Pio X ha ora suggerito di esumare. La «Furlana» è un ballo elegantissimo, dalle movenze svelte e graziose, senza contorcimenti e pose sguaiate, e come trionfalmente fece il suo ingresso allora nei gran Saloni Veneziani ed in qualunque altra classe di persone, così tornerà di moda al momento attuale, accolta senza dubbio colle migliori simpatie. È al «Cinema Ambrosio» che la «Furlana» da oggi viene presentata in film – fuori programma – oltre alla grandiosa Epopea Napoleonica; così, tutti gli amatori potranno fare il paragone e giudicare a quale dei due balli spetti davvero la palma della vittoria149.
A questo proposito è Anton Giulio Bragaglia a rivelarci la natura coreutica della Furlana: «i mimi della Furlana, della Tarantella, del Saltarello e di tanti altri balli contadineschi sono simili tra loro»150. Se ne deduce che la danza popolare friulana altro
146
Non si ha notizia di questo episodio sulle pagine de «L’Unità Cattolica» tra il 29 gennaio e il 5 febbraio 1924.
147 Manuel Castelló, Los bailes de pare a: c mo bailar, historia, técnica estilo del vals, tango, cha cha ch ,
pasodoble, fox trot, roc , salsa 3 bailes m s, Palma de Mallorca, osé . de Ola eta; Palma de Mallorca,
Academia Manolo Castelló, 1997, p. 86, cit. in Robert Farris Thompson, Tango. Storia dell’amore per un
ballo, Roma, Elliot, 2007, pp. 303-304.
148 Probabilmente si tratta di una leggenda, come si evince anche da quanto riportato online all’indirizzo
http://www.todotango.com/English/creadores/cain.html: «There is a story, a "legend" for us, because it was never verified, that on February 1st, 1924, after an initiative of the then Argentine ambassador to the Vatican, Don García Mansilla — much preoccupied in relieving the accusation of immorality to tango and its ban by the Church—, Aín danced before the Pope Pious XI and other high dignitaries the tango Ave María, by Francisco and Juan Canaro. His dancing partner was the embassy librarian, a young lady named Scotto, they were accompanied by the music of a "harmonium". The tango chosen, a very light one, was approved by the Pope. This was told and affirmed by Aín in an interview made on his comeback from Italy. But […] the musicologist Enrique Cámara, a professor of the Valladolid University with many years of residence in Italy, paciently searched at the Vatican periodicals and newspapers library, especially its journal L'Osservatore Romano, but did not find anything connected».
149
Anonimo, La Furlana, in «La Stampa», Torino, 3 febbraio 1914, p.5.
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non sarebbe che l’ennesima variante regionale della tarantella: «sembra una tarantella, ma più irregolare e frammentaria», precisa Curt Sachs151.
E sempre nel 1914 sulla stessa «Unità Cattolica» si trova:
l’Osservatore rimprovera sopra tutto «il giornalista straniero» che mescolò «alla cronaca di nuovissime danze lascive ciò che vi è di più augusto sulla terra e di più venerato», e […] È a ricordare che il giornalista straniero […] ean Carrère, ha già scritto al suo giornale il Temps, spiegando che nel fare propaganda per la furlana egli ha voluto combattere il tango, danza per lui antiestetica e condannabile; e che servendosi del nome del Papa si sentiva sicuro dell’approvazione del Pontefice152.
Dunque, sia secondo il foglio cattolico che secondo «La Stampa», si sarebbe trattato di un aneddoto di pura invenzione teso a condannare il tango, attribuito tuttavia già a Pio X153 anziché a Pio XI. La notizia del “falso a fin di bene” ordito dal corrispondente da Roma del «Temps», trova conferma sulle pagine coeve del «Corriere della Sera» (28, 30 e 31 gennaio 1914)154.
Al di là della veridicità o meno dell'episodio, è evidente che esso dovette avere una certa eco nella società contemporanea155, se persino il poeta dialettale Trilussa si sentì in obbligo di dedicargli uno dei suoi taglienti sonetti all’inizio di quel cruciale 1914: