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Opzioni registiche per la danza classica nel cinema muto italiano

Nel documento La danza nel cinema muto italiano (pagine 104-115)

la danza classica nel cinema muto italiano

III.3 Opzioni registiche per la danza classica nel cinema muto italiano

Tra i due estremi rappresentati da Excelsior e il perduto Ballerine, tra lo spoglio documentarismo di Comerio e il brioso montaggio caratteristico di D’Ambra, c’è una progressione di approcci diversi del muto italiano al balletto classico-romantico, che vanno discostandosi sempre più dalla fissità documentaristica, senza tuttavia pervenire alla molteplicità visiva dambriana. In essi, pur nella varietà, si enuclea una costante: anche quando il film narrativo nel suo complesso si discosta dalla statica frontalità di Comerio per sposare una più vivace articolazione dei quadri e della loro combinazione, neanche allora tuttavia approda al montaggio proteiforme di D’Ambra, recuperando invece detta

335 Lucio D’Ambra, Lettere a S. E. il Ministro dell’Industria su la crisi cinematografica italiana: I. I patrioti

dello “sleeping” Roma-Berlino, «L’Epoca», Roma, VI, 198, 25 agosto 1922, p. 3; VII. Le Danaidi dell’ufficio soggetti, «L’Epoca», VI, 208, 6 settembre 1922, p. 3.

103 fissità proprio nelle sequenze dedicate alla danza. Quel “teatro filmato” tanto esecrato da quest’ultimo, rimane una costante del balletto accademico – che del resto dal teatro proveniva – nelle scene di danza del muto italiano.

Nella linea evolutiva tra i due estremi or ora individuati, Tristano e Isotta336 è

ancora molto vicino alla staticità di Comerio. In linea con i film di produzione della Film d’Arte Italiana, infatti, il soggetto rappresentato è un mito letterario che si perde nella tradizione celtica prima e del romanzo cortese poi, girato per lo più con inquadrature fisse e frontali (totali o quadri in figura intera nei quali al massimo vengono “tagliati” fuori dal quadro i piedi degli interpreti). Fanno eccezione alcune brevi panoramiche che accompagnano il movimento dei personaggi, comunque ripresi a distanza, in discesa da una scalinata o attraverso il bosco, diretti verso il mare: una breve panoramica accompagna Isotta e il suo seguito all’arrivo alla corte di re Marke; un’altra segue Tristano e Isotta in fuga dal palazzo del re, lungo una scalinata. Tale movimento di macchina viene quindi replicato quasi alla lettera allorché il sovrano, seguito dalle proprie guardie, scende le scale del palazzo per gettarsi all’inseguimento dei due fuggiaschi. Altre brevi panoramiche infine seguono gli amanti in fuga nel bosco, poi in direzione del mare, verso il tragico epilogo.

Nonostante questa moderata motilità della cinepresa di cui Falena dimostra di essere capace, per la scena di danza egli ricorre ancora una volta a un’unica inquadratura fissa e frontale, un totale della stanza nel quale la spazialità di tipo teatrale è accentuata dall’ambiguità del fronte di scena relativo alle danzatrici: queste, nonostante rivolgano il proprio inchino al re – che siede a destra del quadro insieme ad alcuni membri della sua corte –, danzano in direzione della macchina da presa. Ciò tradisce la concezione “primitiva”, in termini cinematografici, del pubblico in sala, considerato alla stregua di una platea teatrale.

Nel film la danza è introdotta dalle didascalie «Seconda parte» e «Per celebrare il fidanzamento con Isotta, il Re Marke organizza sontuosi festeggiamenti». Tre ballerine vestite con una semplice tunica lunga di stoffa leggera, dalle spalline sottili e di colore chiaro, avanzano verso la macchina da presa a piccoli passi ravvicinati (pas de bourrée

couru sulle mezze punte), le braccia in posizione di “arabesca a braccia in opposizione”.

336 Tristano e Isotta (Film d’Arte Italiana, 1911), regia di Ugo falena. Lunghezza originale: 620 metri.

Lunghezza copia consultata (edizione a partire da una copia positiva su supporto nitrato conservata presso il Nederlands Filmmuseum, oggi Eye): 570 metri. Didascalie in italiano.

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Si fermano dunque davanti all’obiettivo, ora in figura intera: la ballerina del trio in posizione centrale si china sul suo ginocchio sinistro ed esegue un port de bras, mentre le due laterali rimangono in piedi in effacé devant a sinistra ed eseguono il medesimo port de

bras: si tratta di quello “in terza sinistra”, la schiena in lieve cambré. Quindi la ballerina al

centro si rialza, poi tutte e tre con le braccia in posizione di “arabesca a braccia in opposizione” come sopra ed eseguendo un pas de bourrée couru in mezza punta tornano verso il fondo del quadro dal quale erano arrivate, descrivendo così un semicerchio: compiendo questo tragitto volgono necessariamente le spalle al re (che si trova a destra del quadro). Poi si dispongono l’una dietro l’altra di fronte a quest’ultimo, in effacé rispetto alla mdp (effacé devant a sinistra), con le braccia in posizione terza sinistra (braccio sinistro in quinta, braccio destro aperto in mezza seconda) ma la danzatrice al centro è in

effacé derrière, braccia nella stessa posizione. Le tre ballerine rimangono in questa posa

mentre ne entrano in quadro da sinistra altre tre, con i medesimi pas de bourrée couru in mezza punta e le braccia nella posizione di “arabesca a braccia in opposizione”, come sopra. Le nuove arrivate si dispongono davanti alle prime, di fronte alla tavola del re, e dopo una lieve flessione in un inchino, eseguono la medesima posa, accentuando il

cambré, mentre le braccia – in seconda in allongé – assecondano la linea del busto che si

piega lateralmente verso destra, cosicché il braccio sinistro si viene a trovare in posizione verticale, il destro in basso. Tuttavia la ballerina ora al centro è in effacé devant a destra anziché a sinistra e dunque anche le braccia sono in posizione opposta rispetto alle compagne (il destro in seconda/verticale allongé, il sinistro in mezza seconda), il busto flesso verso la sua sinistra). Poi anche queste tre ballerine vengono verso la mdp (finora erano rimaste all’altezza della tavola del re, in campo medio) compiendo un tragitto semicircolare a pas de bourrée couru per costeggiare il perimetro dell’area destinata alla danza: passano quindi davanti alla tavola del re e i suoi ospiti (a destra del quadro in campo medio) con piccoli pas de bourrée couru e le braccia in posizione di “arabesca a braccia in opposizione”, col destro in avanti, finché non arrivano davanti all’obiettivo della mdp (sono ora in figura intera), dove eseguono contemporaneamente ciascuna il suo port

de bras: quella al centro inginocchiata sul suo ginocchio sinistro e con le braccia in quinta,

mentre quelle laterali si dispongono simmetricamente in effacé devant, ciascuna eseguendo contemporaneamente un terzo port de bras aperto verso l’obiettivo (cioè col braccio più vicino al fronte di scena in mezza seconda, l’altro in quinta, allongé in questo caso), il busto inarcato in un accentuato cambré per tutte e tre le interpreti.

105 Poi proseguono il percorso circolare dell’area mediante dei pas de bourrée couru, procedendo verso la sinistra del quadro, quindi verso il fondo della scenografia, dando pertanto le spalle al re, con le braccia in posizione di “arabesca a braccia in opposizione”, il destro davanti. La fila dietro passa avanti, quindi tutte e sei disposte in doppia fila vengono verso la mdp in pas de bourrée couru, le braccia nella medesima posizione di “arabesca a braccia in opposizione” e dunque col busto di 3/4 rispetto all’obiettivo.

Si dispongono in due file sfalzate di fronte alla mdp: la fila davanti in effacé devant

a sinistra, quella dietro in effacé devant a destra; con le braccia eseguono il terzo port de bras (il braccio in quinta è il sinistro sia per la prima fila che per la ballerina centrale della

seconda fila; mentre per le ballerine laterali della seconda fila il braccio in quinta è il destro).

Infine tutte insieme volgono le spalle alla mdp e si allontanano verso il fondo a piccoli pas de bourrée couru, alcune con le braccia in arabesca a braccia in opposizione, altre in quinta allongé. A questo punto eseguono un inchino in ossequio al sovrano (a destra del quadro) compiendo un sesto port de bras (si noti che le due ballerine ora centrali compiono questo passo simmetricamente, dunque una a destra e una a sinistra); poi escono di scena eseguendo dei pas de bourrée couru “all’indietro”, con le braccia in “arabesca a braccia in opposizione”. L’ultima che vediamo uscire, a differenza delle compagne, monta in punta per eseguire i pas de bourrée couru.

È evidente l’esclusivo ricorso ai codici della danza accademica, ripresa in modo da ricreare i parametri visivi della fruizione teatrale: Falena porta il cinema alla danza anziché tendere al contrario. Invece di ricorrere alle modalità di visione specifiche del nuovo mezzo per offrire la visione nuova di uno spettacolo antico, mantiene per quest’ultimo le condizioni della visione teatrale, dimostrando di aver travisato il senso della trasposizione cinematografica, ma del tutto in linea con la produzione italiana coeva.

Una menzione speciale merita il costume: dalle spalle dell’abito si diparte un velo di stoffa damascata, dello stesso colore dell’abito, le cui estremità sono cucite ai polsi delle maniche. Questa particolare foggia rievoca il modello dell’abito brevettato (1893) dalla Fuller per la sua Serpentina, il che si pone in eloquente contrasto con il fatto che tutte e sei le ballerine indossino delle scarpe da punta, pur rimanendo quasi esclusivamente sulla mezza punta, e col fatto che i passi adottati nella coreografia siano ascrivibili esclusivamente alla grammatica della danza accademica. Tuttavia è anche vero che un velo che si diparte dal retro del costume delle ballerine ricongiungendosi alle maniche si era già visto nei costumi del tradizionale allestimento dell’atto delle ombre, coreografato da M.

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Petipa per La Bayadère, balletto in quattro atti su musica di Minkus, andato in scena per la prima volta al teatro Mariinskij di Pietroburgo il 4 febbraio 1877. La breve coreografia di

Tristano e Isotta si compone inoltre di due semplici moduli molto simili fra loro, che

ricordano sensibilmente l’incipit dell’atto delle ombre, apoteosi del ballet blanc, con le ballerine disposte in file orizzontali e parallele, che si muovono all’unisono ripetendo ossessivamente una sequenza di arabesque e port de bras.

Più articolato è il montaggio in Krì Krì balla337, che si divide idealmente in due parti. Nella prima prevalgono le inquadrature fisse e frontali in figura intera, mentre grossomodo a partire da metà film intervengono anche il primo piano (con sguardo in macchina ammiccante allo spettatore) e due scene riprese a passo uno, tecnica ancora poco frequentata a quest’altezza cronologica, quando si lega soprattutto alla fama dello spagnolo Segundo de Chomón (che ne fa uso ad esempio nel pionieristico El Hotel eléctrico338 e in

La guerra e il sogno di Momi)339. È nella prima parte che troviamo la danza vera e propria, dapprima eseguita da due ballerini professionisti (o almeno tale è il ruolo che interpretano), poi da Krì Krì, che sogna di emulare i suoi beniamini sullo stesso palcoscenico. Qui la danza ricorre al vocabolario del balletto classico-romantico ed è ripresa in tre tranche, mediante inquadrature fisse e frontali del palcoscenico teatrale sul quale si esibiscono i performer. Nella seconda parte, ancora di danza possiamo parlare, ma in senso lato: Krì Krì piroettando fuori controllo imprime lo stesso moto vorticoso a mobili, persone e automobili. Il “contagio” della pirouette viene veicolato cinematograficamente da due differenti trucchi: l’aumento della velocità di scorrimento della pellicola e la ripresa a passo uno. Così facendo l’anonimo metteur-en-scène della Cines (che fosse proprio Chomòn?340 O il direttore della fotografia Giovanni Grimaldi?) riesce a variare il montaggio, pur ricorrendo ancora prevalentemente a inquadrature fisse e frontali a distanza. Fa eccezione il movimento di macchina finale introdotto dal mascherino-

337 Krì Krì balla (Cines, 1915). Regista non identificato. Fotografia di Giovanni Grimaldi. Lunghezza

originale: 119 m. Copia consultata presso Eye library (Amsterdam). Titolo copia: Kri Kri balla. Lunghezza copia (35mm nitrate print): 91m. Didascalie in lingua olandese.

338 El hotel eléctrico, regia di Segundo de Chomón, produzione Pathé Frères, 1908.

339 La guerra e il sogno di Momi, regia di Segundo de Chomón e Giovanni Pastrone, produzione Itala Film,

1917.

340

Segundo De Chomón giunse in Italia nel 1912, quando fu assunto come direttore della fotografia e operatore di ripresa dall'Itala Film di Torino, dunque la sua presenza in Italia si lega alla casa di produzione torinese ed è una pura congettura l’ipotesi che possa essere l’autore del film. Tuttavia non è impossibile una collaborazione non accreditata con la Cines nel 1915. Del resto de Chomón fu anche operatore e artifice dei trucchi di numerosi film di altri metteur-en-scène. In Italia rimase fino al 1925 (Cfr. Simona Nosenzo,

Manuale tecnico per visionari. Segundo de Chomón in Italia 1912-1925, Torino, Fert Rights, 2007 pp. 24-

107 contromascherino: in una sala cinematografica alcuni spettatori stanno guardando proprio

Krì Krì balla; sullo “schermo nello schermo” vediamo una prolungata panoramica a

schiaffo a 360° del ricevimento al quale Krì Krì sta partecipando. Si tratta dunque di una soggettiva di Krì Krì che restituisce il duplice moto rotatorio: il suo e quello degli altri invitati al ricevimento, da lui contagiati con la pirouette.

La danza è introdotta dalla didascalia «Patachon is zoo onder den indruk van het concert….» (Krì Krì è così impressionato dal concerto....), seguita dalla sequenza di Krì Krì a teatro, che assiste a uno spettacolo di danza, dal quale rimane folgorato. Le inquadrature del palcoscenico sul quale si svolge la danza sono due (inquadrature frontali, fisse del palcoscenico, alternate a inquadrature fisse e frontali della platea):

A) min. 00’13’’-00’18’’: un ballerino in frac che occupa la parte destra del palcoscenico (visto frontalmente) e del quadro esegue due pirouette triple en dehor a sinistra, col piede in coupé (e non in passé) e le gambe en dedans; termina ciascuna delle

pirouette con un piccolo salto alla seconda (la pirouette si trasforma così in una sorta di tour en l’air).

B) min. 00’24’’-00’30’’: il ballerino esegue tre doppi tour en l’air verso la sua sinistra e una tripla pirouette a sinistra en dehors (con il piede in coupé e le gambe en

dedans, terminata con un piccolo salto in quarta posizione, col piede destro avanti).

Frattanto la ballerina a sinistra del quadro, che finora era rimasta ferma, esegue sette

fouetté en tournant a destra ma anche lei con il piede in coupé invece che in passé e

pasticciando un po’ gli ultimi due giri: in realtà della tecnica del fouetté en tournant qui c’è solo la parvenza: la ballerina saltella sulla gamba di terra e il piede che dovrebbe “frustare” l’aria non segue una traiettoria precisa, ma esita e non tocca mai la gamba di terra né in

coupé, né tantomeno in passé. Inoltre lo spot dei giri non sembra essere chiaramente

individuato. A questo punto (min. 00’31’’) interviene l’intertitolo «…..dat hij niets anders droomt, dan van dansen en pirouetten…..» (Non sogna niente altro che balli e pirouette), che anticipa la scena di danza successiva. Quindi fino al min. 00’47’’ c’è un totale della camera da letto di Krì Krì, che cerca di dormire.

Nella seconda scena di danza Krì Krì sogna di esibirsi a teatro (tre inquadrature frontali e fisse dello stesso palcoscenico visto prima, alternate a inquadrature fisse e frontali della platea):

C1) min. 00’49’’-00’52’’: in dissolvenza incrociata lo vediamo concludere una sorta di manège; poi esegue una serie di salti composta da assemblé a destra en dedans,

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C2) min. 00’54’’-01’01’’: Krì Krì esegue una nuova serie di passi e salti: sisson

fermé a sinistra chiuso dietro, pas de bourrée couru con i piedi in sesta posizione venendo

avanti con le braccia in posizione di bras bas; tour en l’air a sinistra, pirouette (8 giri) en

dedans a sinistra (eseguita però con il ginocchio destro piegato indietro en dedans, il piede

in flexe sporgente dietro e le braccia spalancate in una seconda irregolare, cioè con le braccia poco sostenute). Questa pirouette è velocizzata facendo scorrere più rapidamente la pellicola.

C3) 01’03’’-01’12’’: nuova serie di passi e salti eseguita da Krì Krì: di nuovo tour

en l’air a sinistra; passo indietro e saut de basque; pas jeté in avanti (gamba sinistra a terra,

la destra stesa dietro, le braccia aperte in “arabesca a braccia in opposizione”). Temps levé col piede destro in passé ma flexe anziché steso, mentre le braccia sono allungate in una sorta di allongé alla seconda; royale col piede destro che da dietro passa avanti; echappé alla seconda. Ripete la pirouette en dedans a sinistra saltellando sul piede di terra, con il ginocchio destro piegato indietro en dedans e il piede in flexe sporgente dietro, anziché in

passé, mentre le braccia mantengono i gomiti piegati ma sostenuti. Compie così un giro e

1/2, poi fa due saltelli imprecisati per tornare indietro e ripete ancora la stessa pirouette, stavolta tripla + 1/2 giro en dedans nello stesso modo, ma con la braccia con i gomiti piegati, ora stretti sul busto. Nella dissolvenza incrociata s’intravede un altro tour en l’air a sinistra, eseguito volgendo le spalle al pubblico. (Figg. 22.a.-b.)

La danza è dunque ripresa in tre tranche: 1) i professionisti a teatro (A e B); 2) Krì Krì che li imita in sogno (C1, C2 e C3); 3) Krì Krì che li imita nella realtà e finisce per “contagiare” tutti con le sue pirouette fuori controllo. Quando ballano i pretesi professionisti, nonostante gli errori evidenti soprattutto da parte della presunta ballerina “professionista”, è chiaramente riconoscibile l’anelito alla tecnica della danza accademica e lo stesso può dirsi tutto sommato per la sconclusionata esibizione onirica di Krì Krì (si noti ad esempio che nelle pirouette non prende mai lo spot, ma pur sempre di pirouette si tratta); al contrario nella sequenza finale “reale” la tecnica classica è solo una vaga suggestione, intuibile dietro gli sfrenati giri di Krì Krì e le persone che gli capitano a tiro. Se ne deduce che l’autore del film deve aver avvertito una certa soggezione nei confronti della tecnica del ballet e pertanto ne ha rispettato la modalità di fruizione originale, quella dalla platea teatrale.

109 Proseguendo nell’ideale percorso coreutico che da Comerio porta alle regie dambriane, troviamo un altro esito interessante in Tigre reale341 dove, nell’ambito della stessa sequenza (quella finale al Grand Hotel Theatre dell’Odeon), troviamo due scene di danza tra loro molto diverse non tanto per la modalità di ripresa, quanto piuttosto per il genere coreutico che veicolano: danza classica nel primo caso, modernismo coreutico intriso di orientalismo nel secondo. La scena sulla quale mi soffermerò ora è naturalmente la prima, rinviando oltre l’analisi della seconda342

.

Al min. 01h00’10’’ la didascalia (in rosso su fondo nero) recita: «Natka sceglie per morirvi il Grand Hotel Theatre dell’Odeon» e nel quadro successivo (inq. 1) vediamo in campo lungo la facciata dell’hotel (il fotogramma presenza una colorazione monocromatica in rosso acceso, che prelude alle fiamme che di lì a poco divamperanno nell’edificio).

Inq.2: campo medio, scalinata dell’hotel, l’andirivieni dei clienti (col. giallo pallido). Inq. 3: campo lungo (col. rosso chiaro), facciata dell’hotel.

Inq. 4, min. 01h00’55’’ inizio della danza. Totale del foyer dell’hotel (col. rosso chiaro): si intravedono sullo sfondo alcune ballerine, impallate da una figura in avampiano. Si intuisce che stanno danzando.

Inq. 5, min. 01h01’12’’, figura intera: le ballerine sono ora il soggetto principale della ripresa. Indossano dei tutù di colore chiaro (scena colorata in rosso chiaro) a gonna corta, decorati da un nastro annodato in vita, e le scarpe da punta. Sette ballerine, disposte in cerchio attorno a un’ottava, sostengono ciascuna i lembi di un lungo velo (i veli in tutto sono sette), mentre l’ottava ballerina al centro sorregge l’altro capo di ciascun velo, raccogliendone l’estremità dietro la schiena, all’altezza della vita. Il risultato è una sorta di girandola composta dalle 8 ballerine. La scena ricorda singolarmente la danza di Salomè che Alla Nazimova ballerà nel film di Charles Bryant del 1923343, in cui si assiste ad un’analoga impostazione coreografica e a una simile disposizione dei veli.

Tutte e sette le ballerine (sia quelle disposte in cerchio, sia quella al centro) fanno due passi oscillando prima alla loro destra, poi alla loro sinistra, accennando così due balancé laterali sulla mezza punta, quindi iniziano a girare verso la sinistra del quadro con dei pas de

bourrée couru in mezza punta (la ballerina al centro gira su se stessa, eseguendo dei

341 Tigre reale (Itala-Film, 1916) Regia di Piero Fosco (Giovanni Pastrone). Copia conservata presso il

Museo Nazionale del Cinema (Torino). Copia colorata. Lunghezza originale: 1742 m; lunghezza copia: 1600m. Durata: 78’ a 18 ft/s.

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Vd. infra, p. 157.

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bourrée marché sur place in mezza punta) all’unisono. Compiuto un giro ripetono per due

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