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Lucio D’Ambra: le regie tra cinema e danza

Nel documento La danza nel cinema muto italiano (pagine 101-104)

la danza classica nel cinema muto italiano

III.2 Lucio D’Ambra: le regie tra cinema e danza

Lo stile dambriano si profila come un’eccezione nel panorama cinematografico italiano a lui contemporaneo: brillante fantasista, come regista o semplice sceneggiatore realizza una nutrita filmografia, della quale ci rendono conto oggi i sia pur pochi film rimasti312, che svelano uno stile autoriale consapevole. D’Ambra «capisce […] molto bene perché, continuando a fare teatro filmato, il cinema italiano sia rimasto indietro, e come ci sia bisogno di rimediare […]: non solo negli intrecci, comunque stilizzati e irreali, ma nel ritmo del montaggio, nel taglio dei “quadri” (cioè delle inquadrature), nella libertà della costruzione narrativa, nell’impiego di trucchi, ma pur sempre girando spesso in ambienti reali. […] [D’Ambra] gira per lo più commedie, velate casomai da sentimento»313

.

Tra i film ai quali lavora a vario titolo si riscontra una significativa incidenza della danza: così è nel caso di Effetti di luce314, per il quale scrive il soggetto traendolo da una

sua commedia omonima (1906), del quale è interprete principale la ballerina Stacia

310

Prima visione del film dicembre 1913 (Genova, Teatro Carlo Felice). «Il prologo, scritto da Lucio d’Ambra, pare prevedesse uno spettacolo multimediale, composto da un monologo e da proiezioni di brani o di diapositive del film.», Luca Mazzei, a cura di, Biofilmografia, in Adriano Aprà, Luca Mazzei, a cura di,

Lucio d’Ambra. Il cinema, numero monografico di «Bianco & Nero», Rivista bimestrale della Scuola

Nazionale di Cinema, a. LXIII n. 5, settembre-ottobre 2002, Roma, Fondazione Scuola Nazionale di Cinema, p. 131.

311 Vd. infra, trascrizione in appendice, pp. 693 e sgg. 312

«Risultano attualmente conservati o preservati, in tutto o in parte, solo i seguenti film muti: Effetti di luce,

La signorina Ciclone, La chiamavano “Cosetta”, Le mogli e le arance, Carnevalesca, Papà mio, mi piaccion tutti!, Due sogni ad occhi aperti, La falsa amante, L’Illustre Attrice Cicala Formica, La fine dell’amore, La principessa Bebè», L. Mazzei, a cura di, Biofilmografia, cit., p. 131 .

313 Adriano Aprà, Il regista-sceneggiatore/Lucio D’ambra ritrovato, in A. Aprà, L. Mazzei, a cura di, Lucio

d’Ambra. Il cinema, cit., p. 7.

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Napierkowska; così è per La signorina Ciclone315, di cui scrive la sceneggiatura, libero

adattamento del testo di Ettore Marroni (1908) Fluffy Ruffles, la fanciulla americana e che in un primo momento avrebbe dovuto essere interpretato dalla stessa Napierkowska, poi sostituita da Suzanne Armelle, anche lei ballerina316. Nello stesso anno (1916) scrive anche

la sceneggiatura de Il Re, le Torri, gli Alfieri317, il cui soggetto desume dal suo romanzo omonimo (1915-16) e nel quale pure, la danza fa la sua comparsa. Lo stesso dicasi per Le

mogli e le arance318 – del quale cura anche la supervisione – film di cui stila soggetto e

sceneggiatura, come per Carnevalesca319 e Ballerine320. Di quest’ultimo, oggi perduto, è anche regista. Lo stesso trittico di ruoli vede D’Ambra impegnato in La valse bleue321, il

cui titolo suggerisce il tema coreutico e che, ci informa Guglielmo Giannini sulle pagine di «Kines», nel marzo del 1921322, «comincia con quel valzer bleu che imperversò qualche tempo fa».

Infine per La principessa Bebé323, adattamento di una commedia di Georges Berr e Pierre Decourcelle, è regista e sceneggiatore al contempo e anche in questo caso danza e ballerine vi hanno la loro parte.

È sintomatico che il nome dello stesso Caramba, artefice della scenografia e di parte dei costumi dell’Excelsior di Comerio, ricorra come costumista (insieme a quello di Giulio Folchi) ne Il Re, le Torri e gli Alfieri; come scenografo e costumista per Le mogli e

le arance e ancora costumista in Carnevalesca: si direbbe che, sotto l’ala protettrice di

Tersicore, il genio onirico del vestiarista del Teatro alla Scala si sia incontrato con l’altrettanto brillante fantasia del regista cinematografico.

Tra i titoli cui collaborò D’Ambra, connotati dalla presenza della danza, è possibile operare una suddivisione per categorie coreutiche, basata su trame e descrizioni dei film o sulla sceneggiatura, laddove rinvenuta, nonché sulla visione dei film, quando possibile. Anche la filmografia dambriana conferma il ballo da sala quale categoria di danza maggiormente ricorrente: La signorina Ciclone contiene, come si è visto nel capitolo

315 La signorina Ciclone (Medusa Film, 1916), regia di Augusto Genina. 316

Henri Bousquet, Vittorio Martinelli, La bella Stasià in «Immagine. Note di storia del cinema», Nuova serie, n° 8, Primavera-Estate 1988, pp. 9-10. Vd. supra, pp. 87-88.

317 Il Re, le Torri, gli Alfieri (Medusa Film, 1916), regia di Ivo Illuminati.

318 Le mogli e le arance (Do-Re-Mi, 1917), regia di Luigi Serventi e Caramba. Vd. supra, pp. 88-90. 319

Carnevalesca (Cines, 1918), regia di Amleto Palermi; soggetto e sceneggiatura di Lucio d’Ambra.

320 Ballerine (Do-Re-Mi, 1918), regia di Lucio d’Ambra.

321 La valse bleue (Do-Re-Mi/I.N.C.I.T, 1919), regia di Lucio d’Ambra.

322 Cfr. Anonimo (Guglielmo Giannini), in «Kines», Roma, 07.03.1921, cit. in Vittorio Martinelli, Il cinema

muto italiano - I film del dopoguerra. 1919, fascicolo di «Bianco e Nero», n. 1-3, a. XLI, gennaio-giugno

1980, Roma, Nuova ERI/Edizioni RAI-Centro Sperimentale di Cinematografia, 1995, pp. 275-277.

101 precedente, una sequenza piuttosto lunga in cui la disinibita Fluffy dà spettacolo esibendosi in una sorta di can-can324, che sfugge qui al ruolo di danza teatrale per assumere la funzione di ballo sa sala, perché ambientato in un Bal Tabarin, dove il pubblico estemporaneo che accerchia Fluffy è composto da amici e avventori del locale, anch’essi potenziali attori, oltre che spettatori, della danza.

Quanto a Il Re, le Torri e gli Alfieri, da una descrizione coeva sappiamo della presenza di un «grande ballo a Corte»325; che «nella sala da ballo […] la quadriglia reale si svolge in un’apoteosi di luci e di bellezza»326

; che frattanto «nel parco del palazzo, la servitù balla una sua quadriglia campestre»327 e che alcune scimmie fuggite dalle gabbie nel parco «in pieno cotillon invadono il salone da ballo»328; quindi che nel finale «amorini in lutto […] danzano intorno [al re]»329

.

In Carnevalesca la danza di società è presente in un breve cammeo, sotto forma di un ballo alla corte del castello di Malesia. Per La valse bleue, Il titolo suggerisce invece che potesse trattarsi di un valzer, chissà se “apache” o meno; mentre in La principessa

Bebé dapprima «il giovane Sigismondo […] se la spassa a Parigi, tra ballerine e

automobili»330; poi nel finale «Boleslao passa il tempo danzando circondato da leggiadre damigelle»331. Ancora di danza di società si tratta in Le mogli e le arance, sebbene, come abbiamo visto,332 in realtà nel film la danza ecceda l’occasione dell’unica scena coreutica pura, per informare di sé l’intero film.

Con Effetti di luce D’Ambra cambia categoria di danza: assistiamo ad una coreografia che afferisce pienamente al modernismo coreutico intriso delle teorie di Delsarte, Dalcroze e Laban333.

Unicum nella filmografia dambriana è il perduto Ballerine. Oltre al titolo,

inequivocabilmente legato al tema della danza, possiamo ricostruire dalla sceneggiatura originale334 che tra balli e prove degli stessi, esercizi alla sbarra compresi, l’intero film

324

Vd. supra, pp. 87-88.

325 Anonimo, Programma di sala del cinematografo Edison di Firenze, marzo 1917, cit.in A. Aprà, L. Mazzei,

a cura di, Lucio d’Ambra. Il cinema, cit., p. 39.

326 Ibidem. 327 Ibidem. 328 Ibidem. 329 Ivi, p. 40. 330

L. Mazzei, a cura di, Biofilmografia, cit., p. 142.

331 Ibidem.

332 Vd. supra, pp. 88-90. 333 Vd. infra, pp. 216 e sgg.

334 Ballerine. Romanzo cinematografico in 4 parti, «L’Arte Cinegrafica», Roma, 1, 2, 15 giugno 1918 e 3-4,

15-31 luglio 1918, [Sceneggiatura della prima parte del film. Le parti a seguire non furono mai pubblicate], cit. in A. Aprà, L. Mazzei, a cura di, Lucio d’Ambra. Il cinema, cit., pp. 41-47.

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dovette essere una sorta di celebrazione della danza classica di scuola italiana (tra gli interpreti figura anche il corpo di ballo del Teatro Costanzi di Roma). È lecito ipotizzare che D’Ambra avesse applicato anche in questo caso la varietà di inquadrature e il ritmo di montaggio distintivi del suo stile registico, ponendosi dunque agli antipodi della modalità di ripresa della caleidoscopica fissità di Comerio. D’Ambra infatti, con precoce lucidità imputava come principale responsabile dell’arretratezza del cinema italiano la mancata ricerca di una specificità del mezzo:

il cinematografo si ostinò ad essere teatro e romanzo, teatro senza grido, romanzo senza parola, cioè caricatura muta e grottesca del teatro, andando avanti, a furia di titoli e di ripieghi, abbominevole deformazione del romanzo, sostituendo tutto ciò che è esteriore a tutto ciò che è interiore, riducendo le vicende ai loro gesti invece che ai loro sentimenti, dando d’un romanzo ciò che un uomo potrebbe capirne, di fronte ad un libro in una lingua a lui straniera, cogliendone sommariamente la vicenda dalle illustrazioni335.

Tanto maggiore è pertanto la curiosità di sapere come si comportò, lui che fu capace di esiti registici originali, di fronte alla danza classica di Ballerine.

III.3 Opzioni registiche per la danza classica

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