Modernismo coreutico
IV.4 Futurismo e danze d’Avanguardia
Le ricerche coreutiche e illuminotecniche di Loïe Fuller569 destarono l’interesse dei fratelli Arnaldo e Bruno Ginanni-Corradini, più noti con i rispettivi pseudonimi di Arnaldo Ginna e Bruno Corra. Provenienti dal gruppo ravennate dei “cerebristi”, confluendo poi nel movimento futurista, ebbero il merito di apportare ad esso le proprie conoscenze tecnico- cinematografiche.
I “cerebristi”, di matrice simbolista, sostenevano che «l’artista deve sviluppare la sua ricerca a partire dall’energia cerebrale pura, prima che venga formalizzata e dominata dall’intervento del pensiero logico dello spirito razionale»570
e propugnavano «una poesia onirica e “alogica” in cui l’esplorazione del “mondo interiore” e l’occhio allucinato dei simbolisti, così come le ricerche di Mallarmé, ricevono una nuova motivazione teorica»571. Idee che non a caso rievocano le “parole in libertà” pubblicate sulle pagine de «L’Italia futurista», che ben incarnavano la creatività sovversiva e casuale promossa fin dal Manifesto del futurismo, pubblicato a Parigi su «Le Figaro», il 20 febbraio 1909572. Dopo aver enunciato in undici punti i rivoluzionari propositi artistici futuristi, Marinetti scriveva infatti in quell’occasione: «È dall’Italia, che noi lanciamo pel mondo questo nostro manifesto di violenza travolgente e incendiaria, col quale fondiamo oggi il “Futurismo”, perché vogliamo liberare questo paese dalla sua fetida cancrena di professori, d’archeologi, di ciceroni e d’antiquarii573
».
569
Vd., supra, p. 118.
570 Giovanni Lista, Il cinema futurista, Recco-Genova, Le Mani, 2010, p. 30. 571 Ibidem.
572 cfr. F.T. [Filippo Tommaso] Marinetti, Teoria e invenzione futurista, a cura di Luciano De Maria,
Milano, Arnoldo Mondadori Editore, Collana I Meridiani, 2010, cronologia a p. CV e testo del manifesto alle pp. 7-14.
181 Lo stesso Mallarmé, sopra citato, aveva dedicato parole di ammirazione a Loïe Fuller574, sostenendo persino che in una danza siffatta «l’art jaillit incidemment, souverain: de la vie communiquée à des surfaces impersonnelles eurythmiques, aussi du sentiment de leur exagération, quant à la figurante: et de l’harmonieux délire. Rien n’étonne que ce prodige naisse d’Amerique, et c’est grec. Classique en tant que moderne tout a fait»575
, recuperando concetti come quello di euritmia e di arte greca, che saranno cari rispettivamente a Rudolf Steiner e Isadora Duncan.
Ginna e Corra gli faranno eco nel 1911, nella riedizione de l’Arte dell’avvenire, opera nella quale non solo «considerano per la prima volta l’uso dell’“apparecchio cinematografico”»576
, ma «vi rendono anche omaggio alla Fuller qualificandola come “ precursore inconsapevole della nuova arte”»577
. «Con i suoi giochi di velo colorati dalla luce e i suoi arabeschi lineari, la “danza serpentina” di Loie Fuller era in effetti l’antecedente più immediato» delle «ricerche sul colore puro»578
che i due fratelli andavano conducendo già da qualche tempo attraverso le cosiddette “sinfonie cromatiche”. Mentre esprimono la loro ammirazione per «la fata della luce»579, Ginna e Corra «pensano […] di continuare le loro ricerche sulla “musica cromatica” utilizzando le potenzialità del cinematografo»580 e realizzano alcuni film astratti, tra i quali il cortometraggio La Danza (1912), oggi perduto, ma del quale resta la preziosa descrizione di alcune sequenze, pubblicata dallo stesso Bruno Corra nel giugno del 1912, una volta terminate le riprese. Nello scritto intitolato Musica cromatica (1912), infatti, Corra dà notizia delle sue «ultimissime prove»581: «due films lunghe circa duecento metri: la prima è intitolata
L’arcobaleno»582
, mentre nella seconda «La danza, i colori predominanti sono il carminio, il viola e il giallo che vengono continuamente riuniti tra di loro e disgiunti e scagliati verso l’alto in un piroettare agilissimo di trottole»583
.
574 Vd. anche, supra, p. 118.
575 [S.] Mallarmé, Oeuvres complètes, a cura di Bertrand Marchal, cit., pp. 313-314. 576
G. Lista, Il cinema futurista, cit., p. 34.
577 Ibidem. 578 Ibidem.
579 L’espressione rievoca il titolo del celebre saggio sulla danzatrice scritto da S. R. Sommer, Loie Fuller, la
fata della luce, cit., pp. 237- 253.
580 G. Lista, Il cinema futurista, cit., p. 35.
581 Bruno Corradini, Musica cromatica, testo pubblicato nell’opera collettiva del gruppo cerebrista Il pastore,
il gregge e la zampogna, divagazioni su un libro di Enrico Thovez, Bologna, Libreria Beltrami, [giugno]
1912, ora in G. Lista, Il cinema futurista, cit., p. 142.
582
Ibidem.
182
Si tratta di esperimenti volti a tradurre in immagine, o meglio in colore, la musica e più precisamente a «trasportare […] nel campo del colore la scala temperata musicale»584
, servendosi del cinematografo e di pellicola vergine priva di gelatina e pitturata585. Danza di forme e colori dunque, anziché di corpi.
La stessa idea sta alla base della realizzazione di un altro film, il primo a fregiarsi del titolo di opera “futurista”.
A completare il fitto intreccio di relazioni tra i futuristi, la danza di Loïe Fuller e il cinema, interviene un elemento significativo: si consideri infatti che il gruppo dei “cerebristi”, dal quale i fratelli ravennati provenivano, era dedito anche alla «filosofia spiritualista e le scienze dell’occulto (teosofia, esoterismo, metapsichica, ecc.)».586
Il dato è significativo poiché proprio la strada della teosofia ci porta a Rudolf Steiner587, che nell’ambito della Scuola teosofica588
si era formato, fino alla deriva antroposofica: nel 1913 il filosofo austriaco fondò in Germania il movimento dell’Antroposofia589
, attraverso il quale, pur non essendo un ballerino, si dedicò al progetto di un profondo rinnovamento della danza, considerandola una via privilegiata di accesso a una dimensione sacrale dell’io. La società di antroposofia trovò sede a Dornach, nell’edificio del Goetheanum. Steiner attraverso essa
propugnava un potenziamento dei mezzi conoscitivi umani mediante pratiche di meditazione e di concentrazione che dovevano portare, attraverso l’ispirazione, fino all’intuizione. La storia era concepita da Steiner come svolgimento della lotta dualistica tra un Cristo solare e Ahriman. Importante l’influenza sulle sue concezioni del pensiero indiano e della filosofia di Nietzsche, e nel suo primo periodo della filosofia della natura di Goethe. Si
584 Ivi, p. 136. 585 Ivi, pp. 137-138. 586 Ivi, p. 30. 587 Ivi, p. 35.
588 La Società teosofica: «nel 1875 fu fondata a New York la Società teosofica […]. La Società teosofica
raccolse numerosi adepti in tutto il mondo, in particolare nei pesi anglosassoni e germanici; il suo momento di maggiore fortuna fu il primo dopoguerra. Ebbe scissioni, tra cui la più notevole quella di Steiner […], che fondò la Società antroposofica.», dalla relativa scheda in Treccani filosofia, Istituto della enciclopedia italiana fondata da Giovanni Treccani, 2009, vol. II, p. 558.
589
Antroposofia: «Dottrina teosofica che sta alla base di un movimento internazionale promosso da Steiner, che, staccatosi (1913) dalla Società teosofica, fondò la Società antroposofica a Dornach (Basilea), con sede al Goetheanum. […] L’antroposofia afferma di fondarsi su una «scienza occulta», ossia sopra una serie di esperienze reali, di ordine psichico e spirituale, che divengono accessibili per coloro i quali applichino i metodi di sviluppo spirituale capaci di porre l’uomo a contatto del mondo soprasensibile.», dalla relativa scheda in Treccani filosofia, Istituto della enciclopedia italiana fondata da Giovanni Treccani, 2008, vol. I, p. 52.
183 fece inoltre attivo propugnatore delle sue idee in campo pedagogico, dando vita a un’istituzione scolastica privata, le Waldorfschulen590
.
Steiner riteneva che le danze antiche consentissero all’individuo una profonda connessione con la coscienza spirituale, una funzione che nelle sue convinzioni avrebbe poi cominciato a deteriorarsi intorno al nono-decimo secolo a.C., fino a scomparire del tutto nella contemporaneità. Dunque la danza in Occidente «finì per secolarizzarsi completamente»591 trasformandosi in mero piacere estetico e riducendosi a una vuota convenzione fatta di passi stereotipati e vuoti virtuosismi. Al fine di ripristinare quell’antica funzione sacrale della danza, egli sviluppò la sua teoria dell’euritmia, una concezione filosofico-coreutica che informò di sé non solo la danza coeva, ma più in generale larga parte della classe intellettuale europea del tempo.
«La danza è un ritmo indipendente, un movimento il cui centro è esterno all’essere umano. Il ritmo della danza ci trasporta in un’epoca primordiale del mondo. Le danze del nostro tempo sono una degenerazione delle originarie danze dei tempi che incarnavano la conoscenza dei più profondi segreti del mondo592»: in questa breve definizione è condensato il pensiero coreutico-filosofico di Steiner. Il termine euritmia deriva dal greco “eu” (bene) e “rythmòs” (ritmo), rimanda quindi a un’idea di ritmo armonioso e bello. Steiner mirava «a restituire alla danza il suo ruolo primario di portavoce dello spirituale, rivelando le opere di leggi superiori e manifestando allo stesso tempo tali leggi sulla terra attraverso la forma dell’arte»593. Dunque il filosofo auspicava a una sorta di «rinascita della spiritualità in Occidente»594 per mezzo della danza, opportunamente riformata:
nella danza […] si fa fluire l’elemento emotivo, la volontà nel movimento umano, e viene di nuovo data forma a quel che è predisposto nell’uomo, alle diverse possibilità di movimento, presenti del resto anche sul piano fisico. Nell’euritmia abbiamo a che fare con qualcosa che nell’essere umano non esiste in nessuna direzione della vita fisica abituale, che deve essere una continua creazione tratta dallo spirituale: è dunque qualcosa che si serve soltanto dell’uomo, del modo in cui egli è con il suo corpo nel mondo fisico,
590 Dalla voce relativa a “Rudolf Steiner” in Treccani filosofia, Istituto della enciclopedia italiana fondata da
Giovanni Treccani, 2009, vol. II, p. 496.
591 Thomas Poplawski, Iniziazione all’euritmia, Roma, Edizioni mediterranee, 2011, p. 18.
592 Così Rudolf Steiner, durante una conversazione con la pittrice la pittrice russa Margarita Woloshin nel
1908. Cfr. Eva Frobose, Zur Entstehung und Entwicklung der Eurythmie, Dornach, Svizzera, Rudolf Steiner Verlag, 1982, p. 10, cit. in T. Poplawski, Iniziazione all’euritmia, cit., p. 9.
593
T. Poplawski, Iniziazione all’euritmia, cit., p. 33.
184
servendosi come mezzo di espressione soltanto dell’uomo, cioè del movimento umano595.
Nella concezione steineriana, l’euritmia è una forma di linguaggio visibile. Egli parla infatti di “corpo eterico”, inteso come qualcosa che è in continua mobilità e attività, dunque qualcosa che «non si fissa, ma di continuo sorge e scompare»596. Un’idea di movimento che si attaglia senz’altro alla fluidità della coreutica moderna, tesa a sfuggire al rigido schematismo del balletto accademico. Si pensi ad esempio alla stessa Serpentina della Fuller nella quale il costume, amplificando i singoli gesti permetteva di camuffarne inizio e fine, sfumando ogni passo nel successivo, in modo da trasformare l’intera performance in un unico ininterrotto movimento. Steiner portava quest’ideale di “moto perpetuo” alle sue estreme conseguenze, riconoscendo nel movimento il grado zero dell’uomo, rispetto al quale la pausa, la mancanza di azione, è l’eccezione:
questo è ciò che sta alla base dell’euritmia, per cui diciamo: l’uomo quale ci sta davanti è una forma finita, però scaturita dal movimento; è scaturita da forme primigenie che si condensano in una forma e si dissolvono. Non è l’elemento in movimento a scaturire da quello in riposo, l’elemento in riposo scaturisce in origine da quello in movimento. E noi risaliamo ai movimenti originari mentre diamo forma all’euritmia. 597
L’euritmia è «un mezzo grazie al quale l’uomo si avvicina al Divino più di quanto non lo possa senza, come accade per ogni arte»598 dando a quel movimento il giusto ritmo, l’eu-ritmia appunto, è possibile accedere alla dimensione spirituale.
L’euritmia «ha valenze e funzioni spirituali, estetiche e terapeutiche. Attraverso movimenti astratti del corpo umano, […] trasmette parole, colori, suoni, stati d’animo, ritmi e idee senza usare il linguaggio parlato. […] Come già aveva fatto nell’Ottocento François Delsarte, Steiner suddivise il movimento in Volontà, Pensiero e Sensazione»599. La cosiddetta “Triade di Steiner” ben esemplifica questa tripartizione del gesto: «a. sollevate il tallone da terra con la forza della Volontà; b. sollevate il piede dal suolo e
595 Rudolf Steiner nella prima conferenza, Euritmia e linguaggio visibile, Dornach, 24 giugno 1924, in:
Rudolf Steiner, Euritmia linguaggio visibile. Quindici conferenze tenute a Dornach dal 24 giugno al 12
luglio 1924, Milano, Editrice antroposofica, 1997, p. 16.
596 R. Steiner, Euritmia linguaggio visibile, cit., p. 18. 597 Ivi, pp. 27-29.
598 Ivi, p. 29. 599
Mel Gordon, Il sistema di Stanislavskij. Dagli esperimenti del Teatro d’Arte alle tecniche dell’Actor’s
185 spostatelo in avanti, come se steste Pensando; c. appoggiate a terra il piede con Sentimento»600. La formulazione dell’euritmia da parte di Rudolf Steiner risale al 1912, quando iniziò a impartire lezioni ad una giovane allieva, Lori Smits, a Monaco, muovendo da presupposti antroposofici.
La definizione vera e propria che dell’“euritmia” ha dato Rudolf Steiner è quella di “linguaggio visibile” e di “canto visibile”, a seconda che si tratti di euritmia vocale o musicale. L’euritmia non è dunque né danza né ginnastica, ma è realmente qualcosa di nuovo e, sotto il suo nome, è da cercare un concetto affatto nuovo. Per meglio intenderlo, può essere utile l’esempio dell’esecuzione euritmica di una sinfonia di Beethoven o di Bruckner, quale si ha al Goetheanum di Dornach. Mentre l’orchestra esegue il pezzo, un gruppo di euritmisti riproduce a mezzo di movimenti quel che giunge all’orecchio come suono musicale. […] Ogni suono, sia musicale sia vocale, ha il suo movimento particolare. Così questi gesti euritmici si susseguono, esprimendo gli intervalli, i motivi, le melodie, che affiorano in continua salita e discesa e variano nei modi maggiore o minore, emergono nelle tonalità diesis, si affievoliscono nelle tonalità di bemolle, si spezzano nella tensione delle dissonanze. […] le leggi musicali si manifestano anche quali leggi del movimento601.
Inizialmente il maestro insegnò a Lori Smits i gesti euritmici volti a tradurre in movimento il suono delle vocali I, A e O; dopo quei primi passi, nel 1914 fu aperta a Dornach una scuola di euritmia, presto diretta da Marie von Sievers e in seguito analoghi istituti sarebbero stati aperti a Parigi, Stoccarda, negli Stati Uniti e in altri Paesi, Italia compresa, mentre l’euritmia stessa avrebbe esteso la propria applicazione in campo educativo e terapeutico. Intere opere drammatiche e poetiche furono accompagnate o interamente rappresentate a mezzo dell’euritmia, ricorrendo a semplici fondali e all’uso delle luci.
Nell’euritmia il movimento viene attuato attraverso l’osso del collo, permettendo alle braccia di cantare da questo piano e al resto del corpo di eseguire. Il centro della nostra attenzione tende a essere l’espressività delle braccia e delle mani. Con le gambe coperte da una lunga veste, e persino il più lieve movimento delle braccia accentuato dalle increspature del velo, siamo tratti nel linguaggio delle membra che si muovono nell’aria come fossero ali602.
600 Ibidem.
601 Lidia Baratto Gentilli, Euritmia. Introduzione all’arte del movimento creata da Rudolf Steiner, Milano,
Filadelfia Editore, 1975 (1ª ed.: Euritmia. Introduzione all’arte del movimento creata da Rudolf Steiner, Milano, Ed. F.lli Bocca, 1939), pp. 22-24.
186
Se è evidente la prossimità con le ricerche coreografiche della Fuller – il cui costume ne amplificava parimenti i movimenti e altrettanto similmente celava le gambe per spostare l’enfasi del gesto sulla torsione del busto e delle braccia, per mezzo delle quali la danzatrice manovrava le bacchette del costume – non deve sfuggire il fatto che evidentemente questa maggiore attenzione agli arti superiori stabiliva uno scarto importante rispetto alla tradizione del balletto classico-romantico, quest’ultimo incentrato al contrario proprio sul virtuosismo di gambe e piedi. Nell’euritmia inoltre «le posizioni fisse, come si vedono nel balletto, si eseguono raramente; un’intera rappresentazione tende piuttosto a essere un’ininterrotta linea di movimento dall’entrata in scena degli interpreti fino alla loro uscita»603. Steiner riteneva infatti che l’euritmista «nei suoi gesti, deve vivere, non nella posa come tale, ma nel succedersi delle pose, cioè nel movimento». E dunque «non deve mai fermarsi al gesto di un I o di un A, ecc. Si tratta di un I o di un A solo finché lo si sta eseguendo, finché il braccio è in movimento. Nell’euritmia ogni gesto perde il suo significato non appena è compiuto. Tutto ha un significato solo nel suo divenire. Per questo l’euritmista non può dirsi tale se non riesce, per così dire, a dimenticare d’aver un corpo fisico e a far partire ogni suo gesto dall’anima»604
.
L’intento di Steiner era di «prendere ciò che vive nello Spirito esprimendolo in maniera vivente nell’euritmia»605
. Egli intese creare una nuova arte «che trasformasse il movimento istintivo in movimento cosciente, retto da leggi sue proprie. Quest’arte, l’euritmia, […] il corpo umano – lo rende tramite e mezzo d’espressione di un mondo superiore, spirituale, di leggi cosmiche. Così l’uomo […] può […] ritrovare l’accesso ad un mondo di armonie superiori, eterne, da cui attingere nuovi impulsi per la sua vita terrena»606.
Steiner era interessato alle nuove tecnologie dell’illuminotecnica al pari della Fuller e segnatamente alle possibilità di costruzione dello spazio offerte dalla luce elettrica combinata al colore. Costumi, colore e luci erano parte integrante della messinscena euritmica, in assonanza con le ricerche della danzatrice americana.
Secondo la concezione steineriana:
quanto più un euritmista entra in intimo contatto con i colori, quanto più vivamente li sente e li interiorizza, tanto maggiore finezza e sensibilità acquisteranno i suoi movimenti. Anche nel linguaggio comune si parla di colori
603 Ivi, p. 71.
604 L. Baratto Gentilli, Euritmia…, cit., p. 91. 605
T. Poplawski, Iniziazione all’euritmia. cit., p. 72.
187 caldi e freddi, indicando in tal modo che qualcosa di visibile può tradursi in un’impressione più interiore. Goethe fu il primo ad ampliare al massimo quest’idea nella sua Teoria dei colori dove, non solo come scienziato ma anche come artista, espose i vari modi in cui l’uomo può penetrare la natura dei colori partendo dalla loro manifestazione fisica, chimica e fisiologica, per arrivare fino alla esperienza sensibile-morale di essi. Egli descrisse come “azioni e sofferenze della luce” la spiritualità calda e luminosa dei colori attivi (giallo, arancione, rosso), e quella fredda e oscurante dei colori passivi (azzurro, indaco, violetto). Così bisogna imparare a ravvisare nel rosso il suo carattere irruente, aggressivo, sentire affluire dall’azzurro un senso di raccoglimento e di pace; avvertire come dal violetto emani una specie di maturazione interiore; scorgere nel giallo una sapienza irradiante; scoprire nel verde un equilibrio fra la luce e le tenebre, ecc. Ora, queste qualità particolari ad ogni colore hanno una precisa corrispondenza in dati movimenti che l’euritmista è tenuto ad appropriarsi intimamente e ad eseguire con le mani, le braccia e con l’intero corpo. […] Volendo rendere l’intonazione fondamentale dell’azzurro, l’euritmista dovrà sentire il suo corpo rilassato, tutto pervaso di passività, se così si può dire, come immerso nell’ombra, mentre tanto più intensa dovrà essere la luminosità interiore. Infatti è caratteristico dei colori passivi che la luce si ritiri da fuori e vada verso l’interno. Un sorriso mesto si potrà sentire come un “azzurro” luminoso, e come “rosso” l’aggressività d’una forte risata. Nel pianto, l’azzurro può perdere la sua calda luminosità e venir come pervaso dal gelo607.
Dunque un attento studio cromatico era sotteso al lavoro euritmico, ben oltre le ricerche tecnico-espressive della Fuller. A un approccio simile a quello della danzatrice americana sul piano strettamente coreografico e dell’allestimento scenico, il filosofo tedesco sommava infatti il portato teorico che gli derivava dagli anni di formazione teosofica.
Francesca Bertini nel 1918 scriverà che «il fine essenziale dell’arte cinematografica è l’espressione dei sentimenti per mezzo dei gesti naturali, ed è per l’appunto il valore e la virtù espressiva dei gesti che ci riportano all’arte antica; sopra tutto alla danza greca, la quale fu costituita essenzialmente dall’armonia del gesto e del ritmo. Io cerco con studio profondo di ravvivare secondo la legge dell’euritmia ellenica, che il corpo umano discopre nella danza, una pittura che sorrida bellezza, e renda nei movimenti le forme misteriose della gioia, del dolore, dell’amore»608
, ricollegandosi così contemporanemaente alla filosofia steineriana e alla teoria della danza della Duncan.
Ancora Fausto Maria Martini definì “euritmica” l’espressività della Borelli e Sebastiano Arturo Luciani, su «Cronache d’attualità», riconobbe nell’euritmia una qualità
607 Ivi, pp. 49-50. 608
Francesca Bertini, Sensazioni e ricordi, «In Penombra» a. I, n. I, 1918, p. 1, cit. in C. Jandelli, Le dive
188
necessaria alla recitazione cinematografica609: quest’ultima, e quella delle dive in particolare, si serviva del corpo quale «veicolo di comunicazione spirituale»610, traducendo così in immagini il concetto steineriano di euritmia.
Quello che è importante sottolineare a questo punto della nostra analisi, è l’emergere pressoché in contemporanea, a livello internazionale, di tendenze coreutiche, e più in generale artistiche e filosofiche, che presentano innegabili punti di contatto. Difatti il movimento euritmico da un lato e quello che abbiamo visto introdotto dal modernismo coreutico dall’altro, presentano un’idea di danza che ci riporta proprio alle istanze di