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C Bardon, Perse et la réalité des choses, Latomus 34, 1975, 319-

e la satira, RCCM 14, 1972, 44-

J. C Bardon, Perse et la réalité des choses, Latomus 34, 1975, 319-

Nel voler isolare il discorso riguardante i Choliambi di Persio all’interno del saggio

Perse et la réalité des choses di Bardon il materiale su cui ragionare di riduce

quattordici versi, quanto spiegare la compresenza di una pluralità di livelli linguistici all’interno del corpus persiano, ed attenuare così i toni volutamente accesi del Pennacini: lo studioso italiano, infatti, aveva soltanto alcuni anni prima individuato nel modo di far poesia del Volterrano un procedimento di rottura mediante l’uso variegato di differenti strati linguistici128. Così facendo, i termini non possiedono più quella banalità che proviene da un uso naturale degli stessi, e si instaura un capovolgimento nel sistema linguistico del genere satirico: una volta liberato dei filtri culturali, il vocabolo viene conosciuto nella sua funzione semantica storicamente autentica, divenendo, di conseguenza, il mezzo per recepire il reale.

Il Bardon rimprover al Pennacini di aver esasperato la puntuale coscienza che Persio avrebbe avuto dei propri mezzi espressivi; risulta inverosimile dare per assodato che il poeta conoscesse con precisione scientifica la funzione assolta da ogni suo termine (p. 330), a maggior ragione nel caso di Persio, la cui età assai giovane doveva lasciare ancora molto spazio alla spontaneità del dettato. Spostato dal piano prettamente “intellettuale” del Pennacini a quello “operativo” della vita quotidiana del Bardon, il vocabolo persiano si rifugia ora in una “obscurité” legata alla pragmatica visione esistenziale del poeta: la parola non può fermarsi al livello dei concetti, ma deve rispondere al presente storico, delineandone, appunto, in maniera totalmente personale la réalité des choses (p. 331). L’A. è convinto che il realismo di Persio sia ottenuto attraverso una scelta accurata del lessico, primo fra tutti un esempio illustre di questa maniera d’operare: l’autodefinizione che Persio offre di sé, ovvero semipaganus (p. 335). Nei Choliambi l’hapax del v. 6, prosegue il Bardon, ha da sempre suscitato diverse interpretazioni, utile tra tutti il lavoro del D’Anna ed il confronto con Prop. 2, 5, 25-6 a dimostrazione del fatto che Persio non cercò mai di far parte della “confrère des poètes”; al contrario, attraverso questo vocabolo si presenta “comme un paysan (p. 335)”, un contadino non nel senso che proviene dalla campagna dell’Etruria, che male si accorda con l’orgoglio per le proprie origini, bensì perché il poeta rivendica il contatto diretto con la realtà delle cose, un contadino del terreno della poesia. Una cosa va comunque precisata, ossia il fatto che Persio stesso non si è definito paganus, ma semipaganus: proprio a causa

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dell’obscuritas si percepisce il debito verso la città, verso il suo tempo, verso i suoi contemporanei. Infatti, nella sua poesia da rusticus risiede l’originalità medesima, la punta estrema dell’audacia espressiva: il mondo e la realtà delle cose non si svelano mai a lui mediante la semplicità; egli vuole la complessità del reale che, in base a tale distorsione, non coincide mai con il reale quotidiano.

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J. C. Bardon, A propos de Perse: Surréalism et Collage, Latomus 34,

1975, 675-698.

Il trimestre successivo (luglio – settembre) del 1975 la rivista Latomus dedica nuovamente lo spazio ad un intervento del Bardon, che compare con il titolo A

propos de Perse: Surréalism et Collage. Allargando la ricerca dal campo più

strettamente lessicale, l’A. analizza le tecniche adottate dal poeta: la presenza di un dialogo non chiaro e tutt’altro che sistematico, la tensione a descrivere anche il più microscopico dettaglio, l’assenza dei nessi di coordinazione e subordinazione del periodo, non consente di cogliere lo sviluppo logico nelle Saturae. Al contrario, una sempre presente carrellata di immagini costituisce il vero leitmotiv della sua poetica, fatto questo che suggerisce al Bardon l’etichetta di “Surrealismo di Persio”, pesantemente messo in rilievo persino nel titolo del contributo.

La cifra di lettura dell’intera produzione persiana ruota attorno ad un tipo di

iunctura figurativa, e il riferimento al movimento culturale della Parigi anni ’20

comincia proprio dai Choliambi: “Les aspects de la poésie de Perse que, faute d’un mot meilleur, nous qualifions de ‘surréalistes’, se retrouvent dans les quatorze vers des choliambes (p. 684)”. Sotto tale ottica l’accostamento, già al v. 1, di fonte e di

greco !ippou krÔnh; il biceps Parnassus, interrotto da un somniasse molto più prosastico, induce a due paralleli con le Metamorfosi di Ovidio129.

La scena espressa al v. 3, sottolineata dall’allitterazione martellante, è un ritorno alla realtà, quasi una breve interruzione alle associazioni di immagini, prima di fare spazio al v. 4 non meno allitterante, ma sicuramente di un registro stilistico diverso. Con i vv. 6-7 ci troviamo di nuovo all’interno di un piano figurativo, nel quale la presenza del verbo lambere, soggetto inanimato dell’azione, rende l’edera arrampicante un attore insolito, che proietta il lettore in un luogo in cui la logica non trova spazio. Qualunque interpretazione sia stata proposta riguardo all’edera130 non è possibile operare un confronto con has hederas legit in Thyrsos di Prop. 3, 3, 35: alla visione dell’edera che si avviluppa attorno ai busti dei poeti illustri si aggiunge quella del poeta che apporta i suoi versi non al tempio delle Muse, bensì ad una sorta d’astrazione, i sacra vatum (p. 685).

Con la repentinità caratteristica della sua maniera, Persio evoca il pappagallo ed il suo “bonjour”, le gazze e gli scimmiottamenti del linguaggio umano131

: il confronto tra pappagalli/gazze e poeta si risolve in una identità che abbatte il confine tra animale e uomo, tra poesia seria e parole balbettate approssimativamente. Il Bardon sottolinea che il chiasmo e l’omofonia al v. 10 di magister artis ingenique

largitor risponde in maniera solenne alla domanda del verso precedente, il venter, un

ventre che è tecnico (artifex), un ventre che agisce (sequi), la personalità dello stomaco, uno stomaco che è una persona (p. 685).

L’ultima osservazione che l’A. offre parlando dei Choliambi riguarda “deux vers extraordinaires”, i vv. 13-14: l’assimilazione dei poeti ai corvi, delle poetesse alle gazze “provoquent des images qui rappellent avec force Joan Mirò, André Masson ou Max Ernst” (p. 686). L’ultimo verso, infine, è protagonista di una controversia a lungo dibattuta tra gli studiosi, una questione filologica di difficile soluzione: quale scegliere tra le due ‘variae lectiones’ cantare nectar/cantare melos?

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Ov. met. 2, 221: Parnasusque biceps et Eryx et Cynthus et Othrys; Ov. met. 1, 316-7: mons ibi

verticibus petit arduus astra duobus,/nomine Parnasus, superantque cacuminal nubes.

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L’A. si riferisce a BRUGNOLI 1969, 195. 131

L’A. non ritiene giusto suddividere né in questo punto né altrove i Choliambi in due parti, poiché il salto di pensiero in pensiero è frequente in Persio.

Il Bardon riporta l’idea del Paratore132 e del Pasoli133come simboli di opinioni opposte tra loro, propendendo, tuttavia, per la prima di esse poiché l’accostamento cantare nectar “est conforme au style de Perse et, ce qui est plus important, à sa manière de voir le monde, à ce que j’ai appelé – à torto ou à raison – son surréalisme (p. 687)”.

Bardon 1975: interpretazioni filologico – testuali

a) La lezione da accogliere tra le varianti d’autore al v. 14 è nectar, in linea con lo stile surrealistico di Persio.

Interpretazioni letterarie

a) I Choliambi rispecchiano le sfaccettature dell’intera poetica del Volterrano: il gusto per le immagini la può avvicinare al Surrealismo.

b) il biceps Parnassus evoca due paralleli con le Metamorfosi di Ovidio: Ov. met. 2, 221 e Ov. met. 1, 316-7.

c) Non è possibile operare un confronto tra Pers. prol. 6-7 e Prop. 3, 3, 35: alla visione dell’edera si aggiunge quella del poeta che apporta i suoi versi ai sacra

vatum (e non al tempio delle Muse come fa Properzio).

d) Il chiasmo e l’omofonia al v. 10 di magister artis ingenique largitor.

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