• Non ci sono risultati.

Orazio tra “Epodi” e “Sermones”, Pisa 2001, 189-

I Choliambi, esordisce l’A., sono attualmente considerati dalla maggior parte degli studiosi il prologo delle sei Saturae del Volterrano. Nessun argomento a favore di tale tesi sembra porre la parola fine alla discussissima questione. La Vita Persii riporta infatti la notizia secondo la quale le Saturae sarebbero state edite postume, rimaneggiate dal maestro Cornuto dopo la morte del poeta. Persio aveva contemplato la collocazione di questi quattordici versi all’interno del liber? E, se anche il breve componimento fosse stato concepito come prologo, esso era davvero compiuto e pronto per la pubblicazione? Simili domande sono destinate a rimanere senza risposta; resta comunque un dato di fatto il carattere “proemiale” dei Choliambi (p. 189).

Il Cucchiarelli inizia il proprio ragionamento dall’aspetto fondamentale dell’unità interna al componimento, nella misura in cui l’incertezza rende anche

questo tipo di dato franoso e instabile: è stato il Leo a vedere per primo una frattura insanabile tra il v. 7 e il v. 8, una ricucitura postuma priva di senso e di giustificazioni valide. Ma, a parere dell’A., anche se ciò fosse vero, tono e argomento complessivo dei Choliambi sarebbero da considerarsi omogenenei dal punto di vista della proemialità dei versi. Quali sono i tratti in comune tra Choliambi e il canone fissato per la composizione di un prologo? Quali sono, in altre parole, quegli elementi che insieme dimostrano che ci troviamo all’interno di un prologo vero e proprio e (di conseguenza) di un componimento unitario (p. 190)?

L’A. ritiene illuminante il confronto con il proemio per antonomasia, quello dell’Iliade268

e la proposizione interrogativa ivi presente al v. 8 Tíj t’ \r sfwe qeÏn 1ridi xunéhke mácesqai> Come si può ben notare, il verso omerico inizia con un tíj, così come il v. 8 dei Choliambi inizia con un quis. È un caso se entrambi i pronomi interrogativi si trovano al v. 8 del proemio nelle rispettive opere? Il Cucchiarelli intende dire che, se di caso si può trattare per l’Iliade, non altrettanto può dirsi per i Choliambi di Persio, soprattutto in virtù del fatto che lo stesso fenomeno è riscontrabile al v. 8 del Bellum civile di Lucano. Ora, poiché tale movimento retorico–sintattico è riscontrabile sia in Persio che in Lucano, autori contemporanei che hanno frequentato la stessa scuola di Remmio Palemone, è probabile che la prassi poetica avesse reso normativo il proemio dell’Iliade (l’ipotesi trova un importante riscontro in Quint. inst. 10, 1, 48: Omero aveva inventato la lex

prohoemiorum [p. 191]). Questa sembra all’A. una dimostrazione più che valida del

carattere proemiale dei Choliambi persiani, nonché dell’unità tematica degli stessi. Se in Omero i primi sette versi con l’invocazione della Musa intendevano incuriosire l’ascoltatore annunciando l’argomento del canto e gettarlo in medias res, in Persio i primi sette coliambi servono a esprimere l’impossibilità d’invocare la sfera divina, rendendo obbligata l’unica via percorribile, ossia l’introversione, la chiusura in se stesso. Persio lascia ai poetastri di professione le immagini abbellite dall’edera; egli, da semirusticus qual è, non ha voluto evocare i simboli della poesia (Parnaso, Pirene, Elicona) e porta da sé il suo carmen ai sacri riti della poesia.

268

Secondo il Cucchiarelli, i sacra vatum rappresentano la comunità dei poeti che è mossa dal venter e dalla speranza di un nummus ingannatore: essi sono tutti corvi, pappagalli, gazze che ripetono e imitano, nella ricerca di cibo.

Nell’ultimo verso il Pegaseium nectar si identifica col fons caballinus del primo, attraverso l’allusione alla topica del proemio, richiamando tutta la prima parte in quella Ringkomposition su cui fa leva quella parte della critica che vede nei

Choliambi l’autentico unitario proemio alle Saturae.

Riassumiamo: l’A. identifica una traccia “epico-omerica” evidenziata dal pronome interrogativo, che chiarisce il nesso tra le due sezioni dei Choliambi; la domanda che si pone Persio è: qual è la vera Musa per i poetastri contemporanei? Il ventre/denaro. È come se il poeta volesse dire: “se l’urbanitas dei poeti incoronati dall’edera poetica approda a una poesia di così basso livello, allora preferisco definirmi semipaganus”. (p. 192). Il poeta volterrano spezza il discorso omerico, lo interrompe bruscamente, lo rende discontinuo nella sua logica: dalla topica del proemio all’inattualità dello stesso. In altre parole, dall’altisonante inizio alla domanda repentina che lo trancia di netto esiste una elaborazione personale dello stesso Persio, che lo rende autore di un proemio non allineato, ma pur sempre un proemio caratterizzato dall’estremismo sperimentale e dissacrante.

La natura proemiale dei Choliambi viene espressa anche dal metro adottato: il giambo scazonte. Non si può affermare con certezza se davvero nelle intenzioni del Volterrano ci fosse il recupero della polimetria dell’opera luciliana (non c’è neppure un frammento che testimoni l’adozione di tale metro da parte di Lucilio); ma è possibile confrontare questo uso con quello di un poeta antecedente: Callimaco (p. 193). In metro coliambico era scritto il primo Giambo del cirenaico (ulteriore sostegno alla proemialità dei Choliambi di Persio) e il cwliámboj era presente all’interno della locuzione con la quale si individuava la raccolta dei suoi Giambi: Kallímacoj æn êámboij oppure Kallímacoj æn cwliámboij. Il confronto tra i

Choliambi di Persio e i Giambi di Callimaco è pertinente non solamente per quanto

riguarda l’adozione del metro, ma anche per il tema del venter/gáster Call. iamb. 13, fr. 203, 15 Pf Þll’ e#i ti qumòn 2’ pì gastéra pneuj [...], per la scelta delle immagini e per la densità dello stile.

Cucchiarelli 2001: l’interpretazione dei Choliambi in sintesi. Intepretazioni filologiche

a) I Choliambi di Persio riflettono il carattere “proemiale” delle Saturae? I quattordici versi sono strutturati in maniera omogenea da un punto di vista dell’analisi della proemialità, la quale rende probabile l’unità interna del breve componimento.

b) Uno degli elementi che mostra che ci troviamo all’interno di un prologo e di un componimento unitario è il confronto con il proemio per antonomasia, quello dell’Iliade: Hom. Il. 1, 8 Tíj t’ \r sfwe qeÏn 1ridi xunéhke mácesqai.

c) Il carattere proemiale dei Choliambi viene espresso anche dal metro giambo scazonte.

d) il confronto con il metro coliambico di Callimaco (il primo Giambo era stato scritto in coliambi) è ulteriore sostegno alla proemialità dei Choliambi di Persio. e) Il confronto con Choliambi di Persio e Giambi di Callimaco è pertinente anche per il tema del venter/gáster269, della scelta delle immagini e della densità dello stile.

f) Dall’altisonante inizio all’elaborazione personale lo scarto rende Persio autore di un proemio non allineato, dall’estremismo sperimentale e dissacrante.

Interpretazioni letterarie

a) I sacra vatum dei Choliambi rappresentano la comunità dei poeti che è mossa dal

venter e dalla speranza di un nummus ingannatore: essi sono tutti corvi, pappagalli,

gazze che ripetono, imitano, nella ricerca di cibo.

b) La vera Musa per i poetastri contemporanei? Il ventre/denaro. È come se il poeta volesse dire: “se l’urbanitas dei poeti incoronati dall’edera poetica compongono tale basso livello di poesia, allora preferisco definirmi semipaganus”.

***

269

G. Moretti, Allusioni etimologiche al genus satirico: per una nuova