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Ch Witke, Latin Satire The Structure of Persuasion, Leiden

All’interno di un intervento di più ampio respiro rispetto al saggio The function of

Persius’ Choliambics del ’62, Ch. Witke torna ad occuparsi dei Choliambi di Persio,

seppur soltanto di riflesso, un’ indagine funzionale alla più vasta problematica della rivalutazione letteraria del Volterrano.

Non è un caso, dunque, se alcuni temi, come ad esempio la sempiterna questione99 della collocazione dei Choliambi (in testa o in coda alla raccolta delle

Saturae) non vengano direttamente affrontati, bensì dati per metabolizzati100. Un accenno sicuramente insufficiente, nella nota n. 2 a p. 80, mette in pace la coscienza dell’A., e rafforza la volontà di non toccare certe questioni ritenute sicure: il generico “some” grida un più che chiaro silete! a centocinquanta anni di lavorio ininterrotto da parte della filologia moderna, di studiosi che “have regarded the choliambics as an epilogue rather than a prologue. […] That they constitute a prologue can be seen from the references to inspiration from the Muses; and from the polemical tone displayed in the latter part (p. 80)”.

Il dato più importante, che come tale emerge cristallino dalle pagine del Witke, è la dipendenza di Persio da Orazio. Dal poeta di Venosa Persio avrebbe preso in prestito sia la forma (l’esametro, il dialogo, il monologo interiore e la contaminazione dei livelli stilistici) che il contenuto (questioni di natura morale,

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Sulla quale questione aveva già ragionato in WITKE 1962. 100

L’A. esordisce con queste parole: “Persius’ six satires, together with their choliambic prologue, give on the whole an impression of contriving for effect” (p. 79). Inoltre “Fourteen lines or choliambics precede the collection and serve as a kind of ironical introduction” (p. 80, il corsivo è mio.)

rettitudine comportamentale e valori filosofici di vita). Eppure, nonostante queste somiglianze oltremodo spiccate, la maniera di raccontare il genus satirico, completamente differente dalle indagini di Orazio101, diviene con Persio un veicolo di apologia e propaganda, il cui “subject matter of five of the six satires is Stoic doctrine” visto come “ the work of a young doctrinaire (p. 81)”.

Il prologo alle Saturae, quindi, secondo la lettura del Witke, incarna lo stratagemma,uniformemente presente anche nella I Satira, dell’antitesi, un contrasto che opera da spartiacque fra il rifiuto ironico della poesia ispirata dalle Muse (ed il nuovo programma letterario del poeta che ne deriva) dei vv. 1-7 e il disincantp che soggiace alla concretezza del venter, come vera scintilla in grado di smuovere gli animi di poetastri improvvisati, identico al principio che consente ai pappagalli e gazze di scimmiottare una parvenza linguaggio umano (vv. 8-14). Come se non bastasse, la dolosi spes nummi, l’ingannevole speranza di futuro guadagno, ottunderebbe le facoltà critiche del pubblico, rendendoli totalmente incapaci di giudicare rettamente. Ecco che, secondo l’A., una terribile metamorfosi affetterebbe non solo l’oggetto contemplato ma anche lo spettatore, una metamorfosi che renderebbe i poeti alla stregua di cornacchie e le poetesse a gazze, inconsapevoli della ben diersa consistenza del nettare degli dei (p. 81). Sembra che la “literary persona” di Persio, la maschera che egli indossa in ogni componimento, serva a giustificare le tecniche della sobrietà, dell’obscuritas, delle figure retoriche che tanto sorprendono il lettore proprio per la novità. I primi tre versi sono un esempio chiarificatore: il poeta prodirem (v. 3) ci anticipa l’intenzione di Persio di farsi avanti “as a poet” (p. 81), ma, anche se si considera, ovviamente, vero poeta, egli pretende di non essere visto come tale, poiché il sembiante di Omero non gli si è mai presentato in sogno sul Parnaso (come fece con il padre Ennio). Il memini, per Witke, è una nota di grande ironia e dimostra un distacco “of the speaker from his subject (p. 82)”: Persio non ricorda esattamente, tutto è vago, il dichiarare di non sapere rende ridicolo il fatto, sia esso accaduto o meno. Non solo, l’ironia lascia spazio a un sospetto: a Persio importa o no della fondamentale visione di Ennio, se

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“In Horace, the poet-craftsman, though much more clearly delineated and more obviously given to artistic-self revelation, has retired behind his fabric. Persius as craftsman appears only in the too obvious traces of his marquetry work” (p. 79).

mostra di far confusione sui particolari? Prima di tutto, afferma il Witke, la tradizione situava il sogno enniano sul monte Elicona, non sul Parnaso come invece fa Persio; inoltre Ennio stesso non sognò lì, bensì di essere lì. (p. 82). Sommare questo genere di considerazioni al fatto che il temine caballinus è sicuramente un “low word102” rende chiaro sin dal principio il tono irriverente del Prologo, e ciò

sorprende non poco, almeno fino al momento in cui l’oscurità di Persio si chiarisce e si comprende il significato che le Muse e la loro localizzazione aveva per i lettori contemporanei: i rimanenti undici versi rispondono a questa funzione.

Se i primi cinque versi e mezzo esprimono il ripudio della tradizione letteraria del passato e della sua continuazione presso i contemporanei nonché l’estraniamento e l’indipendenza del poeta nei confronti di essa, gli ultimi sette versi connotano la vera fonte della poesia coeva: “the belly and the pocket” (p. 83). Inoltre, ripete l’A, “the audience too is induced to a paralysis of the critical faculty, and in its poverty of spirit and material possession may think the wretched warblings of the bird-poets the finest of the fine (p. 84)”. Quanti sono i soggetti coinvolti nei

Choliambi? Riproponendo le tesi avenzate nel ’62, il Witke ne identifica quattro: l’io

(il poeta, rivelato ai vv. 6 e 7); illi (i poeti incoronati dall’edera poetica del passato, al v. 5); i poetae e poetridae (contemporanei, paragonati a una specie animale inferiore, al v. 13) e il tu, ossia il lettore medesimo (al v. 14).

Qual è invece la risposta alla domanda “How does Persius reveal himself in the prologue?” L’ultima questione toccata dall’A. nel commentare i Choliambi, prima di passare alla I Satira, e la più importante viste le importante ripercussioni, si risolve in “a set of self-contraddictory terms”: è il poeta che presenta se stesso come “half a rustic” (p. 84). L’hapax semipaganus, interpretato in vario modo come “un mezzo-pagliaccio, semi-contadino o un poeta non del tutto finito” ha a che fare con la contrapposizione della sfera della rusticitas e quella dell’urbanitas. Persio non rivendica per sé una piena cittadinanza né come paganus né come urbanus, ma ritrae se stesso come tendente in una singolare processione verso la cerchia dei poeti, con il suo carmen: “his work is carmen, sung by vates, to be canonized in the library

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E ciò è comprovato dallo scoliasta: caballino autem dicit, non equino, quod satirae humiliora

consecrated to Apollo and the Muses […]. But it is also sermo. […]. As sermo it uses the speech of the people, words not usually enlisted to compose carmina. Such a word is semipaganus” (p. 85).

Witke 1970: l’interpretazione dei Choliambi in sintesi. Interpretazioni filologico – testuali

a) Il riferimento all’investitura delle Muse (v. 1-3) e il tono polemico contro i poetastri contemporanei (v. 8-14) configurano i Choliambi di Persio come prologo alle Saturae;

b) Semipaganus = semirusticus.

Interpretazioni letterarie

a) I Choliambi incarnano il contrasto fra il rifiuto ironico della poesia ispirata dalle Muse dei vv. 1-7 ed il sentimento sprezzante nutrito nei confronti del venter, il motore che consente anche ai pappagalli e alle gazze di scimmiottare una parvenza di linguaggio umano.

b) Nei Choliambi la “literary persona” di Persio serve a giustificare le tecniche della sobrietà, dell’obscuritas e delle figure retoriche che sorprendono il lettore proprio per la novità o per l’incongruenza.

c) Poeta prodirem (v. 3) anticipa l’intenzione di Persio di farsi avanti come poeta, ma egli pretende di non essere visto in quanto tale, poiché il sembiante di Omero non gli si è presentato in sogno sul Parnaso.

d) Memini, di forte sfumatura ironica dimostra un distacco tra Persio e l’oggetto della satira.

e) I Choliambi contengono quattro soggetti: l’ipse, l’io, ossia il poeta (vv.6-7); illi, i poeti incoronati del passato (v.4); poetae e poetridae contemporanei (v.13); tu, ossia il lettore, soggetto di credas.

E. Paratore, Di alcune questioni vivamente discusse, II. Orazio, Persio