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e la satira, RCCM 14, 1972, 44-

E. V Marmorale, Genova 1973, 83-

La poetica di Persio di Nino Scivoletto comincia con una citazione di E. Pasoli110, secondo la quale la “nuova considerazione” della poesia di Persio sarebbe stata imminente. Se anche nello stesso Pasoli, sostiene l’A., tale nuovo approccio allo studio della poetica di Persio è causa e allo stesso tempo scopo al quale indirizzare i propri sforzi d’indagine111

, la vecchia maniera rimane presente e palpabile112. Lo Scivoletto si pone una domanda: l’esigenza di contestualizzare e storicizzare l’opera delle Saturae, e conseguentemente di non staccarla dall’individualità umana del suo autore, è già avvenuta tra gli studiosi? È già in corso? Le parole di C. Marchesi113 sono, finalmente, attuali?

L’A. non possiede una risposta alla domanda, e si limita a denunciare che un “gruppo di filologi114

, purtroppo italiani, ha iniziato a far dire al Volterrano più di quanto egli stesso non pensasse pur nel suo acceso spirito polemico e nella sua intransigenza morale” (p. 84). La condanna di “tutta la poesia non ispirata al rigido moralismo stoico”, opponendo un netto rifiuto ai vates consacrati e ai poetastri contemporanei sulla base di un giudizio etico inappellabile sarebbe un dato non

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PASOLI 1968, 281 111

Il Pasoli, a sua volta, raccoglie gli spunti offertigli da PARATORE 1968 additando al Seminario di studi dell’Università di Roma il merito di aver impostato il nuovo approccio a Persio.

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A p. 85 lo Scivoletto dice: “Persino uno studioso cauto ed equilibrato, serio ed attento quale è il Pasoli, contribuisce a rafforzare l’immagine del presuntuoso che dà oracoli, quando nel suo saggio, ricco di risultati per quel che riguarda l’ impronta ‘luciliana’ della polemica di Persio e la particolare Stimmung accomunante i due poeti, concede credito a inaccettabili elucubrazioni [...]”. Tali elucubrazioni sarebbero da intendere come osservazioni in linea col profilo di un poeta giovane, inesperto, privo di esperienze di vita e tuttavia presuntuoso nell’additare dettami degni d’un oracolo. 113

MARCHESI 1934, 94: “la causa delle cure esegetiche dedicate al libretto delle Satire in ogni età è da ricercare nel fatto che tale libretto permette ad ogni erudito di accendere il lumicino del proprio ingegno [...]. E invero che molta letteratura persiana sia frutto oggi di un esasperato tecnicismo o di un certo gusto per l’accademia lo potrebbe mostrare la questione quanto mai definibile dei choliambi che sembra essere divenuta la palestra preferita sia di quelli che muovono i primi passi nel campo della filologia come di quelli che ne hanno già fatti tanti: è ovvio che in sede della costituzione del testo critico (o per la storia della tradizione ms.) la questione richiede il suo esame e una soluzione che si estrinseca collocando detti versi all’inizio o alla fine del corpo delle sei satire. Ma per una valutazione

critica, quale apporto può venire dal fatto che i choliambi abbiano una collocazione o un’altra, una

volta che si sia constatata e abbondantemente dimostrata (sia pure per mezzo di seminari di alto livello scientifico) l’identità di pensiero intercorrente tra essi, la I e la V satira? E’ proprio necessario spendere tante energie e fare accrescere così la bibliografia in modo abnorme?”

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L’A. non riporta il nome dei filologi, ma il riferimento mi sembra uno strale: Paratore, Pasoli, D’Anna.

veritiero che farebbe perdere l’obbiettivo principale di considerare, in maniera nuova la poetica del Volterrano.

Lo studioso prosegue nel ribadire che sarebbe fasullo concludere per un Persio acerrimo nemico di Ennio e di Properzio, un Persio parodista, nei Choliambi, di tutti i topoi della poesia elevata e dell’iniziazione poetica, e di tutta la poesia contemporanea inserita nel mecenatismo della classe agiata. “Eppure, proprio Pasoli, servendosi di un’abbondante messe di riscontri con Lucilio e con Orazio, aveva posto in evidenza proprio la topicità della polemica sia contro Ennio, quale simbolo della poesia epica ed elevata, sia contro il motivo proemiale degli Aitia115 [...]” (p. 86).

Nell’intento, quindi, di storicizzare la polemica letteraria, di capire in che modo Persio l’adatta alla temperie culturale del suo tempo, rivelandosi un formidabile osservatore letterario, dopo essersi posto in solitudine di fronte alle altre sette poetiche, all’A. “pare che bisogna accantonare ogni sforzo di capire i giudizi che Persio avrebbe dato ‘allusivamente’ su questo o su quel poeta d’età arcaica o augustea e invece raffrontare i motivi polemici della prima e quinta satira [...] con quelli di altri scrittori coevi e o di poco anteriori o posteriori” (p. 87). La

storicizzazione del carattere anticonformista della poesia di Persio porta a chiarire in

quali termini polemici il Volterrano si ponga nei confronti della società letteraria del suo tempo: una turbida Roma, nella quale una serie di Polidamanti e di Troiane116 sembra tuffarsi nel mondo letterario pur non possedendone i prerequisiti di critica fondamentali, e generalizza l’intero popolo romano sotto le false spoglie di un interlocutore fittizio, personificazione di una comunità del benessere e scostumata117. E per l’intera durata della I Satira il poeta allude al sottofondo politico, economico e sociale del suo tempo: l’assenza dell’attività forense vera e propria dell’età neroniana aveva causato un esodo di negotiosi, desiderosi di gonfiarsi i polmoni sotto il vessillo della cultura, causandone, in ultima istanza, la strumentalizzazione e manipolazione

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Simbolo, in Persio, trascendente Callimaco, assunta come modello di poesia altamente impegnata in quanto ispirata da Apollo e dalle Muse.

116

Allusione ai critici di ogni tipo, basata sul confronto con Hom. Il. 22. 99-107, allusione ironica ai “dotti” ed ai “non dotti”.

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della stessa, denigrandola nel simbolo di un lusso e di una potenza economica che non poteva appartenerle. (p. 88).

Lo Scivoletto non intende offrire la propria cura esegetica allo studio dei

Choliambi di Persio, per allinearsi a questo o quell’altro studioso: egli non vuole

andare ad ingrossare la già ben nutrita messe interpretativa legata alla soluzione di un problema che, per il fatto stesso di non possedere un’unica via d’uscita, non si estrinseca di certo collocando tali versi alla fine od all’inizio del corpus delle Satirae. La poetica di Persio si può evincere piuttosto dall’analisi della I e della V Satira, componimenti di carattere programmatico non interpolati da mano altrui, ed è questo il motivo per cui il discorso dello Scivoletto procede in considerazioni le quali, seppur atte all’individuazione del pensiero poetico-letterario del giovane satirico, non trovano riferimento pertinente con i problematici quattordici versi coliambi (p. 89-105).

Scivoletto 1973: l’interpretazione dei Choliambi in sintesi. Interpretazioni filologico – testuali

a) I Choliambi di Persio rappresentano un problema che, per il fatto stesso di non possedere un’unica via d’uscita, non si estrinseca di certo collocando tali versi alla fine od all’inizio del corpus delle Satirae.

Interpretazioni letterarie

a) La poetica di Persio si può evincere solamente dall’analisi della I e della V Satira, componimenti di carattere programmatico non interpolati da mano altrui;

b) Il discorso poetico di Persio non trova riferimento pertinente con i problematici quattordici versi Choliambi.

c) Fondamentale è capire la poetica di Persio, operazione che non può prescindere dallo storicizzarne la polemica letteraria, di capire in che modo Persio l’adatta alla temperie culturale del suo tempo, rivelandosi un formidabile osservatore letterario: inutile è lo studio sui Choliambi, sforzo che deve lasciare spazio all’indagine dei motivi polemici della I e V Satira con quelli di altri scrittori coevi e o di poco anteriori o posteriori.

J.A. Segurado-Campos, Nota de leitura, (Persio, Choliambi, 6),

Euphrosyne 6, 1973, 145-148

La nota di A. Segurado-Campos è dedicata all’interpretazione dell’hapax

semipaganus dando per assodata la sua equivalenza a semirusticus, e che è

funzionale a connotare l’opera di Persio, poesia elevata (carmen) ma, allo stesso tempo, aperta agli audaci colloquialismi propri di un rusticus (o paganus); l’elevazione ispirata che si denota nelle Saturae rende il poeta non totalmente

paganus, ma solamente semipaganus. Dopo aver rimandato al lavoro di D’Anna

1964, p. 181-5 e al suo parallelo con Prop. 2, 5, 25-6 Rusticus haec aliquis tam

turpia proelia quaerat,/cuius non hederae circuire caput il Segurado-Campos invita

a una rilettura suscettibile di un’indagine più approfondita.

Pochi versi prima, a v.19-20, alludendo alle frequenti infedeltà di Cinzia, Properzio scrive che non solo il toro colpisce con le corna ricurve il nemico, ma anche la pecora offesa si rivolta contro chi la minaccia(Non solum taurus ferit uncis

cornibus hostem,/verum etiam instanti laesa repugnat ovis), pur desiderando

ardentemente di vendicarsi, un giorno, dei torti subiti dall’amata. Ma come può Properzio procurar danno alla donna, lui, uomo non solo civilizzato ma anche dotato di una sensibilità fuori dal comune? Lui non strapperà dal suo corpo spergiuro le vesti, né la sua ira spezzerà la porta serrata, tantomeno oserà strapparle i capelli: si cerchi queste ignobili battaglie un villano cui l’edera non cinse mai il capo118. Pertanto la vendetta di Properzio sarà solamente quella letteraria119 propria del vates, raffinata e sottile; al contrario, i metodi offensivi e violenti di un rusticus non sarebbero stati altrettanto pungenti. Il piccolo passo logico in avanti che Segurado compie consiste nel comprendere che il rusticus non solo disprezza la corona d’edera, non potendosene cingere il capo120

, bensì è una tipologia di uomo che, compiendo un atto tra i più vili, si comporta in una maniera che, automaticamente lo renderebbe indegno di tale corona.

118 Vedi nota 121. 119 Prop. 2, 5, 27-8. 120

In conclusione del suo intervento, l’A. dichiara che Persio, attraverso l’invenzione di un termine mai attestato altrove nella letteratura latina, allo stesso istante declina tre significati con un unico significante: dichiarare il suo programma estetico-letterario, rivendicare la sua poeticità opponendosi a coloro che si credevano tali per investitura divina, evidenziare il carattere intransigente della sua satira, lontana dalla sottilezza amara di Properzio o dal sorriso comprensivo di Orazio (p. 147).

Non deve sorprendere che si possono ricavare così tante connotazioni da un unico vocabolo, specialmente se parliamo di Persio, autore astruso, pieno di metafore fuorvianti, perifrasi e metonimie azzardate.

Segurado – Campos 1973: l’interpretazione dei Choliambi in sintesi. Interpretazioni filologico – testuali

a) Semipaganus = semirusticus, in linea con l’ipotesi di D’Anna.

Interpretazioni filologico – letterarie

a) In Prop. 2 ,19-20 la vendetta del poeta sarà solamente quella letteraria propria del

vates, raffinata e sottile; al contrario, i metodi offensivi e violenti di un rusticus non

sarebbero stati altrettanto pungenti.

b) Il rusticus non solo disprezza la corona d’edera, non potendosene cingere il capo, bensì è una tipologia di uomo che, compiendo un atto tra i più vili, si comporta in una maniera che, automaticamente lo renderebbe indegno di tale corona.

c) Persio, attraverso l’invenzione di un termine mai attestato altrove nella letteratura latina, allo stesso istante declina tre significati con un unico significante: il suo programma estetico-letterario, la rivendicazione della sua poeticità opposta a coloro che si credevano tali per investitura divina, il carattere intransigente della sua satira.

R. Reggiani, Una probabile eco enniana in Pers. Ch. 5-6, Maia 26,