esegesi di Persio, Choliambi 6-7, MD 46, 2001, 183-
M. Tartari Chersoni 282 , Sui Choliambi di Persio: alcune postille,
Prometheus 31, 2005, 169-183
Lo studio metrico – stilistico dei Choliambi viene ora messo in secondo piano dall’A.; in questo nuovo articolo la Chersoni intende riesaminare alcuni nodi fondamentali legati all’interpretazione dei tanto discussi quattordici versi, in modo tale da proporre tre nuove considerazioni esegetiche: 1. la variante melos (v. 14), 2. la variante Heliconidasque (v. 4) e 3. il problema di semipaganus (v. 6).
1) variante melos (~ nectar).
Il metro coliambo, ossia il trimetro giambico zoppo (scazonte) o ipponatteo, esprime meglio di qualunque altro verso una certa spezzatura del ritmo, incarnando la volontà di dissacrazione e di rottura: tale andamento del verso, molto più simile alla prosa che alla poesia, è dovuto principalmente al fatto che il penultimo elemento presenta la sillaba lunga (e non breve), in anaclasi283. L’interpretazione anaclastica è senza ombra di dubbio la più comune, ma ciò non toglie che nella lirica corale arcaica fosse legittimo l’esito a doppio anceps in clausola finale di verso, e il penultimo elemento quindi non escluderebbe tassativamente la sillaba breve. L’inventor della
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Nel contributo I Choliambi di Persio: osservazioni metrico-stilistiche, uscito in Philologus 147, 2003, 270-288 l’A. si propone di analizzare i Choliambi di Persio secondo la prospettiva metrica; ciò significa per definire meglio i rapporti del Volterrano con i modelli, in larga misura greci (Ipponatte Callimaco ed Eronda), ma anche latini (Varrone, Catullo, Cinna e Calvo). Tale operazione consente di rafforzare la loro funzione di manifesto letterario dell’intera poetica di Persio, argomentazione che trova il favore della studiosa in virtù del fatto che la somiglianza della “forma” collegata al “genere” è elemento produttivo nella composizione del testo, un “sistema” strutturato su due livelli, quello del significante e quello del significato. Secondo la Chersoni il componimento si deve dividere in due metà di sette versi ciascuna, connessi tra loro sia per quanto riguarda la forma che il contenuto. Ciò che l’A. chiama “struttura significa” non è da trascurarsi, poiché parte integrante del messaggio veicolato: la prima parte sembra essere formata dai primi tre versi ai quali si aggiugono gli ultimi quattro, mentre per la seconda parte si nota esattamente l’opposto, ossia i primi quattro versi sintatticamente dipendenti, e gli ultimi tre finali. Si può parlare pertanto di struttura di base caratterizzata dell’artificio retorico del chiasmo:
3 + 4 / 4 + 3.
Da un punto di vista contenutistico i primi sette versi assolvono al ruolo offensivo tipico della sataira, un attacco al topos dell’invasamento poetico da parte delle Muse; gli ultimi sette versi, al contrario, sembrano colpevolizzare la piaggeria cortigiana di alcune personalità letterarie contemporanee al poeta.
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satira, Ipponatte, fece uso, anche se parsimonioso, di tale duplice soluzione284 e il dato viene preso in considerazione dalla Chersoni come sostegno per l’interpretazione di melos del v. 14 dei Choliambi. Paratore285
e Pasoli286 ritengono inaccettabile la lezione melos da un punto di vista meramente metrico; l’A., al contrario, reputa il parallelo con Ipponatte287 un elemento a favore di melos, opponendosi al rifiuto aprioristico dettato dalla violazione metrica.
In aggiunta, prosegue la Chersoni, melos, una volta assodato che la metrica non può più essere usata come argomento negativo, sarebbe espressione di un più solido valore semantico rispetto a nectar. In favore di melos vi sarebbe inoltre tutta una serie di occorrenze, alcune delle quali già discusse dagli stessi Paratore e Pasoli:
a) Inno omerico a Ermes, v. 502, in cui la variante méloj \eisen compare nella maggior parte dei testimoni in luogo di kalòn \eisen, con violazione metrica dovuta all’allungamento della prima sillaba;
b) il versus subditivus, in Aftonio, GLK, VI, 146.19 item ex duobus ionicis Þpò meízonoj et choriambo et ultimo iambo sic: “dic nunc age, Clio, mihi Pegaseum
melos”.
c) nel De Nuptiis Philologiae et Mercuri di Marziano Capella, a 907, 11 si legge hoc nunc permulsit insonuitque melo;
d) Enn. ann. 299 Vahl.² (= 293 Sk.) tibia Musarum pangit melos;
f) Hor. carm. 3, 4, 1-2 Descende caelo et dic age tibia/regina longum
Calliope melos.
L’A. aggiunge alla lista di tali paralleli anche quello di Varro, Men. 397 Buech (= Ast.) paci in huius nascuntur pueri Rhythmus et Melos. Suddetto passo faceva parte di una satira288 in metri vari, chiamata Parmeno, il cui titolo rimandava ad un noto proverbio greco riferito a coloro che fremevano dal desiderio di imitare gli artisti valenti, senza riuscirci: un contesto vicino a quello dei Choliambi di Persio, in cui sono presi di mira gli adulatori e gli imitatori. Altri elementi di confronto tra la
284 DEGANI 1991, XXIX. 285 PARATORE 1968, 134-135. 286 PASOLI 1968, 99-101. 287
I frammenti di Ipponatte che offrono l’esempio dell’irregolarità metrica sono: fr. 39. 6 Deg.² [= 28. 6 W.²], fr. 44.4 Deg. ² [= 36. 4 W. ²], fr. 48. 4 Deg.² [= 39.4 W.²].
288
Definita “l’arte poetica di Varrone”. Il Parmeno, celebre pittore, era noto ai più per aver dipinto un porcellino talmente reale che sembrava gridasse.
satira Parmeno di Varrone e i Choliambi sono il fons289 (in cui vengono bagnate le orecchie, invece che le labbra), il caballus290e le Muse291.
L’A. infine propone un confronto con un giambo ipponatteo292
, un verso mutilo e ricostruito proprio nel sostantivo che interessa al discorso del raffronto con i
Choliambi di Persio. Accanto alla citazione del ventre e al rostro degli uccelli293(tutti elementi ricorrenti in Persio) troviamo il nesso a÷leîn [...] [méloj riferito a Kíkwn che riproporrebbe il canto di Codalo, un musicista di basso livello.
2) variante Heliconidasque (~ Heliconiadasque). L’A. ritiene corretta la lezione Heliconidasque, “ridotta” rispetto a Heliconiadasque e tràdita dai codici
recentiores: infatti dopo Persio l’attributo Heliconis ricompare in Stat. silv. 4, 4, 90 Parnasique iugis silvaque Heliconide, il cui richiamo con Pers. prol. 2 nec in bicipiti somniasse Parnaso sembra più che evidente. Prima del Volterrano, al contrario,
l’aggettivo (sostantivato) compare in Lucr. 3, 1037 adde Heliconiadum comites che a sua volta rievoca due occorrenze di Esiodo294. L’A. si spinge oltre nella preferenza di
Heliconidasque, e volge l’analisi ai motivi di metrica: “non va dimenticato che infatti
che in un coliambo la seconda forma (scl. Heliconiadasque) entrava con difficoltà”; anche a voler difendere a spada tratta la bontà della lezione, la variante
Heliconiadasque “[…] porterebbe, essendo già il primo piede anapestico, a due
soluzioni anapestiche consecutive, oppure alla successione di un anapesto in prima sede e di uno spondeo in seconda (quindi in sede pari), che non è condizione accettabile” (p. 177).
3) Rimandando al lavoro del D’Anna295 per un quadro esaustivo della situazione e per il confronto ivi contenuto con Prop. 2, 5, 25-6 rusticus haec aliquis
tam turpia proelia quaerat/cuius non hederae circumiere caput, la Chersoni si
associa all’esegesi semipaganus = semirusticus. Ma “perché Persio avrebbe usato questo hapax invece di semirusticus?” (p. 180). L’A. si trova in accordo con quanto
289
Varro. Men. fr. 387 Buech. 290
Varro. Men. fr. 388 Buech. 291
Varro. Men. fr. 395 Buech. 292
Hipp. fr. 129 Deg2 = 118 West2. 293
Ceîloj. 294
Hes. Op. 658 tòn mèn ægÎ Moûs+j ‘Elikwniádess’ Þnéqhka; Hes. Theog. 100 Moûsáwn qerápwn.
295
ipotizzato da Gabriella Moretti296, la quale interpreta il semipaganus come un’allusione all’etimologia della Satura in collegamento con la satura lanx che i
pagani (abitanti del pagus) offrivano nei Paganalia (Sacra Cereris)297. Rimangono tuttavia ancora dei confronti non presi in considerazione:
1) Ov. fast. 1, 670-1 Pagus agat festum, pagum lustrate, coloni,/et date
paganis annua liba focis: anche in tale occorrenza ci troviamo di fronte ad un distico
che incita proprio al festum nell’ambito dei sacra Cereris. 2) Prop. 4, 4, 76 cum pagana madent fercula divitiis.
Questi due casi sembrano essere le uniche due occorrenze del termine paganus in poesia antecedenti a Persio; entrambe ci rimandano a riti e celebrazioni per divinità agricole. “Ci pare, quindi, che Persio li avesse presenti per la sua formazione del suo semipaganus”. (p. 181).
Tartari Chersoni 2005: l’interpretazione dei Choliambi in sintesi. Intepretazioni filologiche
a) Il metro coliambo, esprime meglio di qualunque altro verso una spezzatura del ritmo, incarnando perfettamente la volontà di dissacrazione e di rottura.
b) Il parallelo con l’usus metrico d’Ipponatte è elemento a favore di melos rispetto a
nectar, anziché del contrario.
c) la variante melos, sarebbe espressione di più solido valore semantico rispetto a
nectar.
d) La variante Heliconidasque è da ritenersi corretta rispetto a Heliconiadasque: dopo Persio l’attributo Heliconis ricompare in Stat. silv. 4, 4, 90. Prima del Volterrano, l’aggettivo (sostantivato) compare in Lucr. 3, 1037.
e) Heliconidasque è preferibile anche per motivi di metrica: in un coliambo la forma
Heliconiadasque entrava con difficoltà; essendo già il primo piede anapestico ci
sarebbero state due soluzioni anapestiche consecutive.
296
MORETTI 2001, 183 sgg. 297
Interpretazioni letterarie
a) semipaganus = semirusticus.
b) Rimangono ancora dei confronti non presi in considerazione: Ov. fast. 1, 670-1, Prop. 4, 4, 76. Questi due casi sono le uniche due occorrenze del termine paganus in poesia antecedenti a Persio; entrambe ci rimandano a riti e celebrazioni per divinità agricole.