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(Pers. prol. 6-7 – ipse semipaganus/ad sacra vatum carmen adfero nostrum.)

Il semipaganus al v. 6 dei Choliambi di Persio è l’unica attestazione del termine che l’intera letteratura latina ha tramandato ai giorni nostri; pertanto in quanto hapax si presenta agli occhi di un lettore moderno, velato da una difficoltà interpretativa di massimo grado. In altre parole non esiste un confronto intertestuale che ne chiarisca il significato, e il ragionamento esegetico deve obbligatoriamente ruotare sulla base dei dati interni del solo testo. L’aggettivo semipaganus, messo in risalto dalla sua collocazione alla fine di verso è in enjambement con il verso successivo e ne forma un unico blocco: ipse semipaganus/ad sacra vatum carmen adfero nostrum.

Semipaganus è composto dal prefisso semi- , che altera il valore del materiale linguistico al quale si aggancia mediante l’idea di una “non interezza”, di una “metà”, di una “non compiutezza”. L’aggettivo vero e proprio, quindi, paganus deriva chiaramente da pagus.

Che cosa indica tale termine? Il pagus indica un villaggio con un suo territorio, delimitato da un confine naturale o artificiale. L’origine del nome è forse il

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carattere sacro del confine367: per la sua conservazione, tutti gli uomini che abitano nel pagus costituiscono un’unità politica e un assieme sacrale. Il pagus è parte di una

civitas, una comunità che rivendica una presunta consanguineità; probabilmente era

il territorio di una singola gens. Da un punto di vista burocratico - amministrativo i

pagi erano villaggi e distretti rurali, come i vici, e si contrapponevano a quelli urbani.

Indubbia era la primitiva valenza sacrale di tali unità territoriali, mista all’organizzazione politica e sociale: l’antica usanza dei pagani, cioè degli abitanti del pagus, di riunirsi annualmente in occasione della festa dei Paganalia368 risulta

essere la maggiore espressione di tale comune appartenenza. I Paganalia, detti anche

feriae paganicae, erano una festa mobile, celebrata nel mese di gennaio, e consisteva

in riti di purificazione in onore di divinità ancestrali legate all’agricoltura, cui si offrivano appunto i prodotti della terra. Si compivano sacrifici alle divinità del

pagus, prima di tutte al genius pagi369, ma anche a Iuppiter Paganicus370.

Di conseguenza, Persio sembrerebbe esprimere l’intenzione di portare il suo contributo alla festa sacrificale degli appartenenti al pagus vatum, sebbene in quanto poeta satirico, e a causa della mancata consacrazione poetica, si possa definire solamente semipaganus e quindi un mezzo confratello dei poeti.

Sussistono però delle stonature in tale interpretazione: volendo leggere il senso traslato del concetto di un sacrificio annuale di opere poetiche nei Choliambi, pare alquanto strano che, indipendentemente da come si vuole definire nei dettagli il termine, non sia da considerare il dato eminentemente territoriale di pagus: questo, in ultima istanza, è per nulla adatto a un’allusione metaforica di una corporazione definita per professione.

Appurato questo, semipaganus è da considerarsi, a mio avviso, sinonimo di

semirusticus, come già proposto dallo scoliasta e adottato dal D’Anna371 e dal Ferraro372, che il satirico intende proporre in opposizione al seguente termine vates: Persio concede ai colleghi poeti che pretendono l’ispirazione divina il termine tecnico antico latino (quasi sacrale) del poeta, mentre attraverso il biglietto da visita

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Il termine si collega a pangere, nel significato di conficcare a terra la pietra di confine. 368

Per la sua descrizione vedi Dion. Hal. 4, 15, 3 sgg. 369

CIL II, 2194; III, 7847. 370 CIL XI, 5375. 371 D’ANNA 1964. 372 FERRARO 1970.

del mezzo contadino egli declina in modo risoluto per se stesso non solo ogni ispirazione, ma anche l’erudizione del poeta doctus, e in genere tutte le capacità linguistiche e figurative del poeta.

Il v. 7 ad sacra vatum carmen adfero nostrum non si deve a tutti costi interpretare come atto sacrificale in senso stretto, ossia sacra vatum = “sacrificio dei poeti veggenti del passato”: i sacra ai quali Persio allude esigono un atto individuale, non quello di un intero gruppo al quale ciascuno apporta soltanto un piccolo contributo. Nel nostro brano si deve quindi presumere che sacra abbia un significato più generico nel senso di cosa o azione sacra, usato più volte da Ovidio373 per indicare i poeti o la poesia374: nel nostro brano, Persio tenta quindi di contribuire con la sua propria opera, che non ha avuto alcun appoggio divino (carmen nostrum), ai prodotti sacri dell’alta poesia.

Mi sembra possibile insomma, frasare in tal modo: “io stesso, al contrario, mezzo paesano, di mentalità rustica, provinciale, una mentalità sana e legata alle origini di Roma, la stessa mentalità che avevano gli antichi abitanti dei pagi, che si riunivano nelle festività dei Paganalia, accomunati dal senso di appartenenza sociale e sacrale, reco il contributo della poesia latina per eccellenza, la Satura, che in onore di tali principi è mia e basta e non ha bisogno di Muse o di sogni iniziatici”. È come se, al contrario di Ennio, noto per il fatto di esser considerato un semigraecus per via della sua anima trimembre (latina, greca, osca), Persio si presentasse nel proemio della sua opera poetica rivendicando il proprio provincialismo, la sana autoctonia latina, da un punto di vista sia etnico, che morale e letterario.

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Ov. trist. 3, 7, 31 sgg. ergo desidiae remove, doctissima, causas / inque bonas artes et tua sacra

redi; 4, 1, 27 sgg. non equidem vellem…/ Pieridum sacris imposuisse manum; 87 seg. et tamen ad numeros antiquaque sacra reverti / sustinet in tantis hospita Musa malis; 10,19 sgg. at mihi iam puero caelestia sacra placebant,/ inque suum furtim Musa trahebat opus. Di particolare evidenza è l’uso della parola all’interno dei versi dell’esilio, in cui Ovidio si appella alla solidarietà dei poeti: Ov.

Pont. 2, 10, 17 sgg. sunt tamen inter se communia sacra poetis,/ diversum quamvis quisque sequamur iter e 2, 5, 71 sgg. iure igitur studio confinia carmina vestro / et commilitii sacra tuenda putas; 9, 64 eiusdem sacri cultor uterque sumus; 13, 43 per studii communia foedera sacri!

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Anche Mart. 7, 63, 5 sgg. sacra cothurnati non attigit ante Maronis,/ implevit magni quam

Ciceronis opus [scl. Silius]; 10,58,13 veneranda mihi Musarum sacra; Quint. inst.10, 1, 92 nos […] sacra litterarum colentes.

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