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M Lucarini, ‘Semipaganus’ (Pers Chol 6-7) e la storia d

of Tibullus and Persius, Mnemosyne 59, 2006, 111-

C. M Lucarini, ‘Semipaganus’ (Pers Chol 6-7) e la storia d

‘paganus’, RFIC 138, 2010, 426-444

Dopo aver tracciato una dettagliata panoramica delle interpretazioni moderne dell’hapax semipaganus (p. 426-431), il Lucarini ritiene opportuno partire dal significato che paganus ha, di norma, in latino: una ricerca prevalentemente condotta dagli storici del Cristianesimo, in quanto il termine si è inesorabilmente spostato dal significato originario alla nuova e definitiva accezione religiosa.

Si è tentato di motivare tale deriva semantica di paganus attraverso due tesi divenute classiche: la prima312 intende paganus come “campagnolo, non cittadino”, sottolineando il carattere contadino della religione politeistica, ormai decentrata rispetto alla città; la seconda spiega paganus come non miles Christi313, la più verisimile secondo l’A. Fra le altre letture del vocabolo risulta degna di menzione quella della Mohrmann314, la quale spiega il significato religioso cristiano mediante l’antica eco di un concetto più generico: paganus “estraneo a qualcosa” senza diretta

312

Inaugurata da Baronius nel 1598. In ZEILLER 1917 si può leggere una ripresa/difesa di tali teorie mentre al contrario in BOSCHERINI 1956, 102 si hannole migliori obiezioni filologiche.

313

Ipotesi formulata la prima volta da Alciatus nel 1582. I difensori moderni sono ZAHN 1899, 18- 44; ALTANER 1939, 130-141; GREGOIRE 1964.

314

relazione con la militia Christi; poiché le comunità cristiane costituivano vere e proprie sette, esse stesse avrebbero etichettato con l’aggettivo pagani coloro che non non evenivano considerati fratelli spirituali nella comune fede (p. 433).

L’A. deve precisare che solamente dal IV sec. d. C. in poi paganus designa prepotentemente la sfera del “non cristiano”, laddove il più antico (e originario) significato è sicuramente rusticus, ossia “non cittadino”, come testimoniato nel

Thesaurus Linguae Latinae315; l’età imperiale, in ogni caso, aveva già mutato la

semantica del termine in “non militare”316

anche da un punto di vista giuridico317. Tralasciando il significato cristiano di paganus, al Lucarini preme prima di tutto sottolineare un dato fondamentale: la Mohrmann, studiosa del Cristianesimo, ha mosso la sua ipotesi paganus = “estraneo a qualcosa” analizzando le attestazioni di

paganus precedenti l’uso cristiano, e tra queste le era sembrata sin da subito

interessante la corrispondenza paganus = munere, officio quodam carens318, veicolata sia da una iscrizione proveniente da Edessa319 sia da un pensiero attribuito da Ulpiano320 a Marco Aurelio.

Il già citato Grégoire, in più, rimanda ai Choliambi di Persio e a un passo di Plinio il Giovane321 a supporto del significato originario di paganus, prima che essa venisse viziato dalla dirompente semantica religiosa cristiana. Egli, infatti, ipotizza che paganus, almeno in alta età imperiale, non avesse contorni ben definiti, e si modellasse a seconda delle situazioni in cui era usato, tanto da ricevere una connotazione precisa attraverso la contrapposizione con un altro termine. Così

paganus poteva tranquillamente occorrere nel linguaggio militare come in quello

letterario322.

L’A. prende le mosse dal rinvio a Plinio valorizzato dal Grégoire, e lo approfondisce: in una epistola a Rufo, Plinio scrive di aver incontrato un cavaliere

315

TLL, s. v. paganus 79, 20-36. 316

Vedi le molteplici occorrenze in Svetonio, Frontino, Plinio il Giovane, Giovenale in TLL, s. v. paganus 80, 20-35.

317

Vedi Vocabolarium iurisprudentiae Romanae, s. v. paganus I. 318

TLL, s. v. paganus, 15. 319

L’iscrizione di Edessa ’EgÍ MeilÔsij æklÔqhn, paganòj dè Mestrianój testimonia che chi intraprendeva la carriera di gladiatore veniva identificato con un nuovo nome, mentre il vecchio era definito 3noma paganón.

320

Ulp. dig. 11, 4, 3. In questo passo i pagani vengono opposti non ai milites, ma ai senatores. 321

Plin. epist. 7. 25. 4-6. 322

della periferia di Perugia, tale Terentius, che si era trasferito dalla città alla campagna dopo aver assolto gli obblighi militari. Plinio è assai colpito dall’erudizione letteraria del personaggio, ex uomo d’armi, e suggerisce al destinatario di non sottovalutare nessuno senza averlo prima conosciuto. In campo letterario, come in quello militare, capita sovente d’incontrare persone che indossano abiti borghesi (cultus paganus) ma che, a osservarli da vicino, si rivelano pericolosi, ben armati e equipaggiati di una genialità appassionata323. Il fatto che Terentius viva in disparte e ritirato implica che egli non partecipi attivamente alla vita letteraria, intesa come militia.

A detta del Lucarini, è inammissibile che non sia mai stata ripresentato dalla critica moderna del semipaganus di Persio tale passo di Plinio (l’ultimo studioso a farvi ricorso era stato il Casaubon nel 1647324), in quanto Persio e Plinio avrebbero usato la stessa metafora, contrapponendo paganus a miles all’interno di una medesima concezione: la militia in litteris325. Non devono essere prese in considerazione le obiezioni del Kissel e del Waszink, secondo i quali tale concetto non è documentato in nessun altro luogo della letteratura. Secondo il pensiero del Casaubon, e secondo quanto è documentato nel Thesaurus326, i parlanti latino

potevano denominare militia qualsiasi tipo di impegno e occupazione, pubblica o privata che fosse. Non è tutto: in Ov. fast. 2, 7-16 l’attività poetica è a tutti gli effetti chiamata militia e Persio poteva ben conoscere il passo di Ovidio, oltre aOv. Pont, 2, 9, 64-5; 2, 10, 17; 3, 4, 67 . Insomma, se i vates hanno una vita letteraria comune (communia sacra), Persio non è del tutto inserito in essa (“semi-): lo si può notare soprattutto nella prima satira e nell’avversione del Volterrano per la pratica delle

recitationes e per la vita letteraria del suo tempo, così da rimanerne estraneo. È lo

stare fuori dalle pratiche letterarie in uso nella Roma contemporanea che rende da un lato Persio semipaganus (in quanto scrive comunque poesie); mentre il Terentius di Plinio è interamente paganus perchè non scrive affatto, restando a tutti ignoto (p. 437).

professionnels traitaient de la sort les amateurs, les profanes, les ignorantes”.

323

L’attività poetica, quindi, come altre attività umane, era definita militia e chi non la praticava

paganus (in rapporto a chi la praticava). L’immagine creata da Plinio riferita a Terentius è nient’altro

che l’immagine del paganus contrapposto al miles e trasferisce l’immagine alla letteratura. 324

CASAUBON 1647. 325

Fu il Casaubon a formulare tale concetto: “vita in litteris militia quaedam est”. 326

Il discorso si esaurisce qui. Nel caso dei Choliambi vi è un elemento ulteriore: il rifiuto letterario di Persio non è indirizzato solamente alla pratica mondana delle recitationes, ma duplica anche al rigetto della poesia epica con tutto il suo armamentario, principale mezzo espressivo dei consessi sacri dei poeti. A dimostrare che Persio rifiuta il genere epico viene in soccorso la celeberrima satira di Orazio327, nella quale il Venosino si toglie dal novero di quei poeti che possiedono

mens divinior atque os magna sonaturum. A quale tipo di poesia sarebbe allude

Orazio se non all’epica? E quali versificatori avrebbero avuto una convizione più ferrea nell’autodefinirsi poeti a pieno diritto se non gli autori di poesia epica? Il

semipaganus di Persio è da intendersi come un semipoeta, che non fa ricorso alle

scene mitologiche vuote e ampollose tipiche dell’epos e che è non è del tutto partecipe alla vita letteraria come militia.

Considerati utti questi fattori, l’A. traccia una evoluzione diacronica di

paganus, il cui significato originario era “campagnolo, non cittadino”: all’inizio

dell’età imperiale cominciò la sua deriva semantica verso “non miles”, e tale uso divenne quello prevalente. Dal momento che in latino qualsiasi attività d’impegno sia pubblico che privato poteva essere figuratamente intesa come militia, il termine venne usato anche per i letterati non professionisti, e in ultima istanza per indicare i “non Cristiani”. Il fatto che sia Persio che Giovenale avessero fatto uso indipendentemente l’uno dall’altro della stessa metafora testimonia quanto debba la semantica di tale paganus alla sfera del linguaggio militare328: si può essere definiti

pagani solamente in contrapposizione ai milites.

Lucarini 2010: l’interpretazione dei Choliambi in sintesi.

a) Solamente dal IV sec. d. C. in poi paganus designa il “non cristiano”, laddove il più antico e originario significato è sicuramente rusticus, ossia “non cittadino” b) L’età imperiale aveva già mutato la semantica del termine in “non militare” anche da un punto di vista giuridico.

327

Hor. serm. 1, 4, 39-44 328

Questo ben si accorda con l’uso che di tale termine fanno gli scrittori vissuti fra il I e l’inizio del II sec. d. C., da Tacito a Giovenale, da Svetonio a Frontino.

c) La Mohrmann ha avanzato la sua interpretazione di paganus “estraneo a qualcosa” analizzando le attestazioni precedenti all’uso cristiano, e rilevando l’equivalenza

paganus = munere, officio quodam carens.

d) Grégoire ipotizza che il significato di paganus, almeno in alta età imperiale, non avesse contorni ben definiti, e si modellasse a seconda delle situazioni in cui era usato, tanto da ricevere una connotazione precisa mediante la contrapposizione con un altro termine.

e) Paganus poteva tranquillamente occorrere nel linguaggio militare come in quello letterario.

f) In Ov. fast. 2, 7-16 l’attività poetica è a tutti gli effetti chiamata militia: i sacra

vatum dei Choliambi sono di derivazione ovidiana proprio sulla base del confronto

con quest’ultimo passo di Ovidio, poiché proprio prima dell’immagine della militia ricorre il termine sacra.

g) I vates hanno una vita letteraria comune (communia sacra), Persio non è del tutto inserito in essa (-semi). È lo stare fuori dalla pratica letteraria in uso nella Roma contemporanea che rende Persio semipaganus.

h) Il rifiuto letterario di Persio non è indirizzato solamente alle pratiche mondane delle recitationes pubbliche, bensì anche al rigetto delle poesia epica, mezzo espressivo di tali consessi sacri dei poeti.