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Il benessere organizzativo: un aspetto fondamentale per la qualità dell’insegnamento e per il funzionamento delle strutture formative

di Alessandro De Carlo, Paula Benevene

1. Il benessere organizzativo: un aspetto fondamentale per la qualità dell’insegnamento e per il funzionamento delle strutture formative

Il benessere organizzativo è una condizione complessa - influenzata da fattori individuali, sociali, culturali e di contesto - derivante dalla soddi­ sfazione dei bisogni e dei desideri della persona e della realizzazione dei suoi progetti, non solo in senso economico ma anche soggettivo e quindi nel rispetto della sua unicità (Avallone e Paplomatas, 2005; Bakker e De- merouti, 2008). Alti livelli di benessere organizzativo hanno, come si vedrà di seguito, ricadute positive sulle persone e sulle organizzazioni, al contra­ rio bassi livelli (condizione individuabili come disagio organizzativo) pos­ sono determinare diverse forme di disagio individuale e interpersonale.

Seguendo un modello multidimensionale di benessere organizzativo (De Carlo, Falco e Capozza, 2008), si possono individuare quattro dimensio­ ni che, influenzandosi a vicenda, vanno a comporre il quadro del benessere della persona nell’ambito lavorativo. Da una parte vi sono le fonti di benes- sere/malessere (tra cui clima, cultura, conflitto, carico di lavoro, sicurez­

za, percezione di supporto organizzativo). Esistono poi due dimensioni di

mediazione - che influenzano gli effetti delle fonti di benessere/malesse- re: le caratteristiche individuali (tra cui genere, età, contesto familiare, re­

silienza, ottimismo, mindfulness) e le strategie di coping (tra cui orien­ tamento al compito, logica, coinvolgimento, supporto sociale). Infine, vi

sono le conseguenze - positive o negative - per la persona (tra cui strain,

burnout, soddisfazione, altruismo, performance).

Per la categoria degli insegnanti, il tema del benessere/malessere or- ganzzativo è particolarmente rilevante perché, in quanto professionisti di aiuto, sono fortemente esposti a fattori di disagio, stress o sindromi co­ me il burnout, anche considerato il coinvolgimento emotivo che la mansio­ ne educativa comporta (Cifiello, 2004). Inoltre, il contesto degli insegnanti

in Italia è caratterizzato da una percezione di scarse opportunità di cam­ biamento di status sociale e professionale nel futuro prossimo che, indipen­ dentemente dalla veridicità di tale condizione (Green, 2008; Clark, Knabe e Ràtzel, 2010) influisce negativamente sul loro benessere in generale, sul­ la loro autoeffìcacia (Bandura, 1990) e sul loro “engagement” (Schaufeli

et al., 2002). Si potrebbe descrivere la situazione degli insegnanti in Italia

con quella che De Cuyper, Notelaers e De Witte (2009), parlando di lavo­ ratori atipici, chiamano “ipotesi dell’intrappolamento”, che si verifica quan­ do non è visibile da parte del lavoratore alcuna possibilità di ottenere un cambiamento positivo del proprio status nel futuro.

Altri fattori legati al rischio di elevati livelli di disagio lavorativo e stress lavoro-correlato tra gli insegnanti sono la peculiarità della professione (rap­ porti con gli studenti, costante necessità di aggiornamento), il susseguir­ si continuo di riforme, l’inadeguato ruolo riconosciuto alla professione (sti­ pendi insoddisfacenti, risorse insufficienti, scarsa considerazione da parte dell’opinione pubblica). Zurlo e Pes (2012) individuano diversi disturbi fi­ sici sperimentati dagli insegnanti e associati alla presenza di stress, come: disturbi cardiovascolari, modificazione dei parametri di rischio cardio-va­ scolare (aumento o sbalzi di pressione), disturbi muscolo-scheletrici, der­ matologici e gastrici. Gli autori mostrano come il 23% degli insegnanti partecipanti allo studio hanno dichiarato l’intenzione di lasciare l’insegna­ mento a causa di stati di disagio.

Il modello di benessere organizzativo precedentemente descritto permet­ te di avere un’idea di quanto esso sia rilevante non soltanto per la salute degli insegnanti, ma anche per l’efficacia della loro azione formativa. Infat­ ti la qualità dell’insegnamento, come in generale avviene nelle attività del terziario, è strettamente connessa alla persona, alla capacità e al desiderio di ciascuno di saper fare il proprio compito e di saper ricoprire il proprio ruolo. È necessario, affinché le prestazioni siano di reciproca e comune soddisfazione, che le persone siano in condizioni di empatia, che scambi­ no fra loro le informazioni essenziali e quelle opportune, che gli insegnan­ ti sappiano porsi sulla stessa lunghezza d’onda degli studenti. E viceversa. La qualità delle performance dipende dunque dalla volontà e dalla libertà di perseguire il risultato ottimale (De Carlo, 2012).

Emerge da queste considerazioni un quadro nel quale gli insegnanti pos­ sono essere messi in condizione di dare il meglio ai propri studenti, di es­ sere “liberati”, nel momento in cui sono in condizione di benessere e di possibilità di concentrarsi sul lavoro da fare piuttosto che su problemi e di­ sagi. Inoltre, emerge anche il danno che il disagio organizzativo può com­ portare agli insegnanti e alle strutture in cui essi operano, oltre che agli studenti.

Se per gli insegnanti il danno si può verificare in termini di perdita di reddito (ovvero la differenza tra lo stipendio ordinario e il pagamento per­ cepito durante l’assenza dal lavoro) e di oneri supplementari (Gordon e Ri- sley, 1999), per le organizzazioni i danni - oltre a quelli riconducibili al­ la diminuzione della performance di insegnamento - possono essere legati ad assenteismo e presenteismo (Falco et al., 2013), turnover (Cerica, 2009), contenziosi, pensionamenti anticipati e danno aH’immagine pubblica (Bor- tolato, 2013).

In tale prospettiva, la misurazione e la valutazione del benessere orga­ nizzativo possono costituire una chiave fondamentale per la gestione delle risorse umane (Benevene e Callea, 2013) nei contesti formativi. E in que­ sta direzione muovono anche le normative europee ed italiane che pongo­ no la valutazione e il monitoraggio dello stress lavoro-correlato, un’impor­ tante componente del benessere/malessere organzzativo, come obbligo per le organizzazioni. L’Accordo europeo dell’8 ottobre 2004 riguardante lo stress lavoro-correlato, recepito nel nostro Paese dall’Accordo interconfede- rale del 9 giugno 2008, infatti, precisa che “lo stress lavoro-correlato è sta­ to individuato a livello internazionale, europeo e nazionale come oggetto di preoccupazione sia per i datori di lavoro che per i lavoratori”, ed eviden­ zia che “affrontare la questione dello stress lavoro-correlato può condur­ re ad una maggior efficienza e ad un deciso miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza sul lavoro, con conseguenti benefici economici e so­ ciali per imprese, lavoratori e società nel suo complesso”. Sul fronte del be­ nessere organizzativo va anche richiamata la direttiva del Ministero del­ la funzione pubblica del 24 marzo 2004, che raccomanda la “costruzione di un contesto e di un ambiente di lavoro ispirati a principi e a valori chia­ ve, quali fiducia, trasparenza, sviluppo condiviso e partecipato”, allo scopo di promuovere il perseguimento della qualità nei servizi offerti ai cittadi­ ni e a favorire la cultura del risultato e dell’eccellenza, più che quella della routine e della mera esecutività dei diversi compiti. A seguito di questi ac­ cordi e direttive, lo Stato italiano giunge al D.Lgs n.81/2008, che impone l’obbligo per tutti i datori di lavoro, pubblici e privati, di valutare fra i di­ versi rischi anche quello di stress lavoro-correlato (articolo 28). Nel Decre­ to Legislativo 81, l’oggetto della valutazione è il rischio, ovvero la probabi­ lità che i lavoratori possano incorrere in un livello di stress lavoro-correlato tale da poter influire negativamente sulla loro salute. Fra i segni che pos­ sono denotare un problema di stress lavoro-correlato vi sono un alto tasso di assenteismo e di turnover, nonché frequenti conflitti interpersonali o la­ mentele da parte dei lavoratori. Tali “segnali” comportano la necessità di adeguate analisi su fattori potenzialmente stressogeni. A tal fine, le indica­ zioni della Commissione consultiva permanente, combinate con il manua­ le Inail (2011), sono riassumibili nelle seguenti fasi operative: a) individua­

zione dei gruppi omogenei di lavoratori; b) precisazione delle modalità di effettuazione della valutazione preliminare; c) coinvolgimento dei lavorato­ ri e/o dei loro rappresentanti; d) criteri e ambiti di svolgimento della valu­ tazione approfondita.

È necessario notare come il Decreto Legge, probabilmente per ragio­ ni applicative e pratiche, riconduca al concetto di stress una serie di cau­ se e conseguenze che la letteratura spesso individua come legate al più am­ pio disagio organizzativo e come le modalità di rilevazione proposte siano fondamentalmente basate sui fattori oggettivi, mentre in letteratura vi è un ampio ricorso alle misure di self-report (Cox, Griffiths e Rial-Gonzales, 2000; Semmer, Grebner e Elfering, 2004).

Il contesto, dunque, presenta alcune note positive: in particolare viene data una forte attenzione al tema del benessere/disagio organizzativo, co­ sì importante per le professioni del terziario e in particolare quelle d’aiu­ to quali gli insegnanti. Dall’altra vi è ancora una condizione di difficol­ tà nell’individuare una metodologia di indagine e valutazione che permetta di individuare elementi di gestione organizzativa finalizzati non soltanto a prevenire i rischi per gli insegnanti, ma a migliorare la loro condizione la­ vorativa anche al fine di metterli in condizione di aumentare le loro perfor­ mance e la qualità delle relazioni con gli studenti.

2. Livelli di benessere/disagio organizzativo in un campione di inse­