di Licia Cianfriglia
1. Il benessere individuale come vantaggio dell’organizzazione
Uno dei paradossi ricorrenti nei consessi in cui si ragiona di scuola è che il luogo deputato a educare le generazioni cui affidare il futuro della socie tà, quello nel quale più di ogni altro si dovrebbe fare esercizio di visione e di innovazione, è fermo in larga misura a soluzioni logistico-organizzative e a pratiche operative che sono sempre le stesse ormai da tempo immemo rabile. Ciò è immediatamente evidente a chiunque per quanto attiene all’al lestimento degli spazi e alla tipologia agli arredi, ma, ed è più grave, ri guarda anche le metodologie di lavoro in prevalenza tradizionali e quasi esclusivamente trasmissive che si utilizzano nella maggioranza delle classi (Grimaldi, 2006; IARD, 2010; European Commission, 2011, 2013; ISTAT, 2013). Nel corso dei decenni, le caratteristiche dell’edilizia scolastica sono andate peggiorando, per la mancanza di risorse da investire nel loro man tenimento ed adeguamento, e le strumentazioni a disposizione dei docenti per realizzare innovazione didattica sono introdotte in modo troppo lento e improduttivo (Avvisati et al., 2013).
Eppure i mutamenti sociali, culturali, tecnologici, economici hanno pro fondamente modificato il contesto generale e, come naturale conseguen za, il mandato che la società affida alla scuola: ad essa non si chiede più di essere da un lato luogo di formazione della classe dirigente del paese e dall’altro di garantire un’armoniosa integrazione di ciascun soggetto in un sistema sociale e di professioni dai contorni stabili e definiti. Un tale man dato poteva ben essere assolto dal modello di scuola centralistico e fondato su una didattica trasmissiva, adeguata alla riproduzione di un patrimonio di conoscenze utili a professionisti le cui responsabilità e profili poteva no essere definiti a priori. Alla scuola attuale è affidato un compito assai più arduo, quello di educare e formare cittadini responsabili e professioni sti competenti, in grado di inserirsi efficacemente in una società dai
confi-ni liquidi e in continua evoluzione (Morin, 2001), non eludendo la respon sabilità di essere anche un efficace strumento di sviluppo, equità e mobilità sociale. I profili in uscita dalla scuola di oggi sono quelli di persone la cui principale competenza è l’orientarsi nel contesto sapendolo leggere in mo do corretto, il sapersi relazionare proficuamente con la complessità, il sa persi adattare in modo flessibile, individuando, nelle diverse situazioni pro blematiche, le soluzioni più efficaci in modo creativo. Le caratteristiche che gli insegnanti devono progressivamente far emergere nella personali tà dei loro allievi, durante il corso degli studi, sono quelle distintive di un individuo resiliente, ovvero la consapevolezza e l’indipendenza, la capacità di interazione e di iniziativa, la creatività, l’allegria, un patrimonio di valo ri (Grotberg, 1995).
Se questa è la sfida, è evidente che ad un progressivo mutamento di mandato sociale per la scuola, avrebbe dovuto corrispondere un conse guente e parallelo investimento nella formazione culturale e professionale di coloro che di questo mandato devono farsi carico. E invece, utilizzando come alibi la libertà professionale dei docenti costituzionalmente sancita, che in questo caso finisce per essere un boomerang, e con l’istituzione for male, disattesa nella sostanza, dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, si è colpevolmente ritenuto che a tutto questo i professionisti della scuola, dirigenti e docenti, dovessero avere le risorse per far fronte da soli. Più che un’attestazione di fiducia e stima, il tutto va interpretato a nostro avviso più correttamente come la misura della scarsa centralità che il sistema scolasti co ha avuto all’interno delle politiche nazionali. A farne le spese in modo pesante sono appunto i professionisti della scuola, con crescenti e diversifi cate forme di disagio che è opportuno indagare, per individuarne puntual mente le cause e mettere in atto adeguate misure di sostegno in favore del benessere individuale e dell’organizzazione scuola nel suo complesso.
2 . 1 fattori di disagio interni ed esterni
L’interesse per la salute professionale dei docenti da parte dell’ANP (As sociazione Nazionale Presidi) non è nuovo: pur essendo meglio conosciuta come l’associazione professionale di riferimento dei presidi e direttori di dattici prima e dei dirigenti della scuola poi, con l’attribuzione della fun zione dirigenziale ai capi d’istituto, l’associazione dal 2002 è aperta anche alla rappresentanza dei docenti, individuati come Alte Professionalità del la Scuola. In anni più recenti l’ANP ha promosso una specifica indagine sulla professione docente (NOMISMA, 2009), allo scopo di dare fondatez za scientifica ad un sentire diffuso nel corpo professionale, di cui avevamo notizia e di cui intendevamo farci interpreti.
Il questionario di indagine, compilato correttamente da oltre cinquemi la docenti delle scuole di ogni ordine e grado su tutto il territorio naziona le, ha consentito di costruire una fotografia delle principali fonti di disagio professionale già allora rintracciate con chiarezza dal corpo docente e delle principali richieste di sostegno avanzate dalla categoria. L’esame approfon dito di quei dati, unito al continuo lavoro di ascolto diretto effettuato ne gli anni successivi e fino alla data odierna dai nostri terminali associativi ovunque sul territorio, anche in occasione delle frequenti iniziative semi nariali, convegnistiche e di formazione, ci hanno motivato a prendere parte all’iniziativa di un osservatorio sulla salute ed il benessere degli insegnan ti, nell’ambito del quale far emergere nei singoli contesti le problematiche e supportare la loro migliore soluzione. Ciò, naturalmente, in parallelo all’a zione costante sul fronte politico-istituzionale, tesa a perseguire i cambia menti normativi da noi ritenuti indispensabili per realizzare le modificazio ni del profilo e conseguentemente influire positivamente sullo status sociale dei docenti.
Merita un cenno anche l’ultima indagine commissionata da ANP e La Fabbrica (Ermeneia, 2013) su identità, ruolo e sviluppo professiona le dei capi d’istituto. Pur essendo tale studio di orizzonte diverso, una let tura d’insieme consente di ricostruire con un grado maggiore di chiarezza il quadro conseguente alle recenti normative che hanno cambiato ulterior mente la fisionomia delle scuole. Diventate enti sempre più grandi e com plessi per il processo di dimensionamento degli istituti, le scuole oggi sono organizzate secondo un paradigma gestionale profondamente mutato, che ha condizionato altrettanto profondamente il profilo professionale dei diri genti. È nostro parere che la questione del disagio professionale dei docen ti debba essere affrontata in un’ottica d’insieme, che non può escludere l’at tenzione alle altre professionalità fondamentali della scuola, che accanto ai docenti vi lavorano e ne realizzano gli obiettivi.
Già dall’indagine del 2009 i docenti italiani, percependo con disagio il progressivo decadimento del prestigio, indicavano tra le sfide priorita rie per la professione il recupero della legittimazione sociale, secondo l’o pinione condivisa dal 31,9% del campione (NOMISMA, 2009). Alla radi ce di questa convinzione stavano e stanno anche oggi i costanti attacchi delegittimanti provenienti dall’esterno del mondo della scuola, anche at traverso i principali mezzi di comunicazione, e l’atteggiamento di dif fusa aggressione ed ostilità manifestato nei confronti della scuola dal le stesse famiglie. Come spesso riportato dalla cronaca e documentato dal sempre crescente ricorso ai tribunali amministrativi, i genitori piutto sto che condividere e sostenere con i docenti il progetto educativo, spes so tendono a delegittimare l’operato della scuola cui affidano l’educazione dei figli. In alcuni casi per mancanza di strumenti culturali, in altri per
ti-midezza o disinformazione, la famiglia non esercita fino in fondo la com mittenza educativa che le leggi e la Costituzione le affidano, rinunciando all’interlocuzione con la scuola nella redazione del Piano dell’Offerta For mativa. Ad un tale stato di cose è necessario porre rimedio con un soste gno adeguato al dialogo scuola-famiglia, così da favorire l’esercizio con sapevole della sussidiarietà educativa, essenziale per la realizzazione di una compiuta autonomia scolastica, e la ricostruzione di valori condivisi e praticati, prima ancora che predicati. Da un’assunzione condivisa di re sponsabilità educativa tra scuola, famiglia e territorio (inteso come asso ciazionismo, enti locali e tessuto produttivo), deriverebbe senza dubbio un adeguamento delle pratiche didattiche ai reali bisogni dei destinatari tutti, studenti, famiglie e tessuto produttivo. A ciò sarebbe associato un genera le accrescimento di motivazione degli alunni e di qualità dei loro risultati di apprendimento, in termini di sviluppo di competenze utili e spendibi li ed anche, ed è ciò che interessa ai fini del nostro ragionamento, un sicu ro miglioramento delle condizioni di lavoro e dunque di soddisfazione da parte di tutto il personale della scuola, docente e dirigente. Si tratterebbe, insomma, del benessere che proviene dalla consapevolezza della condivi sione dei meriti di un successo.
Sempre dall’indagine del 2009, emergeva il disagio derivante ai docen ti dal mancato riconoscimento della qualità professionale, determinato in parte dal basso livello delle retribuzioni rispetto a quelle dei colleghi euro pei (il 48,1% del campione esprimeva un’aspettativa di incremento retribu tivo), ma anche dall’appiattimento retributivo all’intemo della categoria (il 57,3% del campione si diceva favorevole all’introduzione di sistemi di dif ferenziazione della retribuzione). Il risultato allora sorprendente, ma oggi ormai consolidato, fu il dirsi favorevole da parte del 66% degli intervista ti all’introduzione di un sistema di riconoscimento del merito, anche se poi quelli che si dichiararono allora disponibili ad accettare la valutazione del le proprie prestazioni professionali erano solo del 6,7% del totale. La man cata diffusione di una cultura della valutazione a tutti i livelli, di sistema, di istituto, di performance individuale, è un altro piano su cui si misura il fallimento dell’autonomia scolastica. Un’autonomia sulla carta, che non si sostanzia nell’assunzione di responsabilità e nell’accettazione di un sistema di valutazione è, come si è già detto, un’autonomia vuota e formale, che la scia di fatto alla Stato centrale l’esclusiva della gestione del servizio scola stico, senza che sia però più portatore da tempo di un progetto educativo pubblico, rinunciando i cittadini ad esercitare un potere che con l’attribu zione dell’autonomia alle istituzioni scolastiche spetta invece primariamen te a loro.
Il passare degli anni dal 2009 ad oggi, trascorsi senza modifiche alla si tuazione di status professionale, non ha di certo migliorato la
condizio-ne docente. L’indagicondizio-ne condotta dall’ONSBI e che in questo volume è do cumentata, testimonia in che misura i fattori di disagio derivanti sia dalle condizioni di contesto esterno e interno alla scuola, che sinteticamente ab biamo illustrato, sia dalle caratteristiche specifiche e costitutive della pro fessione docente, così come disegnata dalla normativa vigente e dal con tratto collettivo di lavoro, ne facciano una professione altamente usurante che, in alcuni soggetti e in percentuali non trascurabili, può determinare si tuazioni patologiche tali da rendere necessari interventi di sostegno e cura. A tutto ciò non sono estranei, oltre a quanto già detto, anche altri due fat tori: il primo è l’elevata femminilizzazione della professione, riconfermata anche dall’attuale campione di indagine (89% femmine, 11% maschi). Ta le caratteristica, certamente non casuale, si deve da un lato alla possibilità, per la verità sempre meno concreta, di conciliare meglio i tempi del lavoro con quelli della famiglia in questa piuttosto che in altre professioni; d’altro canto tale fenomeno è anche causa, ed effetto al tempo stesso, della scar sa considerazione sociale di cui gode la professione, essendo molto diffici le che il reddito familiare possa essere adeguatamente sostenuto dai livelli retributivi che essa prevede. Il secondo fattore di complicazione è il pro gressivo senso di impotenza, sfiducia ed inadeguatezza che può sviluppar si nei docenti, lasciati soli e senza strumenti, intesi come risorse didattiche aggiornate e formazione professionale in servizio, che riconosciuti contrat tualmente come un dovere e non un diritto, non sono obbligatori né tan to meno gratuiti. Ciò assume maggiore rilevanza e gravità se si considera il fatto che le procedure di selezione e reclutamento dei docenti non preve dono alcun accertamento attitudinale, rendendo in tal modo possibile e non infrequente che soggetti, non adeguatamente strutturati in termini di per sonalità, risentano con maggiore peso di una condizione così complessa di lavoro.