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2 PRESUPPOSTI ED OGGETTO DEL SEQUESTRO

2.4 L'oggetto del sequestro impeditivo

2.4.2 bilanciamento che supera i confini della patrimonialità

Il tema generale del confronto tra il diritto penale e le sfide poste dalle nuove tecnologie, in specie l'ormai affermata realtà virtuale di internet, non ha risparmiato nemmeno l'istituto in esame. Per quanto concerne la sfera dei diritti e delle libertà sottesi al sequestro preventivo, si tratta di un impatto che amplia i confini tradizionali ed abbraccia ambiti diversi da quelli più prettamente economici. È sufficiente sollevare l'interrogativo circa la sequestrabilità di un sito web, impiegato dal suo titolare per manifestare liberamente il proprio pensiero. Il delicato bilanciamento su cui si fonda la misura cautelare pone in secondo piano i profili reali e patrimoniali inerenti l'indisponibilità della res e si costruisce avendo come referente l'art. 21 della Costituzione. La realtà quotidiana annovera innumerevoli esempi di come internet e nello specifico un sito online diventino il mezzo per commettere reati o per aggravarne o protrarne le conseguenze.

In prima battuta, la norma costituzionale non include nel proprio ambito di tutela quelle espressioni del pensiero che concretizzino un crimine perseguito dalla legge112. Per questo i giudici hanno ritenuto ammissibile il sequestro di un sito online, «se [...] solo l'adozione della suddetta misura cautelare appaia idonea ad assicurare che la condotta illecita non si ripeterà»113. Si è rigettata la tesi per cui un sito online,

112 Si consulti in tema di esercizio di un diritto quale scriminante, G. De Francesco, Diritto penale: i fondamenti, Giapichelli, 2° edizione, 2011, p. 267, per cui «è necessario guardarsi dal rischio di configurare come possibile "oggetto" del diritto l'esplicazione di comportamenti che nulla hanno a che vedere con la sua fisionomia ed i suoi contenuti tipologici».

113 Cass., sez. V, 19 settembre 2011, n° 46504, in www.penalecontemporaneo.it. Nel caso di specie, era stato disposto il sequestro del sito web personale dell'imputato, in quanto mezzo di diffusione da parte dello stesso di affermazioni diffamatorie ai danni

per il solo fatto di rivestire una rilevanza sociale nei confronti delle persone che vi lavorano e lo consultano, non potrebbe soggiacere a sequestro preventivo. Il tutto anche constatando che altrimenti si «verrebbe a prospettare una sorta di zona tronca, che renderebbe immune dallo giurisdizione penale i siti elettronici rispetto, per esempio, ai quotidiani o ai notiziari radio e televisivi, conclusione che è certamente inaccettabile». Beninteso, ciò non esime da un accertamento concreto che di volta in volta indaghi il rapporto di strumentalità intercorrente tra il sito online ed il reato contestato. Legame che, lo si ripete, deve tratteggiarsi come essenziale, non meramente occasionale, e idoneo per ipotizzare la commissione di ulteriori delitti a seguito di una valutazione che includa molteplici elementi al suo interno. L'indagine che il giudice è chiamato a svolgere, anzi, dovrebbe essere più rigorosa proprio per quanto attiene il profilo della pertinenzialità, poiché qui davvero si coglie come il sequestro preventivo colpisce le cose ma proietta il proprio tenore afflittivo su diritti e libertà costituzionali dell'individuo che concernono direttamente la manifestazione della personalità, prima ancora che aspetti patrimoniali o apprezzabili in funzione prevalentemente economica.

La tematica è destinata a complicarsi e divenire ancora più delicata se si considera il caso in cui il sito web sequestrando costituisca un mezzo di informazione. È di tutta evidenza come nel bilanciamento sotteso

della persona offesa. Pur trattandosi di un supporto informatico, non sfugge l'esistenza di un nesso di pertinenzialità, intendendo il sito internet sequestrato come mezzo essenziale con il cui apporto si è realizzata la condotta illecita perseguita e reputandolo idoneo a determinare un aggravamento delle conseguenze se lasciato nella libera disponibilità del titolare. L'imputato del resto aveva già violato un precedente sequestro disposto su una sola pagina dell'intero sito (quella cioè contenente le affermazioni diffamatorie), introducendo nuovi contenuti denigratori in spregio del primo vincolo cautelare. Comportamento che ha permesso ai giudici di considerare concreto e probabile il periculum circa una sua reiterazione tramite il sito online.

alla misura cautelare reale intervenga in modo dirompente il terzo comma dell'art. 21 della Costituzione, il quale prescrive dei limiti precisi per procedere al sequestro della stampa.

In proposito, è interessante menzionare una pronuncia delle Sezioni Unite114, intervenute in merito alla vicenda di sequestro di una pagina telematica del quotidiano Il Giornale.it dal contenuto diffamatorio nei confronti di un magistrato. I giudici di legittimità hanno reso una sentenza lungamente articolata, nella quale riemerge il tema della sequestrabilità di un sito online. Pur non essendo contestata come specifico oggetto di ricorso, la questione è ritenuta pregiudiziale dalla Cassazione. Ricostruendo le definizioni di alcuni concetti attinenti alla realtà virtuale, la Corte individua un profilo di materialità del dato informatico che «è incorporato sempre in un supporto fisico, anche se la sua fruizione attraverso la rete fa perdere di vista la sua "fisicità"». Fissato questo primo aspetto, i giudici non si sottraggono alla critica per cui il sequestro preventivo di un sito online si realizzerebbe attraverso l'oscuramento del medesimo o di alcune sue pagine telematiche. Di preciso, sotto il profilo esecutivo la misura consterebbe di «un duplice intervento: 1) il sequestro preventivo con cui si impone al fornitore dei servizi telematici di bloccare l'accesso degli utenti alle risorse elettroniche incriminate; 2) l'intervento tecnico di tale fornitore, che deve rendere, operando in modo consequenziale, concretamente indisponibili tali risorse». In altri termini, si imporrebbe un facere che l'art. 321 c.p.p. non contempla esplicitamente e avrebbe luogo una violazione del principio di legalità. Le Sezioni Unite, invece, hanno

114 Cass., Sez. un., 29 gennaio 2015, n. 31022, in www.italgiure.giustizia.it. La pronuncia in questione è importante perché segna un'inversione di rotta da parte dei giudici di legittimità nell'assimilare la stampa telematica a quella cartacea per l'estensione delle relative garanzie costituzionali. Precedentemente, per l'esclusione di detta equiparazione, si veda ad esempio Cass., sez. V., 5 novembre 2013, n. 10594, in www.italgiure.giustizia.it e la sentenza di cui alla nota precedente.

ritenuto legittimo che la misura de qua abbia come oggetto un sito

online e non hanno giudicato aliene all'istituto quelle particolari

modalità esecutive che pongono dei dubbi rispetto al paradigma classico dell'apprensione materiale della res sequestranda. Ciò in

primis richiamando un canone di effettività della tutela cautelare, che

necessariamente si concretizza secondo specifiche modalità esecutive, data la peculiarità del contesto virtuale in cui il provvedimento interviene, non potendosi altrimenti ottenere il risultato pratico di inibire la prosecuzione della condotta lesiva o delle sue conseguenze. La Corte inoltre richiama la normativa europea, con riferimento alla direttiva 2000/31/CE. Gli artt. 14, 15 e 16 del d.lgs. 9 aprile 2003 con cui il legislatore nazionale si è adeguato agli obblighi comunitari individuano una serie di attività (rispettivamente di mere conduit, di

caching e di hosting di informazioni) per le quali l'autorità giudiziaria

può esigere che il fornitore impedisca o ponga fine ad eventuali violazioni commesse. Di qui, i giudici di legittimità applicano tali disposizioni al sequestro impeditivo, non ritenendo violato il principio di legalità data la presenza di un'esplicita previsione normativa nel decreto legislativo che dà copertura alle prescrizioni necessarie per oscurare la pagina telematica115.

Le argomentazioni svolte nella sentenza testé citata devono essere vagliate integrando considerazioni di vario tipo. Intanto, l'art. 104 delle norme di attuazione del c.p.p. smentisce l'impostazione logica per cui la peculiarità del contesto in cui interviene la misura cautelare reale

115 Critica questo percorso interpretativo A. Pulvirenti, Sequestro e Internet: dalle Sezioni Unite una soluzione equilibrata ma “creativa”, in Processo penale e giustizia, 6/2015, p. 83, per cui «quel che a noi pare eccessivo è il processo osmotico che, nella lettura delle Sezioni Unite, porta alla lettura unitaria della disposizione codicistica con le disposizioni della legge speciale. Si vuol dire che il trait d’union finalistico che idealmente sussiste tra il sequestro preventivo e l’inibitoria del d.lgs. n. 70/2003 non ne autorizza automaticamente la loro integrazione formale in un provvedimento unico avente la stessa natura giuridica e dotato dei medesimi effetti».

giustificherebbe modalità esecutive che non si limitino alla semplice apprensione materiale della res. Infatti, laddove l'oggetto del sequestro preventivo assume connotati speciali, è il legislatore a dettare i dovuti adeguamenti imposti dalla natura dei beni sequestrandi affinché la tutela cautelare sia incisiva ed effettiva. Così per le azioni e le quote sociali, il provvedimento si attua con l'annotazione nei libri sociali e l'iscrizione nel registro delle imprese, mentre per gli strumenti finanziari dematerializzati tramite operazione analoga nell'apposito conto tenuto dall'intermediario. In aggiunta, per il sequestro probatorio il codice fornisce una disposizione all'art. 254-bis per il caso specifico in cui la misura intervenga su dati informatici e si disciplina l'attività da compiersi per porla in essere. Di contro, non è stabilito nulla di analogo per il sequestro preventivo. Sembra pertanto di potersi ravvisare una lacuna normativa.

Nel silenzio del legislatore, per fare fronte alle esigenze di difesa della collettività presenti anche nel contesto virtuale, la giurisprudenza ha dovuto elaborare soluzioni come quella richiamata che si formano «attraverso il tentativo ermeneutico di "adeguare" il significato di norme preesistenti (storicamente nate per altre esigenze) alle nuove "emergenze" tecnologiche, pur con tutti i limiti e rischi che un’operazione di tal genere inevitabilmente comporta»116. Si assiste così al proliferare di interpretazioni che ritoccano e modellano il concetto di cosa pertinente al reato, al fine di rendere effettiva la tutela cautelare fornita dall'ordinamento. Sarebbe auspicabile, invece, un intervento mirato del legislatore, senza delegare ai giudici la ricerca di un bilanciamento che, prima ancora che sul piano giurisdizionale, deve essere trovato su quello politico. Infatti, il tema della libertà di

116 A. Pulvirenti, Sequestro e internet: un difficile binomio tra “vecchie” norme e “nuove” esigenze, in Processo penale e giustizia, 1/2015 p. 111.

espressione e della libertà quale caratteristica generale di internet è sempre più avvertito dall'opinione pubblica. L'ordinamento può e deve prevedere interventi restrittivi per ragioni preventive, ponderando però i limiti e le modalità attuative dell'azione posta a difesa della collettività, senza affidare alla magistratura un ruolo di supplenza. Oltre alle riflessioni condotte circa la sequestrabilità di un sito online, la sentenza richiamata affronta il tema della libertà di stampa. La questione concerne l'estensione o meno delle guarentigie costituzionali poste a presidio della stampa "cartacea" a quella prodotta telematicamente117. Le Sezioni Unite hanno segnato un'inversione rispetto all'orientamento costante delle sezioni semplici, teso ad escludere l'equiparazione di quotidiani e periodici online alle versioni tradizionali. Secondo il massimo Consesso, «è di intuitiva evidenza che un quotidiano o un periodico telematico, strutturato come un vero e proprio giornale tradizionale, con una sua organizzazione redazionale e un direttore responsabile (spesso coincidenti con quelli della pubblicazione cartacea), non può certo paragonarsi a uno qualunque dei siti web innanzi citati, in cui chiunque può inserire dei contenuti, ma assume una sua peculiare connotazione, funzionalmente coincidente con quella del giornale tradizionale, sicchè appare incongruente, sul piano della ragionevolezza, ritenere che non soggiaccia alla stessa disciplina prevista per quest’ultimo». Partendo dal dato dell'identica funzione che accomuna le due modalità di espressione della libertà di stampa, la Cassazione apre l'ombrello

117 Si allude alla possibilità ex art. 21 comma 3 della Costituzione di procedere a sequestro di giornali, pubblicazioni o stampati per i soli delitti tassativamente indicati dalla legge, ossia (in base alla legge sulla stampa vigente, il r.d.lg n. 561/1946) per quelli che ai sensi della legge penale sono considerati osceni o offensivi della pubblica decenza o per le ipotesi di «stampa clandestina» (intendendosi per tali i giornali e periodici pubblicati senza l'osservanza degli adempimenti prescritti dalla l. n. 47/1948).

costituzionale anche su quella strutturata ed organizzata tramite un sito

internet. Onde evitare che l'art. 21 comma 3 della Costituzione copra

qualsivoglia contenuto online, la Corte individua un criterio distintivo; rientrano nell'ambito di tutela della libertà di stampa i soli siti in cui l'attività è svolta in chiave professionale, ossia testate giornalistiche regolarmente registrate e soggette agli obblighi delle l. n. 47/1998 e 62/2001. I giudici separano così, da un lato, «un vasto ed eterogeneo ambito della diffusione di notizie e informazione da parte di singoli soggetti in modo spontaneo» e, dall'altro, il campo dell'informazione e del giornalismo professionale. Se entrambe costituiscono forme di libera manifestazione del pensiero, solo la seconda area gode delle garanzie in tema di sequestro della stampa.

Le conclusioni raggiunte dalle Sezioni Unite in tema di libertà di stampa non interessano oltre il presente elaborato e si rimanda altrove per una loro analisi più approfondita e per dei rilievi critici118. Piuttosto, preme ricondurre gli argomenti trattati al tema generale del sequestro preventivo. È innegabile che la sfida posta dalla rete al diritto investa anche la misura cautelare de qua. Il contesto virtuale e telematico in cui l'istituto è chiamato ad agire fa perdere quel connotato di tangibilità e di materialità che tradizionalmente contraddistingueva la vicenda cautelare. Si è anche detto che lo stesso contesto, al fine di rendere incisiva ed effettiva la tutela cautelare e di scongiurare il rischio della perpetuatio criminis, impone un adeguamento delle modalità di esecuzione della misura, con particolare riferimento all'oscuramento di una pagina web. Occorrerebbe un

118 Si veda C. Melzei d'Eril, Contrordine compagni: le Sezioni Unite estendono le garanzie costituzionali previste per il sequestro degli stampati alle testate on-line registrate, in www.penalecontemporaneo.it. Si segnala inoltre Cass., sez. V, 25 febbraio 2016, n. 12536, in www.italgiure.giustizia.it, che si conforma all'estensione delle guarentigie costituzionali sulla libertà di stampa per l'attività giornalistica svolta online e ribadisce l'esclusione dei blog dal relativo ambito di tutela.

ripensamento dell'istituto da parte del legislatore, alla luce della peculiarità del dato informatico e del delicato bilanciamento che coinvolge non tanto diritti patrimoniali e reali sulle cose, bensì libertà fondamentali per la persona e per l'ordinamento democratico. De iure

condendo, un intervento simile dovrebbe contemplare una serie di

strumenti e prescrizioni ad hoc, da disporsi in luogo del sequestro preventivo dell'intero sito online. Ciò permetterebbe una maggiore graduabilità del tenore afflittivo della misura rispetto all'intensità delle esigenze cautelari che si prospettano di caso in caso. Aspetto che determinerebbe, tra l'altro, una maggiore aderenza dell'ordinamento al dettato dell'art. 10 Cedu. Come noto, gli Stati possono adottare delle restrizioni alla libertà di espressione, se queste costituiscono «misure necessarie» per le finalità indicate nel secondo comma della disposizione convenzionale. A seguito della valorizzazione del canone della proporzionalità fatta dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, l'aggettivo "necessarie" suggerisce che sia preferibile l'adozione di misure meno afflittive, ove le stesse risultino idonee ed adeguate a soddisfare le esigenze cautelari per le quali si procede a sequestro preventivo. Si pensi all'obbligo di garantire all'interessato uno spazio di replica sulla pagina web incriminata, in luogo del sequestro del sito. O ancora, alla possibilità di oscurare solo alcuni, e non tutti, i contenuti informatici del sito. La questione è destinata ad ampliarsi ed abbraccia il tema dei principi di proporzionalità e gradualità nella vicenda cautelare reale, e non con riferimento al solo ambito virtuale. L'argomento sarà analizzato nel proseguio dell'elaborato (infra 4.3), non prima di aver illustrato i presupposti dell'altra ipotesi di sequestro preventivo funzionale alla confisca.