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4 PROFILI DINAMICI DEL SEQUESTRO PREVENTIVO

4.2 La motivazione del sequestro preventivo

L'art. 321 c.p.p. sancisce che «a richiesta del pubblico ministero il giudice competente a pronunciarsi nel merito dispone il sequestro con decreto motivato». Si discute del contenuto che deve assumere il

289 Cass., sez. Un., 7 giugno 2005, n. 21334, in Diritto penale e processo, 2005, I, p. 822.

290 Si veda M. Montagna, voce Sequestri, in AA.VV., Digesto delle discipline penalistiche, cit., 2005 (aggiornamento), II, p. 1553, per cui l'ordinanza di convalida sarebbe appellabile ex art. 322-bis.

provvedimento impositivo del vincolo, atteso che l'obbligo motivazionale è previsto dall'art. 111 comma 6 della Costituzione. Tuttavia, per il sequestro preventivo è assente una norma analoga all'art. 292 c.p.p. che imponga al giudice l'esposizione degli specifici indizi ed esigenze posti a fondamento dell'intervento interinale, nonché le ragioni per le quali gli elementi forniti dalla difesa non sono stati ritenuti rilevanti. In prima battuta, si può affermare che «la mancanza in tema di cautele reali di una analitica enunciazione dei requisiti rispetto ai quali la motivazione dovrebbe esprimersi, sulla falsariga della corrispondente descrizione effettuata dall'art. 292 c.p.p., per le misure de libertate, non pare autorizzare verifiche approssimative o parziali»291. Né potrebbe essere altrimenti, in quanto «attraverso la motivazione del relativo provvedimento, il giudice dovrebbe rendere conto, alla collettività e ai soggetti interessati alla vicenda cautelare, dell’itinerario logico e giuridico compiuto»292. Pertanto, alla pari delle altre misure cautelari, l'obbligo motivazionale dei sequestri preventivi «assume una rilevanza fondamentale al fine di garantire un effettivo controllo sulla legittimità deli stessi»293.

Il decreto che dispone il vincolo deve quindi fornire una valutazione degli elementi richiesti dall'istituto294, secondo le sue varie configurazioni, ora impeditiva, ora prodromica alla confisca, di

291M. Pierdonati, Fumus in re ipsa del delitto e "giudicato cautelare" nel sequestro preventivo, in Diritto penale e processo, 2009, II, p. 1008.

292 L. Pressacco, La motivazione del decreto che dispone il sequestro impeditivo, in Diritto penale e processo, 2016/2, p. 101.

293 M. Castellano e M. Montagna, voce Misure cautelari reali, in Digesto delle discipline penalistiche, cit., 1994, VIII, p. 104.

294 M. Pierdonati, Fumus in re ipsa del delitto e "giudicato cautelare" nel sequestro preventivo, in Diritto penale e processo, 2009, II, p. 1008: «I riferimenti normativi agli elementi che condizionano l'esercizio del potere cautelare impongono una struttura interna del provvedimento ablativo deputata ad esporre le ragioni della decisione, con l'indicazione, in particolare, dei singoli momenti esplicativi in cui dovrebbero trovare piena giustificazione tutti i presupposti sostanziali della misura reale»

proprietà o per equivalente. In proposito, è necessario riepilogare considerazioni già svolte (supra 2.1, 2.3, 3.2, 3.3) in tema di fumus

commissi delicti. È noto come la giurisprudenza si ostini a ribadire,

similmente ad un mantra, che il presupposto consiste «nell'astratta configurabilità, nel fatto attribuito all'indagato e in relazione alle concrete circostanze indicate dal p.m., dell'ipotesi criminosa cui è correlata la confisca, senza che rilevi la sussitenza di gravi indizi di colpevolezza, richiesta invece per le misure cautelari personali»295. La portata pregiudizievole di questo orientamento ferma il giudizio cautelare reale alla «verosomiglianza di un episodio a rilievo penale, nei termini di compatibilità tra allegazioni d'accusa e norma incriminatrice; insomma, non c'è spazio per diagnosticare il fumus tramite soglie minime di consistenza indiziaria»296. L'obbligo motivazionale rischia di prestarsi così ad una sostanziale svalutazione297 La dottrina, infatti, è tornata a criticare l'elusione di un accertamento più completo, ritenendo che la «soluzione più corretta appare quella di considerare necessaria la sussistenza di gravi indizi di reità a carico di taluno». Il giudice dovrebbe effetttuare «una prognosi in ordine alla possibilità che si addivenga alla pronuncia di una sentenza di condanna» e non fermarsi «a valutare soltanto l'astratta sussumibilità del fatto in una ipotesi di reato». Si richiede, cioè, «una

295 Cass., sez. VI, 24 settembre 2008, n. 36710, in Archivio della nuova procedura penale, 2009, p. 803.

296 A. Scalfati, Il sequestro prevetivo: temperamento autoritario con aspirazioni al "tipo" cautelare, in Diritto penale e processo, 2012, II, p. 534.

297 «per quanto riguarda i controlli eventualmente esperibili, risultava arduo ipotizzare un’effettiva ed autonoma valutazione critica da parte degli organi giurisdizionali competenti in presenza di criteri tanto evanescenti. Rimanevano, peraltro, ambigui i termini dell’operazione di sussunzione, non essendo chiaramente precisato se rilevassero esclusivamente le prospettazioni del pubblico ministero o se l’esame potesse estendersi fino a ricomprendere le risultanze emergenti dagli atti allegati alla richiesta di emissione del provvedimento» L. Pressacco, La motivazione del decreto che dispone il sequestro impeditivo, in Diritto penale e processo, 2016/2, p. 106.

approfondita analisi degli elementi rappresentati dal p.m. al fine di verificare l'esistenza di un vincolo chiaro e univoco tra la cosa e il reato per cui si procede, senza abdicare alla funzione di garanzia»298, alla quale l'organo giurisdizionale è preposto. Per la Cassazione, invece, la linea rimane quella tracciata nell'ormai risalente sentenza n. 48/1994 della Corte Costituzionale (supra 2.1) e la motivazione non deve contenere una valutazione degli indizi di colpevolezza. Le argomentazioni riportate a riguardo dalla giurisprudenza non soddisfano. Intanto, «la nozione di "reato", volendo essere rigorosi, include la matrice soggettiva dell'illecito»299. Altresì, non convince l'argomento principale300 impiegato dalla Consulta per estromettere la valutazione degli indizi di colpevolezza in sede di adozione del sequestro preventivo. In particolare, l'intervento cautelare sarebbe incentrato sulla pericolosità della cosa, a prescindere dal legame specifico con il suo detentore. A sostegno del ragionamento, i giudici costituzionali riportano l'esempio del sequestro prodromico alla confisca obbligatoria ex art. 240 c.p., segnalando come la misura definitiva possa essere disposta anche a seguito di una sentenza di assoluzione. Orbene, si è visto come l'assunto sia vero ma solo per i beni illeciti in maniera assoluta301. A ben guardare, il riferimento non

298 P. Gualtieri, sub. Art. 321, in AA.VV., Codice di procedura penale commentato, cit., p. 3896.

299 A. Scalfati, Il sequestro prevetivo: temperamento autoritario con aspirazioni al "tipo" cautelare, in Diritto penale e processo, 2012, II, p. 534.

300 Per comodità si riportano le parole da C. cost., 17 febbraio 1994, n.48, in Archivio della nuova procedura penale, 1994, p. 162 e ss.: «la funzione preventiva non si proietta necessariamente sull'autore del fatto criminoso ma su cose che, postulando un vincolo di pertinenzialità col reato, vengono riguardate dall'ordinamento come strumenti la cui libera disponibilità può costituire situazione di pericolo».

301 La categoria individua i beni illeciti in forza di una proiezione del loro regime giuridico, sulla base delle valutazioni che l'ordinamento compie nel decidere se vietare o regolamentare determinate attività. In altri termini, le cose di cui all'art. 240, comma 2, n. 2 c.p.

milita a favore della tesi, poiché allude proprio ed esclusivamente alle cose la cui fabbricazione, uso, porto, detenzione o alienazione costituisce reato. Di contro, negli altri casi è sempre necessaria una sentenza di condanna, a significare che è richiesto un qualche nesso tra il reo (indagato o imputato durante la vicenda cautelare) e la res. L'impostazione trova del resto riscontro nella normativa del sequestro preventivo. L'art. 323 c.p.p. disciplina le cause di perdita di efficacia della misura, tra le quali sono presenti le pronunce di assoluzione o non luogo a procedere, eccetto il caso in cui siano stati appresi beni che rientrino nell'ipotesi dell'art. 240, comma 2, n. 2 c.p., per il quale il vincolo viene mantenuto proprio in previsione di una confisca comunque impartibile, anche in assenza di condanna. Allora, nelle altre ipotesi è auspicabile un accertamento “pieno” della sussistenza del reato, quantomeno secondo i parametri probatori tipici del giudizio cautelare. Si è osservato provocatoriamente che richiedere la sola configurabilità astratta «è come dire, trasferendo l'esempio sul terreno delle misure cautelari personali, che la custodia s'impone all'imputato semplicemente quando gli può essere applicata la pena, prescindendo da ogni altra esigenza»302.

Ancora una volta, la conclusione più sensibile e conforme alle istanze garantiste che devono assistere il sequestro preventivo implica necessariamente una valutazione degli indizi di colpevolezza in fase di adozione della misura.

Per il periculum in mora, il discorso si biforca a seconda che si tratti di sequestro impeditivo o di sequestro funzionale alla confisca. Nel primo caso, la motivazione dovrà rendere conto di come il bene vincolato sia idoneo ad aggravare le conseguenze del reato o agevolare la

302 A. Scalfati, Il sequestro prevetivo: temperamento autoritario con aspirazioni al "tipo" cautelare, in Diritto penale e processo, 2012, II, p. 535.

commissione di ulteriori illeciti. Si è detto che il giudice è tenuto a valutare il rischio in un'ottica di concretezza e non di mera potenzialità. In aggiunta, deve ripetersi che non tutte le conseguenze dell'illecito sono idonee ad innescare il vincolo reale, ma solo quelle che incidono o persistono sul bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice303 (supra 2.2). La motivazione deve conseguentemente dare atto delle ragioni concrete per cui la cosa sia idonea e strumentale a realizzare i pericoli che la cautela intende scongiurare. Si tratta di una valutazione che spesso si affianca a quella di pertinenzialità ma dalla quale deve rimanere concettualmente distinta. Invece, «l'errore logico in cui spesso incorre la giurisprudenza consiste nel ritenere l’accertamento in ordine alla pericolosità dell’oggetto del sequestro, in funzione di aggravamento del reato o della commissione di ulteriori illeciti penali, assorbito nel giudizio circa la pertinenza della medesima res rispetto al reato ipotizzato. A ben vedere i due profili […] rimangono tuttavia concettualmente distinti e, come tali, necessitano di motivazioni autonome e indipendenti (seppur collegate), giacché autonomi e indipendenti sono anche i parametri di riferimento cui la valutazione deve rimanere ancorata»304.

Una loro coincidenza, di contro, si registra nel sequestro funzionale alla confisca. Il secondo comma dell'art. 321 c.p.p. non menziona il rischio che la libera disponibilità della cosa aggravi le conseguenze del reato o agevoli la commissione di altri illeciti: i beni vengono

303 «Il criterio della pertinenza della conseguenza del reato all'interesse protetto dalla norma penale da un lato consente di avere un parametro sufficientemente certo per delimitare l'ambito operativo del sequestro preventivo (criterio molto più soddisfacente rispetto alla permanenza del reato); dall'altro lato consente di evitare che tale misura cautelare reale possa essere strumentalizzata a fini estranei a quelli propri del procedimento penale» D. Potetti, Sequestro preventivo e ordini di fare: quali limiti?, in Cassazione penale, 1995, II, p. 1416.

304 L. Pressacco, La motivazione del decreto che dispone il sequestro impeditivo, in Diritto penale e processo, 2016/2, pp. 109-110.

sequestrati perché confiscabili. Più che altrove, quindi, la motivazione dovrà porre l'accento sul nesso pertinenziale, al fine di indagare la confiscabilità o meno secondo le indicazioni fornite dall'art. 240 c.p. Anche per il sequestro per equivalente sovvengono conclusioni analoghe. Nonostante il giudice non debba dare conto del legame tra le cose sequestrate ed il reato perseguito, sarà comunque tenuto a considerare la pertinenzialità alla stregua di parametro di quantificazione della misura, sotto il profilo del quantum (supra 3.2, 3.3, 3.4). Si tratta di un elemento importante della motivazione, perché permette di sindacare la legittimità della misura sotto il profilo della proporzionalità o meno dell'apprensione.

Abbiamo già detto come l'obbligo motivazionale non ha un oggetto vasto quanto quello delle misure cautelari personali. Il sequestro preventivo, infatti, non vanta una disposizione come l'art. 291 c.p.p., per il quale il pubblico ministero, esperendo la richiesta cautelare, è tenuto ad allegare non solo gli elementi posti a suo fondamento, bensì anche quelli «a favore dell'imputato e le eventuali deduzioni e memorie difensive già depositate». Quindi, il sistema coercitivo reale sembrerebbe esonerare l'accusa da tale prescrizione305. Nondimeno, parrebbe a chi scrive che la previsione valga anche per l'istituto de quo. Da un lato, in virtù di un'estensione analogica, sulla base della stessa finalità condensata nella ratio legis della norma in tema di misure personali e nell'assenza di specifici elementi di diversità tra le fattispecie cautelari che suggeriscano il mantenimento di regimi

305 Si è notato come anche in sede di impugnazioni «non è previsto che il pubblico ministero trasmetta – al giudice del riesame – gli elementi favorevoli ad una pronuncia di segno diverso, contrariamente a quanto emerge dall’art. 309, comma 5, c.p.p. in materia di misure personali; cosicché la selezione dell’organo d’accusa condiziona non solo il giudizio cautelare originale, ma anche quello del controllo» A. Scalfati, Il sequestro prevetivo: temperamento autoritario con aspirazioni al "tipo" cautelare, in Diritto penale e processo, 2012, II, p. 535.

distinti in materia; dall'altro, in forza di un'interpretazione sistemica, per cui nel processo penale il p.m. ha l'obbligo di lealtà processuale. Secondo l'art. 358, l'accusa deve svolgere «altresì accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta ad indagini». Sembra chiaro che dove questi accertamenti offrano delle risultanze apprezzabili per l'indagato, il pubblico ministero sia tenuto a considerarli ed a permettere al giudice di ponderarli nella motivazione che dispone la misura. A maggior ragione, del resto, se si rammenta che il vincolo reale incide su diritti costituzionalmente protetti del destinatario. Appare allora necessario che la lesione così determinata sia giustificata dalla sussistenza dei requisiti di legge e da una loro valutazione anche alla luce delle risutanze probatorie a favore dell'indagato che siano pervenute all'accusa, senza ometterne il vaglio. È certo, invece, che si debbano valutare le allegazioni difensive, ove presenti, e porle a confronto con la ricostruzione del pubblico ministero. «Sicché, tra due ipotesi confliggenti, il giudice dovrebbe chiarire, nell'ambito di un contesto giustificativo rappresentato dal necessario andamento dialettico, le ragioni che hanno portato a privilegiare la tesi accusatoria, ritenendo irrilevanti gli elementi di prova forniti dalla controparte. Nell'incertezza, la regola in dubio pro

reo dovrebbe imporsi su quella del favor actionis, risolvendo il

problema della ripartizione del rischio a svantaggio di chi ha richiesto la misura»306. Depone in tal senso il rinvio dell'art. 324 comma 7 all'art. 309 comma 9, per cui «il tribunale annulla il provvedimento impugnato se la motivazione manca o non contiene l'autonoma valutazione, a norma dell'art. 292 c.p.p., delle esigenze cautelari, degli indizi e degli elementi forniti dalla difesa». Il giudice, quindi, nel

306 M. Pierdonati, Fumus in re ipsa del delitto e "giudicato cautelare" nel sequestro preventivo, in Diritto penale e processo, 2009, II, p. 1008.

disporre il sequestro non dovrà appiattirsi sulle risultanze prodotte dall'accusa, ma sarà tenuto ad un loro vaglio critico. Trattasi di esigenza particolarmente avvertita nel caso di sequestri per equivalente o sproporzione dove, come si è visto (supra 3.6), gli oneri di individuazione e quantificazione del profitto o delle incongruenze patrimoniali sono spesso complessi e poggiano sulle consultenze tecniche del pubblico ministero. Si apprezzano allora pronunce nell'ambito del sequestro prodromico alla confisca di cui all'art. 12-

sexies della l. n. 356/1992, per le quali «quando l'interessato fornisca –

attraverso consulenza tecnica – prova della provenienza legittima dei beni, il giudice non può limitarsi ad affermare, in modo del tutto generico, che questi sarebbe sfornito di redditi adeguati e che la ricostruzione operata dal consulente della difesa sarebbe limitata e formale, quindi inadatta a vincere la presunzione di illecita provenienza del bene; deve, invece, dimostrare l'eventuale inattendibilità del dato difensivo»307.

Merita fare cenno alla prassi della c.d. motivazione per relationem. Si allude alla tecnica redazionale di un provvedimento, per la cui motivazione rimanda ad un altro atto del medesimo procedimento. La giurisprudenza ha puntualizzato come essa sia legittima308, a patto che, anche con rinvio, assolva alla sua primaria funzione: rendere edotto il destinatario delle ragioni per cui è disposta la cautela. Il che implica la conoscenza o conoscibilità del provvedimento richiamato per poter formulare le doglianze e elaborare la strategia difensiva in sede di riesame309. Così facendo, però, si rischia che il giudice, nel rinviare ad

307 Cass., sez. V, 11 dicembre 2009, n. 47168, in Diritto penale e processo, 2010, I, p. 168.

308 Cass., sez VI, 20 agosto 1990, n. 1361, in Archivio della nuova procedura penale, 1991, p. 290; Cass., sez. III, 15 agosto 2001, n. 33648, ivi, 2002, p. 350. 309 Si veda P. Gualtieri, Sequestro preventivo, in AA.VV., Procedura penale. Teoria e pratica del processo, cit., p 376. Ancora, L. Fiore, Accertamento dei presupposti e

altro provvedimento, si “appiattisca” sulla diversa motivazione richiamata, mancando una propria valutazione autonoma e critica310. Per prevenire questo rischio, a parere di chi scrive sembra opportuno limitare la prassi della motivazione per relationem tra i soli provvedimenti emessi dallo stesso giudice. Solo così la tecnica redazionale assolverebbe alla funzione di semplificazione per cui è predisposta, senza tuttavia comprimere le guarentigie sottese all'obbligo di motivazione. Si eviterebbe così l'adesione acritica all'iter argomentativo altrui, imponendo comunque al giudice di spiegare, con argomentazioni e valutazioni proprie, perché abbia reputato esistenti i presupposti per disporre il sequestro. Dovrebbe respingersi, invece, la prassi di rinviare ad atti redatti da altre persone, in primis quelli della pubblica accusa o dei verbali redatti dalla polizia giudiziaria durante le operazioni di fermo reale311.

Infine, il decreto di sequestro deve contenere una valutazione circa l'applicazione dei principi di proporzionalità, gradualità ed adeguatezza312, alla cui analisi e vigenza nella vicenda cautelare reale è dedicato il paragrafo successivo.

problematiche applicative in tema di sequestro preventivo, in Rivista italiana di diritto e procedura penale, 1995, p. 564, per cui «la motivazione dei provvedimenti applicativi delle misure cautelari, quindi, oltre che di giustificazione dell'esercizio del potere giurisdizionale, svolge anche l'essenziale funzione di parametro sulla scorta del qaule raffrontare la legittimità del provvedimento».

310 In tal senso, A. Scalfati, L'ombra inquisitoria sul sequestro preventivo in funzione di confisca, in Processo penale e giustizia, 2016, n. 3, p. 6.

311 La motivazione per relationem sarebbe «da considerarsi irrituale, in quanto rinviante a valutazioni contenute aliunde, così sottendendo una acritica ricezione delle stesse; il che, invero, prescinde dai tipici canoni di congruenza e logicità argomentativa» N. Ventura, voce Sequestro preventivo, in Digesto delle discipline penalistiche, cit., aggiorn. 2004, p. 765.

312 Si vedano P. Gualtieri, Dissonanze normative e giurisprudenziali nel sequestro preventivo, in Parola alla difesa, 2016, II, p. 220; M. Pierdonati, Fumus in re ipsa del delitto e "giudicato cautelare" nel sequestro preventivo, in Diritto penale e processo, 2009, II, p. 1008; L. Pressacco, La motivazione del decreto che dispone il sequestro impeditivo, in Diritto penale e processo, 2016/2, pp. 111-112.