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2 PRESUPPOSTI ED OGGETTO DEL SEQUESTRO

2.3 colpevolezza nell'adozione del sequestro impeditivo

Prima di procedere all'analisi dell'oggetto del sequestro impeditivo, preme sviluppare alcune riflessioni, alla luce di quanto detto per i due requisiti principali della misura. Come lungamente esposto, i gravi indizi di colpevolezza non rientrano nell'accertamento del fumus

commissi delicti. I principali argomenti a favore di questa tesi sono il

mancato rinvio espresso all'art. 273 c.p.p., la graduabilità dei valori presi in considerazione nelle misure cautelari personali e reali e, infine, la prospettiva peculiare dell'istituto in esame, incentrata non sull'individuo, bensì sul bene. L'ultimo aspetto, in particolare, ha rivelato come in taluni casi sia impossibile o inutile ricercare gravi indizi di colpevolezza (rispettivamente, ad esempio, nel caso di autore ancora ignoto e di cosa nella disponibilità di un terzo estraneo al reato). Al massimo, la Cassazione ha ammesso che il difetto dell'elemento soggettivo, se si appalesa con chiarezza dagli atti acquisiti, può incidere sulla configurabilità del fumus, nel senso di escluderne la sussistenza85. Oltre a questa affermazione minima di principio, la

84 Cass., sez. III, 31 marzo 1998, n. 379, in Archivio della nuova procedura penale, 1998, p. 757.

85 Cass., sez. II, 21 dicembre 1999, n. 5472 in Archivio della nuova procedura penale, 2000, p. 328, nella cui massima si annota come «l'elemento subiettivo del reato – che emerga ictu oculi in modo macroscopico ed evidente – può essere preso

considerazione degli indizi di colpevolezza nella vicenda cautelare reale non ha registrato ulteriori passi avanti.

Nel proseguio non si intende smentire l'impostazione ma introdurre elementi che la amplino ed integrino, in maniera tale da rendere ammissibile, in certi casi e a date condizioni, un accertamento dei gravi indizi di colpevolezza anche per il sequestro preventivo. Il tutto, lo si anticipa, senza l'estensione analogica dell'art. 273 c.p.p all'istituto de

quo. Il dato di partenza è offerto dalle osservazioni svolte sul periculum in mora. Come detto, esso consiste nel rischio concreto e

attuale che dalla libera disponibilità della cosa pertinente al reato derivi un deterioramento del quadro criminoso. La res è cioè contraddistinta da una pericolosità intrinseca, in forza della quale l'ordinamento intende evitare che qualcuno ne disponga e se ne avvalga. Questo stabilito, si è però notato come «la pericolosità oggettiva o intrinseca (giuridicamente intesa) rappresenta, anche con riferimento alle cose pertinenti al reato, una mera eventualità, non una costante»86. Talvolta, cioè, la pericolosità di un bene non deriva dalla sua natura, bensì dall'uso che ne può fare l'autore del reato, continuando ad averne la disponibilità. Il pericolo si tratteggia in maniera diversa: origina sì dalla cosa, ma relativamente al se ed al come venga impiegata. Si ponga l'esempio di un immobile atto ad ospitare attività di meretricio. L'edificio, di per sé considerato, non si contraddistingue certo per una qualche pericolosità con riferimento al rischio che continui lo sfruttamento della prostituzione o che si commettano crimini affini. La prospettiva cambia nel momento in cui si guarda allo stesso stabile, ora però nella libera disponibilità dell'indagato per quell'illecito penale. In

in considerazione in quei limitati casi in cui detto elemento si riverbera sulla componente materiale, incidendo sulla configurabilità stessa del reato».

86 F. Porcu, Variazioni cromatiche del fumus commissi delicti nel sequestro preventivo, in Diritto penale e processo, 11/2014, p. 1351.

quest'ottica, è spontaneo diffidare e immaginare che l'edificio venga nuovamente impiegato dall'autore del reato per proseguire l'attività illecita. Tuttavia, per evitare che gli strumenti processuali agiscano sulla base di semplici sospetti, parrebbero indispensabili quantomeno degli indizi di reità a carico del destinatario del sequestro. È possibile allora fissare una differenziazione del pericolo, in chiave oggettiva e soggettiva. Ciò in quanto «non può certamente predicarsi in assoluto l'indifferenza della posizione soggettiva del destinatario»87. A volte questa è neutrale rispetto alla pericolosità latente nel bene, altre è determinante per l'esistenza del rischio.

Da quanto sinora esposto, si può individuare uno spazio per la valutazione degli indizi di colpevolezza nell'applicazione della misura cautelare reale. Proprio nel caso in cui la pericolosità si radica non nella cosa in sé, ma nel rapporto tra questa e l'autore del reato, il giudice dovrebbe valutare la presenza di indizi di reità. In mancanza del loro accertamento, il pericolo sarebbe presunto e postulato. Non troverebbe cioè un qualche riscontro nel quadro indiziario, ponendo un ineludibile interrogativo: a che titolo, allora, sono lese le libertà e i diritti costituzionali del destinatario esercitabili tramite il bene sottoposto a sequestro? Per rispondere, si dovrebbe paventare una possibile violazione del principio di non colpevolezza, non spiegandosi altrimenti perché la res (che, si ricorda, è qui considerata non come intrinsecamente pericolosa, bensì tale solo in base alla persona che ne abbia la disponibilità) debba essere sequestrata a qualcuno, senza elementi che ne rendano pronosticabile un uso nella direzione delle conseguenze che l'art. 321 al primo comma intende reprimere. Pertanto, l'accertamento di indizi di reità è ragionevole nei casi in cui il

87 G. Caneschi, Connotazione "oggettiva" o "soggettiva" del sequestro preventivo e valutazione del fumus commissi delicti dopo il rinvio a giudizio, in Cassazione penale, 2011, p. 603.

pericolo origina dal legame perdurante tra il bene e l'autore del reato. Nell'esempio di cui sopra, l'edificio potrebbe essere sequestrato per evitare che prosegua l'attività di meretricio, purché sia ancora nella disponibilità della persona sottoposta ad indagini e vi siano indizi di colpevolezza a suo carico. Se così non fosse, il destinatario subirebbe un provvedimento ablativo non in ragione di un pericolo concreto, bensì presupponendone la colpevolezza.

È doveroso precisare che la giurisprudenza non ha mostrato aperture significative nei confronti di questa impostazione. Ciononostante, si possono rinvenire elementi che permettono di concepire quantomeno degli spazi in cui essa possa operare. Si rammenti, in proposito, quanto detto per il periculum in mora circa i rapporti tra il provvedimento e soggetti terzi estranei al procedimento penale. Il passaggio della cosa ad un terzo può scongiurare il pericolo cui il sequestro intende fare fronte. Il che confermerebbe da un lato che la pericolosità non è un attributo che accompagna sempre il bene in quanto pertinente al reato ma può anche connotarsi in termini relazionali, in ragione dell'uso che una specifica persona (il presunto autore del reato) può farne; dall'altro, che la posizione soggettiva del destinatario non è sempre e comunque indifferente ai fini dell'adozione del provvedimento, dato che, sempre con riferimento al terzo estraneo al procedimento penale, la buona fede è idonea a dissipare i timori dell'ordinamento per il protrarsi o l'aggravarsi delle conseguenze del reato o per la commissione di altri illeciti.

La soluzione così ricostruita sulla base delle caratteristiche delineate per il fumus ed il periculum in mora renderebbe ragionevole ed auspicabile, in talune circostanze, la ricerca di indizi di reità. Quando invece la cosa è di per sé pericolosa, in maniera intrinseca, diventa superflua una loro valutazione. L'impostazione è complessa, come del

resto l'eterogeneità delle situazioni in cui interviene il sequestro preventivo. Né, d'altro canto, il legislatore ha fornito indicazioni sulle caratteristiche e qualità che deve presentare un bene perché scatti la cautela reale; ha, di contro, previsto in funzione di che cosa debba essere assunto il provvedimento, improntando l'istituto in chiave teleologica. Tanto che, nel perseguire queste finalità, non dovrebbe stupire come il grado di accertamento dei presupposti possa avere intensità diversa, a seconda che si sia in presenza di una res intrinsecamente pericolosa o meno. Il tutto senza ricorrere all'estensione analogica dell'art. 273 c.p.p., ma muovendo l'analisi solo entro la struttura e fisiologia del sequestro preventivo così come tratteggiato dall'art. 321 comma 1.

Da ultimo, occorre chiedersi quale sia lo standard probatorio necessario nel caso di sequestro di cosa non intrinsecamente pericolosa. Se, in altri termini, gli indizi di reità debbano essere gravi o solo sufficienti. In assenza di indicazioni dal dettato normativo, ed anche considerando come spesso e volentieri il provvedimento interviene in una fase, quella dell'indagini preliminari, contraddistinta da una certa sommarietà e aleatorietà delle risultanze investigative, è preferibile optare per la semplice sufficienza degli indizi e non per la loro gravità88.