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3 IL SEQUESTRO FUNZIONALE ALLA CONFISCA

3.2 La confisca ordinaria e il sequestro preventivo funzionale

3.2.2 essa funzionale

La tutela del terzo avverso i provvedimenti di confisca e sequestro è «un fondamentale punto di espressione della rappresentanza e della responsabilità politica»182. Il tema vede contrapposte, da un lato, le ragioni sottese all'ablazione definitiva e alla misura cautelare reale e, dall'altro, gli interessi diretti ed indiretti che il soggetto diverso dall'imputato vanta nei confronti dei beni oggetto di apprensione. La sintesi di tali elementi è il frutto di decisioni legislative, fondate su valutazioni assiologiche influenzate dal contesto, dalle esigenze e dalla coscienza sociale del momento. Si tratta, però, di scelte dai risvolti economici rilevanti. È sufficiente pensare ai principi che governano la circolazione giuridica delle cose e all'attenzione che destinano all'affidamento incolpevole degli operatori nel mercato per tutelare la sicurezza degli scambi. L'argomento si complica ulteriormente in relazione alla natura della confisca e del relativo sequestro che mira a rendere fruttuosa l'esecuzione del provvedimento ablatorio, anticipando l'apprensione dei beni alla fase processuale. Oltre alle questioni prettamente economiche, si aggiungono quelle giuridiche che, in un sistema costituzionale orientato al riconoscimento di garanzie e diritti fondamentali, non possono essere eluse. Con ciò si vuol dire che, nel momento in cui la confisca è paragonata ed intesa come una sanzione, occorre considerare il principio di personalità della pena, di cui all'art. 27 della Costituzione. Perchè sottoporre il terzo agli

182 T. Epidendio, La confisca nel diritto penale e nel sistema delle responsabilità degli enti, cit., p 138.

effetti pregiudizievoli di una confisca squisitamente o preponderatamente sanzionatoria, sarà necessario potergli addebitare un coinvolgimento nella vicenda criminosa. Serviranno, pertanto, elementi che permettano di “individualizzare” il provvedimento, definitivo o cautelare, e che siano idonei a disvelare una “rimproverabilità” riconducibile al terzo. In altri termini, quando «la confisca venga riguardata nella sua funzione di sanzione, cioè nel suo contenuto afflittivo di carattere patrimoniale per chi la subisce, i limiti tecnici alla sua operatività sono legati alla sussistenza e ai limiti di vigenza nel singolo ordinamento del principio di personalità della pena: in questo caso, cioè, la ragione di tutela del terzo è legata alla vigenza del divieto di pena per fatto altrui»183.

Ciò premesso, il potere di disporre la confisca, nonché il relativo sequestro preventivo, trova un argine nell'art. 240 c.p. comma 3, dove è stabilito che le cose appartenenti al terzo estraneo al reato non sono confiscabili. La disposizione intende bilanciare l'interesse pubblico affinché si interrompa la relazione di disponibilità tra l'autore del reato ed il bene con quello privato del terzo, nella misura in cui l'ablazione (interinale o definitiva) arreca nocumento ai diritti vantati sulla res. Lo snodo ermeneutico passa attraverso i concetti di “appartenenza” ed “estraneità”, i quali circoscrivono l'applicazione dei due provvedimenti, l'uno cautelare, l'altro irrogato a seguito della condanna.

Preliminarmente, la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha dovuto affrontare la questione se siano sequestrabili, ex art. 321 comma 2, beni gravati da diritti reali di garanzia. I giudici di legittimità si sono confrontati, ad esempio, con l'ipotesi di libretti di risparmio

183 T. Epidendio, La confisca nel diritto penale e nel sistema delle responsabilità degli enti, cit., p. 139.

costituiti in pegno e non sono mancati contrasti giurisprudenziali184. A riguardo, le Sezioni Unite sono intervenute precisando che il vincolo pignoratizio, se idoneo a determinare un'indisponibilità materiale del bene da parte del debitore, non garantisce una cesura netta e assoluta tra questi e la cosa. Il pegno, infatti, non esaurisce «tutta la gamma delle facoltà inerenti alle reciproche posizioni giuridiche delle parti, tant'è che la proprietà delle cose resta al debitore garante, il quale come potrebbe cedere a terzi questo suo diritto (ancorché non assistito dal possesso e minacciato di esproprio) così potrebbe conservarlo per sé attivandosi medio tempore e fino alla scadenza, per l'estinzione dell'obbligazione garantita (per adempimento, per nullità, per prescrizione, per rinunzia, etc.) in modo da scongiurare la definitiva acquisizione del bene al creditore pignoratizio (artt. 2797-2798 c.c.) ed ottenere la restituzione della eadem res costituita in pegno»185. Il diritto di garanzia non sarebbe sufficiente, insomma, a impedire tutte le ipotesi astrattamente configurabili perché il reo rientri in possesso della cosa da ablare, tanto a titolo di sequestro impeditivo, quanto funzionale alla confisca. Onde evitare, tuttavia, che la cautela reale comprima eccessivamente le facoltà e i diritti spettanti al creditore pignoratizio estraneo al reato, il sequestro funzionale alla confisca, in virtù della scindibilità concettuale delle facoltà spettanti all'uno e all'altro

184 A proposito di libretti di risparmio costituiti in pegno, si vedano Cass., sez. I, 8 luglio 1991, in Cassazione penale, 1993, p. 49 e Cass., sez. II, 15 maggio 1992, ivi, 1993, p. 2596. Nel primo caso i giudici avevano escluso in radice l'applicazione del sequestro preventivo, argomentando che il vincolo pignoratizio privasse il presunto autore del reato della res ablanda e che la confiscabilità fosse esclusa. Il tutto sulla base di un concetto di appartenenza ampio che abbraccia anche i diritti reali di garanzia. Nel secondo, la Corte giunge ad esiti opposti, affermando la legittimità del sequestro ed evidenziando che i diritti del creditore pignoratizio non sono compressi eccessivamente, considerando la natura interinale della misura cautelare e la possibilità di neutralizzare l'effetto dell'eventuale confisca disposta a fine del procedimento, tramite impugnazione della sentenza di condanna nella parte in cui determina l'irrogazione della misura di sicurezza.

soggetto, deve essere disposto «limitatamente alle facoltà inerenti alla posizione del debitore garante, indagato o imputato: [sono] impregiudicate, anche qui, le facoltà correlativamente spettanti sulle stesse cose» al terzo. Il concetto di appartenenza, quindi, non si esaurisce nella sola proprietà ma include anche i diritti reali di godimento e garanzia186. Il giudice è però tenuto ad appurare l'appartenenza effettiva del bene ad un terzo. Di modo che «la mera intestazione a terzi del bene mobile utilizzato per realizzare il reato stesso, quando precisi elementi di fatto consentano di ritenere che l'intestazione sia del tutto fittizia e che in realtà sia l'autore dell'illecito ad avere la sostanziale disponibilità del bene»187 non determina l' appartenenza della res a persona estranea all'illecito penale.

L'individuazione dei requisiti perché il terzo sia considerato estraneo al reato risulta più articolata. In prima battuta, si può scindere la confisca di cose intrinsecamente illecite e pericolose, da quella facoltativa di beni che rivelano la loro pericolosità solo se lasciati nella disponibilità del reo. Nel primo caso, l'ordinamento antepone la finalità preventiva, volendo estromettere dal traffico giuridico-economico i beni di cui l'art. 240 comma 4 prescrive comunque la confisca anche se reperiti presso il terzo, salvo che la fabbricazione, l'uso, il porto, la detenzione o l'alienazione siano consentiti con apposita autorizzazione amministrativa. Nella seconda ipotesi, invece, il provvedimento ablatorio finale (e di conseguenza il relativo sequestro), se applicato

186 «L'orientamento giurisprudenziale consolidato fa riferimento, in sede penale, ad una nozione di appartenenza di più ampia portata rispetto al solo diritto di proprietà e che ricomprende i diritti reali di godimento e di garanzia che i terzi hanno sul bene» Cass., sez. Un., 19 gennaio 2012, n. 14484, in www.italgiure.giustizia.it . Si veda altresì la già citata Cass., sez. Un., 18 maggio 1994, in Cassazione penale, 1995, I, p. 528, per cui «il concetto di appartenenza cui fa riferimento il comma 3 dell'art. 240 c.p. per escludere la confiscabilità delle cose altrui non illecite in modo assoluto, non è limitato al diritto di proprietà, ma è esteso anche alle cose oggetto di diritti reali di garanzia».

indiscriminatamente ad ogni terzo, configurerebbe una sorta di responsabilità oggettiva per fatto altrui. Di qui la necessità dell'ordinamento di attingere anche a criteri soggettivi, che in qualche modo evochino una rimproverabilità del terzo idonea a imporgli la spoliazione del bene. Nel solco di queste considerazioni, la Cassazione188 ha negato tutela al diritto del terzo qualora «costui abbia tratto vantaggio dall'altrui attività criminosa e dovendo, anzi, riconoscersi la sussistenza, in una simile evenienza, di un collegamento tra la posizione del terzo e la commissione del fatto-reato». Il criterio oggettivo del vantaggio conseguito dal terzo, tuttavia, non è bastevole ad applicare la confisca ai beni che gli appartengono. Questo perché «il concetto di estraneità al reato è individuabile anche in presenza dell'elemento di carattere oggettivo integrato dalla derivazione di un vantaggio dall'altrui attività criminosa, purché sussista la connotazione soggettiva identificabile nella buona fede del terzo, ossia nella non conoscibilità – con l'uso della diligenza richiesta dalla situazione concreta – del predetto rapporto di derivazione della propria posizione soggettiva dal reato commesso dal condannato». La Corte, nella sentenza citata, conclude che «nella nozione di estraneità al reato non può mancare, dunque, un'impronta di carattere soggettivo, identificabile nella buona fede del terzo. L'impostazione del concetto su basi esclusivamente oggettive, indipendenti cioè dall'affidamento incolpevole, oltre a contrastare con i principi accolti dall'ordinamento in ordine alla circolazione giuridica dei beni mobili, condurrebbe a

188 Cass., sez. Un., 28 aprile 1999, n. 9, in Cassazione penale, pp. 2823 e ss. La vicenda ha ad oggetto la confisca applicabile ai sensi dell'art. 644 c.p. Malgrado trattasi di una confisca speciale, i giudici di legittimità hanno puntualizzato che «l'indubbia specialità della confisca regolata dall'ultimo comma dell'art. 644 c.p. non vale, tuttavia, a rendere la misura completamente autonoma dalla disciplina posta dall'art. 240 c.p., dovendo al contrario ritenersi che essa si innesta, pur sempre, sulla regolamentazione di diritto comune, che resta, perciò, applicabile nei punti non derogati dalle norme speciali».

risultati lesivi del principio di personalità della responsabilità penale sancito dall'art. 27 comma 1 Cost.». Una sentenza più recente, sempre resa dalle Sezioni Unite189, ha precisato ulteriormente che «il concetto di buona fede per il diritto penale è diverso da quello di buona fede civilistica a norma dell'art. 1147 cod.civ., dal momento che anche i profili di colposa inosservanza di doverose regole di cautela escludono che la posizione del soggetto acquirente o che vanti un titolo sui beni da confiscare o già confiscati sia giuridicamente da tutelare».

Quest'ultima pronuncia permette di esaurire l'argomento esaminando gli oneri probatori che gravano sulle parti. Discostandosi dall'orientamento espresso nella sentenza precedente, per cui è il terzo a dover provare tanto i fatti costitutivi della propria pretesa sul bene, quanto l'estraneità al reato, i giudici di legittimità hanno ritenuto ragionevole porre solo un «onere di allegazione a carico del terzo che voglia far valere un diritto acquisito sul bene in ordine agli elementi che concorrono ad integrare le condizioni di appartenenza del bene e di estraneità al reato dalle quali dipende l'operatività della situazione impeditiva o limitativa del potere di confisca esercitato dallo Stato», senza gravare il soggetto terzo di un onere probatorio pieno. È la pubblica accusa, pertanto, a dover dimostrare la non estraneità del terzo al reato perseguito.

Infine, il sequestro preventivo funzionale alla confisca trova anch'esso un limite nell'appartenenza della res ablanda a un terzo estraneo all'illecito penale. La giurisprudenza ha comunque precisato che «l'appartenenza a terzo estraneo al reato, quale causa ostativa alla confisca obbligatoria di bene non intrinsecamente pericoloso e, conseguentemente, allo stesso sequestro, deve, in sede di indagini preliminari, risultare in maniera palese attesa la necessaria sommarietà

degli accertamenti compiuti in tale fase»190.