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4 PROFILI DINAMICI DEL SEQUESTRO PREVENTIVO

4.3 sequestro preventivo: rilievi critici.

Nell'ambito cautelare, il principio di proporzione è chiamato a dirimere il conflitto che ha luogo tra un interesse pubblico perseguito dall'ordinamento (incarnato in una specifica esigenza cui l'intervento interinale è finalizzato) e la lesione dei diritti del destinatario, conseguente all'applicazione del provvedimento. Il giudizio di proporzionalità ha ad oggetto la misura ed il reticolato di relazioni in cui essa si inserisce nell'esperimento dell'azione cautelare. Più dettagliatamente, ogni strumento cautelare intende perseguire uno scopo, per così dire, positivo che corrisponde alla salvaguardia di specifiche esigenze previste dalla legge. Per fare questo, tuttavia, incide su dei diritti e delle libertà tutelati a livello costituzionale e si traduce nell'imposizione di un sacrificio a chi subisce il provvedimento. Vengono quindi in considerazione «tre elementi [...]: lo scopo positivo perseguito, lo scopo pregiudizievole e un mezzo, allo stesso tempo vantaggioso e svantaggioso»313.

L'”architettura” del giudizio di proporzionalità è composta da un primo rapporto che si instaura tra la misura cautelare e l'interesse pubblico tutelato. Esso è vagliato alla luce del criterio di adeguatezza, che è espressivo della capacità dello strumento cautelare di conseguire il risultato positivo per cui è impiegato. La seconda relazione che viene in esame, invece, confronta il mezzo utilizzato con la lesione inflitta ai

313 A. Maugeri, Le moderne sanzioni patrimoniali tra funzionalità e garantismo, cit., pp. 631-632, con ampi richiami all'elaborazione dottrinale tedesca ed austriaca.

diritti del destinatario del provvedimento. In questo frangente, le considerazioni si ispirano al principio del minor sacrificio314, il quale può operare su piani diversi; intanto, ha rilevanza in un sistema improntato alla pluralità delle misure cautelari, ordinate secondo una crescente afflittività dei relativi contenuti. In questo senso si atteggia come parametro di gradualità, ossia preferenza per il mezzo meno lesivo tra quelli idonei a garantire l'esigenza sottesa all'intervento. Il principio del minor sacrificio, tuttavia, può avere una valenza interna a ciascun mezzo singolarmente considerato. Agisce, cioè, modulando l'esecuzione e le modalità attuative della misura, ove possibile graduarle, e nel farlo predilige le meno afflittive che siano comunque adeguate a soddisfare le esigenze cautelari.

Lo schema concettuale riporta una visione “atomizzata” del principio di proporzione. L'art. 275 c.p.p. adatta gli elementi richiamati alle misure cautelari personali. Essi sono articolati tenendo a mente che i mezzi considerati hanno direttamente la persona come destinatario e incidano, in maniera diversa e graduata, sulla libertà personale. Per quanto riguarda i sequestri conservativo e preventivo, invece, non è prevista una norma generale che imponga al giudice la valutazione dell'adeguatezza, gradualità e in generale della proporzionalità per disporre i relativi provvedimenti. La domanda è se sia possibile, se non esigibile, questo passaggio anche nella vicenda cautelare reale o se il silenzio del legislatore ne escluda la sussistenza.

Nei primi anni di vigenza del nuovo codice, la giurisprudenza non seguì percorsi univoci nel concedere cittadinanza ai principi di

314 «Entro il “ventaglio” delle misure prefigurate dalla legge, il giudice deve individuare quelle astrattamente idonee a tutelare le esigenze cautelari nel caso concreto e prescegliere la meno afflittiva. Soltanto in tal modo è possibile ridurre al minimo indispensabile la limitazione della libertà dell'individuo in un momento anteriore rispetto alla pronuncia della condanna definitiva» P. Tonini, Manuale di procedura penale, cit., p. 436.

proporzionalità, gradualità ed adeguatezza nel sequestro preventivo. In alcuni casi, infatti, i giudici sbarrarono l'ingresso a tali valutazioni per via dell'assenza di esplicite indicazioni normative315. Altre pronunce, invece, si mostrarono maggiormente aperte nel dichiarare che «i principi di adeguatezza, proporzionalità e minor sacrificio dei diritti, legislativamente previsti in relazione alle misure cautelari personali, non possono considerarsi estranei, anzi sono applicabili e compatibili con le misure cautelari reali»316.

Prescindendo dal valore dato al silenzio legislativo, si è obbiettato che il principio di gradualità non potrebbe applicarsi al sequestro preventivo perché, a differenza delle misure cautelari personali, per le reali non esiste una pluralità di mezzi esperibili. Le uniche disciplinate sono, per l'appunto, il sequestro preventivo e quello conservativo, i quali sono funzionali ad esigenze cautelari distinte e non intercambiabili. Oltretutto, ad entrambi gli istituti consegue una situazione di indisponibilità del bene, la qual cosa, a livello di risultato pratico, non determinerebbe una riduzione del sacrificio al diritto di proprietà imposto con il vincolo, essendo materialmente lo stesso per i due sequestri. Manca, in ultima analisi, un catalogo da cui scegliere la misura meno afflittiva e, pertanto, il principio di gradualità non sarebbe concretamente applicabile.

All'argomento esposto, tuttavia, si oppose una prima dottrina che fece leva sull'art. 104 disp. att.. Esso conteneva un rinvio all'art. 85 disp. att., in tema di sequestro probatorio, il quale tuttora sancisce che «quando sono state sequestrate cose che possono essere restituite previa esecuzione di specifiche prescrizioni, l'autorità giudiziaria, se l'interessato consente, ne ordina la restituzione impartendo le

315 Cass., sez. I, 26 aprile 1990, in Il foro italiano, 1990, II, p. 566, in cui si statuisce che «il principio di proporzionalità è estraneo alla misura in questione».

prescrizioni del caso e imponendo una idonea cauzione a garanzia dell'esecuzioni nel termine stabilito». La restituzione subordinata all'adempimento di specifiche prescrizioni permetteva di graduare l'intensità dell'intervento cautelare, sostituendo a posteriori il sequestro con adempimenti minori e funzionali a garantire comunque le esigenze cautelari sottese alla misura impartita dal giudice. Si ritenne così che «la norma enunciata in tale disposizione costituisse diretta applicazione del menzionato principio generale [del sacrificio minimo]: con essa, infatti, si prescriveva all'autorità giudiziaria di rimuovere il vincolo di indisponibilità sul bene ogniqualvolta il soddisfacimento delle esigenze cautelari cui lo stesso era preordinato potesse egualmente realizzarsi attraverso l'imposizione di idonee prescrizioni che, senza sacrificare la libera fruibilità del bene, consentissero l'eliminazione della situazione di pericolo»317. La l. 15 luglio 2009, n. 94, ha però modificato l'art. 104 disp. att., elidendo il riferimento all'art. 85. La tesi a sostegno dell'applicazione dei principi in esameè stata pertanto minata, «fortemente indebolita dall'abrogazione del rinvio alle norme sul sequestro probatorio»318. La giurisprudenza successiva ha proposto un percorso diverso per l'applicazione del principio di gradualità. Esso non è stato considerato internamente alla categoria delle misure cautelari reali, bensì prendendo a riferimento anche il novero delle interdittive. Si è così stabilito che «il giudice deve motivare adeguatamente sull'impossibilità di conseguire il medesimo risultato cautelare reale con una meno invasiva misura interdittiva»319. In particolare, per i

317 L. Fiore, Accertamento dei presupposti e problematiche applicative in tema di sequestro preventivo, in Rivista italiana di diritto e procedura penale, 1995, p. 560. 318 P. Gualtieri, Sequestro preventivo, in AA.VV., Procedura penale. Teoria e pratica del processo, cit., p. 377.

319 Cass., sez. III, 15 dicembre 2011, n. 12500, in Cassazione penale, 2012, II semestre, III, p. 4167.

giudici della terza sezione, l'assunto non discenderebbe da un'applicazione analogica dell'art. 275 c.p.p., bensì dal periculum in

mora del sequestro impeditivo, «perché è necessario verificare: a) se

l'aggravamento o la protrazione delle conseguenze del reato possono essere evitati senza privare l'avente diritto della disponibilità della cosa; b) se il sequestro preventivo è sufficiente a garantire tale risultato; c) se tale risultato può essere conseguito con misure meno invasive». L'accostamento delle cautele reali alle misure interdittive appare naturale, data la distinzione spesso labile tra le due categorie. Si pensi, ad esempio, «da un lato a una misura interdittiva quale il divieto temporaneo di esercitare una determinata attività di impresa (soggetta di regola ai limiti di cui agli artt. 287 e 308 c.p.p., quanto a pene edittali e durata) così come prevista dall'art. 290 c.p.p., e si consideri dall'altro lato il sequestro preventivo di una azienda (che tali limiti non ha)»320. L'orientamento espresso è apprezzabile per l'intento di dedicare rilevanza e spazio al principio in esame, ma offre il fianco ad alcune critiche321. Si registra un'aporia quando il sequestro, tanto impeditivo, quanto funzionale alla confisca, può essere disposto in presenza dei requisiti di legge per qualsiasi reato, delittuoso o contravvenzionale, senza che rilevi la pena edittale prevista dalla fattispecie incriminatrice. Di contro, le misure interdittive, stante l'art. 287 c.p.p., sono applicabili solo per i delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo di tre anni. Il che, da un lato, impedirebbe di graduare l'intervento cautelare quando la fattispecie perseguita non permette di disporre una misura

320 D. Potetti, Sequestro preventivo e ordini di fare: quali limiti?, in Cassazione penale, 1995, II, p. 1422.

321 La specifica questione della gradualità tra sequestro preventivo e misure interdittive è approfondita da L. Milani, Proporzionalità, adeguatezza e gradualità in tema di sequestro preventivo, in Cassazione penale, 2012, II semestre, III, pp. 4172- 4173.

interdittiva. Quest'ultima, dall'altro, richiede esplicitamente i gravi indizi di colpevolezza per essere irrogata, ex art. 273 c.p.p., diversamente da quanto sostenuto dai giudici per il fumus commissi

delicti del sequestro preventivo (supra 2.1, 3.2, 3.3, 3.5). Sarebbe

allora desiderabile un intervento del legislatore teso a disciplinare il principio di gradualità nel sequestro preventivo.

La modifica dell'art. 104 disp. att. apportata con la l. 15 luglio 2009, n. 94 ha eroso le possibilità di modulare gli effetti del sequestro preventivo tramite l'impartizione di specifiche prescrizioni per disporre la restituzione della res. Già sotto il codice previgente «al divieto di utilizzare la cosa sequestrata, che si accompagna alla creazione del vincolo, fa seguito in sede di restituzione l'imposizione di un vero e proprio facere che intende riportare il rapporto tra persona e cosa ad una dimensione di liceità»322. Il medesimo meccanismo poteva prestarsi per calibrare la gradualità della misura; ciò considerando il sequestro preventivo una sorta di extrema ratio, cui pervenire in assenza di valide alternative meno afflittive che scongiurassero il rischio di un aggravamento delle conseguenze del reato. Il nuovo dato normativo indebolisce e priva di fondamento la tesi secondo cui «negare che il provvedimento di sequestro preventivo possa anche contenere prescrizioni di fare di natura complementare e accessoria alle finalità della misura cautelare, significherebbe non considerare adeguatamente la stessa efficacia concreta»323 dell'istituto. D'altro canto, il suddetto orientamento, anche se finalizzato ad ampliare la graduabilità e proporzionalità dell'intervento cautelare, sconfinerebbe nel terreno dell'atipicità. Le disposizioni sul vincolo tacciono, infatti,

322 E. Amodio, Dal sequestro in funzione probatoria al sequestro preventivo: nuove dimensioni della coercizione reale nella prassi e nella giurisprudenza, in Cassazione penale, 1982, p. 1073.

323 D. Potetti, Sequestro preventivo e ordini di fare: quali limiti?, in Cassazione penale, 1995, II, p. 1425.

circa il contenuto che dovrebbero assumere le suddette prescrizioni. Il rischio è di sdoganare «misure cautelari atipiche, dai confini inafferrabili, in grado di incidere negativamente su diritti costituzionalmente protetti e senza altri rimedi che il ricorso per cassazione per abnormità dell'atto o un problematico incidente di esecuzione»324. L'intervento legislativo precedentemente invocato dovrebbe farsi carico di affrontare anche questo argomento, curando in particolare la ricerca di una maggiore determinatezza nel regolare le prescrizioni accessorie al sequestro preventivo. Una necessità analoga si è avvertita, come visto, con riferimento al sequestro di siti online, con la questione dell'ordine di oscurare la pagina che l'autorità giudiziaria impone ai web providers (supra 2.4.2).

Le questioni brevemente riportate segnalano, da una parte, la necessità di graduare il sequestro preventivo alla luce dell'afflittività che la misura comporta, e, dall'altra, un tessuto normativo che, proprio per le cautele reali, sembra trascurare una definizione e modalità di applicazione dei suddetti principi. Tuttavia, il nuovo art. 114-bis delle disposizioni attuative, introdotto proprio con la l. 94 del 2009, è indicativo di una maggiore sensibilità del legislatore alla necessità di graduare e proporzionare l'intervento ablativo. La disposizione prevede la nomina di un amministratore giudiziario quando il sequestro preventivo ha ad oggetto aziende, società ed altri beni di cui sia necessario assicurare l'amministrazione. Il meccanismo cerca di bilanciare i diritti e gli interessi coinvolti in particolari vicende cautelari, come ad esempio il diritto all'occupazione e mantenimento del posto di lavoro o l'interesse affinché l'attività imprenditoriale prosegua per non arrecare gravi o irreperabili pregiudizi con

324 P. Gualtieri, Sequestro preventivo, in AA.VV., Procedura penale. Teoria e pratica del processo, cit., p. 380.

l'interruzione e cessazione temporanea. Non si rinuncia alle esigenze cautelari, poiché la disciplina comunque recide il legame tra bene e titolare. Al contempo, non si sacrificano o comprimono smodatamente diritti, libertà e interessi costituzionalmente rilevanti e, in particolare, si permette di proseguire l'attività economica. Con il provvedimento «il giudice fissa un obiettivo, corrispondente all'annientamento – o quanto meno alla riduzione – delle cause che determinano il periculum in

mora, e individua nell'amministratore giudiziario il soggetto tenuto a

fare il possibile per conseguirlo. Sarà poi l'amministratore a bilanciare le esigenze di repressione delle attività illecite con la salvaguardia delle prerogative connesse all'attività imprenditoriale»325. La norma, lodevole per le finalità che si propone, solleva delle perplessità circa la possibilità di nominare amministratore un soggetto non presente negli albi appositi. In particolare, il dato letterale non esclude che tale persona sia individuata nel titolare dell'azienda o nell'amministratore dell'impresa. L'eventualità presenterebbe il vantaggio di designare una persona che è già a conoscenza della situazione degli stabilimenti sequestrati. Tuttavia non sfugge la necessità di valutare con attenzione l'opportunità di una scelta simile, in quanto mantiene di fatto intatto il legame tra titolare e res sequestrata, con il rischio concreto che si persista nell'attività criminosa o si aggravino le conseguenze dei reati compiuti.

Una svolta ancora più consapevole da parte del legislatore si è manifestata con il d.l. 3 dicembre 2012, n. 207. La normativa modifica la disciplina del sequestro preventivo quando ha ad oggetto stabilimenti di interesse nazionale che abbiano almeno 200 lavoratori subordinati occupati. L'art. 1 prevede che il ministro dell'ambiente

325 L. Milani, Proporzionalità, adeguatezza e gradualità in tema di sequestro preventivo, in Cassazione penale, 2012, III, II semestre, p. 4177.

possa autorizzare in sede di riesame A.I.A. (autorizzazione ambientale integrata) «la prosecuzione dell'attività produttiva per un periodo di tempo determinato non superiore a 36 mesi ed a condizione che vengano adempiute le prescrizioni contenute nel provvedimento di riesame della medesima autorizzazione, secondo le procedure ed i termini ivi indicati». L'art. 4, infine, sancisce che il sequestro preventivo degli stabilimenti in questione non impedisce che si continui l'attività autorizzata dal governo. Le novità di rilievo concernono le modalità attuative della cautela reale e la possibilità che la pubblica amministrazione conceda la facoltà d'uso degli impianti produttivi vincolati. Si configura così una categoria speciale di sequestro preventivo, in quanto «mentre gli artt. 104 e 104-bis disp. att. rimettono al giudice la valutazione in ordine all'utilizzo dei beni (ben potendo egli decidere di non consentirlo), nel d.l. n. 207 del 2012 la stessa possibilità è prevalutata dal legislatore. Quest'ultimo effettua il bilanciamento tra gli interessi in gioco, individuando il punto di equilibrio nella prosecuzione dell'attività produttiva, che può essere autorizzata dal ministro dell'ambiente in sede di riesame AIA. È quindi l'esecutivo (e non il giudice) a valutare l'opportunità dell'utilizzo, da parte dell'impresa, dei beni sequestrati»326. È notevole il distacco concettuale dal sequestro c.d. impeditivo, dove la misura mira a recidere il legame tra il titolare e la res perché idoneo ad aggravare le conseguenze del reato o commettere altri illeciti. Il d.l. n. 207 del 2012, invece, ha un approccio che desidera salvaguardare le esigenze occupazionali e, appunto, graduare l'afflittività dell'intervento interinale. L'idea di un migliore e più sensibile bilanciamento degli interessi in gioco che permea la novella legislativa è stata “benedetta”

326 P. Tonini, Il caso ILVA induce a ripensare le finalità e gli effetti del sequestro preventivo, in Diritto penale e processo, 2014, 10, p. 1155.

dalla Consulta, la quale ha osservato in una celebre statuizione che «tutti i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano in rapporto di integrazione reciproca e non è possibile pertanto individuare uno di essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri. La tutela deve essere sempre sistemica e non frazionata in una serie di norme non coordinate ed in potenziale conflitto tra loro. Se così non fosse, si verificherebbe l’illimitata espansione di uno dei diritti, che diverrebbe “tiranno” nei confronti delle altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e protette, che costituiscono, nel loro insieme, espressione della dignità della persona»327.

Da ultimo, alcuni autori hanno ravviato una violazione del principio di eguaglianza, in quanto la normativa è applicabile solamente agli stabilimenti di interesse nazionale con 200 o più lavoratori occupati, mentre sarebbero discriminate le imprese con livelli occupazionali minori328. La critica non è condivisibile, atteso che il d.l. n. 207 del 2012 disciplina un particolare procedimento amministrativo e le facoltà attribuite alla pubblica amministrazione. Identiche procedure possono risultare concretamente inapplicabili in determinate realtà produttive di minore grandezza. Ulteriormente, nella sentenza n. 85 del 2013 i giudici costituzionali hanno ricordato come l'indice numerio dei lavoratori occupati non sia una soglia estranea all'ordinamento, in quanto già impiegata dal legislatore nella disciplina

327 C. Cost., 9 maggio 2013, n. 85, in Giurisprudenza costituzionale, 2013, III, pp. 1478-1479.

328 P. Tonini, Il caso ILVA induce a ripensare le finalità e gli effetti del sequestro preventivo, in Diritto penale e processo, 2014, 10, p. 1158, per cui «le necessità legate alla continuità dell'attività produttiva ed al mantenimento dei livelli occupazionali assumono un ruolo centrale anche negli stabilimenti che non presentano i requisiti richiesti dalla normativa in commento. È possibile affermare che, oltre a tale ambito, vi sono situazioni simili alle quali dovrebbero estendersi i nuovi requisiti del sequestro preventivo. In definitiva, […] una nuova regolamentazione deve essere introdotta in modo espresso dal codice; ove non lo fosse la soluzione obbligata è una declaratoria di illegittimità costituzionale per lesione del principio di eguaglianza».

dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza. In questo caso, «la tutela dell'attività imprenditoriale e dei livelli occupazionali, come indicati, giustifica la sottrazione dell'impresa insolvente al fallimento e l'ingresso in una procedura concorsuale ad hoc, con finalità di conservazione delle attività aziendali, mediante prosecuzione, riattivazione e riconversione dell'esercizio». Il d.l. n. 207/2012 «presenta caratteristiche analoghe, in quanto mira a perpetuare l'esistenza di grandi aziende, la cui chiusura avrebbe gravi effetti sui livelli di occupazione. Si tratta quindi di una disciplina differenziata per situazioni a loro volta differenziate, meritevoli di specifica attenzione da parte del legislatore, che non viola pertanto il principio di eguaglianza»329.

La tendenza delle ultime novità legislative segnala un superamento dell'idea «secondo cui la fase cautelare è intrinsecamente inidonea ad accogliere l’attività di contemperamento degli interessi in gioco perché, soprattutto in ragione della prassi attuale, essa è diventata il luogo della penalità per eccellenza»330. La strada tracciata induce ad una configurazione dell'istituto sempre più conforme ai canoni della proporzionalità, «anche per quanto attiene alla custodia dei beni sequestrati, considerata peraltro in una prospettiva più dinamica di quella tradizionale»331. Nell'orizzonte immediato, però, non sembra intravedersi un intervento del legislatore di più ampio respiro, capace di adeguare in via generale, e non solo tramite interventi settoriali, il sistema cautelare reale ad una più ampia ed effettiva graduazione. Nell'attesa, l'interprete dovrà valorizzare i requisiti di legge per disporre il provvedimento e ricercare al loro interno le soluzioni più

329 C. Cost., 9 maggio 2013, n. 85, in Giurisprudenza costituzionale, 2013, III, p. 1482

330 L. Gabriele, Caso ILVA: il d.lgs. n. 231 del 2001, il problema occupazionale ed i poteri del giudice penale, in www.penalecontemporaneo.it

consone ad una graduazione dell'intervento ablativo.