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3 IL SEQUESTRO FUNZIONALE ALLA CONFISCA

3.1 Cenni generali in tema di confisca

Il sequestro preventivo all'art. 321 comma 2 c.p.p. si contraddistingue da quello impeditivo per la relazione strumentale con la futura confisca. L'istituto presenta una finalità diversa dalla fattispecie del primo comma, in quanto mira ad assicurare i beni confiscabili alla misura di sicurezza che verrà eventualmente disposta all'esito del giudizio. Tra i due provvedimenti, l'uno interinale e l'altro definitivo, si instaura un rapporto stretto, capace di incidere sui presupposti del sequestro. Mutuando le parole della Consulta «è evidente che anche i requisiti di sequestrabilità debbano essere necessariamente calibrati sulla falsariga di quelli previsti per l'adozione del provvedimento ablatorio definitivo». Tant'è che la correlazione fra i due istituti implica che «soltanto deducendo l'illegittimità costituzionale del secondo potrebbe venire in discorso l'illegittimità del primo»119. Le statuizioni della Corte Costituzionale, quantunque riferite a un caso di confisca speciale (ex art. 12-sexies del d.l. 8 giugno 1992, n. 306, covertito con la l. 7 agosto 1992, n. 356), hanno portata generale e forniscono degli assi cartesiani di riferimento in cui collocare la misura cautelare. È opportuno preliminarmente esplorare la nozione di confisca, quantomeno attraverso dei cenni sintetici, per poter comprendere meglio i tratti salienti del sequestro funzionale ad essa.

Il concetto di confisca è risalente nel tempo nella tradizione giuridica occidentale. Per il diritto romano repubblicano, la publicatio bonorum

119 C. cost., ord. 29 gennaio 1996, n. 19, in Giurisprudenza costituzionale, 1996, I, p. 171.

consisteva nell'ablazione a favore dell'erario dell'intero patrimonio di chi avesse perso lo status di cittadino. L'afflittività dello strumento era tale che «aveva portato addirittura all'uso del suicidio in funzione antifiscale, in quanto, morendo prima della condanna, si evitava la confisca del patrimonio e questo poteva essere trasmesso agli eredi»120. A partire dal Basso Medioevo, il destino della confisca si intrecciò con il processo di formazione degli Stati nazionali; le guerre, l'allestimento di un apparato di funzionari, le spese per il mantenimento delle corti dei monarchi assoluti imponevano oneri a carico delle finanze pubbliche. La misura era sempre più improntata come mezzo valido ed efficace per rimpinguarle e garantire introiti ai sovrani121. Perlopiù era decretata indiscriminatamente rispetto al quantum o al delitto commesso e sovente accompagnava intenti di persecuzione ideologica e politica122.

L'Illuminismo prima e l'Ottocento liberale poi, contribuirono a stemperare alcune delle connotazioni più aspre dell'istituto. Alcune esperienze giuridiche imposero la confisca solo per i crimini più aggravi, mentre in alcuni casi fu addirittura abolita123. Le istanze mitigratrici trovarono terreno fertile con l'affermarsi della

120 T. Epidendio, La confisca nel diritto penale e nel sistema delle responsabilità degli enti, Cedam, 2011, p. 9.

121 «Nel basso Medio Evo, infatti, e sino al XVIII secolo, la misura ablatoria dei beni divenne, in sostanza, uno strumento di acquisizione della totalità del patrimonio del reo al fine di riempire le casse di sovrani e principi senza discernimento rispetto al quantum o al delitto commesso» T. Epidendio, La confisca nel diritto penale e nel sistema delle responsabilità degli enti, cit., pp. 9-10. Eloquente il richiamo fatto dall'autore al Dei delitti e delle pene del Beccaria per cui «i delitti degli uomini erano il patrimonio del principe».

122 Un utilizzo della confisca come strumento persecutorio è riscontrabile anche nel passato più recente, se si guarda all'esperienza nostrana delle leggi razziali, «nelle quali la confisca dei beni era solo il riverbero patrimoniale della ben più radicale negazione della qualità di "soggetto"» A. Alessandri, voce Confisca nel diritto penale, in Digesto delle discipline penalistiche, IV, Utet, 1989, p. 42.

123 Per una rassegna delle riforme apportate in Europa dai vari sovrani illuminati e dell'Ottocento, si veda A. Maugeri, Le moderne sanzioni patrimoniali tra funzionalità e garantismo, Giuffré, 2001, pp. 30-31.

responsabilità individuale e delle sue basi materiali, per cui diveniva sempre più «incompatibile con il mutato assetto del sistema criminale una "pena" che colpiva inevitabilmente soggetti diversi dall'autore del "fatto", quel "fatto" che si avviava a divenire il perno di tutto il fenomeno punitivo»124. In generale, si ravvisa la tendenza dell'epoca di passare dalla confisca generale, che aggrediva il patrimonio del reo nella sua interezza, a quella parziale o speciale, che colpiva solo alcuni beni specifici.

Lo scenario attuale assegna alla confisca un ruolo privilegiato nel contrasto ai fenomeni della criminalità organizzata e dell'impresa criminale. In ambito politico, «presa coscienza della sempre maggiore presenza di una c.d. criminalità del profitto, ossia dell'affermazione di forme di manifestazione del reato che, sebbene non compiute nell'ambito di un'attività completamente illecita, tendono in maniera sistematica od occasionale al conseguimento di un profitto, gli ordinamenti giuridici hanno rilevato l'esorbitante accumulo di ricchezza da attività illecite e hanno avvertito l'esigenza di garantire la salvaguardia non solo dell'ordine pubblico, ma anche di quello economico»125. Il diritto penale è stato costretto a ripensarsi nei fondamenti126, superando la concezione tradizionale che individua nella pena detentiva il mezzo principe per reprimere e perseguire la commissione di un reato. La complessa dinamica con cui si svolge l'attività delittuosa in forme associative ha indotto gli Stati ad un

124 A. Alessandri, voce Confisca nel diritto penale, in Digesto delle discipline penalistiche, cit., p 43.

125 F. Vergine, Il contrasto all'illegalità economica. Confisca e sequestro per equivalente, Cedam, 2012, p 48.

126 Il recupero del profitto di reato «diventa obbiettivo inderogabile del sistema sanzionatorio, che non si accontenta più della sola pena detentiva quale deterrente nella lotta al crimine, ma si incentra sulla sottrazione dei vantaggi derivanti dalla sua consumazione» A. Bargi, La rarefazione delle garanzie costituzionali nella disciplina della confisca per equivalente, in Giurisprudenza italiana, 2009, p. 2072.

approccio diverso, teso semmai ad aggredire i patrimoni di origine illecita. A livello internazionale è ormai maturata la consapevolezza che la lotta alla criminalità organizzata passa in primis attraverso una neutralizzazione dei proventi che realizza operando nei settori economici, amministrativi ed istituzionali (infra 6.2). L'obiettivo principale diventa l'acquisizione delle ricchezze illecite, per impedire che siano incamerate dalle associazioni delittuose e impiegate per finanziare ulteriori attività criminose. È naturale che la confisca, come strumento che realizza l'ablazione definitiva in favore dello Stato, abbia suscitato l'interesse della comunità internazionale negli sforzi mirati a contrastare il crimine su larga scala. Al contempo, sottraendo i profitti derivanti dai reati posti in essere, si lancia il monito, banale ma efficace, per cui "il crimine non paga" e si attua un principio di giustizia sostanziale.

Conseguentemente, la politica criminale si è indirizzata nel senso di rendere più efficiente il processo di aggressione ai patrimoni che costituiscono provento dai reati. Si sono introdotti, ad esempio, meccanismi presuntivi e semplificatori che agevolano gli inquirenti per l'individuazione delle cose confiscabili o permettono di ablare anche beni diversi, equivalenti nel valore ai proventi di reato che l'autorità non riesce a recuperare, perché ad esempio occultati o riciclati o ancora alienati. Si è prodotta così una congerie di leggi speciali in cui figurano ipotesi particolari di confisca127, che si discostano dal modello classico della misura di sicurezza patrimoniale di cui all'art. 240 c.p., al

127 Senza pretesa di presentare un elenco esaustivo, tra gli esempi principali si menzionano la confisca prevista per i reati di contrabbando nel T.U. n. 43/1973, la confisca come misura di prevenzione antimafia della l. n. 575/1965, la c.d. “confisca per sproporzione” di cui all'art. 12-sexies della l. 356/1992, quella disposta per il contrasto di fenomeni corruttivi dei pubblici ufficiali introdotta dalla l. 300/2000 e le varie ipotesi che costellano il d.lgs. 231/2001in tema di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche e società.

punto che dell'istituto non si può predicare un'unitarietà concettuale e, più che di confisca, sarebbe opportuno parlare di confische. L'assunto non è nuovo per i giudici. Basti pensare che già negli anni Sessanta era «noto che la confisca può presentarsi, nelle leggi che la prevedono, con varia natura giuridica. Il suo contenuto, infatti, é sempre la stessa privazione di beni economici, ma questa può essere disposta per diversi motivi e indirizzata a varia finalità, sì da assumere, volta per volta, natura e funzione o di pena, o di misura di sicurezza, ovvero anche di misura giuridica civile e amministrativa». Pertanto, si deve considerare non «una astratta e generica figura di confisca, ma, in concreto, la confisca così come risulta da una determinata legge»128. L'argomento centrale in tema di confisca è la natura dell'istituto. Topograficamente, il codice penale la annovera tra le misure di sicurezza all'art. 240, distinguendo ipotesi facoltative ed obbligatorie. Da tempo però alcuni autori hanno sollevato rilievi critici e hanno attribuito alla confisca natura di pena, focalizzandosi sulla sua durata perpetua129 e sul tenore afflittivo che ne contraddistingue il contenuto. In particolare, nelle norme speciali, «la privilegiata – o addirittura esclusiva – attenzione mostrata dal legislatore nei confronti della confisca obbligatoria rivela una sempre più accentuata curvatura dell'istituto verso soluzioni qualificabili in termini di pena accessoria»130. Il tratto dell'obbligatorietà disvela «il riconoscimento di

128 C. cost., 9 giugno 1961, n. 29 , in Giurisprudenza costituzionale, 1961, p. 562. 129 «Una perpetuità che risulta stridente con una finalità effettivamente preventiva e molto più in linea, invece, con una funzione repressiva o comunque punitiva» A. Alessandri, voce Confisca nel diritto penale, in Digesto delle discipline penalistiche, cit., p. 47.

130 A. Alessandri, voce Confisca nel diritto penale, in Digesto delle discipline penalistiche, cit., p 50. Parlando delle ipotesi di confisca previste da leggi e norme speciali, essa è «generalmente concepita come obbligatoria anche laddove si tratta di cose normalmente sottoposte alla confisca facoltativa, e va sempre più assumendo una funzione generalpreventiva dissuasiva, con connotati repressivi propri delle pene accessorie, come la sua alternatività o sostituibilità con altre pene accessorie» A.

una funzione schiettamente punitivo-repressiva della stessa, che mira ad un'espoliazione della res a prescindere dalla sua capacità di condizionare la condotta del reo per il futuro, nel senso di rappresentare l'incentivo o il mezzo per delinquere nuovamente»131. È di tutta evidenza come la questione non verta solamente su aspetti teorici e privi di risvolti pratici, poiché la classificazione come misura di sicurezza o pena accessoria determina conseguenze diverse in punto di garanzie132.

Uno stimolo importante per la discussione proviene dall'ordinamento sovrannazionale. Si riscontra la coesistenza ambigua di due direttrici di fondo. Da un lato, la direzione assunta dagli Stati verso forme di cooperazione e riconoscimento reciproco dei provvedimenti finalizzati all'apprensione dei proventi della criminalità organizzata, nella consapevolezza di una sua dimensione transnazionale133. Dall'altro, la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo ha intensificato negli ultimi anni un'azione mirata a circoscrivere alcuni degli aspetti più confliggenti con i parametri dettati dalla CEDU delle confische

Maugeri, Le moderne sanzioni patrimoniali tra funzionalità e garantismo, cit., p. 514.

131 F. Vergine, Il contrasto all'illegalità economica. Confisca e sequestro per equivalente, cit., p. 66.

132 Alla confisca si applica, in quanto misura di sicurezza, l'art. 200 c.p. per cui «le misure di sicurezza sono regolate dalla legge in vigore al momento della loro applicazione». Se l'istituto si atteggia alla stregua di una pena, la sua disposizione a seguito di un fatto per cui, al momento della commissione, non era punito con la confisca-sanzione, violerebbe il principio di irretroattività della legge penale. 133 Si riportano, tra le varie, la Convenzione di Vienna del 19 dicembre 1988 adottata dalle Nazioni Unite per il contrasto ai fenomeni di narcotraffico e al correlativo riciclaggio dei proventi ricavati dalle attività di produzione e commercio di droga e la Convenzione di Strasburgo dell'8 novembre 1990 sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato. Più recentemente, la Convenzione OCSE del 17 dicembre 1997, attuata tramite la l. 29 settembre 2000, n. 300 con la quale è stato introdotto l'art. 322-ter c.p., che rende obbligatoria la confisca del profitto e prezzo dei reati di cui agli artt. 314-320 c.p. Infine, le conclusioni del Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999 in materia di cooperazione giudiziaria, con il quale si è affermato il principio del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie tra gli Stati membri.

sviluppate negli ordinamenti nazionali. I giudici di Strasburgo si sono sempre più orientati «verso un penetrante controllo sulla coerenza delle varie figure di misure patrimoniali con le garanzie fondamentali sancite dalla Convenzione nel campo del diritto sostanziale e del processo equo»134. Nel contesto della lotta al recupero dei proventi illeciti, la Corte ha posto dei paletti alle tendenze legislative di predisporre meccanismi di semplificazione probatoria, in ordine alla dimostrazione della derivazione criminale dei beni confiscandi. Nella sentenza Geerings, il giudice di Strasburgo ha affermato che «se non viene accertato, oltre ogni ragionevole dubbio, che l'interessato ha effettivamente commesso il reato e se non è possibile stabilire che egli ha realmente ottenuto un qualche profitto, una simile misura può fondarsi soltanto su una presunzione di colpevolezza, incompatibile con l'art. 6.2»135.

Quanto a vicende nostrane, merita ricordare il caso di Punta Perotti. Gli imputati sono stati prosciolti in Cassazione dalle contravvenzioni in materia urbanistica, edilizia e ambientale contestate, in quanto i fatti non costituivano reato, difettando l'elemento soggettivo per un errore scusabile nell'interpretazione delle norme violate. La Corte di legittimità ha comunque disposto la confisca dei terreni abusivamente lottizzati, considerando la misura alla stregua di una sanzione amministrativa, applicabile dal giudice in forza dell'art. 19 della l. 28 febbraio 1985, n. 47, anche in caso di proscioglimento, salvo che il fatto non sussista. Gli imputati presentavano ricorso contro la decisione presso la Corte europea dei diritti dell'uomo. In sede di ricevibilità136, i giudici di Strasburgo hanno rovesciato l'impostazione

134 A. Balsamo, La speciale confisca contro la lottizzazione abusiva davanti alla Corte europea, in Cassazione penale, 2008, IV, p. 3505.

135 Corte edu, sez. III, 1 marzo 2007, Geerings c. Paesi Bassi, in Cassazione penale, 2007, IV, p. 3931.

nazionale, qualificando la misura come una pena vera e propria, sottoposta alle garanzie promosse dall'art. 7 della CEDU. Gli indici impiegati per giungere a tale conclusione (la lottizzazione abusiva era stata accertata da un giudice penale, la confisca non perseguiva logiche riparatorie bensì punitive, dato l'ampio oggetto ampio del provvedimento includente per l'85% terreni che nemmeno erano stati edificati, e la gravità stessa della sanzione) dimostrano un intento dei giudici europei di non fermarsi al mero dato formale e di indagare, invece, gli ambiti sostanziali della vicenda. Per questo la Corte di Strasburgo ha riscontrato una violazione del principio di legalità della pena; infatti, la sanzione era stata irrogata nel giudizio interno, sebbene gli imputati fossero risultati non punibili per un errore scusabile. Una previsione incompatibile con l'art. 7 della Convenzione, per cui nessuno può essere condannato per un'azione o omissione che, al momento in cui ha avuto luogo, non costituiva reato secondo l'ordinamento nazionale. Le critiche espresse nella decisione sulla ricevibilità sono state ribadite nella sentenza che ha concluso la vicenda137, in cui i giudici hanno riscontrato anche una violazione dell'art. 1 del protocollo n. 1 in tema di protezione della proprietà. L'orientamento inaugurato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo ha avuto ricadute nella giurisprudenza italiana, anche tenuto conto del ruolo sempre più incisivo che la Convenzione assume nel giudizio di costituzionalità, in qualità di norma interposta tramite l'art. 117 della Costituzione. Con riferimento, ad esempio, alla forma per equivalente prevista dall'art. 1, comma 143, della l. 24 dicembre 2007, n. 244, la Consulta ha individuato elementi che «conferiscono all'indicata confisca una connotazione prevalentemente afflittiva, attribuendole,

sulla recevibilità), in Cassazione penale, 2008, pp. 3503 e ss.

137 Corte edu, Sud Fondi s.r.l. e altri c. Italia, sez. II, 20 gennaio 2009, in www.giustizia.it

così, una natura eminentemente sanzionatoria»138, in forza della quale non è applicabile l'art. 200 c.p.. Il tutto per via della carenza di pericolosità dei beni oggetto di apprensione, nonché della totale mancanza di un nesso di pertinenzialità tra res e reato.

In un'altra vicenda139, la Corte di appello di Bari ha sollevato una questione di legittimità costituzionale, avente nuovamente ad oggetto un'ipotesi di confisca conseguente ad una lottizzazione abusiva. Nel caso di specie, il procedimento a carico degli imputati si è concluso con la prescrizione del reato. La lottizzazione abusiva era stata comunque accertata e pertanto, in forza dell'art. 44 comma 2, del d.p.r. 6 giugno 2001, n. 380, veniva disposta la confisca di terreni e delle opere edificate su di essi. Il tutto senza una valutazione della responsabilità personale degli imputati, il che, per il giudice remittente, andava nella direzione opposta ai principi stabiliti dalla Corte europea dei diritti dell'uomo per il caso di Punta Perotti. La legge nazionale imponeva cioè una pena, stante la qualificazione delineata dai giudici di Strasburgo, in assenza di un accertamento, oltre ogni ragionevole dubbio, della colpevolezza del destinatario. La Consulta ha ritenuto la questione inammissibile, in quanto la corte remittente non ha descritto sufficientemente la fattispecie sottoposta a giudizio di legittimità e, soprattutto, ha omesso di pervenire a soluzioni interpretative in grado di adeguare il dato normativo interno alle disposizioni della CEDU. La Corte Costituzionale ha però così implicitamente riconosciuto come la

138 C. cost., ord. 2 aprile 2009, n. 97, in Giurisprudenza costituzionale, 2009, I, p. 898. Le norme censurate dal remittente prevedevano l'applicazione dell'art. 323-ter c.p. ai reati previsti dalla legge finanziaria del 2007, nella specie di tipo tributario. 139 C. cost., 24 luglio 2009, n. 239, in Foro Italiano, 2010, I, pp. 345 e ss. La corte remittente denunciava che la confisca urbanistica prevista dall'art. 44, comma 2 del d.p.r. 380/2001 si sarebbe applicata anche a seguito della prescrizione dei reati contestati agli imputati. Il tutto senza accertarne la responsabilità penale, in contrasto con le statuizioni della Corte europea dei diritti dell'uomo con riferimento alla vicenda di Punta Perotti.

confisca in esame non sia appunto una misura di sicurezza, demandando al giudice a quo l'individuazione di un'interpretazione conforme alle norme della Convenzione.

Dalla Cassazione giungono aperture analoghe, ammettendo l'impossibilità di condurre ad unità tutte le ipotesi di confisca disseminate nell'ordinamento. A causa dell'evoluzione normativa delineata dal susseguirsi disorganico di leggi speciali e novelle alluvionali, «appare assai arduo, oggi, catalogare l'istituto della confisca nel rigido schema della misura di sicurezza, essendo agevole per esempio riconoscere, in quella di valore, i tratti distintivi di una vera e propria sanzione e, in quella “speciale” [ex art. 12-sexies, l. 356/1992], una natura ambigua sospesa tra funzione specialpreventiva e vero e proprio intento punitivo»140. A proposito della confisca per equivalente (infra 3.3), le Sezioni Unite hanno dichiarato che «la ratio dell'istituto è quella di privare il reo di qualunque beneficio economico derivante dall'attività criminosa, anche di fronte all'impossibilità di aggredire l'oggetto principale, nella convinzione della capacità dissuasiva e disincentivante di tale strumento»141. L'interprete pertanto è chiamato ad una valutazione della singola ipotesi confiscatoria, dovendone scandagliare natura e finalità, alla luce del contesto normativo in cui essa è prevista. Di fronte alla proliferante legislazione speciale, è pienamente condivisibile l'invito dei giudici di legittimità affinché «il legislatore provveda a disciplinare in modo sistematico tutte le ipotesi di confisca obbligatoria e confisca per equivalente, già previste con norme frammentarie e prive di coordinamento»142.

140 Cass., sez. Un., 27 marzo 2008, n. 26654, in Cassazione penale, 2008, V, p. 4552.

141 Cass., sez. Un., 25 giugno 2009, n. 38691, in Cassazione penale, 2010, I, p. 94. 142Cass., sez. Un., 25 giugno 2009, n. 38691, in Cassazione penale, 2010, I, p. 101.