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2 PRESUPPOSTI ED OGGETTO DEL SEQUESTRO

2.2 Il periculum in mora nel sequestro impeditivo

Se per il fumus commissi delicti l'art. 321 c.p.p. è «avaro di indicazioni»64, il legislatore ha definito meglio il periculum in mora. Il sequestro preventivo impedisce che nel corso del processo la libera disponibilità della cosa possa aggravare o protrarre le conseguenze del reato ovvero agevolare la commissione di altri illeciti. La disposizione, tuttavia, tace sui connotati e l'intensità del pericolo e non sfugge la

63 P. Gualtieri, Sequestro preventivo, in AA.VV., Procedura penale. Teoria e pratica del processo, cit., II, p. 272 e ss., nel domandarsi «se sia possibile una ulteriore evoluzione fino all'equiparazione dei presupposti applicativi con quelli previsti per le misure cautelari personali», dove si precisa comunque come «l'auspicato risultato possa essere conseguito soltanto attraverso un intervento del legislatore».

64 P. Gualtieri, Sequestro preventivo, in AA.VV., Trattato di procedura penale, cit., II, p. 268.

mancata simmetria con la lettera c dell'art. 274 c.p.p., dove per le misure personali è qualificato come concreto ed attuale. Ciononostante, tanto i principi generali della materia cautelare, quanto una lettura complessiva della disciplina dell'istituto, depongono a favore della ricerca di qualità analoghe per il periculum in mora che legittima l'adozione del provvedimento.

Il parametro dell'attualità può essere desunto in prima battuta dall'art. 321 comma 3, per il quale il sequestro è immediatamente revocato quando risultino mancanti, anche per fatti sopravvenuti, le condizioni di applicabilità. Il venire meno del presupposto in questione implica che il pericolo non sia più persistente e latente. In altri termini, dalla libera disponibilità della cosa non può più paventarsi il rischio attuale di un peggioramento del quadro criminoso. Conseguentemente, cade la legittimazione in forza della quale l'ordinamento ha imposto un sacrificio, tramite l'ablazione, al destinatario della misura, che pertanto non dovrà perdurare oltre. A contrario, al momento dell'adozione del provvedimento, il giudice deve contestualizzare il pericolo in una prospettiva di immediatezza65 rispetto al reato. Questa situazione deve persistere per tutta la durata della misura, pena la perdita di efficacia previo l'accoglimento dell'istanza di revoca, che può essere disposta anche d'ufficio66. Diversamente, la lesione di diritti e libertà costituzionali arrecata mediante l'apposizione del vincolo di indisponibilità sulla res non troverebbe una sua giustificazione, in

65 Nel senso che «la creazione della situazione di indisponibilità avvenga a fronte di fattispecie criminose in atto (quando cioè la condotta delittuosa oggetto di indagine si protrae in pendenza del procedimento ovvero quando gli effetti del reato continuano a manifestarsi nell'arco dell'iter procedimentale), poiché la misura non deve esorbitare dalla cornice dell'imputazione» P. Gualtieri, sub. Art. 321, in Codice di procedura penale commentato, a cura di A. Giarda e G. Spangher, Ipsoa, 2010, 4° edizione, II, p. 3853.

66 Per la revocabilità ex officio si veda Cass., sez. VI, 21 luglio 2000, n. 806, in Archivio della nuova procedura penale, 2000, Mass., p. 339.

quanto non interverrebbe per fronteggiare un pericolo imminente ed attuale ma si configurerebbe come una sanzione anticipata e svincolata da esigenze cautelari effettive.

In proposito, la giurisprudenza è stata animata da contrasti in seno alla Corte di legittimità circa l'ammissibilità o meno del sequestro preventivo di fronte ad un reato perfezionatosi e consumato. Attingendo alle categorie penali classiche, è infatti evidente come la misura de qua si presti a interrompere l'iter criminoso nel caso di reati permanenti o abituali. Il dubbio è sorto, invece, con riguardo a quelli istantanei. In questi, il fatto tipico non si protrae nel tempo ma si esaurisce con l'offesa. Si obietta che di fronte a situazioni criminose perfezionate e consumate verrebbero meno le esigenze preventive che improntano il sequestro impeditivo. In particolare, mancherebbe un pericolo attuale e perdurante, essendosi ormai verificata la lesione del bene giuridico attraverso la commissione dell'illecito penale; talché la misura, lungi dall'assumere connotati cautelari, si identificherebbe, ancora una volta, con una sanzione anticipata.

Da questi spunti di riflessione ha avuto origine la vexata quaestio circa la sequestrabilità di un immobile abusivo ultimato. Merita ricostruirne sommariamente l'evoluzione, per ricavare delle indicazioni che

circoscrivano meglio il periculum. Alcune pronunce67 hanno escluso l'adozione del provvedimento, in base all'assunto che nei reati edilizi aventi ad oggetto costruzioni realizzate in assenza o difformità dalla concessione, la semplice e sola venuta ad esistenza dell'immobile determina la lesione del bene giuridico protetto dalla norma penale. Il

67 Si veda Cass., sez. III, 3 luglio 2001, n. 30503, in Cassazione penale, 2002, II, p. 2718, per cui «la libera disponibilità del manufatto non può protrarre o aggravare le conseguenze del reato di cui all'art. 20 l. n. 47 del 1985 o agevolare la commissione di altri reati, e posto che una eventuale lesione del regolare assetto del territorio è connaturata all'esistenza stessa del manufatto costruito abusivamente e non alla sua libera disponibilità».

vincolo di indisponibilità, ad opera conclusa, non impedirebbe nessun ulteriore sviluppo della vicenda criminosa, giacché essa esaurisce i propri effetti con la sola venuta ad esistenza del bene. L'orientamento maggioritario è pervenuto invece a conclusioni opposte. Si è fatto leva sull'espressione "conseguenze del reato", la quale presuppone un quid

pluris rispetto ai soli elementi costitutivi dell'illecito penale ed alla sua

consumazione68. In particolare, si è identificato il bene giuridico sotteso alla norma incriminatrice con il regolare assetto del territorio e si è smentito come sia leso soltanto dall'esistenza dell'immobile. Infatti, anche il semplice uso determina un aggravio del carico urbanistico69. Pertanto «nell'ipotesi di costruzione abusiva ultimata, come non è esatto asserire che essa necessariamente incida sull'assetto del territorio e tale lesione deve dunque essere dimostrata in rapporto alla fattispecie concreta, così è non corretto affermare che l'esistenza di una costruzione abusiva non possa agevolare la commissione di ulteriori reati ovvero, proprio perché non si tratta di una contravvenzione esclusivamente formale, possa aggravare il c.d. carico urbanistico e quindi protrarre le conseguenze del reato»70. Si è tratto il principio per cui anche un illecito penale consumato può continuare a produrre effetti dannosi ed antigiuridici che rendano legittima l'adozione del provvedimento in esame. La Corte, nel suo più

68 In tal senso, Cass., sez II, 2 luglio 2001, n. 26785, in Archivio della nuova procedura penale, 2001, p. 527, che sottolinea come «il termine conseguenze, adoperato dall'art. 321 c.p.p., secondo l'accezione lessicale proprio dello stesso, sta ad indicare un effetto estrinseco, rispetto all'antecedente che ne costituisce la causa, vale a dire un quid pluris, logicamente e cronologicamente posteriore rispetto al reato».

69 Concetto «costituito da un elemento primario (abitazione, uffici, opifici, negozi) e da uno secondario di servizio (opere pubbliche in genere, uffici pubblici, parchi, strade, fognature, servizio idrico o di erogazione del gas), che deve essere proporzionato all'imsediamento primario, ossia al numero degli abitanti insediati ed alle caratteristiche delle attività da costoro svolte» P. Gualtieri, Sequestro preventivo, in AA.VV., Procedura penale. Teoria e pratica del processo, cit., II, pp. 278-279. 70 Cass., sez III, 11 gennaio 2002, n. 36740, in Cassazione penale, 2002, II, p. 2708.

autorevole consesso, è poi tornata sulla questione, confermando la possibilità di sottoporre a sequestro un manufatto abusivo ultimato. I giudici hanno precisato che le conseguenze cui il provvedimento deve porre argine «abbiano connotazione di antigiuridicità, consistano nel volontario aggravarsi o protrarsi dell'offesa al bene protetto che sia in rapporto di stretta connessione con la condotta penalmente illecita e possano essere definitivamente rimosse con l'accertamento irrevocabile del reato». Nei reati edilizi il giudice deve quindi «valutare se esista un reale pregiudizio degli interessi attinenti al territorio o una ulteriore lesione del bene giuridico protetto ovvero se la persistente disponibilità del bene costituisca un elemento neutro sotto il profilo dell'offensività»71.

Si propone un approfondimento di carattere generale circa l'estensione del periculum, sulla scia delle puntualizzazioni delle Sezioni Unite nella sentenza appena citata. È agevole riscontrare come le conseguenze di una condotta umana (inclusa quella delittuosa), da un punto di vista fenomenico, sono innumerevoli e si avverte la necessità di selezionare le sole che impongano l'adozione della cautela reale. Alcuni autori hanno considerato tali solo «quelle dannose o pericolose alle quali la legislazione penale fa riferimento in altre norme, e che si debba concludere che quello preso in esame è il danno, o il pericolo, di carattere penale (o criminale, secondo la terminologia tradizionale), vale a dire l'offesa dell'interesse particolare protetto dal diritto»72. Ad avviso di chi scrive, questa definizione si presta a circoscrivere le sole conseguenze che rendono legittimo, se non auspicabile, il sequestro. Non quindi qualsivoglia conseguenza, ma solo quelle che si proiettano

71 Cass., Sez. un., 29 gennaio 2003, n. 2, in Cassazione penale, 2003, III, p. 1829 in merito al sequestro preventivo di cinque manufatti, uno in muratura e gli altri realizzati in legno o lamiera.

72 M. Marinari, Il sequestro nell'esperienza del nuovo codice. Spunti problematici e questioni in materia di reati edilizi, in Cassazione penale, 1993, III, p. 2184.

negativamente (o rischiano di farlo, allorquando la norma penale consideri anche il solo pericolo di un'offesa) sul bene giuridico tutelato dalla fattispecie legale. Il parametro idoneo a individuare le conseguenze meritevoli di reazione dall'ordinamento è quindi la pertinenza della conseguenza del reato all'interesse penalmente protetto⁷¹. Tale criterio impedisce che l'attività preventiva esperita dal giudice con la misura cautelare si estenda oltre l'ambito del reato oggetto di accertamento nel procedimento penale in corso. Non è sostenibile la tesi per cui, quando il sequestro mira a scongiurare la commissione di ulteriori illeciti, si sconfinerebbe oltre l'oggetto dell'accertamento processuale, «in quanto tale locuzione deve essere interpretata con grande cautela, in maniera tale da non implicare un giudizio prognostico di pericolosità legato alla probabilità che alcuno commetta reati» in contrasto altrimenti con il principio di non colpevolezza. Si deve invece appurare che «la probabilità di commissione di altri reati sia appunto inscindibilmente legata alla natura, alla qualità, all'attitudine della cosa ed al contesto spazio- temporale in cui essa si trovi, senza peraltro rifluire nella pericolosità intrinseca della cosa stessa secondo una valutazione generale predeterminata normativamente (ché in questo caso ricorre piuttosto l'ipotesi prevista dal 2° comma: sequestro strumentale alla confisca)»73. La cosa può quindi essere sequestrata se pertinente al reato e se tramite la sua libera disponibilità si incorre nel rischio di compiere altri crimini, senza così recidere quel collegamento indefettibile e necessario nella materia cautelare tra il provvedimento assunto ed il

⁷¹ Si rimanda a D. Potetti , Sequestro preventivo e ordini di fare: quali limiti?, in Cassazione penale, 1995, II, p. 1417, secondo il quale il giudice «dovrà unicamente accertare se la conseguenza del reato alla quale si vuole opporre il preteso sequestro sia effettivamente pertinente all'oggetto giuridico del reato per il quale si procede». 73 E. Selvaggi, sub. Art. 321, in Commento al nuovo codice di procedura penale, a cura di M. Chiavario, Utet, 1990, III, pp. 364-365.

procedimento penale in corso.

Quanto alla concretezza del periculum, alcune sentenze della Cassazione la escludono74. La posizione prevalente però richiede un «accertamento in concreto in ordine all'effettiva, e non generica, possibilità per il bene, per la sua natura e in relazione a tutte le circostanze del fatto, assuma carattere strumentale rispetto all'aggravamento o alla protrazione delle conseguenze del reato ipotizzato o alla agevolazione alla commissione di altri reati»75. Si segnala un'ormai risalente sentenza delle Sezioni Unite76, intervenute per dirimere un contrasto giurisprudenziale circa la coesistenza in capo al medesimo bene tanto di un sequestro probatorio, quanto di uno preventivo. Il ricorrente lamentava l'assenza di un pericolo concreto che legittimasse la misura cautelare reale, adottata in costanza ed in previsione della futura ed eventuale caducazione del sequestro probatorio già precedentemente disposto. La Cassazione ha riepilogato i due orientamenti emersi in materia; un primo77, minoritario, escludeva a priori l'applicazione del sequestro preventivo fino al cessare di quello probatorio, poiché non ravvisava un pericolo concreto in pendenza del vincolo di indisponibilità già originato dal mezzo di ricerca della prova. Il secondo78, prevalente, si poneva su posizione

74 In tal senso Cass., sez III, 30 giugno 1993, n. 1269, in Archivio della nuova procedura penale, Mass., p. 130 per cui il pericolo «non deve presentare il carattere della concretezza così come stabilito in materia di libertà personale dall'art. 274 lett. c) c.p.p. Il detto pericolo deve comunque essere desunto da elementi di fatto e formulato come un giudizio prognostico circa un possibile avvenimento o comportamento futuro».

75 P. Gualtieri, sub. art. 321, in Codice di procedura penale commentato, cit., p. 3854.

76 Cass., Sez. un., 14 dicembre 1994, in Cassazione penale, 1995, II, p. 1488 e ss. 77 Cass., sez. III, 1 ottobre 1990, n. 3564, in Archivio della nuova procedura penale, 1991, Mass., p. 290 per cui «è possibile disporre il sequestro preventivo dopo la revoca di quello probatorio» e ancora Cass., sez. III, 15 gennaio 1992, in Giurisprudenza italiana, 1992, II, p. 549-550.

78 Cass., sez. III, 9 marzo 1993, n. 193941, in Cassazione penale, 1995, I, p. 125. Cass., sez. III, 21 giugno 1994, n. 442, in Archivio della nuova procedura penale,

diametralmente opposta. Ribadiva le finalità e le strutture differenti dei due istituti, aspetto di per sé già valido per la sussistenza di ambo i vincoli sul medesimo bene. Inoltre, riscontrava sempre il pericolo che la persona sottoposta ad indagini riacquisisse la libera disponibilità del bene sequestrato a fini probatori e che, nel lasso di tempo necessario per adottare la misura cautelare, si potevano realizzare quelle conseguenze che l'art. 321 al suo primo comma intende inibire. Nella sentenza qui analizzata, i giudici hanno criticato le due impostazioni, afflitte entrambe da un «difetto di assolutezza». Per quanto riguarda il

periculum in mora, hanno stabilito che «ancorché manchi per le misure

cautelari reali una previsione esplicita di concretezza, come quella codificata per le misure sulla libertà personale alla lett. c) degli artt. 274 e 292 c.p.p. - è nella fisiologia del sequestro preventivo di cui all'art. 321, quale misura anch'essa limitativa di libertà costituzionalmente protette, che il pericolo debba presentare i requisiti della concretezza e dell'attualità e debba essere valutato in riferimento alla situazione esistente al momento dell'adozione della misura reale». Di qui la presa di distanze dagli orientamenti richiamati. Il minoritario, infatti, non considera come talvolta, tra la cessazione del sequestro probatorio e l'adozione di quello preventivo, può intercorrere uno iato, dovuto ai tempi dei meccanismi processuali o ancora delle notifiche, il quale «per quanto possa essere breve, non toglie il rischio di veder pregiudicati o vanificati gli obbiettivi della misura preventiva (impedire il protrarsi dell'attività criminale e dei suoi effetti), specie in ipotesi in cui la condotta illecita è consumabile ad horas (es. restituzione di prodotti alimentari, di costruzioni abusive ecc... fuori dai casi di confisca)». Al contempo, quello maggioritario pecca nel presumere suddetto pericolo, non considerando che vi siano situazioni

in cui può essere assente. In conclusione, la Corte precisa che «il pericolo, per essere concreto, deve riflettersi su una situazione che renda quanto meno "probabile", sia pure in itinere, la cessazione del vincolo di indisponibilità impresso dal sequestro probatorio e che renda, di conseguenza, reale e non presunta la prospettiva della riconduzione del bene nella sfera di chi potrebbe servirsene in contrasto con le esigenze protette».

I giudici di legittimità in successive pronunce hanno precisato che il pericolo si configura come oggettivo, quale probabilità di danno futuro derivante dalla disponibilità ed uso del bene79. Parimenti, hanno escluso che possa ravvisarsi il requisito del periculum sulla base della «potenzialità meramente astratta» della cosa a essere utilizzata per deteriorare oltre il quadro criminoso80. Il ricorso alle risultanze processuali emerse sino al momento dell'adozione del provvedimento diventa ineludibile per valutare se da una serie di fattori (quali ad esempio la collocazione spazio-temporale della cosa, la sua natura, la sua pericolosità intrinseca ed estrinseca e via dicendo) sia desumibile un pericolo che, riepilogando, deve essere attuale, concreto ed oggettivo, come probabilità di danno futuro. Né potrebbe essere diversamente: con tali qualifiche del periculum in mora «la legge ha infatti voluto contenere il sacrificio dei diritti patrimoniali dei cittadini nei ristretti limiti dettati dalle effettive concrete esigenze di

79 Si veda Cass., sez. IV, 8 ottobre 2007, n. 36884, per cui «il pericolo rilevante, ai fini dell'adozione del sequestro, deve essere inteso in senso oggettivo, come probabilità di danno futuro, connessa all'effettiva disponibilità materiale o giuridica della cosa o al suo uso, e deve essere concreto e attuale», in Archivio della nuova procedura penale, 2008, p. 488.

80 Così Cass., sez. VI, 2 ottobre 2006, n. 234764, in Cassazione penale, 2007, III, p. 2568. Nel caso di specie, la Corte ha annullato il sequestro preventivo di un'autovettura in relazione all'attività di spaccio di stupefacenti, la cui motivazione era fondata sulla sola «potenzialità meramente astratta dello stesso ad essere utilizzato dall'imputato come mezzo di occultamento dello stupefacente e di spostamento per realizzare i traffici illeciti».

prevenzione del processo penale»81.

I rilievi svolti permettono di affrontare il tema della sequestrabilità della res qualora essa sia nella disponibilità di un terzo di buona fede. La disamina è ricondotta alla sola fattispecie del sequestro impeditivo, rimandando al proseguio dell'elaborato la trattazione dell'argomento per l'ipotesi strumentale alla confisca (infra 3.2.2). Si tratta, a ben vedere, di uno dei casi in cui risalta maggiormente la portata afflittiva del provvedimento. I suoi effetti non ricadono sulla persona sottoposta ad indagini preliminari, bensì su di un terzo, che viene privato della cosa e vede sacrificate le proprie libertà e diritti costituzionali sull'altare delle esigenze di tutela collettiva. Si è sottolineato come la misura non sia applicabile a un terzo estraneo al processo «se questi sia effettivo possessore del bene in buona fede, poiché tale circostanza appare idonea a recidere il collegamento con il reato e quindi la pericolosità della sua utilizzazione»82. Ciononostante, si segnalano alcune pronunce della Cassazione che ammettono la sequestrabilità di un bene presso un terzo, purché abbia avuto luogo una «pregnante valutazione, sia pure in termini di semplice probabilità, del collegamento di tali beni con le attività delittuose dell'indagato, sulla base di elementi che appaiono indicativi della loro effettiva disponibilità da parte dell'indagato, per effetto del carattere meramente fittizio della loro intestazione, ovvero di particolari rapporti in atto tra il terzo titolare e l'indagato»83. Alla luce di quanto detto, non si può

81 Cass., sez. III, 20 maggio 1997, n. 208215, in Cassazione penale, 1999, I, p. 246, che già precisava come il requisito in esame «deve consistere non in una teorica e generica mera eventualità, ma in una concreta, imminente ed elevata probabilità, desunta da tutte le circostanze del fatto, che il bene assuma carattere strumentale rispetto all'aggravamento o alla protrazione delle conseguenze del reato ipotizzato o all'agevolazione della commissione di altri reati».

82 P. Gualtieri, Sequestro preventivo, in AA.VV., Procedura penale. Teoria e pratica del processo, cit. p. 275.

83 Cass., sez.VI, 4 luglio 2008, n. 27340, in Archivio della nuova procedura penale, 2009, p. 542.

escludere in assoluto la sequestrabilità di un bene presso un terzo in buona fede. Può anzi accadere se costui ha un qualche genere di rapporto con la persona sottoposta ad indagini, la quale potrebbe così ottenere di nuovo la disponibilità del bene; in alternativa, la cosa è sequestrata presso il terzo perché è essa stessa la fonte del rischio che si protraggano gli effetti e le conseguenze del crimine commesso. Questa seconda ipotesi ha a riguardo cose intrinsecamente pericolose, per ragioni attinenti alla loro natura e modo di essere, anche con riferimento a quelle che sono le coordinate spaziali e temporali in cui esse si collocano. Ne consegue che sia inevitabile un accertamento rigoroso circa la concretezza del pericolo e non la semplice prospettazione astratta in termini di mera potenzialità lesiva, al fine di evitare un'intollerabile compressione dei diritti e libertà costituzionali, in specie quelli patrimoniali, del destinatario della misura.

Così inteso, il presupposto del periculum in mora aiuta a dirimere la questione se sia applicabile il sequestro preventivo ad una cosa che non sia più nella disponibilità della persona sottoposta ad indagini o imputato, a causa di altri specifici vincoli previsti dall'ordinamento in ambito processuale, civile e amministrativo. Si pensi, ad esempio, alla