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4 PROFILI DINAMICI DEL SEQUESTRO PREVENTIVO

4.4 del provvedimento

Ai fini della disamina, è necessario dedicare spazio alle garanzie procedimentali che assistono il destinatario del sequestro durante l'iter cautelare. A tal proposito, si prenderanno in rassegna alcuni orientamenti giurisprudenziali e pronunce delle Sezioni Unite che, intervenendo di volta in volta su specifiche questioni, hanno inaugurato «un'opera di smantellamento dei presidi di garanzia»332. L'analisi si focalizzerà, in particolare, sull'avviso alla persona sottoposta ad indagine della facoltà di farsi assistere dal difensore durante le operazioni di sequestro ad iniziativa della polizia giudiziaria, sull'obbligo e le tempistiche di deposito degli atti che hanno fondato la decisione, sull'obbligo di avviso di avvenuto deposito del decreto che dispone il vincolo tramite notificazione e, infine, sull'informazione di garanzia.

Anzitutto, il sequestro preventivo disposto durante le indagini preliminari (eventualmente anticipato dal fermo reale di iniziativa della polizia giudiziaria o dal decreto d'urgenza del p.m.) si configura come un atto a sorpresa333. Pertanto «il codice di rito prevede soltanto che il difensore ha diritto di assistere, se presente, al complemento dell'atto»334, senza dover essere preventivamente avvisato. L'assunto è

332 F. Vergine, Le Sezioni Unite limitano l'avviso ex art. 114 norme att. c.p.p. ai soli atti aventi natura investigativa, in Processo penale e giustizia, 2016, n. 5, p. 91. 333 Per tali intendendosi gli atti compiuti dal p.m. o dalla p.g. senza dover preavvisare il difensore della persona sottoposta ad indagini preliminari.

indispensabile per fare salve le finalità della cautela reale; rendendo preventivamente edotto il destinatario dell'imminente ablazione, si comprometterebbe la fruttuosa apprensione dei beni che, nel mentre, potrebbero venire occultati o dispersi. Il preavviso comprimerebbe le esigenze cautelari sottese all'istituto, rischiando concretamente di sacrificarle. Del resto, la medesima logica, per cui prima si attua la misura e solo successivamente si recupera una discussione circa l'opportunità di disporla, ispira l'intero sistema cautelare, e non solo il sequestro de quo. L'impostazione presentata è pienamente condivisibile alla luce delle finalità perseguite dal sequestro (interruzione dell'iter criminoso e garantire la futura confisca). Ne consegue che «non costituisce violazione del diritto di difesa né il mancato avviso al difensore, né l'aver proceduto da parte della polizia senza attendere l'arrivo del difensore qualora questi abbia comunque avuto notizia dell'imminente perquisizione e intenda parteciparvi»335. Un secondo tema correlato al precedente, sul quale però si sono registrate divisioni giurisprudenziali, concerne il diritto dell'indagato di essere avvisato della facoltà di farsi assistere da un difensore durante il corso di talune operazioni svolte di iniziativa della polizia giudiziaria. Le norme di riferimento sono gli artt. 356 c.p.p. e 114 delle disposizioni attuative. La prima prevede una serie di atti, di cui agli artt. 352, 353 comma 2 e 354 (rispettivamente, perquisizioni, apertura del plico autorizzata dal p.m. ed accertamenti urgenti su luoghi, cose e persone, nonché sequestri su iniziativa della p.g.), ai quali il difensore della persona sottoposta ad indagini può presenziare, se in loco o se prontamente reperibile. La seconda impone alla polizia giudiziaria,

penale, 1998, p. 276; ulteriormente, Cass., sez. III, 5 dicembre 2002, ivi, 2003, p. 388.

335 A. Scalfati, sub. Art. 114 disp. att., in Commentario al codice di procedura penale, cit., III, p. 8562.

quando compie uno degli atti indicati dall'art. 356 c.p.p., di avvisare l'indagato della facoltà di farsi assistere. In giurisprudenza si sono contrapposti due orientamenti, circa l'applicazione o meno della normativa richiamata per il c.d. fermo reale. Un primo336 ha negato la sussistenza dell'obbligo di avviso in capo alla polizia giudiziari nel procedere a sequestro preventivo d'urgenza, in quanto l'art. 356 non lo menziona espressamente. Di conseguenza, l'art. 114 delle disposizioni attuative non sarebbe applicabile, stante la strumentalità dell'avviso alla facoltà di cui sopra. Altre pronunce337, invece, prediligendo l'applicazione analogica dell'art. 356 c.p.p. e un'interpretazione costituzionalmente orientata alla luce degli artt. 3 e 24 della Costituzione, hanno affermato la vigenza dell'obbligo. Le Sezioni Unite sono recentemente intervenute per dirimere il contrasto giurisprudenziale e determinare se la polizia giudiziaria, quando procede a fermo reale di propria iniziativa, sia tenuta o meno a dare l'avviso all'indagato della facoltà di farsi assistere. I giudici di legittimità hanno sposato l'orientamento meno garantista, affermando che «il dato letterale e sistematico risulta assolutamente insuperabile»338. Anzitutto, l'art. 356 c.p.p. prevede una serie di atti con

336 Si veda ad es. Cass., sez. III, 5 dicembre 2002, in Archivio della nuova procedura penale, 2003, p. 388, per cui non «sussiste l'obbligo per la polizia giudiziaria di avvisare l'indagato della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia, posto che le norme di cui agli artt. 356 e 344 c.p.p. e 114 att. c.p.p., che prevedono tale avviso in tema di sequestro probatorio, non trovano applicazione nell'ipotesi di sequestro preventivo».

337 La sussistenza dell'obbligo di avviso dell'indagato della facoltà di farsi assistere dal difensore è affermata da Cass., sez. III, 30 maggio 2005, n.20168, in Archivio della nuova procedura penale, 2006, p. 574, per la quale l'omesso riferimento dell'art. 356 c.p.p. al fermo reale «è presumibilmente dovuto al solo fatto che il sequestro preventivo era originariamente previsto come atto del giudice, e solo successivamente è stata introdotta, con il D.L.vo n. 12 del 1991, la possibilità che ad esso procedesse, eccezionalmente, la polizia giudiziaria».

338 Le citazioni che seguono dal testo della sentenza sono riferite a Cass., sez. Un., 29 gennaio 2016, n. 15453, in www.penalecontemporaneo.it con nota di P. De Martino, Sequestro preventivo ad iniziativa della p.g.: le Sezioni Unite sull'obbligatorietà dell'avviso all'indagato di assistenza difensiva.

i quali la polizia giudiziaria acquisisce delle fonti di prova durante le indagini preliminari. Il diritto all'assistenza del difensore durante il loro espletamento è finalizzato «ad assicurare un presidio difensivo a garanzia della regolarità e genuinità di atti destinati ad assicurare fonti di prova e ad essere poi utilizzati in dibattimento […]. Essa trova giustificazione – per le perquisizioni, l'apertura del plico, gli accertamenti urgenti – nel fatto che le fonti di prova, così assicurate, saranno acquisite al dibattimento attraverso la lettura del verbale se si tratta di atti non ripetibili e la consultazione del verbale e la testimonianza dell'ufficiale o agente di polizia giudiziaria se si tratta di atti ripetibili». Di contro, il sequestro de quo persegue finalità cautelari di carattere preventivo ed impeditivo e l'avviso circa la facoltà di assistenza difensiva non rivestirebbe una funzione analoga a quella prevista per gli atti di cui all'art 356 c.p.p.. Soprattutto, sarebbe determinante che per la misura cautelare reale «sia previsto un controllo immediato da parte del giudice (organo terzo) sull'operato della polizia giudiziaria. Tale controllo in tempi brevi giustifica, ulteriormente, la mancanza del presidio difensivo al momento della esecuzione della misura […]. Le garanzie difensive vengono, infatti, tutelate attraverso meccanismi di controllo da parte del giudice, che può, con celerità, ritenere non conforme a legge l'operato della polizia giudiziaria, evitando la convalida e disponendo la restituzione di quanto sequestrato». Per le Sezioni Unite il dato letterale impedisce l'estensione del regime dell'avviso di assistenza al fermo reale disposto su iniziativa della polizia giudiziaria. Inoltre, per ragioni attinenti le diverse finalità perseguite dagli atti presi in considerazione e il distinto sistema dei controlli, sono precluse interpretazioni adeguatrici o analogiche.

apprezzabile per il rigore argomentativo ma non contempla aspetti che, di contro, occorrerebbe considerare. In particolare, quando la Corte nega l'esperibilità di un'interpretazione analogica, sottolineando «come la ratio che giustifica la presenza del difensore alla esecuzione del sequestro probatorio (acquisizione di fonti di prova, utilizzabili poi in dibattimento) non abbia ragion d'essere in relazione al sequestro preventivo (misura cautelare volta ad impedire la libera disponibilità di un bene)», certamente afferma il vero, ma trascura che, a norma dell'art. 323 comma 2, sia possibile convertire il vincolo reale in corso di esecuzione della misura. Secondo la disposizione richiamata, «quando esistono più esemplari identici della cosa sequestrata e questa presenta interesse a fini di prova, il giudice, anche dopo la sentenza di proscioglimento o non luogo a procedere impugnata dal pubblico ministero, ordina che sia mantenuto il sequestro di un solo esemplare» e restituisce gli altri appresi a titolo cautelare. Il richiamo dovrebbe suggerire da cosa muova la critica alla sentenza delle Sezioni Unite. Non è del tutto apprezzabile l'assunto per cui l'avviso ex art. 114 delle disposizioni attuative non sarebbe applicabile in quanto, concretamente, l'effettiva portata garantista dell'obbligo non dispiegherebbe alcuna utilità, atteso che il sequestro preventivo persegue finalità distinte. Se infatti il vincolo venisse successivamente convertito e mantenuto a fini probatori, si perderebbe definitivamente la garanzia per impossibilità ab origine di esplicarla. Essa, giova precisarlo, è funzionale al diritto alla prova, dato che la presenza del difensore è ammessa proprio perché sia posto in condizione di controllare la regolarità delle operazioni svolte e l'assenza di manipolazioni di sorta. L'argomento esposto porta ad estendere l'obbligo di avvisare l'indagato della facoltà di farsi assistere da un difensore durante la ricerca, individuazione ed apprensione della res

sequestranda nella vicenda del fermo reale. Quantomeno, è in grado di identificare uno spazio dove, contrariamente a quanto affermato dalla Cassazione, l'avviso ex art. 114 delle disposizioni attuative è applicabile utilmente ed in maniera conforme alla sua ratio. In aggiunta, «il verbale di sequestro preventivo di cui all’art. 321, comma 3 bis, c.p.p. transita ed è contenuto nel fascicolo per il dibattimento ai sensi dell’art. 431, comma 1, lett. b), c.p.p., ovvero tra i verbali degli atti non ripetibili compiuti dalla polizia giudiziaria. Ebbene, pur non essendo preposto alla formazione della prova, è, tuttavia, concretamente idoneo a concorrere tra gli elementi alla base del convincimento del giudice, dal momento che è utilizzabile in dibattimento anche senza il preventivo esame del verbalizzante»339. Se, dunque, «l'avvertimento assolve ad una precisa funzione di garanzia, rappresentando l'esistenza di situazioni giuridiche che un soggetto normalmente sfornito di cognizioni tecniche altrimenti non sarebbe in grado di conoscere e di esercitare»340, le conclusioni delle Sezioni Unite sono discutibili e realizzano una riduzione delle garanzie procedimentali che assistono la persona sottoposta ad indagini.

L'omissione dell'avviso dovrebbe costituire, invece, una nullità a regime intermedio, ex artt. 178-180 c.p.p., relativa all'inosservanza di disposizioni sull'intervento, l'assistenza e la rappresentanza dell'imputato. Stante l'art. 182 comma 2, essa deve essere rilevata dalla parte prima del suo compimento o, ove non sia possibile, immediatamente dopo. Tuttavia, è arduo ipotizzare che il destinatario del sequestro sia consapevole della facoltà di farsi assistere da un difensore durante le operazioni della polizia giudiziaria. Al contrario, è

339 F. Vergine, Le Sezioni Unite limitano l'avviso ex art. 114 norme att. c.p.p. ai soli atti aventi natura investigativa, in Processo penale e giustizia, 2016, n. 5, p. 91. 340 V. Garofoli, Gli avvertimenti processuali come strumento di tutela, Giuffrè, 1983, p. 2.

agevole constatare che l'obbligo di avvertimento presuppone proprio che l'indagato non ne sia a conoscenza. Siccome è «del tutto illogico che l'indagato debba eccepire la nullità dell'atto prima del suo compimento proprio quando tale nullità discende dal fatto che il soggetto non è stato avvertito di avere la facoltà di farsi assistere, vale a dire dal fatto che non è stato messo a conoscenza della sussistenza della nullità»341, è preferibile allora un'interpretazione logica ed adeguatrice dell'art. 182 comma 2, che permetta di dedurre tempestivamente il vizio anche in sede di richiesta di riesame342. Se così non fosse e si esigesse dalla persona sottoposta ad indagini una reazione ancora più rapida all'invalidità verificatasi, si svuoterebbe di effettività la funzione garantista dell'avviso343.

Un altro ambito procedurale in cui la prassi ha assunto un approccio restrittivo è quello dell'avviso dell'avvenuto deposito del provvedimento cautelare. Per le misure personali, l'art. 309 comma 3 prevede che il difensore dell'imputato possa proporre richiesta di riesame entro dieci giorni dalla relativa notificazione da parte della cancelleria del giudice. L'adempimento formale individua il dies a quo del termine per impugnare. Per il sequestro preventivo, invece, l'art.

341 Cass., sez. III, 11 maggio 2007, in Diritto penale e processo, 2008, I, p. 205. 342«Si imporrebbe quindi, anche in una prospettiva di interpretazione adeguatrice (art. 24 Cost.) l'individuazione di una soglia formale che assicuri la soddisfazione delle esigenze sostanziali sottese […]. Un ruolo siffatto, per le ipotesi di sequestro, sarebbe dato appunto dal riesame. Per un verso non potrebbe dubitarsi, dopo il ricorso, della conoscenza (o almeno della conoscibilità) del vizio concernente l'atto. Per altro verso, il riesame rappresenta la procedura specificatamente deputata al vaglio della legittimità del provvedimento affetto dalla nullità» G. Leo, Sul termine per dedurre la nullità di perquisizioni e sequestri, in commento a Cass., sez. III, 26 giugno 2009, n. 26588, in Diritto penale e processo, 2010, I, p. 173.

343 Di conseguenza, non dovrebbero condividersi pronunce quali Cass., sez. IV, 16 aprile 2008, in Archivio della nuova procedura penale, p. 256, per cui la nullità andrebbe eccepita o prima del compimento dell'atto o immediatamente dopo, «intendendosi con tale formula che la nullità deve essere eccepita dal difensore subito dopo la sua nomina, ovvero entro il termine di cinque giorni che l'art. 366 c.p.p. concede a quest'ultimo per l'esame degli atti».

324 fa partire la decorrenza dalla data di esecuzione del provvedimento che ha disposto il vincolo o da quella diversa in cui l'interessato ha avuto conoscenza dell'avvenuta apprensione. L'interrogativo è se sia esigibile un analogo obbligo di avviso al difensore e, in particolare, se per costui il termine per esperire il riesame decorra dal (diverso e successivo) momento della notificazione o pur sempre da quello di esecuzione del sequestro. Secondo una parte della dottrina, la risposta dovrebbe essere positiva, anche alla luce dell'art. 128 c.p.p., presa come disposizione generale che prevede il deposito dei provvedimenti del giudice entro cinque giorni dalla deliberazione e, in caso siano impugnabili, la notificazione a coloro cui la legge attribuisce tale diritto344. In materia si registra un intervento delle Sezioni Unite che ha rigettato la soluzione prospettata, negando la sussistenza di un obbligo di avviso del difensore circa l'avvenuto deposito e da qui la conseguenza che per costui il termine per impugnare decorra dall'esecuzione del sequestro o dal momento in cui l'interessato ne è giunto a conoscenza (non diversamente da quanto previsto dall'art. 324 c.p.p.). Pertanto, si dovrebbe respingere un adeguamento al regime vigente per le misure cautelari personali. Secondo i giudici di legittimità, «potrebbe apparire anomalo che un termine inizi a decorrere senza che il titolare del diritto di impugnazione ne abbia formale conoscenza; ma in realtà questa anomalia è solo apparente perché è peculiare al sistema delle misure cautelari reali la valorizzazione degli elementi sostanziali e anche fattuali rispetto a quelli formali. […] Insomma, in un sistema nel quale viene valorizzato il rapporto sostanziale o fattuale di un soggetto con la cosa, ai fini dell'attribuzione del diritto all'impugnazione, è coerente che questo

344 Sul punto P. Gualtieri, sub. Art. 321, in Commentario al codice di procedura penale, cit., p. 3913.

diritto possa farsi valere, da tutti i soggetti cui è attribuito, con una decorrenza riferita all'apprensione materiale della cosa (o alla conoscenza di questa situazione fattuale) e non alla conoscenza formale»345. La sentenza prosegue escludendo una violazione del diritto di difesa dall'omissione dell'avviso. Esso può essere «variatamente articolato e disciplinato purché siano concretamente garantiti i fondamentali contenuti di tale diritto. Nel caso in esame questa osservanza è garantita essendosi soltanto fatto gravare sull'interessato un onere informativo del difensore». La soluzione prospettata dalla Cassazione sul punto è condivisibile, soprattutto ove si rifletta sulla peculiarità del sistema cautelare che in prima battuta agisce su delle cose. La persona sottoposta ad indagini non subisce una limitazione fisica della propria libertà personale e, con la disposizione del sequestro, non emergono gli ostacoli di contatto con il difensore che invece incombono con l'applicazione delle misure custodiali. Quindi, è conferente il richiamo alla possibilità di modulare differentemente il diritto di difesa se si considerano le diverse situazioni concrete in cui viene esercitato. Sul punto può concludersi che l'assenza dell'obbligo di notificazione al difensore dell'avvenuto deposito del decreto non lede indiscriminatamente la posizione del destinatario, né riduce effettivamente le prerogative difensive nella diversa vicenda cautelare reale.

Un aspetto in cui, invece, ha luogo un'irragionevole compressione del diritto di difesa concerne l'obbligo del p.m. di depositare gli atti sulla quale si fonda la richiesta di sequestro. Si tratta di un adempimento importante, in quanto permette di scandagliare la tesi che l'accusa ha prospettato al giudice nella richiesta. In particolare, consente di individuare le fonti di prova e gli elementi indiziari dai quali il

pubblico ministero fa derivare la sussistenza dei requisiti di legge. Per le misure cautelari personali, l'art. 293 comma 3 sancisce che l'ordinanza dispositiva è depositata presso la cancelleria del giudice congiuntamente alla richiesta del p.m. e gli atti presentati con la stessa. Per il sequestro preventivo, l'art. 324 comma 3 prevede che dalla richiesta di riesame «la cancelleria dà immediato avviso all'autorità giudiziaria che, entro il giorno successivo, trasmette al tribunale gli atti su cui si fonda il provvedimento». Il diverso meccanismo è fonte di diseconomicità processuali e comprime l'effettività del diritto di difesa. Gli atti che hanno accompagnato la richiesta del p.m. danno modo al difensore di formulare doglianze in vista del riesame, sicché sarebbe auspicabile siano fruibili e consultabili proprio al fine di valutare l'opportunità di impugnare o meno il provvedimento. Di contro, il codice impone alla persona sottoposta ad indagini di richiedere prima il riesame e, solo dopo, offre modo di visionare gli atti che l'accusa ha impiegato per legittimare la domanda cautelare. Si impedisce una «più ampia e ragionata valutazione della fondatezza del provvedimento ablativo» che conduce alla «posizione di gravami meramente pretestuosi e diretti unicamente alla conoscenza degli atti»346. La normativa della cautela reale non si giustifica per esigenze di riservatezza delle indagini, ormai superate dall'esecuzione del vincolo. Genera, piuttosto, un pregiudizio all'economia processuale, di fatto obbligando a richieste di riesame esplorative347. In aggiunta, l'art. 324 comma 5 dispone che il tribunale del riesame si pronunci entro dieci giorni dalla ricezione degli atti, lasciando al difensore un infimo margine di tempo per esaminare gli atti e prepararsi in vista

346 P. Gualtieri, Sequestro preventivo, in AA.VV., Procedura penale. Teoria e pratica del processo, cit., p 402.

347 F. Vergine, Il “contrasto” all'illegalità economica. Confisca e sequestro per equivalente, cit., p. 379.

dell'udienza.

Il panorama descritto rende doveroso superare il tenore letterale dell'art. 324 comma 3. In proposito, si può osserva che l'art. 293 comma 3 è stato modificato successivamente all'introduzione del nuovo codice con la l. 8 agosto 1995, n. 332 (modifiche al codice di procedura penale in tema di semplificazione, di misure cautelari e di diritto di difesa). L'assenza di una previsione analoga per il sequestro preventivo potrebbe imputarsi ad un difetto di coordinamento da parte del legislatore, il quale ha omesso di ponderare se fosse necessario mantenere un regime differenziato in subiecta materia tra le misure personali e reali o se, invece, propendere per una loro assimilazione. È vero che il diritto di difesa è diversamente modulabile in funzione dei diritti e delle libertà a cui si riferisce di volta in volta, libertà personale nelle misure custodiali e diritto di proprietà nel sequestro preventivo. È però altrettanto vero che tale graduazione (rectius, riduzione) non è giustificata nel caso di specie dal bilanciamento con una qualche esigenza contrapposta e, per questo, pone dei dubbi rispetto al principi di uguaglianza e ragionevolezza. Si tratta di argomenti che rendono apprezzabile un'interpretazione adeguatrice e costituzionalmente orientata che estenda analogicamente al sequestro preventivo la disposizione vigente in tema di cautele personali.

L'analisi delle garanzie difensive durante il procedimento di sequestro termina con l'informazione di garanzia. Lo strumento tutela il diritto di difesa, in quanto realizza l'esigenza primaria della persona sottoposta ad indagini di conoscere quali accuse vengono mosse a suo carico attraverso l'indicazione delle norme di legge violate, del luogo e del tempo del fatto contestato. Soprattutto, «il contenuto più importante