Un attore molto importante del panorama bolognese è senza dubbio l’Amministrazione comunale, i cui primi interventi risalgono agli anni Novanta, soprattutto nel campo educativo-scolastico e nei servizi sociali.
Per quanto riguarda, in particolare, l’ambito sociale è stata l’Istituzione del Servizio Immigrati (ISI) ad introdurre per la prima volta la figura dell’operatore interculturale, con una funzione generale di orientamento ai cittadini stranieri e di facilitazione all’accesso dei servizi sul territorio. Attualmente, presso l’odierno Servizi per Immigrati i mediatori sono presenti presso lo sportello informativo, presso i centri di accoglienza per singoli e per famiglie, lo sportello per richiedenti asilo e rifugiati e le strutture per profughi e nomadi. I 10 operatori interculturali del servizio ricevono abitualmente utenti di diversa nazionalità, anche se nelle situazioni d’emergenza, nei casi in cui non riescono a comunicare, non è escluso il ricorso ad un operatore dell’area linguistica culturale di riferimento, anche su chiamata. Inoltre, una mediatrice araba è presente ogni sabato mattina presso lo sportello URP del quartiere Reno, mentre presso il quartiere Navile è presente una
mediatrice cinese. Il Servizio Immigrati gestisce inoltre un intervento strutturato e continuativo con le scuole finalizzato all’accoglienza e all’inserimento scolastico degli alunni stranieri di età compresa tra i 6 e i 14 anni. Gli interventi sono attuati con mediatori linguistico-culturali, insegnanti di italiano L2 e operatori educativi. Coinvolge annualmente circa 500 alunni e quasi tutti gli istituti comprensivi della città.
L’ISI, oltre ad avvalersi al proprio interno di mediatori culturali, ha istituito nel 2002, con Fondi Comunitari, il Servizio Centralizzato di Mediazione Culturale e di Interpretariato Sociale. Tale servizio ha l’obiettivo di rispondere alle domande di mediazione provenienti sia dai diversi servizi dell’amministrazione comunale, che da diversi altri enti pubblici e privati (scuole, ospedali, centri di formazione, ecc.). Nei dettagli, i principali servizi che usufruiscono del servizio di mediazione sono: il Coordinamento Servizi Sociali (Servizio Sociale Adulti, Servizio Sociale Minori e Ufficio Casa), il servizio Istruzione (diritto allo studio, ecc.), la Polizia Municipale, i Quartieri, lo Sportello dei Cittadini. I soggetti esterni che più frequentemente hanno richiesto interventi di mediazione sono: le Aziende Sanitarie Locali, la Casa Circondariale, il Centro per la Giustizia Minorile, i Comuni della Provincia di Bologna, l’Inps, la Provincia di Bologna e il Provveditorato agli Studi. A tale fine, è stato costituito un elenco nominativo di mediatori/mediatrici e interpreti qualificati, sulla base di una selezione pubblica condotta dallo stesso servizio nel giugno del 2002 attraverso l’analisi dei curriculum vitae e successivi colloqui. Nelle parole della responsabile del Centro, Irene Ortolano:
Il servizio di mediazione è nato all’incirca nel 2002, all’inizio era nato come un progetto […] da un’analisi dei fabbisogni e quindi delle esigenze che potevano venire dall’immigrazione che era aumentata considerevolmente. Era nato da un’esigenza diffusa sul territorio, e dall’esigenza proprio di rispondere a questo bisogno particolare nelle scuole. […] Inizialmente si rivolse ai servizi sociali soprattutto e un po’ meno alle scuole, poi arrivò in maniera massiccia anche alle scuole. [Irene Ortolano]
Nel 2004 risultano iscritti nell’elenco del Servizio Immigrati 144 soggetti, di cui 74 qualificati come mediatori e 70 come interpreti sociali. Fino ad oggi il
Servizio Centralizzato è in grado di fornire mediatori qualificati in almeno 21 lingue: albanese, arabo, blanga, cinese, cingalese, filippino, giapponese, hindi, ibo, yoruba, moldavo, persiano, polacco, portoghese, rumeno, russo, serbo-croato- bosniaco, spagnolo, tamil, urdu e wolof. Il Servizio Centralizzato offre, su richiesta, prestazioni gratuite di interpretariato sociale e mediazione linguistico- culturale a tutti i servizi del Comune di Bologna e alle scuole dell’obbligo, compresi nidi e scuole dell’infanzia. In realtà, sempre secondo Irene Ortolano:
I mediatori che lavorano da noi sono all’incirca 25-30 persone, dico circa perché a seconda degli anni possono emergere nuove esigenze di lingua, per cui può succedere che una lingua come il tigrino non sia mai stata richiesta e che poi all’improvviso abbia un boom di richieste. I mediatori che lavorano da noi la maggior parte ha alle spalle molte ore di formazione, dalle 1500 alle 700 ore di formazione, quasi tutte queste ore di formazione sono state fatte presso il CD/Lei in collaborazione con il CEFAL e anche in altri corsi che la Provincia e il Comune di Bologna insieme ad altre agenzie formative hanno organizzato negli anni passati. [Irene Ortolano]
Il Settore Istruzione del Comune di Bologna, attraverso l’unità organizzativa CD/Lei, svolge un ruolo cruciale nella diffusione e nella promozione della mediazione interculturale nel settore scolastico. Il CD/Lei (Centro di Documentazione–Laboratorio per un’Educazione Interculturale) nasce nel 1992 come struttura inter-istituzionale da una convenzione voluta e sottoscritta da Comune e Provincia di Bologna, Provveditorato agli Studi, Ufficio Scolastico Regionale per l’Emilia Romagna e Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università di Bologna. Le attività principali riguardano la formazione dei docenti e degli operatori interculturali, la consulenza e l’informazione sugli aspetti legati all’inserimento degli allievi stranieri, la documentazione delle esperienze interculturali e la realizzazione di iniziative di promozione del dialogo fra culture.
Nelle parole della responsabile del Centro:
E’ stato il primo Centro nato in Italia su questi temi e per volontà delle istituzioni locali, questo fu indubbiamente una novità. Lo spirito fu quello di far nascere una struttura di servizio per aiutare gli insegnanti. Un supporto, una protezione, avere delle informazioni, consulenze per poi poter utilizzando tutto ciò acquisire delle competenze,
delle tecniche per essere in grado di gestire classi multiculturali. Inoltre, insegnare l’italiano lingua L2 e avere un approccio non confessionale alle discipline, ma interculturale. [Miriam Traversi]
Dal 2002, il CD/Lei è unità operativa del Settore Istruzione del Comune di Bologna e parte del gruppo del progetto sulle Differenze presso l’Ufficio Politiche delle Differenze368. Inoltre, il progetto di questo Ufficio, seguendo le linee programmatiche del Comune di Bologna, è quello di voler essere anche un autonomo motore di politiche di intervento in tutti i campi e in tutte le attività che coinvolgono le differenze (sesso, razza, lingua, religione, caratteristiche genetiche, disabilità, età, ecc.), assumendo e rivisitando le competenze tradizionali di Governo, in un ottica tutta volta al futuro e al cambiamento della vita della città. Così ci spiega la responsabile dell’Ufficio Politiche delle Differenze :
L’Ufficio Politiche delle Differenze più che un ufficio è un gruppo di lavoro che si occupa di diverse cose, con uno sguardo intersettoriale ed interistituzionale sulla città. Si occupa della ‘diversità’ in generale, nello specifico di violenza alle donne, si occupa del ‘Bilancio di Genere’, si occupa, problema molto delicato, della ‘tratta’ delle donne, di disabilità e anche di stranieri. Collabora, infatti, con il CD/Lei con la Dott.ssa Miriam Traversi. All’interno dell’ufficio c’è l’Osservatorio sulla famiglia e l’Osservatorio sulle Differenze il cui direttore scientifico è il Prof. Marzio Barbagli. […] L’Ufficio fa ricerca e promozione. L’organizzazione di convegni è un modo per porre questi temi all’attenzione dei cittadini. [Mara Rosi]
Il CD/Lei punta ad agevolare il lavoro degli insegnanti nell’accoglienza e nell’inserimento degli allievi stranieri. Nell’ambito della mediazione linguistico- culturale, il Centro ha stimolato nel corso degli anni un’attività di riflessione e approfondimento sul ruolo di questa figura nei servizi in generale e in quelli scolastici in particolare. Ciò è evidenziato soprattutto nell’ambito della formazione: nel 2000 ha realizzato a Bologna un primo corso per mediatori nell’ambito scolastico composto di 60 ore di lezione e 40 di tirocinio nelle scuole.
368 Il Comune di Bologna con l’apertura di questo ufficio ha inteso segnare un passo in avanti rispetto alle Politiche per le pari opportunità, che già sono presenti nell’agenda di altre amministrazioni locali italiane. L’amministrazione locale prende dunque in considerazione le differenze soggettive ed intende tenere conto dei differenti bisogni dei membri della comunità.
Nel 2001, ha collaborato con il CEFAL per la realizzazione di due corsi di formazione non solo nell’ambito scolastico, ma anche in quelli socio-sanitario, giuridico e dell’inserimento lavorativo. Secondo Miriam Traversi:
Quando ci siamo posti il problema di formare altre persone, su suggerimento della Provincia, presentammo un progetto, insieme ad un centro professionale, il CEFAL, sui Fondi Sociali Europei. Ne facemmo due in realtà, uno di primo e uno di secondo livello. Con loro grazie al finanziamento del FSE, uno di 600 ore quello di primo livello e 200 ore quello di secondo livello, più naturalmente 200 ore di tirocinio”. [Miriam Traversi]
Inoltre, grazie al Fondo Nazionale Politiche Migratorie (D.Legs 286/98) in collaborazione con l’Associazione AMIL il Centro ha promosso il progetto “Le
terre di tutti”, volto alla realizzazione di uno sportello per genitori stranieri, con la presenza di mediatori di lingua araba e cinese e, su appuntamento, bangla, albanese, urdu e serbo-croato.
Sul fronte dei servizi sanitari, un’esperienza pilota è quella del Centro per la salute delle donne straniere e dei loro bambini, che fin dal 1990 assicura non solo un servizio di accoglienza e informazione sull’accesso alla sanità, ma anche visite pediatriche, ostetrico-ginecologiche, psicologiche e di medicina generale che vedano la presenza costante di mediatrici culturali. Tale presenza è diventata uno strumento utile al raggiungimento di una flessibilità aperta alla reciprocità nella pratica quotidiana.
Questo come lei vede è il logo del Centro nato da una mia idea per cui, mi sento coinvolta emotivamente. Nel 1991 quando da Responsabile del materno-infantile cercavo di capire come mai in un settore materno-infantile comparivano i bambini stranieri, e non comparivano le donne nel settore consultorio familiare. […] ho pensato di rifare un servizio o un centro di accoglienza delle donne e dei bambini stranieri, a qualunque titolo fossero in Italia, a qualunque titolo vuole dire clandestini, questo è un Centro pubblico fatto ed approvato dalle leggi dello Stato. […] favorisce l’accesso ai servizi sanitari per risolvere problemi di salute, NATURALMENTE per fare questo occorreva fin da subito che ci fossero le mediatrici culturali e non le interpreti. E’ dunque un Centro che è nato fin da subito insieme alle mediatrici culturali, allora erano la cinese e
l’araba perché le comunità di riferimento più numerose erano queste in città, adesso oltre a queste ci sono la mediatrice rumena, la russa, la spagnola, quella del Bangladesh, insomma diciamo che la presenza ha seguito il processo di immigrazione che ha visto comunità presenti in modo più numeroso piuttosto che altre. C’era e c’è una scommessa fatta dal punto di vista di genere, infatti, tutti gli operatori presenti nel Centro sono donne: ginecologhe, pediatre, assistenti sanitarie, ostetriche oltre che le mediatrici culturali. Questa è un’opzione che è stato molto difficile da mantenere e anche proclamarla dentro una struttura pubblica, perché gli spostamenti si fanno per concorso ecc. ecc. [Maria Giovanna Caccialupi]
Il Centro, nello sforzo di capire e rispondere alla domanda di salute dei suoi utenti, ha sperimentato sul campo un modello operativo che si caratterizza per una diversa modalità di approccio ai problemi sanitari più attento alla persona che al sintomo/malattia. Inoltre, per la popolazione immigrata, considerata come una popolazione esposta al rischio, soprattutto le donne e i bambini, l’attivazione di questo spazio ha rappresentato sicuramente un “osservatorio privilegiato” di conoscenza e sperimentazione di nuove modalità operative e organizzative, che attraverso consulenze, consultazioni e formazioni può essere trasmesso a tutti gli operatori in rete e di rete. Soprattutto per le donne, il Centro è di grande aiuto in quel particolare momento di crisi del loro corso di vita che è l’avvio del percorso di maternità (gravidanza, parto, allattamento, solitudine dopo il parto).
Nel maggio del 2002, poi, all’interno del Piano Territoriale Immigrazione coordinato dalla Provincia e grazie alla collaborazione delle tre Aziende USL dell’area metropolitana, è stato istituito il servizio informativo plurilingue sui servizi sanitari Alò, che abbina al numero verde telefonico lo sportello front office presso l’Urp dell’Ospedale Maggiore di Bologna, dove sono attive mediatrici interculturali di diversa provenienza.
Per completare il quadro dei servizi va detto che mediatori culturali sono presenti, dal 2003, anche preso i CIP (Centri per l’Impiego della Provincia), servizio gestito dalla cooperativa Esogena. Nel CIP di Bologna due persone, una mediatrice peruviana e un mediatore di origine algerina, si occupano di fornire informazioni sulle opportunità lavorative, ma anche di accompagnare gli utenti nel processo di inserimento nel mercato del lavoro, nella ricostruzione del curriculum, nella ricerca di corsi di formazione, nella compilazione dei moduli
necessari all’iscrizione alle liste di collocamento, nell’orientamento su come sostenere un colloquio di lavoro ecc. La mediatrice peruviana che lavora allo sportello ha affermato:
Adesso mi occupo solo del lavoro, di orientamento al lavoro [anche se] io vedo delle persone che per quanto riguarda il lavoro, che è poi quello che tratto soprattutto, hanno un’autostima pari a zero, molto bassa e quindi sanno già che anche se si sono laureati dovranno fare i lavori di pulizia, (…) non gli affitteranno la casa ecc. una serie quindi di aspetti negativi che si sono trovati nella vita quotidiana che poi hanno fatto si che queste persone, pur essendo ricche di risorse personali, professionali ecc., si rivolgono ai servizi sociali in cerca di aiuto, […] questo a me sembra veramente assurdo. Non c’è proprio una valorizzazione delle persone, di tutte le sue cose, sembra che tutti siano arrivati nelle barche, sembrano che tutti siano sprovveduti, non abbiano studiato, non abbiano lavorato, invece io dall’altra parte mi trovo con persone che sono PIENE di risorse che però si pongono in un modo come se non le avessero. [Mila Gallindo Flores]
Due mediatori sono presenti infine in ambito carcerario, precisamente nella Casa Circondariale Dozza di Bologna, dove, nell’ambito di un progetto promosso dal Servizio Politiche per l’accoglienza e l’integrazione sociale dell’Emilia Romagna, è stato istituito uno sportello apposito per detenuti stranieri, che ha come obiettivo quello di facilitarne l’accesso ai diritti e ai percorsi di reinserimento.
In particolare, il progetto si suddivide in due ambiti di azione: l’allestimento di un percorso formativo a livello regionale sulla mediazione culturale, cui hanno partecipato operatori dell’Amministrazione Penitenziaria (agenti, educatori, assistenti sociali) e degli Enti Locali, e, parallelamente, l’esperienza all’interno della Casa Circondariale di Bologna di uno sportello polifunzionale rivolto particolarmente ai detenuti stranieri.
In tale contesto, il lavoro sulla mediazione ha interessato vari livelli: la mediazione tra operatori e detenuti immigrati, tra detenuti immigrati e detenuti italiani, tra operatori penitenziari e operatori degli enti locali, tra attori istituzionali e servizi, ed ancora tra operatori penitenziari e volontariato. Tale progetto risponde a due esigenze fondamentali: la prima è quella di agire concretamente in carcere attraverso l’impiego di mediatori culturali per ridurre il disagio favorendo
la possibilità di una reale integrazione. Inoltre, un supporto giuridico facilita l’accesso dei detenuti alle risorse istituzionali e non. Questo affinché si possa compiere il reinserimento della persona nella società. L’altra esigenza è stata quella di mettere in contatto i diversi soggetti istituzionali in modo da formare in maniera adeguata il personale che viene quotidianamente in contatto con gli immigrati. Si è cercato, inoltre, di creare un momento di comunicazione tra i soggetti stessi con la prospettiva di una reale collaborazione per migliorare le condizioni di vita interne e le prospettive esterne dei detenuti.
Nello specifico, i compiti e le funzioni dello sportello si sintetizzano in tal modo:
1. funzione di segretariato sociale: rispondere direttamente alle domande poste dai detenuti nei colloqui (sui propri diritti, sulle opportunità di reinserimento, sulle associazioni pubbliche e private di sostegno sociale e culturale, sulla normativa, consulenza e orientamento legale in collaborazione con l’ISI 369 ecc.);
2. funzione di intermediazione culturale: al fine di facilitare la comunicazione e la comprensione linguistico-culturale tra l’operatore del servizio e lo straniero;
3. funzione di attivazione: nel senso che laddove la situazione riscontrata nel colloquio lo suggerisca ci sia un’attivazione delle risorse comunali esistenti, ad esempio il Centro di Servizio Sociale per Adulti (CSSA) sino ad una possibile presa in carico del soggetto;
4. funzione di raccordo: si tratta di un’azione di coordinamento di
tipo informativo tra i vari enti soprattutto con quelli che collaborano direttamente con il carcere e che si occupano dei problemi degli stranieri. L’operatore svolgerà una ricerca di tutte le risorse presenti sul territorio provinciale e regionale, con attenzione ai problemi abitativi, sanitari, occupazionali, legali e così via; questo in riferimento alla popolazione carceraria che
usufruisce di misure alternative alla detenzione e ai soggetti in via di dimissione.
Uno dei due mediatori, nel suo racconto, riferisce della trasversalità di questa nuova figura all’interno delle carceri:
Come mediatori culturali interculturali qua dentro dove ci sono tante culture forse è la figura più trasversale dove si lavora con tutti si lavora con l’educatore, con gli psicologi con l’assistente sociale, si lavora con tutti uno è in contatto con tutti, il lavoro si fa con tutti si fa attività a scuola, in biblioteca, si fa la traduzione all’operatore (assistente sociale o psicologo) che ha bisogno di comunicare con il ragazzo e altri volte si lavora in sezione, in biblioteca, a scuola si fanno i colloqui per ragazzi che entrano in carcere quindi mediazione culturale/interculturale diretta e indiretta. Invece, quando si sta con tutti all’interno dell’istituto penitenziario minorile si lavora soprattutto non con la traduzione, ma più o meno il lavoro è questo si è da supporto agli altri operatori che vogliono comunicare con i ragazzi stranieri. [Yahia Menhoudj]
Le Associazioni di volontariato, invece, entrano in gioco nella fase della prima accoglienza, con una presenza molto attiva di associazioni soprattutto cattoliche (la Caritas, Padre Maremma, le suore di Madre Teresa di Calcutta, ecc.). Nella seconda fase, appunto quella della mediazione culturale con i servizi, terreno fertile è stato quello di un’area laica di storia movimentista di sinistra, e aree di appartenenza o provenienza femminista. Questo incontro tra volontariato cattolico, incentrato sull’emergenza e la risposta ai bisogni, l’attivismo femminista e di sinistra, le organizzazioni sindacali, orientate alla promozione dei diritti, e le amministrazioni locali, rappresenta il modello di integrazione italiano. La diversa forza di questi attori peserà non poco nel consolidare reti di
governance pubblico-private. “Alla centralità dell’intervento pubblico – secondo Caponio - si contrappone quindi un terzo settore diviso al suo interno tra grandi cooperative sociali di servizi e realtà basate sul volontariato, soprattutto di matrice cattolica. Il problema è quindi quello di uscire dal blocco monolitico amministrazione-cooperative, per aprire la rete ad altre istanze della società civile, che vede anche cattolici e ambientalisti. L’ISI implementa questo progetto tenendo distinti servizi essenziali, di responsabilità diretta dell’istituzione, e progetti sperimentali, dove si vedono diverse forme di collaborazione pubblico-
privata, con la costituzione di network tematici aperti a tutte le associazioni attive su un determinato tema”370.