Parlare di politiche migratorie significa fare riferimento a una realtà sempre più articolata e complessa. I due principali ambiti in cui esse si sostanziano sono le politiche per l’immigrazione, immigration policies, e le politiche per gli immigrati, immigrant policies. Nel primo gruppo sono comprese, oltre alle politiche per l’asilo, quelle di ingresso, soggiorno ed espulsione, quelle di polizia e di controllo delle frontiere. Al secondo gruppo, invece, vengono ricondotte tutte le politiche riguardanti l’integrazione degli immigrati. La mediazione culturale, in particolare, rientra nel secondo gruppo.
L’attenzione degli studiosi per le politiche locali a favore degli immigrati è piuttosto recente e si inserisce nella questione di una probabile perdita di centralità dello Stato-Nazione, spesso data per scontata fino alla metà degli anni Novanta. Si tratta di una letteratura allo stato nascente, al cui interno è però già possibile individuare almeno tre filoni di analisi362.
Il primo filone si riferisce a quel gruppo di studi che predilige la ricostruzione del contenuto delle policies, molte volte in chiave prescrittiva, al fine di individuare le cosi dette ‘buone pratiche’; altre volte con intenzioni di tipo descrittivo/esplicativo per ricostruire possibili modelli di cittadinanza locale. Un secondo filone è costituito, invece, dagli studi sulla partecipazione politica degli immigrati. Questo ultimo si concentra soprattutto sulla descrizione delle diverse ‘strutture delle opportunità’ e sull’impatto che queste possono avere in termini di mobilitazione associativa degli immigrati. Infine, il terzo gruppo è costituito dagli studi sui processi di policy locale, che si propongono di ricostruire i network di
361 Cfr. Ufficio Politiche per le Immigrazioni e di Contrasto all’Esclusione Sociale della Provincia di Bologna, Piano Territoriale Provinciale per Azioni di Integrazione Sociale a favore di cittadini
stranieri immigrati, Programma attuativo 2007, Bologna, aprile 2007, p. 2.
362 Secondo Tiziana Caponio “Gli studi sul contenuto delle politiche locali per immigrati possono essere distinti a loro volta in due filoni principali: quello incentrato sul concetto di best practice, che ha l’obiettivo principale di individuare e di descrivere esperienze particolarmente innovative di intervento a favore degli immigrati; quello orientato alla ricostruzione dei modelli o configurazioni locali di politiche di accesso ai diritti, sulla falsariga della più consolidata letteratura sui regimi nazionali di cittadinanza” (Tiziana Caponio, op. cit., p. 95).
attori e di spiegare come e perché le politiche hanno assunto una configurazione specifica.
Durante il nostro lavoro concentreremo la nostra attenzione soprattutto sul terzo approccio, utile a delineare la situazione delle politiche locali bolognesi e delle varie reti degli attori coinvolti. Da una definizione riportata da Howlett e Ramesh, studiosi di politiche pubbliche, notiamo che i: “policy networks sono quei legami che uniscono gli attori dello stato e della società nel processo di policy”363. I partecipanti entrano nei networks per perseguire i propri fini, che al di fuori del networks vengono visti come materiali e ‘oggettivamente riconoscibili’. Proprio l’enfasi posta sugli interessi materiali comuni separa gli studi dei policy
network da quelli delle policy communities. Infatti, se da un lato i membri di una
policy community sono legati tra loro da una base di conoscenza condivisa, dall’altro i membri delle reti non condividono soltanto questa, ma anche un certo tipo di interessi materiali che consentono o incoraggiano contatti regolari364.
A fare la differenza, quindi, non sono tanto le iniziative di policy direttamente riconducibili all’amministrazione comunale, quanto piuttosto le reti di attori che vi partecipano. Infatti, i casi di buone pratiche solitamente sono il risultato della collaborazione tra più enti pubblici e privati su questioni specifiche. Nelle parole di Tiziana Caponio: “Le politiche locali per gli immigrati raramente sono il prodotto dell’azione isolata di comuni o municipalità, ma si caratterizzano per la presenza di una molteplicità di attori, quali organizzazioni di volontariato, altre istituzioni pubbliche (scuole, servizi sanitari ecc.), associazioni di immigrati, e così via”365.
La politica rappresenta il parametro principale di riferimento, per cui descrivere le politiche per gli immigrati adottate da un certo Comune in un determinato periodo equivale a parlare delle politiche di questa o di quella amministrazione. In altre parole, ancora secondo Caponio, la dimensione politica intreccia tutto il processo di policy locale dell’immigrazione. A livello locale, in realtà, si giocano delle partite già discusse e trattate a livello nazionale. Inoltre, non è semplice catturare la complessità delle politiche per gli immigrati. Spesso
363 Michael Howlett, M. Ramesh, Come studiare le politiche pubbliche, il Mulino, Bologna, 2003, p. 136.
364 Cfr. Michael Howlett, M. Ramesh, op. cit., 365 Tiziana Caponio, op. cit., p. 91.
succede che qualsiasi sia il colore dei governi locali, ad emergere in primo piano è una sorta di ‘panico elettorale’, per cui l’azione di policy è fortemente orientata al consenso tout-court. Nelle parole di un intervistato:
[…] C’è una specie di clientelismo elettorale anche intorno a tutta questa roba qua. Per cui, quelli che gestiscono i servizi sull’immigrazione si ritrovano a trascinare gli immigrati. [Raimon Dassi]
Ancora, l’analisi dei programmi politici e di governo mettono in evidenza due visioni contrapposte della questione immigrazione: come problema nel caso del centro-destra, e come risorsa in quello del centro-sinistra. La dimensione organizzativa, d’altra parte, distingue due metodi diversi di intervento: quello duale e frammentato, nelle coalizioni di centro-destra, e quello coordinato e integrato in quelle di centro-sinistra.
A questo punto cercheremo di spiegare come e perché l’immigrazione è diventata una issue saliente nel Comune di Bologna, quali attori si sono mobilitati per primi, con quali strumenti ed obiettivi e attivando quali reti e relazioni. Il caso di Bologna si contraddistingue per la precocità con cui la questione immigrazione entra nell’agenda di policy dell’amministrazione comunale. Infatti, già nel 1986, quando gli immigrati sono ancora poche centinaia, il comune si è attivato per l’istituzione del Centro di accoglienza per stranieri, aperto ufficialmente nel 1987 grazie ad un finanziamento regionale. A Bologna, infatti, il governo di sinistra di Imbeni decide di intervenire sulla questione immigrazione ancora prima che questa venga percepita come problema, con un forte protagonismo dell’ente pubblico nel settore delle politiche sociali. Tuttavia, ad una prima fase interventista e centralista da parte dell’amministrazione comunale, ne segue un’altra contraddistinta da un maggiore coinvolgimento della società civile e delle associazioni del terzo settore. Anche se, bisogna dire, che il terzo settore appare molto debole per far fronte in maniera tempestiva e organizzata alle possibili lacune dell’azione pubblica. É stato proprio con la vicenda dei profughi della ex Jugoslavia366 che le carenze dell’amministrazione comunale hanno visto dapprima
366 Nella seconda metà degli anni Novanta, tale vicenda riguarda la questione dell’emergenza profughi, provenienti dall’ex-Jugoslavia, accampati lungo le rive del fiume Reno.
l’intervento di volontari indipendenti, e solo dopo di associazioni più strutturate nel territorio.
Le successive amministrazioni, sia quella di centro-sinistra di Vitali che il civico centro-destra di Guazzaloca, devono fare i conti con un ‘terzo settore’ in crescita. Difatti, una serie di organizzazioni fortemente consolidate ed esperte nel settore, dalle cooperative sociali specializzate nell’accoglienza, alle associazioni multietniche di mediatori culturali, dispiega la presenza di un sistema di collaborazioni più pluralista e aperto. Tuttavia, questo non implica che ci sia tra questi diversi attori una vera e propria logica di azione in rete; al contrario prevalgono le relazioni a due, ad eccezione delle politiche per l’accoglienza, dove è attivo un tavolo di coordinamento tra i gestori delle strutture comunali.
L’attuale amministrazione di centro-sinistra, con Sergio Cofferati nella carica di Sindaco, segue, riguardo alle politiche per gli immigrati, tre principali direttrici :
• l’accoglienza
• l’integrazione sociale • la cittadinanza
In generale, come spiega la vice Sindaco Adriana Scaramuzzino, gli obiettivi a medio termine sono:
[…] Aumentare le risposte dei servizi a fronte dell’aumento degli stranieri residenti nel territorio; facilitare le relazioni fra i cittadini stranieri e gli operatori italiani che, a vario titolo, si relazionano quotidianamente con loro; rendere socio compatibili le strutture di accoglienza per immigrati e il territorio cittadino circostante; diffondere la cultura dei diritti e dei doveri dei cittadini stranieri; aumentare l’attenzione e gli interventi rivolti ai minori stranieri di 2° generazione; interventi integrati servizi, casa, lavoro, scuola ecc.; promozione dell’integrazione multiculturale e interculturale rivolte agli immigrati e ai cittadini italiani. [Dott.ssa Adriana Scaramuzzino]
Tuttavia, tutti gli interventi finanziati direttamente con fondi comunali sono stati destinati, nel corso degli anni, principalmente all’erogazione di servizi, sia di natura assistenziale (prima e seconda accoglienza) che di integrazione (corsi di formazione, inserimento scolastico per minori). Va detto, comunque, che c’è
stata una particolare attenzione, nel corso degli anni e nel passaggio da una amministrazione all’altra, alla continuità dei servizi, confermata anche dal mantenimento della rete di sportelli informativi aperti dall’ISI, oggi Servizio Immigrati. Si tratta di una vera e propria istituzione di ‘coordinamento’, diretta a promuovere un intervento di tipo trasversale, e a supportare i diversi servizi nella messa a punto di soluzioni adeguate ai diversi problemi.
Infine, una rilevanza particolare ha sempre assunto l’attività di ricerca sul fenomeno immigrazione, come è evidenziato dalla decisione dell’ISI di incorporare al suo interno l’Osservatorio comunale sulle migrazioni, istituito nel 1995, oggi Osservatorio provinciale delle migrazioni, istituito sulla base di un protocollo di intesa con la Provincia, e a cui ha aderito nel 2003 anche la Questura di Bologna. Nelle parole di uno dei responsabili:
L’Osservatorio continua una tradizione di studi e di ricerche sull’immigrazione in precedenza, prima del 2000 era osservatorio comunale, osservatorio comunale dalla metà degli anni ‘90 fino al 2000. Prima ancora era nato come osservatorio del mercato del lavoro e cercava di analizzare il fenomeno immigratorio all’interno del mercato del lavoro. C’erano queste pubblicazioni qua dal titolo: “La Società Multietnica”. Queste pubblicazioni uscivano una volta l’anno, si può dire, questo era il primo numero nel 95, si chiamava Osservatorio metropolitano delle immigrazioni […]. Qui, bene o male, c’è sempre stata questa collaborazione tra Comune e Provincia, questo già dal 1995. Prima ancora c’era , ecco qui, sempre Società Multietnica, questo è il primissimo numero uscito nel 1991. [Eugenio Gentile]