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Burgkardus), venne più volte ristampato nell’Impero Il Minucci chiese allo Specia-

no che procurasse il trattato proprio dall’Erstemberger. K. JAITNER, Die Hauptin-

struktionen, cit., p. 63: «È stampato sopra la detta materia un libro intitolato ‘De

Autonomia’ in lingua alemana, che forse troverà anco latino presso ‘l S. Erstember- ghero, segretario della Mtà dell’Imperatore, altrimenti sarà bene farlo tradurre [...]».

14Ibidem.

15Cfr. FRANCESCO PUCCI, De Christi servatoris efficacitate, Ter Gouw, typis Io- annis Zaffeni Hoenii, 1592; cito però dalla recente traduzione di G. Isozio, ID.,

L’efficacia salvifica del Cristo, Pisa, Edizioni del Cerro, 1991, p. 1.

16R. J. W. E

VANS, Rodolfo II, cit., p. 11.

del XVI secolo18. La politica pontificia prevedeva oltre alle numero- se nunziature stabili anche l’erezione di una rete di collegi gesuitici, il controllo sulle pubblicazioni a stampa, ma soprattutto l’incremento degli elettori cattolici nelle Diete imperiali. Essa si dispiegava su un fondale costituito da una trama fittissima di idee di tolleranza religio- sa traghettate a Praga, dalla Francia, dall’Inghilterra e dai molti esuli italiani che lì transitavano trovando protezione. A Praga e nell’Impero soggiornano in quegli anni Francesco Pucci e Giordano Bruno19, il Mercatore, Keplero, John Dee, Michael Maier, Ottaviano Rovereto, il veronese Bartolomeo Guarinoni e suo figlio Ippolito autore di trattati medico-filosofici molto apprezzati da Rodolfo II20. Scorrendo, sia pur sommariamente, il catalogo degli stampatori calvinisti Wechel è possibile avere un quadro della circolazione delle idee nell’Impero. All’archeologia classica, pungolo costante della ricerca umanistica, si affiancavano le stampe delle opere storiche di Froissart e Commynes nella traduzione di Sleidan, ristampate più volte a partire dal 1578; le Historiae de regno Italiae (1575, 1591) e

il De Republica Hebraeorum (1583, 1585, 1608) del Sigonio21,

l’opera di Martin du Bellay. Accanto agli storici si trovano numerose opere di Pierre de la Ramée e le sue confutazioni, operazione questa che mirava ad evidenziare la vivacità del dibattito intorno alla me-

thodus scientifica. Si stampano gli scritti sulla fisiognomica del Dalla

Porta, le opere di Giordano Bruno, di John Dee e quelle del luterano Johann Lange. Quest’ultimo abiurò dinanzi a Cesare Speciano il qua- le in seguito divenne suo «editore»22. Fu proprio il Lange a suggerire al nunzio Speciano la pubblicazione di uno dei testi destinati a dirot-

18R. J. W. E

VANS, Rodolfo II, cit., p. 8.

19Cfr. D. C

ANTIMORI, Eretici italiani del cinquecento, Torino, Einaudi, 1992; L.

FIRPO, Gli scritti di Francesco Pucci, Torino, Bona, 1957; L. FIRPO, Il processo di

Giordano Bruno, a c. di D. Quaglioni, Roma, Salerno Editrice, 1993; L. FIRPO,

Scritti sulla Riforma in Italia (Biblioteca del Corpus Reformatorum Italicorum),

Napoli, Prismi, 1996; D. CACCAMO, Eretici italiani in Moravia, Polonia, Transilva-

nia (1558-1611), Firenze, Sansoni, 1970; Venezia e Ungheria nel Rinascimento, a c.

di V. Branca, cit.

20Cfr. R. J. W. EVANS, Rodolfo II, cit., pp. 275-336, p. 283 ss. 21Sul testo cfr. V. C

ONTI, Consociatio Civitatum. Le repubbliche nei testi elzevi-

riani (1625-1649), Firenze, CET, in particolare pp. 116-118.

22 Speciano pubblicherà nel 1592 la Narratio M. Ioannis Langii qua sui ad Ca-

tholicam Ecclesiam accessus occasiones et rationes ostendit: recitata postridie D. Iacobi qui Sept. Cal. Augusti Pragae in Academia Caes. Collegii societatis Iesu,

tare maggiormente la politica gesuitica e la conversione al cattolice- simo a Praga: le Decem rationes di Edmund Campion23.

In tal modo, sia pur entro i limiti prefissati dalla giurisdizione del- la nunziatura, lo Speciano si proponeva a Praga come uno dei princi- pali oppositori della politica editoriale riformata e calvinista, quella dei Wechel in primo luogo. Questi, d’altra parte, ponevano in circo- lazione le opere dei giuristi europei più ricercati, tra i quali spiccava- no François Hotman, e soprattutto Jean Bodin, la cui conoscenza era considerata quanto meno ovvia, accanto al Machiavelli, presente insieme al Lipsio in numerose biblioteche private di Praga24. Nel 1591 i Wechel, accanto a ben tre opere del Bruno (De imaginum,

signorum et idearum compositione; De monade, numero et figura; De triplici minimo et mensura), stampano il De Republica di Jean

Bodin e nel 1597 l’Universae naturae theatrum, contribuendo non poco alla circolazione europea di un autore che già si preparava a trovare una precisa collocazione nell’Indice clementino. Una copia della edizione Wechel della République si può ancora ritrovare, tra l’altro, nel fondo della Biblioteca del collegio gesuitico di Cremona (ora confluito nella Biblioteca Statale di Cremona) come ha mostrato lo studio di Roland Crahay25. Non è possibile stabilire con certezza se la stampa appartenesse a Speciano che soggiornava in Germania nel 1592, poiché il volume non compare nel regesto della sua Biblio-

teca che, come già ricordato, lasciò proprio al collegio cremonese

(per di più, l’esemplare, non possiede l’ex-libris del Vescovo)26. Cer- to è che l’opera di Bodin circolò in Italia non solo nella traduzione di Lorenzo Conti, ma anche, di rimando, nella edizione latina, compre- sa quella dei Wechel. A Praga Bodin ebbe fortuna proprio nel conte-

23E

DMUNDI CAMPIANI SOCIETATIS IESU THEOLOGI, Qui non ita Pridem pro Ca-

tholica religione in Anglia mortem oppetiit, oblati certaminis in causa fidei, rationes decem redditae Academicis Angliae... Iussu Sumptuque Illustriss. ac Reverendiss. D. D Caesaris Speciani, Dei, & Apost. Sed. gratia Episcopi Cremonen: & S.D.N. ad Caes. M. cum potestate Legati de Lat. Nun., Pragae, Typis Michaëlis Peterle, Anno

MDXCII. L’importanza del testo e della sua diffusione è stata ben rilevata da R. J. W. EVANS, Felix Austria, cit., p. 81.

24Cfr. ID., The Wechel Presses: Humanism and Calvinism in Central Europe

1572-1627, “Past & Present” supplement 2, Oxford, The Past & Present Society,

1975; R. SCHNUR, Individualismo e Assolutismo, cit., pp. 109-116. 25Cfr.R. C

RAHAY, M.-TH. ISAAC, M.-TH. LENGER, Bibliographie critique des

éditions anciennes de Jean Bodin, Bruxelles, Académie Royale de Belgique, 1992.

26 L’ex-libris dello Speciano conteneva il motto escerpito da Ps. 76, 11: «Cogi- tavi dies antiquos et annos aeternos in mente habui».

sto di una mistica universalistica che mirava ad una visionaria rifor- ma generale dei costumi, della morale e del diritto: è appunto accanto al Bruno che trova posto il pensiero dell’Angevino. Fu però soprat- tutto la methodus storica e giuridica che Bodin aveva avviato ad in- cardinarsi in un preciso ideale armonico, catturando così l’attenzione dei giuristi di Praga. È a Praga che uno degli estimatori principali del Bodin, Johannes Coccinus (Jan Kócin), pubblica una trasposizione in forma di dialogo della Iuris Universi Distributio, facendo aprire il dialogo proprio al Bodin che ricorda le pagine della sua Methodus27. È frutto di questa temperie anche la Politica di Althusius del 1603, dedicata nelle edizioni del 1610 e 1614 proprio agli Ordini della Frisia. Althusius, come ha sottolineato Vittorio Conti28, pubbli- ca la sua opera traducendo nelle città dell’Impero le idee intorno alla sovranità filtrate con l’esempio delle Province Unite29. Nell’Impero, d’altro canto, ha una fortuna dilagante, come mostra lo studio di Roman Schnur, tutta la linea di pensiero che dal pessimismo politico di Montaigne condurrà alla sistematica ‘assolutista’ elaborata da Thomas Hobbes30. Tali idee penetravano anche in stati come la Tran-

27I

OANNIS BODINI ANDEGAVENSIS, Nova Distributio Iuris universi: ab ipso auto-

re in tabula adumbrata. Nunc autem in gratiam Iuris Legumque Studiosorum Dialo- go explicata a Ioanne Cocino, Pragae, Excusum in Officina Georgij Nigrini, Anno

MDLXXXI. Jan Kócin è anche autore di una Prolusio scholastica politicae Exerci-

tationis, Praga, 1578; oltre che traduttore della Historia tripartita di Cassiodoro

(Historia Cýrkewnj Kasiodora Rzjmského Senátora nazwaná Tripartita..., Praga, Adam, 1594) e della Historia Ecclesiastica di Eusebio (Historia Cyrkewnj: Eusebia

prigmjm Pamffila: O zíwotu Neyswétegssjho Cýsare Konstantýna Welikého... Nynj w nowe z reci Latinské w Czeskau s pilnostj prelózená od Jana Kocýna z Kocynétu,

Prag, Danyel Adam z Weleslawjna, 1594). Per alcuni cenni sul momento nel quale matura la fortuna del Giurista d’Angers a Praga cfr. R. SCHNUR, Individualismo e

Assolutismo, cit., pp. 113-114. Cfr. R. J. W. EVANS, Felix Austria, cit., p. 50 ss. Sul

testo cfr. C. VASOLI, Note su Jean Bodin e la ‘Juris Universi Distributio’, «Quaderni

fiorentini per la storia del pensiero giuridico moderno», XXX (2001), pp. 15-44. 28V. C

ONTI, Consociatio civitatum, cit., pp. 180 e ss, il quale rimette in discus- sione la lettura esclusivamente tedesca del pensiero altusiano, di derivazione gier- kiana (O. VON GIERKE, Johannes Althusius und die Entwicklung der naturrechtlin-

chen Staatstheorien, Breslavia, 1880, trad. it. di A. Giolitti, ID., Giovanni Althusius e

lo sviluppo storico delle teorie politiche giusnaturalistiche, Torino, Einaudi, 1974).

Althusius non può essere compreso se non alla luce di un continuo scambio di idee politiche tra l’Impero e i centri clavinistici, tra i quali l’Olanda costituiva il principa- le riferimento.

29JOHANNES ALTHUSIUS, Politica Methodice Digesta, Herabornae Nassoviorum, 1614 (rist. Scientia, Aalen, 1961), Prefatio, ff. 2v-3r.

silvania, la Polonia o l’Ungheria, devastati dall’avanzata turca31. Il vivo esempio delle Provincie Unite, le quali, scriverà l’Althusius, avevano tolto l’esercizio e l’uso del potere sovrano al re che ne abu- sava, contribuiva non poco a complicare il terreno, originando, fin dai primi anni del Seicento, un vero e proprio mito repubblicano bo-

emo32. La Respublica Bohemiae fu opera di Pavel Stránský e ben

presto trovò una sua collocazione tra le repubbliche degli Elzevir33. È nel pieno di questa crisi e nel tentativo di ricostituire un ordine giuridico che maturano le idee di tolleranza religiosa, di sovranità, di scienza politica, di ragion di Stato, dando per acquisita la nuova di- mensione degli Stati europei. Le Proposizioni dello Speciano costi- tuiscono uno straordinario documento della crisi di coscienza politica nel suo momento drammaticamente più vivo. Mediante lo studio dei suoi ricordi politici, delle sue personalissime esperienze, delle sue opinioni, alle volte farraginose, altre manifestamente incoerenti (co- me fu allora tutta la riflessione intorno alla politica), è possibile ri- percorrere, lungo una linea discontinua, le grandi tappe della politica europea: la politica cattolica di Filippo II; la revolutione dei Paesi Bassi; la contrastata successione al trono di Francia dell’«eretico» Enrico IV di Navarra; la persecuzione ereticale in Germania; le vi- cende dell’Imperatore Rodolfo II; gli effetti della pubblicazione dell’Indice Clementino; l’Interdetto fulminato alla Repubblica di Venezia da Paolo V.

Cesare Speciano matura la propria esperienza politico- diplomatica e la scrittura delle sue Proposizioni, si può dire, con feli-

31Sulla circolazione di Bodin in Polonia cfr. R. S

CHNUR, Individualismo e Asso-

lutismo, cit., pp. 109 e ss. Di notevole interesse per quel che riguarda il panorama

ungherese è la figura di Farkas Kovacsóczy, cancelliere transilvano del Báthory, personaggio che muoveva le proprie riflessioni politiche in bilico tra precetti ma- chiavelliani e moralismo erasmiano o ricavato dallo studio del Montaigne, se ne veda il pregevole ritratto offerto da BÉLA KÖPECZI, Gli inizi della letteratura politica

ungherese e Venezia, in Venezia e Ungheria, cit., pp. 469-478; per un quadro

dell’umanesimo circolante in Ungheria grazie agli scolari ungheresi a Padova, si veda nello stesso volume il contributo di GYÖRGY BÓNIS, Gli scolari ungheresi di

Padova alla corte degli Iagelloni, Ibid., pp. 227-244. Un quadro generale della for-

tuna di Bodin in Germania è quello proposto da M. STOLLEIS, La Réception de Bo-

din en Allemagne, «Quaderni fiorentini per la storia del pensiero giuridico moder-

no», XXIV (1995), pp. 141-156; Si veda dello stesso Stato e ragion di Stato nella

prima età moderna, Bologna, Il Mulino, 1998.

32JOHANNES ALTHUSIUS, Politica Methodice Digesta, Herabornae Nassaviorum, 1614 (rist. Scientia, Aalen, 1961), Prefatio, f. 4v.

ce espressione bodiniana, “au milieu de la République”34 e del dibat- tito politico dell’Europa moderna. Le dispute dottrinali europee non mancano di un loro riverbero, sia pure in termini critici, anche nelle osservazioni di un politico attivo, attento lettore e bibliofilo quale egli fu. Vi si ritrovano variamente collegati alcuni motivi topici cir- colanti nella cultura di fine secolo: le costruzioni teoriche intorno al tema della sovranità35, le teorie politiche e giuridiche della tarda sco- lastica spagnola e l’impianto politico, del tutto italiano, o quasi, della ragion di Stato36. La sue idee intorno alla ragion di Stato meritano una discussione dettagliata, poiché l’Autore sviluppa il tema in modo non sempre aderente ai consolidati canoni della trattatistica a lui con- temporanea.

L’opera dello Speciano, si è detto, è incentrata fin dalla sua Moni-

zione iniziale sull’«impossibilità di governarsi secondo le regole ge-

nerali» nel terreno politico37. L’assunto, che nei Ricordi del Guic- ciardini denotava la verve «polemica» del giurista, con cui era matu- rato il suo legame con il Machiavelli, poteva essere rivolto al decli- nare del secolo non più contro il teorico della «politique à la fiorenti- ne», accomunato oramai ai politiques francesi, ma alla più pericolosa degenerazione «cattolica» del pensiero di questi ultimi: la Ragion di

Stato del Botero. L’elaborazione del Botero aveva infatti privato

34JEAN BODIN, Les six Livres de la République,Paris, Du Puys,1583 (rist. anast. Aalen, 1977), V, 4, p.730 : «nous sommes au milieu de la Republique, et non pas aux escholes des Academiques et Stoiciens». Su questo passo in particolare mi per- metto di rinviare al mio Il diritto di confisca nella République di Jean Bodin, in Jean

Bodin a 400 anni dalla morte. Bilancio storiografico e prospettive di ricerca, cit.,

pp. 311-324.

35Si veda per tutto ciò il volume di D. Q

UAGLIONI, I limiti della sovranità, cit.,

pp. 247-279. Dello stesso si veda anche “Imperandi ratio”: l’édition latine de la

République (1586) et la raison d’État, in Jean Bodin. Nature, histoire, droit et poli- tique, a c. di Y- Ch. Zarka, Paris, PUF, pp. 161-174.

36 Sulla circolazione di queste teorie uno sguardo d’insieme è offerto da V. I. COMPARATO, Il pensiero politico della Controriforma, cit.; G. FASSÒ, Storia della

filosofia del diritto, vol. II, L’Età moderna, Bologna, Il Mulino, 1968; J. A.

FERNANDEZ-SANTAMARIA, Reason of State and Statecraft in Spanish Political

Tought, 1595-1640, Lanham-New York-London, University Press of America,

1983; ID., Botero, Reason of State, and Political Tacitism in the Spanish Baroque, in

Botero e la Ragion di Stato. Atti del convegno in memoria di Luigi Firpo (Torino, 8-

10 marzo 1990), Firenze, Olschki, 1992 e soprattutto le belle pagine di M. VILLEY,

La formazione del pensiero giuridico moderno, Milano, 1986.

l’idea di sovranità del suo fondamento giuridico38. Lo scritto del Be- nese non ha più alcunché del «trattato» giuridico. Botero nella sua definizione del «dominio» riconduceva lo Stato a un universo meta- giuridico, ove nessuno spazio veniva riservato alla «giustezza» del governo, sulla quale Bodin fondava la propria definizione di «sovra- nità»39. Diego Quaglioni, ricordando le parole di Luigi Firpo, ha rile- vato che «c’est avec Bodin que naît l’État de droit [...] au contraire, Botero manque d’élaboration conceptuelle»40.

L’opera dello Speciano appartiene a quella temperie dottrinale e, va detto, si presenta fin dal principio come una piena condanna della idea stessa di ragion di Stato e della ‘pretesa’ ratio che ne costituisce il fondamento: una ratio che non ha più alcun vigore giuridico. È altresì vero che alla condanna pura e semplice dell’idea di ragion di Stato, l’Autore non fa seguire alcuna teorica alternativa propendendo invece per un pensiero essenzialmente votato alla demolizione della realtà politica degli Stati, che egli vive come un mosaico di interessi inconciliabili. Da un lato Speciano prefigura il ritorno a un equilibrio interstatuale, nel rispetto della pace e della giustizia (entrambi i con- cetti variamente estratti ora da precetti biblici, ora presentati con rife- rimento generico ai sacri canoni). Dall’altro egli rifugge il modello della trattatistica e ogni costruzione sistematica che preveda allega- zioni dottrinali, ma in modo diametralmente opposto al Botero. Sia- mo di fronte a un pensiero demolitore assai lontano da ogni sorta dal compromesso tra «interesse» e «moralità». Era questo il nodo del dilemma etico al quale l’idea stessa di ragion di Stato, al suo nascere, intendeva fornire risposte.

Nel suo scritto Cesare Speciano tende a screditare ogni validità delle norme politiche intese «in senso moderno»: demolire, per il Cremonese, non significa necessariamente innovare. Egli ci appare piuttosto un pensatore fermo nel recupero di un ideale giuridico della vita politica e dei meccanismi, tipici della feudistica, di un potere «riconoscibile» che possa rivelarsi moralmente ordinato e vincolato. La difficoltà insormontabile sta tutta nella riproposizione del suo

38D. QUAGLIONI, “Imperandi ratio”: l’édition latine de la République (1586) et

la raison d’État, cit., pp. 162-163.

39Cfr. V. I. COMPARATO, Il pensiero politico della Controriforma, cit. 40D. Q

UAGLIONI, “Imperandi ratio”: l’édition latine de la République (1586) et

la raison d’État, cit., pp. 163-164. Lo scritto al quale Diego Quaglioni si riferisce è

quello di L. FIRPO, Ancora sulla condanna di Bodin, in La “République” di Jean

modello ideale dinanzi alla realtà dei «tempi tanto cattivi» nei quali matura la propria esperienza politica. Dal momento in cui la ratio perde ogni suo connotato etico divenendo interesse, nessuna manife- stazione del potere può essere limitata, prevista, ‘ordinata’, poiché legata a ‘capricci’, vizi e pulsioni imprevedibili: l’eccezionalità di- viene dunque la costante; la mutatione di ogni Stato e governo si sussegue incessantemente rendendo del tutto inutile ogni pretesa idealistica intorno alla pubblica felicità41. L’indagine sul ‘continuo mutamento’ prende il posto, nella tradizionale argomentazione poli- tica, del disegno intorno alla miglior forma di governo, e in un pen- siero così conformato non vi è più spazio per l’elaborazione di alcun «modello politico». «Niente prostra uno stato quanto l’innovatione: il mutamento dà origine soltanto all’ingiustitia et alla tirannide»42, scri- veva Montaigne, rimarcando che «tutte quelle descrittioni di governi, imaginate ad arte, appaiono ridicule et non atte ad essere messe in pratica. Quelle grandi et lunghe altercationi sulla migliore forma di società et sulle regole più utili a tenerci uniti, sono altercationi atte solo ad esercitare la nostra mente; come vi sono nelle arti parecchi argomenti che hanno la loro essenza nel dibattito et nella disputa, et che fuora di lì non hanno alcuna vita»43. Non è la semplice ripresa del luogo machiavelliano nel quale il Segretario fiorentino intendeva non già immaginare una forma di Stato ideale, ma piuttosto procede- re andando «dreto alla verità effettuale della cosa»: siamo dinanzi alla consapevole inutilità dello sforzo di elaborazione di un modello politico. Si veda ancora il Guicciardini del Dialogo del reggimento di

Firenze il quale, nel celebre proemio, onorava coloro i quali si affati-

41Non è casuale che una Scelta degli avvertimenti di Speciano figuri nella Filo-

sofia morale, (Verona, Targa, 1735) del Muratori. La Filosofia morale precedeva

l’elaborazione della Pubblica Felicità (s.l. ma Venezia, 1749) nella quale si sanciva il ritorno a un ideale giuridicamente e moralmente conformato di stampo umanistico. Scritta nel 1735, con la Morale il Muratori si proponeva di indagare, tra l'altro, su «quanto possano giovare al felice governo di un pubblico le virtù de i privati, sicco- me all’incontro nuocere i vizi». È nei capitoli XXI e XXII di tale trattato che il Mu- ratori affronta il tema su «quale sia la felicità, di cui è capace l’uomo sulla terra, cioè della virtù», che diverrà il movente primo della Pubblica felicità. Un tema questo, che sarà ripreso mai celando la forte dipendenza da una trattatistica morale assai risalente e particolarmente aderente allo spirito controriformistico.

42MICHEL DE MONTAIGNE, Les Essais, ed. par P. Villey, (reimpr. sous la direction de V. L. Saulnier), Paris, 1965 cito da L’assolutismo laico, antologia a c. di A. M. Battista, introduzione di L. Pala, traduzione e note di D. Thermes, Giuffrè, Milano, 1990, (L. III, Cap. IX, Della vanità), p. 72.

cavano nell’immaginazione della migliore forma di governo rimar- cando che «non s’avessi speranza alcuna che quello che si pensa o si disegna potessi mai succedere»44. Guicciardini parla in particolare di Platone e fa esplicito riferimento alla settima epistola, infatti «se già non crediamo che Platone, quando pensò e scrisse della republica, lo facessi mosso da speranza che quel governo immaginato da lui avessi a essere introdotto e seguitato dagli ateniesi; e’ quali a tempo suo erano in modo diventati licenziosi e insolenti, che , non che egli ten- tassi di fargli ricevere buona amministrazione, ma come si truova scritto in una sua pistola, disperato che mai più s’avessino a governa- re bene, non volle mai mescolarsi né travagliarsi della loro repubbli-