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68Ibid., prop. 320.

69Milano, Biblioteca Trivulziana, cod. 1125, fasc. XXVIII, Catalogo della libra-

ria di Monsignor Illustrissimo Vescovo Speciano (1607), cum brevi manuscriptorum indice (1631).

70Cfr. A. E. BALDINI, Albergati contro Bodin. Dall’Antibodino ai Discorsi poli-

tici, in Jean Bodin a 400 anni dalla morte. Bilancio storiografico e prospettive di ricerca, cit., pp. 287-310.

71M. D’A

DDIO, “Les six livres de la République” e il pensiero cattolico del Cin-

quecento in una lettera del Mons.Minuccio Minucci al Possevino, cit., pp. 127-144.

72L’espressione ricorre nelle Istruzioni per i nunzi apostolici. Si veda al proposi- to l’Istruzione compilata dal Minucci proprio per lo Speciano, Roma, 5 maggio 1592, in K. JAITNER, Die Hauptinstruktionen, cit., pp. 76-77, nella quale al capo 9,

principi sono nient’altro che «interessi». «Per lo ordinario», infatti, «tra principi grandi non sono inimicitie, ma solo emulationi, ne anco amicitie, essendo essi come indifferenti in questi affetti umani»73. “Niuno può sperare bene d’importanza dell’amicitia d’alcun altro principe” e neppure giustizia; amicizia e giustizia sono infatti contra- ri alla ragion di Stato74:

né alcun Signore si fidi di trovare giustitia appresso di chi l’ha occupato lo Stato, perché per lo più il principe, che ha occupato, reputa con la falsa ragione di Stato, che s’usa adesso, essere giuste tutte le attioni sue, che gl’accrescono lo Stato, et diminuiscono quello del Vicino, specialmente, che come ho detto di sopra un pezzo fa, non mancano mai alli prencipi ragioni vecchie cavate dalli archivii vere, o imagi- nate, con le quali si sforzano di mostrare d’havere giustamente occupato quello dell’altro.

Pressato dall’allestimento della Lega contro il Turco, motivo tra gli altri della sua nunziatura a Praga, lo Speciano attestava la fragilità degli accordi presi tra i diversi sovrani. Il modo in cui il Cremonese affronta il problema è il medesimo del Botero. Il Botero discuteva della Lega contro il Turco nel capitolo Delle leghe della Ragion di

Stato, che tempo dopo sarebbe confluito nel Discorso della lega con- tro il Turco (1614) 75. Così per il Botero «si accresce anco il potere con le forze altrui per via delle leghe, le quali sogliono rendere i prencipi più forti e più animosi, perché molte cose non può e non ardisce da sé uno, che potrà ed imprenderà accompagnato da altri, conciosiachè la compagnia accresce l’allegrezza delle cose prospere e diminuisce il danno delle avverse»76. Botero distingueva le leghe in perpetue e temporanee, offensive e diffensive ovvero «offensive e difensive insieme». Era però il problema dell’interesse comune tra tutti i «collegati» che attirava la sua attenzione sulla stabilità delle leghe. Infatti le leghe tra i principi possono avere «collegati di pari condizione» oppure la «maggioranza» dell’uno «sopra l’altro»77. A poco gioverebbe una lega così allestita, poiché «i prencipi per

prime fondationi di Carlo Magno [...], alle quali genti fu di là seminata la parola di Dio et portato il lume della vera fede. Hora s’è in quello di maniera perduta la reli- gione che non ve ne rimane scintilla, né si sa, se fra tutti li canonici ve ne sia pur un catolico [...]».

73CESARE SPECIANO, prop. 617. 74Ibidem.

75GIOVANNI BOTERO, Della Ragion di Stato, cit., pp. 262-264 76Ibid., p. 262.

l’ordinario non si muovono se non per interesse, e non conoscon amico né inimico se non per lo bene che sperano e per lo male che ne temono, e le leghe tanto durano, quanto dura l’utilità de’ collegati»78. L’interesse dei principi non può essere simile. Infatti allo stesso mo- do in cui la rottura di un meccanismo pone fuori uso l’intero orolo- gio, altrettanto accade se una parte «manchi», poiché «disordina l’intero corpo della lega»79. Così la riuscita dell’impresa anti turche- sca sarebbe possibile, prosegue Botero, solo nella unione di più prin- cipi insieme, «senza altro interesse che dell’onor di Dio e dell’esaltazione della Chiesa, lo assaltassero in uno od in più luo- ghi»80. Dunque, le leghe migliori sono quelle perpetue, piuttosto che le temporali, le offensive e le difensive insieme, piuttosto che le une o le altre singolarmente poste in essere, ma soprattutto tra i ‘collega- ti’ deve esservi «parità di interesse»81.

In modo non dissimile dal Benese, lo Speciano ammette che «li Prencipi non fanno tra di loro lega per amore, ma per interesse, o honore grande che ne sperano»82. La sua opinione intorno alla riusci- ta della lega contro il Turco è ricalcata dal Botero, infatti furono pro- prio le disparità di interessi a causare la rottura delle Leghe fatte al tempo di Paolo III e Pio V tra il Re di Spagna e Venezia. Si confronti la proposizione 331 dello Speciano col passaggio boteriano che ne costituisce presumibilmente la fonte83:

78Ibidem. 79Ibid., p. 263. 80Ibidem. 81Ibid., p. 264. 82C

ESARE SPECIANO, prop. 302.

83Ibid., prop. 331; G

IOVANNI BOTERO, Della Ragion di Stato, cit., p. 263: «Ora

conciosiachè l’interesse di molti prencipi in una impresa non può essere uguale, non è credibile che i collegati si debbano movere con animo o con prontezza uguale, senza la quale equalità la lega non farà impresa di momento. E sì come in un orolo- gio una ruota o un contrapeso, che si sconci, guasta tutto il concerto, così nelle leghe una parte che manchi disordina tutto il corpo della lega, come si è visto nelle leghe fatte sotto Paolo III e Pio V tra il Re Cattolico e Veneziani contra il Turco, le quali, mossesi con grande ardore e con memorabile vittoria ancora, non hanno però fatto progresso nissuno, perchè l’interesse de’ principi non era uguale, conciosiachè alla Spagna non mettono conto l’imprese di Levante, che sono utilissime a’ Veneziani, ed a questi non importano l’imprese d’Africa, che sono necessarie a Spagna. Onde temendo i Veneziani le forze che il Turco ha in Levante, e gli Spagnuoli la vicinanza d’Algeri, non si possono muovere insieme con pari ardore per la diversità degl’interessi, e ‘l Papa resta di mezzo con la spesa, senza frutto».

Non vi è cosa più difficile, ch'il volere far Leghe tra più Prencipi per la diversità degl'huomini, et delli interessi, et se bene se n'è fatta alcuna contra il Turco, non si deve tirare in conseguenza, perché l’esperienza mostra sempre la varietà delle pre- tensioni, però che pensarà mai di collegare contra il Turco alli nostri di almeno altri Prencipi, che quelli, che saranno offesi del medemo Turco, et anco il Papa, come Padre di tutti s'ingannarà, perché l’offeso sempre s’attacca con tutti, et il Papa non può assicurar d'aiutare un Prencipe Christiano contra il Turco, et come dico, chi si partirà da questa regola s'ingannarà. Del Re di Spagna non parlo, perché quel Re sempre ha guerra col Turco, ne con lui è necessario far lega, perché di continuo fa la guerra, ma parlo de’ Venetiani, et altri Prencipi, dalli quali non si deve sperare per l'avenire più di quello, che si è veduto per l'adietro, essendo anche cosa naturale, che puochi vogliono con pericolo comperare speranze, et aventurare il bene presente per il futuro.

Assai più fragili sono quelle leghe tra principi molestati da un al- tro principe, ribadisce il Cremonese in una proposizione ove non cela la sua tendenza filoispanica, poiché «essendo le leghe fatte per servi- tio proprio», è naturale che cessando l’interesse cessi anche la lega84:

Credo che se ne vederà l'essempio presto nella lega, che fanno adesso Francesi, Inglesi et Olandesi contra Spagna, perché si disolverà ogni volta ch’i Spagnoli mole- stino doi interessati separatamente, et così se questi tali non potranno attendere alle promesse fatte a Francia come capo, subito la lega sarà rotta, et veranno in dispareri, poiché non sarà aiutato l'offeso dall'altro Collegato, che dubita di se stesso. Però se li Spagnoli vogliono rompere questa lega, assaltino doi dei Collegati nel medemo tempo, che si confonderanno tra di loro, et verranno alla querela, et in tanto faranno essi Spagnoli ciò, che voranno con tirare da loro dei Collegati.

L’equilibrio tra Stati è perennemente vacillante poiché si regge non già su un ordine di giustizia, ma piuttosto sul solo primato dell’interesse personalissimo di ogni sovrano e di ogni Stato. Le le- ghe che di per sé il Botero idealizzava come ancora proponibili se allestite sotto l’egida della religione cristiana, divengono del tutto irrealizzabili per il Cremonese. Troppe sono le coordinate che ogni principe dovrebbe considerare prima di accordarsi con altri principi. Allo stesso modo lo Speciano non pare essere distante dal Botero quando affronta la questione circa la «conservazione dello Stato». All’assunto del Benese sulla «conservazione dello Stato», che costi- tuisce la ‘vera’ scienza della Ragion di Stato, poiché ad essa si per-