• Non ci sono risultati.

Le scelte traduttive di El cuento de las comadrejas Poiché l’elaborato si basa su un possibile esempio di traduzione della pellicola

N: Cómo no Mario Soffici.

Secretaria (mirando distraida su móvil):

Hijo de las mil putas…

N: Soffici… de los estudios Soffici…Del

Carril…y Tinayre.

Due di questi tre cognomi inventati sul momento da Norberto non sono del tutto casuali. Soffici, infatti, è il cognome dell’attore che interpreta Martín Saravia nel film da cui El

cuento de las comadrejas prende spunto, Los muchachos de antes no usaban arsénico,

Settanta. Altro cognome di un noto direttore del cinema argentino è pure Tinayre, molto attivo nello stesso periodo rammentato nel caso di Soffici.

Pure la tabella successiva prende in considerazione un caso di metatesto, già considerato nel paragrafo dedicato agli eufemismi.

MARA: ¡Sí, sí! Trabajaba acá escondido.

Bueno, hablemos de la casa. ¿Le parece que los muebles de esta casa entrarán en ese departamento?

B: Sí, por supuesto. Bueno, algunos…

¿como murió su hermana?

MARA: Elvira…falleció de contusión

celebral. Hace ocho años. Yo estaba en Formosa con otro descerebrado que se hacía llamar director. ¡No sabés lo que hizo, qué obra maestra! “La niña que gritó puta”.

MARA: Si si! Lavorava nascosto qui.

Allora, parliamo della casa. Crede che i mobili che sono qui ci enteranno?

B: Si, certo che si. Beh, almeno

qualcuno…come è morta sua sorella

MARA: Elvira…è morta di contusione

celebrale. Otto anni fa. Io mi trovavo a Formosa con quell’altro scervellato che si faceva chiamare direttore. Non ha idea di cosa fece, che opera sublime! “La bimba che urlò al diavolo!”.

In questo caso il copione fa riferimento al film di Campanella El niño que gritó puta del 1991; nell’occasione, probabilmente in assenza dei diritti per poter citare il titolo ufficiale, è stato cambiato il genere del soggetto da maschile a femminile. Anche in questo caso la traduzione si mantiene fedele, indipendentemente dalla scelta eufemistica già citata a riguardo.

4.18. I marcatori conversazionali

Tra le battute del film emergono spesso alcuni marcatori conversazionali, il cui scopo primario di impiego appare quello di richiamare l’attenzione dell’interlocutore, o comunque quello di ottenere una frazione temporale sufficiente per poter formulare il discorso che si intende pronunciare. Grazie a questi marcatori, il parlante ha modo di rendere chiare le sue intenzioni e di mostrare cosa intenda fare con le parole387 e

consentono una comprensione globale del prodotto, poiché consentono a loro volta la comprensione delle relazioni implicite che connettono idee apparentemente disconnesse388. Se nel doppiaggio questi vengono sempre prodotti fedelmente, essendo

indici puri di un parlato spontaneo e non sempre formale e preformulato, come nel caso del codice scritto, talvolta nei sottotitoli possono essere invece omessi, seppur col rischio di intaccare l’articolazione del discorso, che nei sottotitoli viene talvolta sacrificata a favore della compattezza389.

387 Chaume F., Discorse Markers in Audiovisual translating, pp. 844 388 Ivi, pp. 845

PEDRO: Porque es la tierra, pero con

alma; es el cielo, pero con sentimiento. En definitiva, es el paisaje, pero con mi impronta.

MARTIN: Que pedazo de impronta… (PEDRO se ríe)

N: No fue tan bueno el chiste. PEDRO: No, es que es muy gracioso.

MARTIN: Bueno…y vos sos muy

fácil…mira, te digo una cosa, la impronta

se nota, el paisaje…

P: Perché è la terra, ma con un’anima; è il

cielo, ma con dei sentimenti. Insomma, è il paesaggio, ma con la mia impronta.

MARTÍN: Alla faccia dell’impronta! (Pedro ride)

N: Non è stata una grande battuta. P: No, invece lo è.

MARTÍN: Allora sei te che ti diverti con

poco…ascolta, ti dico una cosa,

l’impronta si nota, ma il paesaggio…

In queste battute, Martín richiama l’attenzione di Pedro per poter esprimere la sua opinione riguardo il dipinto paesaggistico che l’amico ha da poco realizzato. La ragione alla base della traduzione effettuata è che un verbo di percezione visiva come “mirar” perde in questo caso il suo contenuto semantico, dunque appare più appropriato da tradurre con verbi quali “sentire” o “ascoltare”. Espressioni come “mira” sono diventate sempre più convenzionali nel corso nel tempo, seppur non avendo ancora guadagnato una propria voce nei dizionari come lessema indipendente390.

Lo stesso ragionamento può essere applicato pure al successivo esempio. Si fa riferimento alla scena in cui Pedro e Mara, insieme a Norberto, Martín, Francisco e Bárbara, si trovano intorno a un tavolo nella sala da pranzo, pronti per firmare il contratto di vendita della casa. L’idea che le cose di Pedro saranno tutte conservate, o per meglio dire accantonate, in un magazzino non va però tanto a genio all’ex attore, che reagisce in modo adirato.

MARA: Quiero terminar rápido. Vamos a

dejar la casa lo antes posible, no tenemos tantas cosas. Y ellos ya hiciieron sus valijas.

P: Perdón, y... ¿y mis cosas? N: En el galpón, Pedrito.

P: ¿Cómo al galpón? ¿Al galpón? ¡Mis

cosas, mi vida, mi sangre, mi arte…! ¿Toda una vida en el galpón? ¿Una trayectoria en el galpón?

MARA: ¡No, no, no, no! ¡Vamos a festejar!

Mira, toma una galletita…

MARA: Voglio finire velocemente.

Lasciamo la casa il prima possibile, non abbiamo tante cose. In più loro hanno già fatto le valigie.

P: Scusate…e le mie cose? N: In magazzino, Pedrito.

P: Come in magazzino? In un magazzino?

Le mie cose, la mia vita, il mio sangue, la mia arte…! Un’intera vita dentro un magazzino? Un’intero percorso in un magazzino?

MARA: No, no, no, dai! Festeggiamo!

Tieni, prenditi un biscottino.

Anche in questo contesto, per la stessa perdita di contenuto semantico, l’uso del verbo “guardare” come possibile soluzione traduttiva è stato scartato a prescindere, stavolta a favore del verbo “tenere”, visto il contatto fisico che si instaura tra Mara e Pedro. La moglie, per calmare il marito, le passa infatti un biscotto da mangiare.

Riscontriamo comunque anche casi in cui è lecito optare per l’omissione di questo tipo di elementi, a beneficio della brevità o comunque per la presenza di una contemporanea immagine sullo schermo già di per sè ampiamente portatrice di significato391. È quello

che accade nel caso seguente; una volta che Bárbara è caduta a terra, bevuto il veleno precedentemente versato nel finto antidoto da Norberto, Mara si avvicina alla giovane riprendendosi il suo bracciale.

MARA: Perdón, mi amor. Esto es mío. (Vee que Bárbara ha muerto) ¡Huy, que

fuerte! ¡Muy “cinema vérité”! Mira,

princesa, si es un consuelo para vos, el té hubiera hecho lo mismo. Hay muy pocos hombres dispuestos a morir por amor.

MARA: Scusa, tesoro. Questo è mio. (Vede che Bárbara è morta). Cielo! Molto in stile

“cinema vèrite”! ∅ Mia cara, se la cosa può consolarti, il tè avrebbe fatto lo stesso. Sono davvero pochi gli uomini disposti a morire per amore.

La resa di “Mira”, in tal caso, sarebbe apparsa ridondante, inutile ai fini della comprensione globale della scena, il che ci da una indicazione sulla maggiore tendenza in lingua spagnola ad impiegare i marcatori conversazionali, spesso senza che questi presentino un vero e proprio valore semantico. Oltretutto, questo esempio rappresenta più che mai la spontaneità tipica del parlato orale; accade quindi molto spesso che, nel momento del passaggio da un testo orale ad uno scritto, come appunto l’insieme dei dialoghi tradotti per il doppiaggio o la sottotitolazione, la riduzione appaia come una soluzione imperativa392. Quando è possibile, i casi di ridondanza nella oralità “sono

evitati, con l’intento di non annioare il pubblico, perquanto questa strategia di

purificazione non sia fedele a una conversazione reale393”.

Soffermiamoci ora sull’impiego di espressioni come “en serio”, “de verdad”. L’impiego di espressioni di tale tipologia (da parte di Bárbara nel primo caso e di Francisco nel secondo) fanno si che chi ascolta sottometta il discorso ad un processo di riflessione, durante cui meditare sulla effettiva credibilità di ciò che è stato detto394. Considerando

il contesto, una traduzione efficiente di questi marcatori dovrà mantenersi piuttosto fedele all’originale.

391 Chaume F., Discorse Markers in Audiovisual translating, pp. 843 392 Diaz Cintas J. (2012), pp. 284

393 Pilar Gonzalez Vera M., pp. 218 394 Linares Bernabéu E., pp. 187

F: Se la ve imponente bajando las

escaleras.

MARTÍN: Mejor que subiendo.

B: ¡Pedro! (bajando ella también las escaleras) ¡La verdad es que no me decido

si es mejor como actor o como pintor! ¡En serio!

P: ¿Quiere conocer mi atelier?

N: ¡No, Pedrito! Este “tour” ya se estiró

demasiado.

MARTÍN: Es increíble que no te importe

nada. Es nuestro hogar.