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Le scelte traduttive di El cuento de las comadrejas Poiché l’elaborato si basa su un possibile esempio di traduzione della pellicola

N: Perché…la tua è un’ossessione

passeggera. Mentre io sto cercando qualcosa che sia per la vita.

Dal momento in cui nel resto del film Norberto si rivolge sempre a Bárbara attraverso la forma di cortesia “Lei”, aver deciso di mantenere il pronome “tuyo” con il suo corrispettivo italiano potrebbe in apparenza risultare incoerente, lasciando perplesso un pubblico fino a quel momento abituato a non sentire i due darsi del tu. Ma il motivo alla base dell’impiego del pronome possessivo “tua” è giustificato dalla forte passionalità della situazione. Una situazione intima, confidenziale, appunto caratterizzata da quella che prima è stata giustamente definita come “emotività situazionale”. D’altro canto, considerare che tra i due, giunti a tal punto del film, si sia creata una certa alchimia può sembrare logico, ricostruendo fino a quel momento la trama del film: fra Pedro, Martín e Norberto, è proprio quest’ultimo quello a cui Bárbara si rivolge più spesso, e allo stesso tempo è la stessa Bárbara, con i suoi modi di fare, a stuzzicare maggiormente l’attenzione dell’ex direttore cinematografico rispetto al suo compagno in affari Francisco.

4.5. Scelte traduttive di straniamento e di addomesticamento

In riferimento agli elementi culturospecifici argentini presenti all’interno della pellicola, le tipologie di scelte adottate sono di diverso tipo. Perquanto le traduzioni italiane tendano solitamente a ridurre al minimo gli elementi culturali in quanto possibile ostacolo per la fluida ricezione del prodotto326, è stato preferito, nel caso del nostro

lavoro, il mantenimento in L1, in modo da far percepire allo spettatore il senso dell’estraneo, attuando una “esotizzazione dei contenuti socioculturali327” e

presentandogli qualcosa a lui familiare che potrebbe poi magari riconoscere, ma che ha

325 Bruti S., pag. 95

326 Ranzato I. (2010), pp. 52 327 Ivi, pp 56

l’impressione di vedere per la prima volta, sotto una luce differente328. Usando le parole

di Schleiermacher (2004), in questi casi di straniamento “il traduttore lascia l’autore in

pace il più possibile e conduce il lettore verso di lui329”. Questa tecnica porta a ciò che si

può definire “deterritorializzazione” (“deterritorialization”), che favorisce una totale globalizzazione culturale indebolendo al tempo stesso la distanza spazio-temporale tra una cultura e l’altra330.

Analizziamo come primo esempio queste battute e la loro traduzione, in cui viene fatto riferimento a un organo statale argentino, attraverso il suo corrispettivo acronimo (indagheremo le modalità traduttive per gli stessi acronimi nel paragrafo 4.14.)

N: ¿Adónde vas?

MARA: A la DGI. A ver cómo arreglo esto.

“¡Fush, fush, fush!”

N: Marita, no actúes así.

MARA: Si actuaba como quería cuando

era director, imagínate ahora.

N: Dove te ne vai?

MARA: Alla DGI. Vediamo como la risolvo.

“Sciò, sciò, sciò!”

N: Maruccia, non fare così.

MARA: Se facevo quel che volevo quando

eri un direttore, figurati adesso.

Quello della DGI rappresenta uno dei tipici esempi di culturemi, elementi culturali

difficilmente destinati a essere rispettati nella cultura di arrivo331, ed è deducibile

soprattutto sulla base di fattori quali il contesto situazionale e la funzione testuale332,

presenti all’interno del film, elementi linguistici che, riprendendo la citazione di Luque Nadal, i parlanti di una lingua acquisiscono attraverso una conoscenza più profonda della propria cultura333 e che contribuiscono a trasmettere più di tutti i colori e sapori dei testi

originali334. Questi stessi, nell’ambito traduttivo, sono stati definiti in molteplici modi,

tra cui elementi culturospecifci, riferimenti-espressioni-termini-voci culturali, realia, allusioni, riferimenti culturali335. Nel contributo di Scott-Tennent, González Davies,

Vandaele e Buzelin (2008)336, i culturemi vengono definiti come:

Qualsiasi tipo di espressione (testuale, verbale, non verbale o audiovisiva) che indica qualsiasi manifestazione materiale, ecologica, sociale, religiosa o linguistica che può essere attribuita a una particolare comunità (geografica, socioeconomica, professionale, linguistica, religiosa ecc.) e che sarebbe ammesso come tratto distintivo di quella comunità da chi se ne considera membro.

328 Eco U., pp. 238 329 Schleiermacher F., pp. 49 330 Canu L., pp. 7 331 Grozavescu D., pp. 109 332 Luque Nadal L., pp. 107 333 Ivi, pp. 97 334 Ranzato I. (2010), pp. 39 335 Idem (2015), pp. 53

Tutti i vari studi che sono stati condotti riguardo i culturemi trovano un punto d’accordo nella impossibilità di poterli decifrare adeguatamente senza tener conto del contesto culturale; entra in gioco il framework concettuale della Polysystem Theory, con cui la

traduzione viene integrata con lo studio di una cultura e che sostiene che i testi e le loro traduzioni siano sempre condizionati dal sistema culturale in cui vengono concepiti337.

Leemets (1992), invece, considera i culturemi più come parole intraducibili. Queste le parole a tale proposito da parte dell’autore:

“Ogni lingua possiede delle parole che designano concetti e cose che per altre lingue non vale la pena menzionare, o comunque assenti nello stile di vita o coscienze degli altri paesi. Il motivo si trova nelle differenze tra gli stili di vita, tradizioni, credenze, fatti storici; in altre parole, nelle culture dei vari paesi. Peraltro, tali differenze si possono riscontrare anche a livello concettuale. Spesso lingue diverse nominano concetti da diversi punti di vista e tendono a classificarli in modo leggermente vario338”.

Agost Canós (1999) rivendica l’importanza di considerare il contesto nel decifrare adeguatamente il significato di un culturema e, soprattutto, si sofferma sui riferimenti culturali condivisi dalla cultura di partenza e da quella di arrivo339.

Ranzato (2010), a proposito degli stessi culturemi, ipotizza peraltro una distinzione tra due tipologie: elementi culturospecifici, riferimenti che appartengono alla cultura

da cui proviene il testo originale, e culturali, ovvero elementi che appartengono a una

cultura terza e sono ormai transnazionali340. Quello che caratterizza l’effettiva efficacia

dei culturemi è la loro trasparenza: l’idea di base relazionata con i culturemi deve essere viva nella mente dei parlanti, qualcosa che sia ancora in voga nella società attuale341.

Tradurre i culturemi, soprattutto nell’ambito di un prodotto audiovisivo, può tuttavia rappresentare un vero e proprio ostacolo; basti solo pensare al fatto che le battute di un dialogo da dover doppiare vengono recepite in tempi molto rapidi, fino al punto che un elemento particolarmente esotico o ignoto alle orecchie del pubblico di arrivo può pregiudicare la comprensione di un intero enunciato342.

Altro caso in cui si è avuto a che fare con la traduzione di un culturema, mantenuto pure in questo caso come tale per poter trasmettere allo spettatore il senso dell’esotismo, riguarda un termine gastronomico, relativo al vino Pulenta, dunque esempio di culturema fortemente legato alla tradizione storica del paese343.

337 Agost R., pp. 66 338 Leemets H., pp. 475 339 Agost Canós R., pp. 99 340 Ranzato I. (2010), pp. 40 341 Luque Nadal L., pp. 105 342 Ranzato I (2010)., pp. 51 343 Luque Nadal L., pp. 101

Camarera: Por favor, ¡acérquense!

¡Perdón, es que con la emoción no sé por donde empezar! Eh… ¿Qué van a tomar?

MARA: Agua nada más. Y vino, obvio. F: ¿Dos copas?

MARA: Botella.

Camarera: Tenemos uno muy bueno,

Pulenta, del 2005.

MARA: ¿Pulenta?

F: Ay, ¡es bastante saladito el Pulenta! MARA: Tráelo.

Cameriera: Prego, accomodatevi! Perdonatemi, è che non so da dove cominciare dall’emozione. Ehm…cosa prendete?

MARA: Acqua e basta. E anche del vino,

ovvio.

F: Due bicchieri? MARA: Una bottiglia.

Cameriera: Ne abbiamo uno molto bueno,

un Pulenta, del 2005!

MARA: Pulenta!

F: Piuttosto caruccio il Pulenta! MARA: Portalo.

L’ambito gastronomico, d’altro canto, come sostenuto da Penisola (2016), “attrae fortemente l’essere umano” e rappresenta indubbiamente “uno dei settori economici più redditizi, data l’ampia quantità di programmi che oggigiorno vengono trasmessi su varie reti televisive344”. Proprio lo stesso ambito gastronomico viene individuato dallo

studio di Bovinelli e Gallini (1994) come una delle sei categorie generali che raccolgono gli elementi contestuali maggiormente tradotti nei film; questi stessi sarebbero sempre tradotti con elementi appartenenti alla stessa categorie, ma considerati più familiari al pubblico della cultura di arrivo345.

4.6. I prestiti non adattati

Nei casi di termini presi in prestito da altre lingue, è stato scelto talvolta di mantenerli come tali pure nella traduzione, talvolta, invece, di tradurli. Prendiamo in considerazione, per esempio, la parola inglese “tip”, impiegata da Francisco. Peraltro, ascoltando il personaggio pronunciarla, notiamo quanto la grafia e la pronuncia risultino essere più fedeli alla versione originale della parola, per via della maggiore influenza degli USA nel contesto americano rispetto alla Penisola iberica346. Questo tipo di prestiti

non adattati viene ampiamente impiegato nei prodotti audiovisivi, spesso per via della mancanza di tempo sufficiente per la loro realizzazione e per la volontà di introdurre tratti culturali tipici del sistema di partenza in quello di arrivo347, seppur non sia questo

il nostro caso.

344 Penisola K., pp. 16

345 Bovinelli B., Gallini S., pp. 90 346 Giménez Folqués, pp. 8

F: ¡Huy, lo que habrá sido esta época, por

favor! ¿Te imaginás los “sixties”? Igual ahora cambió todo. Es otra cosa. ¿Les puedo dar un “tip”?

MARTÍN: ¿Perdón? B: Un consejo.

F: Un consejo, perdón, ¿les puedo dar un

consejo?

F: Wow, cosa deve essere stata questa

epoca, cavolo! Ti immagini i “sessanta”? Ora invece è cambiato tutto. È un’altra cosa. Posso darvi un “tip”?

P: Prego? B: Un consiglio.

F: Un consiglio, volevo dire, posso darvi un

consiglio?

Il termine inglese è stato mantenuto come tale senza essere tradotto; usando questa parola, Francisco vuole fare apparire il suo modo di parlare, in presenza di Mara e dei suoi famosi coinquilini, come caratterizzato da un registro di livello alto, di stampo internazionale.

In un altro caso, relativo alla parola “pool”, è stato scelto di tradurre con il termine equivalente nella lingua di arrivo.

MARTIN: ¿Jugamos un partidito?

B: ¿Qué? ¡No, no! Jamás jugué al “pool”

ni agarré un taco… ¡no!

MARTÍN: Facciamo una partitina?

B: Come? No, no! Non ho mai giocato a

biliardo ne ho mai preso in mano una

stecca …no!

Questi esempi mostrano dunque come parole mantenute come tali pure in traduzione si alternano invece a termini che sono stati sostituiti; è importante capire quando nel tradurre sia il caso di tradire o meno le intenzioni dell’autore348. Abbiamo in questo caso

a che fare con codici di code-mixing, che consiste, citando le parole di Diadori (2003), in

una “mescolanza di codici, caratterizzata dall’inserimento nel discorso di parole o gruppi di parole in una lingua diversa349”; questo fenomeno sarà preservato nei casi in cui sarà

deciso di non alterare il forestierismo, mentre sarà annullato qualora si verifichi una sostituzione dellla parola stessa con il suo equivalente semantico nella lingua di arrivo, comportando una neutralizzazione dei codici.

348 Traversi M., pp. 147 349 Diadori P. pp. 533

4.7. Allusioni culturali

Altro caso di mantenimento si ha con il riferimento a Lucrezia Borgia; una vera e propria

allusione, con cui si prevede la capacità da parte del pubblico di operare collegamenti

che mostrino un certo bagaglio di conoscenze culturali350. Di fronte al riferimento ad un

personaggio che fa evidentemente parte del patrimonio culturale a livello intercontinentale, la sostituzione con un altro referente è una soluzione inappropriata.

N: Nosotros les pusimos “La venganza de

Mara Ordaz”. Esa cama le costó a la producción quince mil dólares.

MARA: Te lo merecés. Yo había

compuesto una Lucrecia Borgia

encantadora, llena de vida, y estos la convirtieron en una asesina, envenenadora, una turra, en fin.

N: ¡Es que Lucrecia Borgia era una turra!

N: Noi l’abbiamo rinominato “La vendetta

di Mara Ordaz”. Questa camera costò alla produzione quindicimila dollari.

MARA: Te lo sei meritato. Avevo creato

una Lucrezia Borgia incantevole, piena di

vita, e questo l’ha trasformata in una assassina, un’avelenatrice, una sgualdrina insomma.