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(Parte introduttiva del film con sottofondo musicale; vengono illustrati alcuni dettagli della casa dove vivono i quattro; ricorre spesso l’immagine della donnola, figura al centro del film. Si illustrano anche alcuni dipinti realizzati da Pedro, a testimonianza della sua grande passione. Inoltre, vediamo Mara omaggiare con un brindisi i ritratti appesi al muro di Elvira e Estela)

(Mara viene spaventato da uno sparo) MARA: Dio mio, sono stufa di questi spari!

MARTÍN: Guarda Mara, ti ho portato un cucciolo!

(Mara urla alla vista della donnola tenuta in mano da Martín)

MARTÍN: Questo pezzo te l’ho scritto io, “Sangue torbido”, 1962, grazie mille per il

tributo…il perfido gaucho si avvicinava e tu, la dolce pulzella con delle trecce da fanciulla, implorando pietà… “No, no! Da dove viene? Dove va? Cosa vuole da me?... Provengo dalle ceneri, ed è nelle ceneri che torno, e ciò che voglio…beh, mi pare ovvio, no? Sei mia!” (Agitando la donnola vicino alla faccia di Mara, per spaventarla scherzosamente.)

MARA: Cazzo, vai al diavolo!

MARTÍN: Più sintetica, Mara, più sintetica! Basta una parola, non ne servono tre! MARA: Se solo me ne venissero in mente altre cinquanta in più! Sceneggiatore mediocre,

fallito, ridicolo! Stronzo e pezzo di merda!

MARTÍN: Qui ti stai imbattendo in ciò che si definisce pleonasmo! O anche ridondanza,

dato che…che altro può essere uno stronzo se non un…

MARA: Sta zitto!

(Entra in casa pure Norberto, tornato da una delle sue solite battute di caccia, tenendo anche egli in mano un animale, una puzzola in questo caso. Ancora una volta, Mara grida per lo spavento)

N: Ah, beh…

MARTÍN: Seconda scena di “La vendemmia di Satana”.

N: Argentina Sonofilm, 1959. Non uno dei migliori che ho diretto, ma aveva i suoi colpi

di scena.

MARA: Ma perché non ve ne andate da questa casa? Non ho mai voluto che veniste a

vivere qui! Vi odio così tanto…(gridando) Vi odio! (sospira e piange; in seguito sale le

scale per tornarsene al piano di sola)

N: Secondo me è un po' troppo stucchevole.

MARTÍN: Guarda che ne ha fatti di film, e non ha mai imparato a nascondere il dettaglio. N: Sembra che pure a te piaccia farla soffrire.

(Cambio di scena)

N: Occhio con Mara, bisogna stare attenti, la vedo sempre più fiacca. Stai a vedere se

non le succede qualcosa…

MARTÍN: Stai a sentire, se non l’ha uccisa l’essere dimenticata dal pubblico, cosa vuoi

che le faccia un topolino innocente?

(Norberto ride)

MARTÍN: Anzi, gli piace! E grida per esercitare la bambola che è dentro di lei, il suo

apparato…insomma, quella cosa che si fa tra attori con tutta l’anima…

N: Com’è che scrivesti, com’era quel pezzo di “Grido nella notte”? “L’uomo si fa forte

grazie a un piccolo insieme di molte debolezze. Un po' di mal di gola, un po' di vaiolo, un po' di tristezza e un po' di paura”.

MARTÍN: Non era “un po' di mal di gola…” io scrissi un po' di pertosse… lei disse un po'

di mal di gola e te glielo permettesti.

N: Pero aveva ragione, nessuno sa che cos’è la pertosse.

MARTÍN: Ah, sia mai che dobbiate imparare qualciosa, eh? L’unico male di questa casa

sono i vermi.

N: Non sono vermi, Martín, sono delle bestioline. MARTÍN: Beh…

N: Bestioline… la donnola, la gallina, il topo…bestioline! Alcuni vogliono mangiare quello

che abbiamo, altri ce li mangiamo noi, visto che pure noi siamo bestie… una bestia ne mangia un’altra, che se ne mangia un’altra, che se ne mangia un’altra ancora…e così, in qualche modo, si è fatta a poco a poco la storia del mondo.

N: Ah, molto filosofico il tuo pensiero…stiamo sorvolando alti livelli di profondità. (Ridono entrambi)

PEDRO: Ragazzi! Venite qui!

(Norberto e Martín sentono Pedro chiamare loro in lontananza, quindi lo raggiungono nel parco, dove si trova)

(Cambio di scena)

PEDRO: Non so se ci sono riuscito, ma ho provato a catturare l’essenza del

parco…passano gli anni e i colori e la vitalità di questo parco continuano a stimolarmi, credetemi che è una inesauribile fonte di ispirazione! Credo che sia una delle mie migliori opere, anche se detto da me può sembrare brutto.

N: Si, è brutto infatti.

P: Perché è la terra, ma con un’anima; è il cielo, ma con dei sentimenti. Insomma, è il

paesaggio, ma con la mia impronta.

MARTÍN: Alla faccia dell’impronta! (Pedro ride)

N: Non è stata una grande battuta. P: No, invece lo è.

MARTÍN: Allora sei te che ti diverti con poco…ascolta, ti dico una cosa, l’impronta si nota,

ma il paesaggio…

MARTÍN: Che posso farci? Ride, che vuoi che ti dica? (Pedro ride)

(Cambio di scena; i tre adesso sono seduti a un tavolino per gustarsi una tazza di tè) P: È sembrato solo a me, o ho sentito Mara gridare poco fa?

N: Ah, sì, (ride), ha visto una povera creaturina!

MARTÍN: Sì, ultimamente mi sembra un po' troppo emotiva. (Norberto ride)

P: Beh, ho l’impressione che dovrò ricoprire il mio ruolo di marito e difenderla, dico bene? N: No, lascia fare, ne hai già ricoperti troppi ruoli in vita tua.

P: E malamente, non è vero direttore? N: Oh no, ecco che ci risiamo…

P: Un giorno ti deciderai a trovare il coraggio di dirmi in faccia cosa pensi di me come

attore.

N: Pedro, una persona in grado di fingere di amare Mara per cinquant’anni è il miglior

attore della storia!

MARTÍN: Che bastardo sei!

P: Che bastardo che è! È un qualcosa di tremendo!

MARTÍN: Allora, un po' di tè alle mandorle fatto in casa con tre gocce di miele per te… N: Grazie.

MARTÍN: Un po' di oporto per me… e con più zucchero che Cuba per Pedro… N: Ancora, ancora un po' grazie.

PEDRO: Ancora un po', ancora un po' per favore! N: Bene, allora brindiamo…cin-cin?

PEDRO: Cin-cin.

MARTÍN: Non per voler essere pignolo, ma…perché brindiamo?

N: Dunque, perché brindiamo? Brindo…perché la nostra vita non è come uno dei tuoi

copioni.

MARTÍN: Ovvero, non è perfetta.

N: No, anzi, perché lo è! Nel mondo del cinema non esiste una vita come la nostra, senza

problemi. Una bella amicizia, solida, che dura da più di cinquant’anni, senza litigi, molto monotona, non vi pare? Nei film ci dovrebbero essere pericoli, qualcuno che la minacci, un cattivo.

MARTÍN: Si, che spunti fuori proprio quando tutto sembra andare bene! N: Esatto! Quindi brindo perché…la nostra vita non è come un film. MARTÍN (ride): Salute.

PEDRO: Salute. N: Ecco qua.

(A questo punto, vediamo arrivare nel giardino di casa una macchina; i personaggi di Bárbara e Francisco entrano in scena. I tre uomini di casa si alzano per esaminare più attentamente i nuovi arrivati, mentre pure Mara, resasi conto della visita, si affaccia dal terrazzo del piano di sopra.)

BÁRBARA: Scusate, buon giorno. Perdonateci, perdonate l’intrusione, abbiamo bisoogno

di aiuto.

MARTÍN: Noi non abbiamo da darne.

B: Sarà un attimo, ne più ne meno. Dobbiamo essere a Buenos Aires alle 12:30 e ci siamo

completamente persi.

(Pedro, Norberto e Martín non rispondono, restando impassibili; si avverte un clima di tensione e imbarazzo.)

B: Eh…abbiamo una riunione molto importante e naturalmente sarebbe un disastro se

non avvertissimo, e non abbiamo copertura (ride)…potremmo usare il telefono?

(Arriva Mara, scendendo)

MARA: Non mostratevi disperati: sarebbero capaci di farvi pagare. N: Sono di fretta, Mara, non c’è bisogno che tu esca.

MARA: Come non c’è? Non vorrete mica che credano che in questa casa siamo tutti

scortesi. E per giunta anche antipatici, santo cielo.

F: Mi…mi perdoni…Mara Ordaz? (levandosi gli occhiali da sole, incredulo della comparsa dell’ex stella del cinema.)

B: No! Non posso crederci!

F: No, il mio idolo, non è possibile!

(Francisco, avvicinatosi a Mara, le bacia la mano; primo piano su Pedro mentre osserva la scena.)

MARA: Oh, non mi dica che esistono ancora le buone maniere! Devo uscire più spesso. F: È un onore conoscerla.

MARA: Molto lieta.

B: Pure lei conosco… Martín Saravia? N: No, è lui Martín.

MARTÍN: Nient’altro che uno sceneggiatore.

B: Non sa quanto sono superfan dei suoi film! Beh, forse suonerà come una frase fatta,

ma...i film di ora non sono come quelli di un tempo! No?

N: Si, ha ragione, è una frase fatta, se ne inventi una sua migliore. MARTÍN: Ci vuole un po' all’inizio, ma col tempo migliora tutto. MARA: Non proprio tutto, guarda un po' con voi. (ride)

MARTÍN: È per questo che ti adoro.

F: Allora lei deve essere Pedro de Córdova. PEDRO: Si, molte grazie.

F: Suo marito, giusto?

B (rivolgendosi a Norberto): E pure lei ha lavorato in qualche film?

N: No, no! Sono un pessimo attore, non so scrivere, odio installare proiettori, cucire cose,

mettere il trucco, disegnare scenografie…no, no…non so neanche fare il caffè. Non ho nessuna abilità.

MARTÍN: È un direttore.

N: Norberto Imbert, molto piacere.

F: Non posso crederci! Oh mio Dio, tutta la squadra al completo! Eh, mi perdoni,

Francisco Gourmand, lei è Bárbara Otamendi…non ci credo! Quattro supermegageni, idoli, grandi assoluti!

(Cambio di scena; Mara ospita Francisco e Bárbara all’interno della casa) MARA: Accomodatevi. Santo cielo, è tutto in disordine!

F (nota l’Oscar vinto da Mara per il film “Santa Gaucha”, esposto su un piedistallo al centro dell’atrio): Oh mio Dio, oh mio Dio, Dio mio!

MARA: Non è niente di che. F: Questo è…

MARA: So che la gente si impressiona quando lo vede, ma per noi è un semplice

adornamento, niente di più (prende l’Oscar in mano). Va bene che solo due attrici al mondo l’hanno vinto per la migliore pellicola straniera: io e Sophia Loren (ride). Ma è una statuina, fredda, dura…dico, Sophia Loren. Però, come è invecchiata col tempo, vero? Come si è rovinata? O mi sbaglio?

MARTÍN: Sempre.

MARA: Il telefono è da quella parte (indicando col braccio con cui tiene l’Oscar in mano la direzione a Bárbara).

B: Oh, grazie. MARA: Di niente.

F: Mi perdoni, eh...posso?

MARA: Beh… (ride, passando l’Oscar in mano a Francisco) F: Oh, com’è pesante.

MARA: Come tutti gli uomini di questa casa (ride).

F: Non ha idea della quantità di volte che ho visto il filmato della cerimonia, filmati vecchi,

rovina…

(Mara fa cenno a Francisco di stare zitto)

F: Ricordo ogni parola che disse: “voglio ringraziare tutti i miei colleghi, la troupe, senza

alcuna fama, ne gloria…la loro mancanza di risentimento…anche se, se non fosse per me, sarebbero senza lavoro”.

MARTÍN: Le è venuto più generoso di quello di Mara. In realtà lei disse: “sarebbero dei

morti di fame”.

MARA: Martín non mi perdona il fatto che, visto il nervosismo di quel momento, non si

sia parlato del suo meraviglioso copione.

B (terminata la telefonata): Fatto, riunione cancellata! F: Bene…

B: E questo? (osservando uno dei quadri appesi dipinti da Pedro). Molto…forte, vero?

Come se l’artista fosse un’anima imprigionata, ma al tempo steso piena di passione.

MARA: No, l’ha dipinto lui…Pedro. B: Lo ha dipinto lei questo?

(Pedro ride)

B: Beh, che questo attore e questo pittore siano la stessa persona la dice lunga! Dovrebbe

fare una mostra!

P: No, no, no! Non mi piace che la gente lo veda. MARA: E viceversa, amore mio.

B (ride): Beh, già che ci siamo, non ci fate fare il “tour”?

MARA: Ah, bene! Come no, con molto piacere! Seguitemi, prego! Portate Pedro di sotto.

B/F: Ah, certo… B: L’incidente…

P (mentre Norberto sta per accompagnarlo trascinando la sua sedia a rotelle): No, no,

andate ragazzi, andate pure. Io resto qui.

(Cambio di scena, con i personaggi che entrano nella stanza della casa in cui sono esposti tutti i ricordi del passato di Mara come star del cinema)

MARA: Il mio santuario dentro questo mausoleo! Non avete idea di quanto sia felice qui! F: Wow.

MARA: Entrate!

F: Se solo mia madre lo vedesse morirebbe di nuovo! Lei la amava! Mi ha fatto vedere

tutti i suoi film.

MARA: Oh, che tesoro! Ringraziala da parte mia. F: Ci ha lasciato.

MARA: Oh, in tal caso, portale le mie condoglianze! Vieni, che ti mostro un film incredibile

di Demare, non ci crederai. Mi chiese dei consigli…sembra incredibile che lo abbia fatto, visto che era un ottimo direttore…accettava che gli dicessi qualsiasi cosa. Incredibile, vero? (Mentre Mara parla a Francisco, esortandolo a seguirla, Norberto continua a

osservare Bárbara con sospetto; la donna sembra ricambiare lo sguardo.) (Cambio di scena; vediamo ora i personaggi entrare in camera di Mara e Pedro)

F: Incredibile, guarda questa camera! È fantastica! Sono abbastanza esperto di mobili

d’epoca, quindi direi che è uno stile elisabettiano, mi sbaglio?

B: Sono mobili di scena, Francisco! “La vendetta di Lucrezia Borgia”, giusto? MARA: Ah, l’ha visto! Un piccolo capolavoro, non le pare?

B: Si.

MARA: Una specie di boutique epica. Produzione ai minimi livelli, la direzione ancora

meno, il copione…che vuoi che sia? Una grande recitazione e nulla più.

N: Noi l’abbiamo rinominato “La vendetta di Mara Ordaz”. Questa camera costò alla

produzione quindicimila dollari.

MARA: Te lo sei meritato. Avevo creato una Lucrezia Borgia incantevole, piena di vita, e

questo l’ha trasformata in una assassina, un’avelenatrice, una sgualdrina insomma.

N: Lucrezia Borgia era una sgualdrina! MARTÍN: E ti venne in modo perfetto!

N: Se solo non ci avessi obbligato a tagliare la scena della morte… MARA: Il pubblico non voleva vedermi morta.

MARTÍN: Tutti volevano vederti morta, Mara! Specialmente la troupe. Tagliasti la scena

perché non volevi deciderti a recitarla.

MARA: Che cosa?

MARTÍN: Ma è ovvio, le tre cose più difficile per un attore sono ridere, piangere e morire.

Tagliasti la scena perché non volevi saperne di recitarla.

MARA: Ridicolo! Come potete dirmi questo? Lo sapete che sono l’emozione viva! “Sciò,

(Cambio di scena; tutti tornano al piano terra, scendendo le scale) F: Ho sempre sognato di scendere queste scale enormi!

MARA: No, no, no! La prego, no, attento! È molto pericoloso, su queste scale è molto

facile scivolare!

N: La maggior parte degli incidenti succede in casa. F: Vediamo come discende tra i mortali una dea.

(Mara, sospirando alla richiesta di Francisco, scende le scale con il portamento tipico di una attrice, mentre Pedro la osserva compiaciuto)

F: Quando scende le scale sembra imponente. MARTÍN: Meglio che quando le sale.

B: Pedro! (mentre pure lei scende le scale) La verità è che non mi decido se sia migliore

come attore o come pittore! Sul serio!

P: Vuole visitare il mio atelier?

N: No, Pedrito, questo tour è già durato fin troppo. MARTÍN: Quasi un intero atto.

B: No, al contrario, ne sarei lieta. Vi porto io? P: Grazie, andiamo da quella parte.

(Cambio di scena; tutti si trovano in giardino) B: Da quanto tempo dipinge, Pedro?

P: Ecco, da giovane frequentai la scuola di belle arti…dopo entrai nel mondo del teatro

e, beh…

B: Capisco (ride)

P: E adesso sono tornato a quel primo amore, e così… B: Oh.

F: Tutta questa vegetazione, Mara! E quell’ albero…quanti anni ha quell’albero? MARA: Mio caro, in questa casa non si chiede l’età a nessuno!

F: Però mi piacerebbe osservarlo più da vicino (ride). Mi accompagna? MARA: D’accordo.

F: Mi accompagni!

(Cambio di scena; Bárbara, Pedro, Norberto e Martín si trovano nel magazzino dove Pedro è solito dedicarsi alla pittura)

B: Non mi dica che è pure uno scultore! P: Solo sotto la doccia!

(Pedro e Bárbara ridono)

B: E lavora con gli stampi! Che strano…si, voglio dire…la sua mi sembra un’arte così libera

che…non ce lo vedevo a lavorare con gli stampi.

P: No, quelli…quelli, ehm…sono per la statua in giardino…un lavoro fatto in fretta, sono

(Nel frattempo, Norberto inizia a nutrire forti sospetti pure nei confronti di Francisco, dato che sbircia da una delle finestre dell’atelier il giovane immobiliare mentre parla con Mara in giardino)

(Cambio di scena)

F: Quest’albero mi fa venire in mente lei…perché passa il tempo e, non so…diventa

sempre più resistente, sempre più bello…davvero… non riesco a pensare a un uomo che la veda senza inchinarsi ai suoi piedi.

MARA: Oh, tesoro mio! Siamo realisti. Non tutti hanno il tuo buon gusto. F: Beh, grazie! E non ha mai pensato di tornare a recitare?

MARA (sospirando): Ogni minuto di ogni ora di ogni giorno.

F: E perché non lo fa? Se adesso vuole tornare, lo faccia del tutto. Dovrebbe iniziare a…a

presentarsi alle prime visioni, dovrebbe farsi vedere la sera…dovrebbe…si, dovrebbe vivere in centro…si dovrebbe trasferire. Qui…qui è molto lontana!

MARA: E… e cosa faccio con tutto questo? F: Con questa casa enorme?

MARA: Chiaro.

F: Ecco…beh, facile non sarà: siamo d’accordo che sia di un’altra epoca. Deve essere poco

efficiente e piuttosto cara da mantenere…ad ogni modo, non si preoccpi. Lavoro in questo campo. Ho…abbiamo una agenzia immobiliare di famiglia, quindi potremo sicuramente fare qualcosa. E sarebbe un onore per me. È la casa di Mara Ordaz.

MARA: La verità è che non ci avevo mai pensato.

F: Si! Credo che con la casa non ci siano problemi, ciò che mi preoccupa è che il mondo

torni a godere di lei! Questo si che mi preoccupa! Facciamo una cosa, le lascio il mio biglietto.

(Cambio di scena) B: E questi buchi?

(Martín si avvicina a Bárbara, la quale risulta intimorita. Il senso di ostilità da parte degli uomini si fa sempre più evidente)

B (ride): Sembra che non sia acido solo l’umore in questa casa! F: Wow, è fantastico! E così è qui che succede tutto?

P: Non succede niente qui! N: Che? Come?

P: Qui non succede niente!

F: No, no, intendo dire se è questo il vostro spazio creativo, ehm… “arriverà il giorno in

cui le mie gambe non sopporteranno il peso del tuo amore.” È sua, giusto?

MARTÍN: Si, questa si.

F: Al liceo conquistai il mio grande amore, Patito Ruiz, dicendole, ehm…”la luce del tuo

volto…”

B: Aspetta. Perché non lasci che lo dica un vero attore? Pedro… P: No, no, no…

MARA: Si, amore mio, dillo per noi…beh, non vuole farlo. Dillo tu.

F: Si. (sospirando, dedicando la recitazione a Mara, a cui prende la mano). “Arriverà il

molto debole alla luce del tuo volto, e il suono della tua voce tenue per il mio udito. Quel giorno…quel, quel giorno…quel giorno la mia vita non sopporterà più tale tristezza, e sarà il giorno della mia morte. E, se non mi vuoi, quel giorno sarà domani”. Allora…? Che…che ne pensate?

N: Penso che Patito era una tipa piuttosto facile.

F (ride): No, no, no! Fu l’effetto delle sue parole, Martín.

MARTÍN: Ma no. Le mie parole non sono niente. Senza un gran direttore che dia loro

forma e un grande attore che dia loro vita, sono solo macchie di inchiostro in un foglio, un’insalata marcia di parole senza senso.

N: Non ci credo, Martín! Sono totalmente shockato! Non ti ho mai sentito riconoscere

tutto ciò.

MARTÍN: Perché non avevo visto ancora recitare lui. N: Ah, ora si che ci siamo!

(Ridono tutti) MARTÍN: Si, è così!

(Cambio di scena; i due abbandonano la casa) F: Beh… spero che ci rivedremo presto.

(Mara annuisce; l’auto si allontana, mentre la donna si accorge che Norberto, Pedro e Martín sono dietro di lei)

N: Che ti ha detto?

MARA: Che, contrariamente a quanto credano alcuni, la gente si ricorda ancora di me.

“Sciò, sciò, sciò!”

P: Sono simpatici.

MARTÍN: Sono dei ficcanaso. N: Sono pessimi.

(Cambio di scena; Norberto, Martín e Pedro, mentre si svagano, i primi due giocando a biliardo, Pedro disegnando, vengono a un tratto interrotti dall’arrivo di Mara nella sala da gioco.)

MARA: Spengi quella porcheria. (Norberto spenge lo stereo)

MARA: Sto per fare un annuncio. (legge). “Non ne posso più. Non ne posso più dei vostri

dialoghi, né dei vostri monologhi, né delle vostre sceneggiate. A dire la verità, non ne posso più delle vostre voci in qualsiasi forma o combinazione. Non sopporto più neanche i vostri silenzi. Insomma, non ne posso più di voi. Venderò la casa. Pedro, se vuoi, vieni con me. Voi due potete andarvene a fanculo”. Fine dell’annuncio.

MARTÍN: È per questo che ti adoro. P: Non vorrai davvero vendere la casa.

MARA: Fine dell’annuncio. (se ne va dalla stanza) P: Ehm…lasciatela perdere! Questa è solo… N: Una cagata.

MARTÍN: Beh, tecnicamente sarebbe una lite, ma colloquialmente… N: È una cagata.

(Cambio di scena; Francisco ha invitato Mara a cena fuori e sta parcheggiando l’auto di Mara, della quale è alla guida)

F: La ringrazio per lasciarmi mettere mano a questo gioiello!