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Lo spagnolo australe: tratti peculiari della varietà linguistica argentina

2.4. Tratti general

2.4.2 Morfosintassi 1 Il Voseo

2.4.2.5. Morfologia derivativa: il suffisso “-ero”

Per quanto riguarda i fenomeni di morfologia derivativa, il suffisso “-ero” si mostra particolarmente produttivo (tanto in Argentina e in Uruguay quanto in Cile) ed è presente in molteplici casi tra le battute degli attori di El cuento de las comadrejas. Del resto, la derivazione lessicale tramite suffissazione appare l’espediente a cui la lingua spagnola fa maggiormente ricorso per la formazione di nuove parole. Come afferma Varela (2005), lo spagnolo ne fa uso in qualsiasi tipo di linguaggio (tecnico, giuridico, amministrativo, scientifico o letterario che sia), in qualsiasi tipo di registro informale e tanto nella modalità orale quanto in quella scritta241; ciò viene

indubbiamente favorito dal fatto che uno stesso suffisso può essere legato alla sua rispettiva base attraverso molteplici relazioni semantiche diverse, assolvendo così al tempo stesso molteplici funzioni diverse242. Tra le principali funzioni di questo

suffisso, oltre a quella di formare i vari aggettivi denominali e numeri ordinali, la formazione di sostantivi è quella più comune, specie per quanto riguarda termini riferiti a professioni, incarichi, occupazioni, luoghi in cui è possibile osservare o depositare qualcosa, nonché termini botanici (piante ed alberi)243.

Fuentes, Cañete, Gerding e Pecchi (2010) hanno realizzato un corpus basato sulle occorrenze del suffisso “-ero” individuate all’interno di articoli estratti dai principali quotidiani argentini, urugagi e cileni (nello specifico, La Nación e Clarín per quanto riguarda l’Argentina, El País riguardo l’Uruguay ed El Mercurio e El Sur tra i giornali

241 Varela S., pp. 41 242 Ivi, pp. 44

cileni), comparando poi le parole di riferimento con i loro corrispettivi semantici terminanti invece col suffisso “-ista”. In seguito, il corpus si pone l’obbiettivo di analizzare ogni unità individuata, per poterne stabilire il significato, che rappresenta il criterio di distinzione in gruppi tra la suddivisione fatta poi tra le parole. Come possiamo notare dalla seguente tabella, la maggior parte delle 147 unità che costituiscono tale corpus corrisponde a formazioni tramite suffissazione, che superano per più del 20% le realizzazioni di neologismi semantici.

La colonna che reca la sigla FSUF indica le occorrenze di formazioni tramite suffissazione; quella con la sigla S, invece, contiene i dati relativi ai neologismi semantici, mentre quella finale riassume il totale dei casi. Se confrontata con la tabella successiva (quantità totale di neologismi distinti senza ripetizioni), questi numeri indicano in modo ancora più esplicito la predominanza della formazione tramite suffissazione, vista la sua praticità di applicazione e la rapidità con cui il parlante possa ricorrere a questa per creare una nuova parola in modo immediato.

Inoltre, continuando ad attenerci ai precisi dati statistici forniti dagli autori, il 44, 9% delle occorrenze vede il suffisso impiegato per formare nomi relativi ad occupazioni, il 27,9% per attività o passatempi, il 2,0% per oggetti o funzioni specifiche e il restante 25,2% per denominare squadre di calcio o basket proprie di una regione244.

Tra i tre paesi in cui la suffissazione con “-ero” si manifesta maggiormernte, la

produttività più alta si verifica proprio in Argentina, con ben 13 delle 23 type

frequencies.

L’entrata nel lessico di queste nuove voci nate per derivazione implica una perdita del loro carattere neologico, ma al tempo stesso implica pure che queste non siano riconoscibili come parole esogene per quanto riguarda la forma, il che implica il loro adattamento245.

2.4.3. Lessico

Lo spagnolo australe impiega molti vocaboli attualmente in disuso nello spagnolo peninsulare, che sono comunque presenti in altri paesi sudamericani; possiamo ad esempio ricordare barranca (taglio profondo e verticale fatto nel terreno), barrial (luogo completamente coperto di argilla o fango), pararse (alzarsi), pollera, vidriera ecc. Le parole di Luiz Fernandez Gordillo (2014) a tale proposito non appaiono dunque un caso: all’interno del suo contributo, l’autore sostiene infatti che, pur essendo vero il fatto che le principali divergenze tra i vari parlanti di lingua spagnola persistano proprio a livello lessicale, possiamo comunque notare che i parlanti colti di ogni paese ispanoamericano abbiano conoscenze del lessico peninsulare, il che li rendi “plurlingui” o, almeno, “bilingui”246; è questa la ragione per cui viene fatto

riferimento al plurilinguisimo del lessico spagnolo a livello internazionale247. Molti

sono poi i termini relativi all’ambito marinaresco, diffusi grazie alle spedizioni marittime colonizzatrici verso il Nuovo Mondo. La presenza del mare è dunque essenziale per il lessico ispano americano, come possiamo del resto dedurre da una moltitudine di termini, tra cui ad esempio atracar (avvicinarsi), balde (secchio), flete (costo di un trasporto), virar (piegare) ecc., flete (nolo), abra (spiraglio, apertura tra catene), guindar (propiamante “ghindare”, termini presente anche in italiano che fa riferimento all’azione di tirare una fune metallica per issare più facilmente una vela). Il processo di koinizzazione a cui fu soggetto lo spagnolo latino americano, nel quale un ruolo determinante è giocato da altri elementi di varie regioni spagnole, è la causa della presenza all’interno del lessico argentino di molte voci lessicali di origine andalusa (cachetear, limosnero, empeñoso ecc.); di origine canaria sono invece parole quali botarte, mentre in riferimento ai vari termini di origine galiziana, leonese e portoghese possiamo ricordare carozo, buraco, cardumen, tamango ecc. Ad ogni modo, il principale serbatoio lessicale è costituito dalle lingue indigene, in

particolar modo:

- il taíno (batata, cacique, canoa, hamaca, maiz);

- il náhuatl, lingua dell’impero messicano, una delle lingue generali precolombiane

con cui lo spagnolo è convissuto fino ai nostri giorni (cacaco, camote, chicle

chocolate, hule, tiza, tomate);

- il quechua, lingua generale dell’impero inca parlata dalla costa del Pacifico fino alle

Ande, e dall’Ecuador al Cile, che vanta ancora oggi milioni di abitanti, per la maggior parte bilingue (alpaca, carpa¸chacra, cancha, choclo, jícara, llama, loco, mate, ojota,

pampa, papa, poroto, puma, tambo, zamallo). Parlato nella parte a nordovest del

245 Hipperdinger Y.L.., pp. 129 246 Fernandez Gordillo L., pp. 77 247 Ivi, pp. 78

paese, questa lingua indigena assume particolare importanza a livello lessicale soprattutto nella regione di Santiago del Estero248;

- il guaraní, regione situata a nordest (mandioca, tapera);

- il mapuche, che ha lasciato pochi termini, peraltro ignoti allo spagnolo castigliano, ad eccezione di malón, termine diffuso ampiamente nella letteratura gauchesca col significato di attacco repentino249.

I pochi termini di derivazione africana, definiti afronegrismos, comprendono nomi

di frutti (banana), danze o strumenti musicali (candombe, conga, mambo) e sostantivi legati a credenze o pratiche religiose (macumba, vudú). Appare altamente probabile che l’influenza africana abbia apportato modifiche intonative nelle varie sfumature di spagnolo ispano americano, nonché nuove abitudini articolatorie. Il principale studio condotto sull’influenza africana sullo spagnolo di un paese sudamericano è quello di M. Álvarez Nazario, dal titolo El elemento afronegroide en

el español de Puerto Rico250 (1^ ed. 1961, 2^ ed. 1974).

Non vanno dimenticati, inoltre, i vari prestiti da lingue europee: fondamentale il contributo da parte di francese, che costituisce il 22,6% del lessico251 (bagaje, ballet,

cachet, chantaje, elite, masacre, rol, chic, debut, remise) e inglese, con gli anglicismi

frequenti soprattutto nell’ambito scientifico, tecnico, sportivo e in quello della vita quotidiana (barman, box, compact, film, flash, gol, fútbol, grill, hockey, rugby,

sandwich¸sexy). Gli anglicismi presenti entrano comunemente nel lessico attraverso

la scrittura, sebbene la loro realizzazione orale, solitamente, non coincide alla effettiva pronuncia spagnola della grafia inglese, bensì, citando le parole di Hipperdinger (2013), alla imitazione spagnola della grafia inglese252. Quando i

parlanti approcciano parole scritte in inglese dall’uso non ancora del tutto esteso, la loro pronuncia spagnola non può ancora definirsi, per così dire, totalmente ufficializzata. Gli anglicismi tipici del lessico dello spagnolo australe, inoltre, pur essendo quelli di incorporazione cronologicamente più recente253, sono al tempo

stesso quelli che hanno maggior peso.

All’interno di zone come quella in prossimità del Río de la Plata, sono diffusi pure prestiti italici o comunque derivati da dialetti italiani, perlopiù riferiti all’alimentazione, alla vita quotidiana e alla famiglia: ricordiamo a tale proposito

antipasto, grisín, panceta, pesto, pizza, ricota, salame, nono, nona, pibe, batifondo, crepar, esbornia, laburo. Sono in particolar modo gli italianismi a mostrarci quanto

non vi sia necessariamente corrispondenza tra l’estensione nell’uso di un termine e l’adattamento della sua forma. Se ad esempio consideriamo l’italiano pizza, la rappresentazione grafemica è rimasta quella originaria, così come l’affricazione dentale che caratterizza il modo con cui in Argentina viene pronunciata254. Secondo

Fajardo Aguirre (1998), il lessico argentino è, insieme a quello urugagio, quello che,

248 Fajardo Aguirre A., pp. 61 249 Vaquero de Ramírez M., pp. 46 250 Ivi, pp. 52

251 Fajardo Aguirre A., pp. 59 252 Hipperdinger Y.H., pp. 132 253 Fajardo Aguirre A., pp. 57 254 Hipperdinger Y.H., pp. 129

tra i vari lessici dei paesi in cui viene parlato lo spagnolo come L1, presenta la maggiore quantità di italianismi, corrispondente per l’esattezza al 35%255.

Ricordiamo pure diversi termini derivanti dal portoghese. Tra questi: garúa (“pioggia leggera”), vichar (“osservare, spiare”) e vintén (“piccola quantità di denaro”). L’apporto sul lessico da parte delle parole portoghesi corrisponde al 9,4%256.

Indipendentemente dalla provenienza dei lessemi, il contatto tra lingue assume nel nostro caso un ruolo di primaria importanza, che come conseguenza principale comporta appunto il passaggio di unità lessicali da un sistema linguistico all’altro257.

Prima della pubblicazione di Weinrich Language in contact (1943) non vi era particolare interesse nei confronti di questo campo di studio. Questa stessa pubblicazione rappresentò per lo studio delle interferenze tra lingue in contatto una vera e propria svolta, dato che per la prima volta i fattori linguistici venivano analizzati tenendo conto pure di quelli sociali258.

Come ricordato da Hipperdinger, inoltre, sebbene la maggior parte dei forestierismi entrino a far parte del serbatoio lessicale di una lingua a partire dall’oralità, molti entrano a far parte pure dalla lingua scritta; è quanto succede ad esempio nel caso della parola panceta, mentre parole quali pesceto, con le sue diverse possibili realizzazioni ([peseto], [pešeto], [pečeto]) sembrano invece mostrare di esserne entrate a far parte attraverso entrmabe le modalità. È la scrittura, nel caso dei prestiti da altre lingue, a mostrarsi maggiormente conservatrice. Esempi sufficienti a dismostrazione di tale fatto sono prestiti dall’inglese, quali sandwich(es),

brownie(es), muffin(s), così come dall’italiano (pizza, lasagna, spaghetti) e dal

francese (baguette, soufflé). Molti forestierismi, vale la pena ricordarlo, vengono poi adattati foneticamente al sistema linguisitico dello spagnolo australe, pur mantenendo intatta la loro rappresentazione grafemica originaria (basti pensare agli esempi fatti in precedenze per gli italianismi; le realizzazioni /sánguič/ e /espagétis/ ne sono una dimostrazione). Possiamo distinguere tra due diversi tipi di adattamento: parleremo di sostituzione approssimativa se viene mantenuta la

somiglianza fonica tanto con il sistema linguistico di partenza, quanto con quello di arrivo, mentre invece assistiamo a casi di sostituzione automatica in casi di influenza

da parte della variante linguistica di arrivo259.

In conclusione, il lessico argentino mostra peculiuratià tali da distinguersi dagli altri dialetti ispanoamericani, fondamentalmente sulla base dei contatti con l’ampia gamma di lingue europee che abbiamo appena citato. A dare ancora più conferma di tale fatto sono gli svariati vocabolari e dizionari realizzati, che rendono la varietà argentina una di quelle che contano tra i maggiori repertori di opere lessicografiche260.

255 Fajardo Aguirre A., pp. 58 256 Ivi, pp. 59

257 Álvarez de Miranda P., pp. 142 258 Hipperdinger Y.H., pp. 127 259 Ivi, pp. 134