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Il trattato di Luciano di Samosata viene tradotto per la prima volta dal greco al latino da Guarino da Verona tra il 1403 ed il 1408, il testo viene riscoperto nel XV secolo grazie all'interesse rinascimentale per gli scritti antichi. La versione latina viene compresa più facilmente dagli umanisti che diffondono il tema nei loro circoli culturali e lo includono nei programmi iconografici dei committenti per i quali si prestano come ideatori. La storia della calunnia di Apelle diventa ben presto oggetto di rappresentazioni figurative; la prima compare in una miniatura del 1472 di Bartolomeo della Fonte258, seguono altre opere d'arte famose con medesimo

soggetto fino al primo quarto del XVII secolo, da quel momento in poi il tema diventa sempre più raro fino a scomparire completamente.

Uno dei maggiori esempi è La Calunnia di Apelle259 che viene realizzata da Botticelli intorno alla metà dell'ultimo decenno del XV secolo, probabilmente dopo il 1496260. L'artista decide di donare

la piccola opera all'amico Antonio Segni; Vasari, nella vita del pittore, parla della tavola che ha avuto la possibilità di vedere nella casa di Fabio Segni, figlio di Antonio, al quale viene regalata261. Non abbiamo nessun documento che confermi una commissione o un pagamento

riguardante quest'opera, né siamo a conoscenza il motivo di questo gesto; forse lo stesso Segni aveva subito un'ingiusta accusa e Botticelli aveva deciso di omaggiarlo a suo modo.

La tavola in considerazione rappresenta un episodio accaduto ad Apelle, pittore dell'antichità, ingiustamente accusato. I personaggi che agiscono in primo piano sono delle personificazioni allegoriche, che trovano eco negli episodi ospitati dalla sfarzosa loggia all'antica dipinta alle loro 257Sara Agnoletto, La Pallade con la lancia da giostra, autorappresentazione simbolica da Giuliano a Lorenzo di

Pierfrancesco de' Medici, in «Engramma», numero 112, dicembre 2013 Www.engramma.it .

258Bartolomeo della Fonte, La Calunnia di Apelle, miniatura da codice manoscritto di traduzione di Bartolomeo Fonzio di Calunniae non temere credendum di Luciano, 1472 ca. Staatliche Museen, Berlino. Il manoscritto era dedicato a Ercole D'Este quindi la circolazione doveva essere abbastanza limitata, può aver influenzato iconografia?

259Sandro Botticelli, La Calunnia di Apelle, tempera su tavola, 62x91cm, 1496 ca., Galleria degli Uffizi, Firenze. 260Il 1496 viene considerato da Cristina Acidini Luchinat e da Sara Agnoletto (ma anche da altri) il termine post

quem per la realizzazione della tavola, perché corrisponde alla data di pubblicazione del testo di Luciano di Samosata. Il testo era sicuramente conosciuto anche prima dell'editio princeps, anche Leon Battista Alberti lo cita nel suo De Pictura, ma i riferimenti al testo fanno pensare che il pittore possa aver consultato il libro disponibile a stampa in volgare.

261Giorgio Vasari, Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori, testo a cura di Rosanna Bettarini, commento secolare a cura di Paola Barocchi, vol. III, pp. 520-521.

spalle; in alcuni casi si tratta di uomini ingiustamente puniti. I soggetti delle storie secondarie rimandano a molteplici fonti: bibliche, mitologiche, antiche e contemporanee, tutte con lo scopo di monito morale; alcune delle quali sono già state trattate nella produzione artistica del pittore. La fonte principale per la realizzazione di questo dipinto è l'opera di Luciano, l'autore propone nel suo testo l'ecfrasis di alcune opere d'arte dell'antichità ormai perdute tra cui la Calunnia di

Apelle e la Famiglia di centauri, presenti nel dipinto di Botticelli.

L'approccio degli artisti rinascimentali di fronte a questo testo è complesso: confrontarsi con la bellezza di opere arcaiche, ricostruendole e traducendo nuovamente in immagini le parole di Luciano. Se la descrizione dell'autore nasce dal bisogno di perpetuare la bellezza che si staglia davanti ai suoi occhi, “la parola raddoppia il piacere dell'osservazione perché guida la lettura

delle immagini e ne rinnova il contenuto”262, l'artista moderno vuole tornare ad un opera visiva

seguendo le parole dell'autore che per primo aveva assistito allo spettacolo antico dell'arte. Ciclicità da apelle passando per luciano torna a splendore con B.

Apelle, famoso pittore, venne calunniato da un altro artista, Antifilio, geloso del suo talento; l'uomo veniva accusato di aver collaborato per organizzare una cospirazione. Il re Tolomeo, senza indagare sulla veridicità delle accuse, imprigionò l'artista che tuttavia riusci a dimostrarsi innocente; una volta conclusa la storia, Apelle decide di vendicarsi con un quadro che rappresentasse la vicenda che lo aveva ingiustamente coinvolto. Luciano dipinge con queste parole la scena:

Sulla destra siede un uomo che ha le orecchie grandissime molto simili a quelle di Mida; egli protende la mano verso la Caunnia che ancora sta avanzando verso di lui. In piedi gli stanno vicino due donne: l'Ignoranza - credo - e il Sospetto. Dall'altra parte del quadro sta arrivando la Calunnia, una donna straordinariamente bella, ma infuocata e agitata, come se fosse in preda all'ira e al furore. Porta una fiaccola accesa nella sinistra e con l'altra mano trascina per i capelli un giovane che tende le mani al cielo e chiama a testimoni gli dèi. Le fa da guida un uomo pallido e deforme, con occhi acuti e scheletrito come chi ha avuto una lunga malattia. Si può supporre che si tratti dell'Invidia. Inoltre, ad accompagnare la calunnia ci sono altre due donne, che la incitano, la coprono e l'adornano. Come mi spiegò la guida che illustrò il quadro, una era l'Insidia e l'altra la Frode. Dietro le seguiva una donna completamente vestita a lutto, con vesti nere e lacere - penso che il suo nome fosse Pentimento. In ogni caso essa si voltava indietro piangendo, e guardava piena di vergogna la Verità che stava avanzando.”263

La calunnia colpisce l'innocente ed ha il sostegno della Frode e dell'Insida; il pessimo giudice 262Luciano di Samosata, Descrizioni di opere d'arte,a cura di Sonia Maffei, Giulio Einaudi Editore, Torino, 1994, cit

p. XL introduzione. 263Ivi cit. pp. 35-37.

ascolta la voce del Sospetto e dell'Ignoranza, senza prestare ascolto al calunniato che, indifeso, può solo pregare. La Verità ed il calunniato del dipinto si distinguono dagli altri protagonisti per la loro nudità, come se stessero a indicare la mancanza di maschere, la completa trasparenza del loro agire o ancora non si nascondessero dietro false apparenze264.

Botticelli rappresenta l'episodio della calunnia seguendo quasi totalmente alla lettera la descrizione lucianea, lo svolgimento della scena segue l'andamento della prosa; le modifiche apportate dal pittore riguardano gli attributi del re Mida, che nel dipinto ha la corona e l'iconografia della Verità, rappresentata come una bellissiama donna nuda che alza gli occhi al cielo indicandolo con l'indice destro265. I Personaggi danzano elegantemente, anche

l'ambientazione viene abbellita dal pittore che decide di rendere il tribunale, in cui il giudice ascolta le accuse, sottoforma di elegante loggia di una dimora regale all'antica, aperta di fronte ad un paesaggio marino. Lo sfarzoso porticato che accoglie la scena è composto da tre arcate sulle quali si sviluppano dei bellissimi rilievi dorati: sulle basi, sui plinti, le colonne accolgono voluminose nicchie, e ancora architravi e volte. I finti rilievi aurei offrono all'artista la possibilità di misurarsi con una tecnica quasi miniaturistica delle figure e delle storie rappresentate, (il rilievo più grande 6x10 cm) lo scorcio subìto dalle parti architettoniche non frena Botticelli dal tentare di dipingere anche parti poco comprensibili allo spettatore. Il monocromo con cui sono rappresentate queste scene tuttavia avrebbe stonato ad Apelle che veniva lodato per realismo cromatico, lo scopo di Botticelli doveva essere tuttavia un confronto olistico con l'arte antica: pittura, scultura e architettura, le tre arti sorelle si fondevano nella pittura che supera la scultura dipingendo le tre dimensioni proprie alle altre, fingendo scultura e architettura.

Nel caso della Calunnia botticelliana inoltre, pur non esistendo un programma iconografico definito, tutti i soggetti rappresentati nello sfondo architettonico contribiscono al significato morale del quadro, come tasselli di un complesso puzzle: sono tutti espressione di un'intensa psicomachia266. Stanley Meltzoff si è preoccupato di classificare tutti i finti rilievi del dipinto,

dividendoli prima in fasce, a seconda della posizione all'interno della struttura architettonica in cui si trovano, e successivamente ha tentato di identificare il soggetto di ogni storia, per quanto 264Barbara Deimling, Botticelli 1444/45-1510, L'Espresso Editore, Roma, 2002, cit. p.72.

265Iconograia della verita vedi CESARE RIPA, diverse modalità di rappresentare la personificazione della Verità: nuda con mano destra in alto con il sole e altra libro aperto e ramo di palma, sotto al piede il globo del mondo. Oppure verità vestita di bianco (buono privo di macchia e lordura, inoltre bianca chiara come la luce, bugie tenebre) tiene in mano uno specchio ed una bilancia d'oro. Fanciulla nuda con veli bianchi intorno. Ragazza ignuda con in mano destra il sole e sinistra un orologio (veritas fila temporis). Giovane donna nuda con in mano destra vicino al cuore un Persico (geroglifico el cuore con una sola foglia perche cuore in armonia con

lingua/parola) e nell'altra orologio da polvere (clessidra?).

266Sara Agnoletto, Botticelli orefice del dettaglio, uno status quaestionis sui soggetti del fondale della Calunnia di Apelle, in «Engramma», numero 120, ottobre 2014 (aggiornamento di articolo numero 104, marzo 2013)

possibile.

I centauri, ad esempio, compaiono in tre diversi momenti ma il messaggio morale è comprensibile solo analizzando le porzioni come stadi di un percorso di evoluzione morale. Il punto di partenza di questa metamorfosi si trova nell'architrave (A5 MELTZOFF) a destra, il cornicione in forte scorcio prospettico che si vede tra l'Invidia e il Re accoglie il tema della Centauromachia. In questa lastra si vedono uomini e centauri che stanno lottando, ma osservando più attentamente sono presenti cinque centauri e quattro Lapiti, di cui solo il personaggio sulla sinistra è sicuramente un uomo, forse un cupido; le altre sono donne che vengono rapite, viste di terga. Il soggetto di questo rilievo in forte scorcio sembra essere più vicino ad un rapimento che centauromachia, non essendo una vera battaglia tra centauri e uomini ma un ratto di donne267.

Anche il rapimento costituisce un momento della storia della centauromachia raccontata da Ovidio: quello antecedente alla furiosa lotta tra uomini e animali; l'interpretazione che scaturisce dal rapimento è di carattere sessuale: i centauri non resistono alle pulsioni carnali e rapiscono le donne dei Lapiti.

Nell'architrave contiguo (A6 MELTZOFF) si vede invece una donna con una lancia che conduce un centauro fuori da un bosco trascinandolo per i capelli, l'animale mitologico ha lo sguardo rivolto verso il basso e le braccia legate dietro la schiena da un amorino seduto sulla sua groppa; un secondo amorino sta rompendo l'arco del centauro. Secondo Horne i due personaggi potrebbero essere Pallade ed il centauro, la figura femminile infatti impugna una lancia come nella base in cui è dipinta da sola, ma non ha con se l'elmo e lo scudo con la testa di Medusa, tuttavia l'egida potrebbe essere indossata come nella Pallade e il centauro senza essere visibile da una visione frontale. Il centauro con arco e frecce, simbolo di amore lussurioso e indomito, viene punito dalla ragione che lo trascina via da un bosco, mentre un putto al suo seguito spezza le armi dell'animale. L'identificazione della donna con Venere, Diana o Minerva rimane ugualmente valida dal momento che, secondo Sara Agnoletto, una corretta interpretazione potrebbe essere la vittoria dell'amore sulla violenza; la metafora, resa attraverso questa immagine, è applicabile anche ad altri riquadri del fondale del dipinto: tutte le storie degli architravi hanno come tema l'amore268.

Si osservi inoltre che la donna porta i capelli sciolti, mossi sinuosamente dal vento, ulteriore 267Meltzoff porta come riferimento alcuni sarcofagi antichi per dimostrare una possibile contaminazione di diversi miti in una sola scena,il sarcofago di cortona rappresenta la fusione di diversi miti in cui i centauri combattono contro le amazzoni e contro i Lapiti; in generale mitologia antica offre molti casi di battaglie, scene di lotta e caccia che tornano in auge nel Quattrocento.

268Sara Agnoletto, omnia vincit amor. Una suggestione ecfrastica dalle “nozze di Alessandro e Rossane”: lettura del riquadro A2 del fondale della calunnia di Apelle del Botticelli, in «Engramma», numero 124, febbraio 2015.

parallelo con la Pallade che svolge la medesima azione tiene i capelli del cenauro, in un caso bloccandolo nell'altro trascinandolo.

Anche in questo caso la figura di Pallade viene accostata ad un luogo che non tutti possono frequentare, il bosco dal quale viene cacciato il centauro non ha una recinzione che lo delimita ma è facile capire che appartenga ad un mondo diverso, un universo al quale non ha diritto. Pallade e gli amorini decidono di punire l'incursione della bestia, mentre nella tela, la Minerva più dolcemente allontana il centauro dal suo regno, non rompe le sue armi ma il messaggio celato rimane il solito: non rimane impunito colui che voglia trasgredire il regno della dea.

Il finto rilievo ospitato nella calunnia potebbe rappresentare il momento successivo269: Minerva si

è accorta che il trasgressore è entrato nel suo regno e stava per cacciare una preda, in un primo momento blocca l'azione prendolo per i capelli; in un secondo tempo la dea avrebbe bandito l'animale dal suo luogo sacro e lo avrebbe punito distruggendo le armi che stava per usare nel suo regno arco e frecce.

La Pallade della tela di Botticelli tuttavia non corrisponde al modello iconografico della Minerva della tradizione classica: non ha un elmo, non vediamo se sullo scudo è disegnata la testa di Medusa perchè lo indossa, ha un'alabarda al posto della lancia; la dea ad ogni modo ha un aspetto dichiaratamente belligerante. Tutte le armi appena elencate dovebbero essere presenti come attributi della divinità sia nel caso in cui la dea indossasse tutta la sua armatura, sia se fosse rappresentata come una Minerva pacifica; in questo caso tuttavia l'armatura e le armi dovrebbero poggiare per terra oppure essere appese ad un albero. Nel caso in cui la figura di Minerva venga contaminata dalla personificazione della pace invece, la donna dovrebbe essere rappresentata con le armi per terra, inutilizzate, e con un ramo di olivo in mano, al posto della lancia. In questo caso la donna risulta armata (scudo e lancia anche se non da duello), ma non ha una corazza da combattimento, la sua “armatura” è composta da rami di olivo intrecciati, pianta che per di più simboleggia pace270. La donna che caccia il centauro accompagnata da un erote che rompe le

frecce ha una tangenza con la descrizione dello stendardo della giostra di Giuliano. Il drappo rappresentava, secondo le descrizioni, una dea accompaganta da Amore con le braccia legate dietro alla schiena e con le armi spezzate ai piedi. In questo caso non è Eros ad essere incatenato ma il centauro che condivide con il dio la faretra e le frecce, in entrambi i casi distrutti al cospetto del loro proprietario. Il dio dell'amore e la figura semiferina condividono la loro natura cioè le passioni, simboleggiata dagli strumenti della caccia. Tutte opere che vengono analizzate in questo 269C. Acidini Luchinat, Allegorie Mitologiche, p. 169.

270Se l'armatura della donna è fatta di rami di olivo il significato bellico viene annullato? Diventa una guerriera della pace che quindi non usa la violenza ma le armi dell'intelletto?

confronto richiamano a soggetti come Pallade e centauro, la centauromachia, una donna che caccia il centauro e amorini: l'esito delle storie narrate risulta sempre la vittoria della saggezza sugli istinti.

Il climax evolutivo percorso dai centauri all'interno della calunnia trova inaspettatamente il suo compimento nella rappresentazione della famiglia dei centauri che si trova nella base (B16 MELTZOFF) sul bordo del primo scalino che porta al trono del re, accanto alla Minerva con lancia; anche questa scena viene descritta la Luciano:

“Ma ora voglio raccontarvi una vicenda accaduta a un pittore. Il famoso Zeusi, il più eccellente

dei pittori, cercava di evitare di dipingere – limitandone il numero all'essenziale – temi popolari e usuali – eroi, dèi, guerre -, ma sempre in ogni suo lavoro si sforzava di ideare soggetti nuovi […] Fu proprio Zeusi a dipingere, tra le sue più ardite creazioni, una femmina di ippocentauro, che per di più era rappresentata nell'atto di allattare i suoi gemelli, due piccoli ippocentauri appena nati.”271

Dopo aver raccontato le vicende collezionistiche del quadro, Luciano descrive più accuratamente il soggetto dipinto, che a lui fu visibile solo attraverso una copia:

“Adagiata sopra un tappeto di erba rigogliosa è dipinta la centaura; questa è rappresentata con tutto il corpo equino disteso a terra; le zampe posteriori sono allungate all'indietro, la parte del corpo che è simile al busto di una donna è invece leggermente sollevata e si appoggia sul gomito. Le zampe anteriori non sono ancora distese come ci si potrebbe aspettare nella posizione adagiata sul fianco, ma una zampa è piegata, con lo zoccolo abbassato, e sembra in procinto di inginocchiarsi, mentre l'altra, al contrario si sta drizzando ed è ben fissata al suolo, come fanno i cavalli quando stanno per saltare. La madre tiene sollevato tra le sue braccia uno dei due figli e lo nutre porgendgli il seno, come fanno le donne, l'altro invece riceve il latte dalle mammelle da cavalla, come un puledro. Nella parte superiore del dipinto, come su un punto di vedetta, si trova un ippocentauro, evidentemente il marito della femmina che sta allattando i suoi piccoli in due modi diversi. Egli si piega e ride, senza essere visibile in tutta la sua figura, ma solo fino a metà del corpo equino; nella destra tiene sollevato sopra di sé un cucciolo di leone, per spaventare per gioco i suoi piccoli”272

Come osserva giustamente Sonia Maffei, Luciano distingue due tipologie di giudizio che si possono esprimere nei confronti dell'opera d'arte: quella degli esperti, altri artisti che analizzano le qualità tecniche, ed i comuni osservatori, tra i quali si inserisce lo scrittore. L'autore infatti esordisce affermando di non essere abbastanza esperto per poter giudicare quella pittura, ma abbastanza sensibile da riuscire a cogliere la diversità con cui il pittore ha reso l'esemplare maschio, terribile e selvaggio, dalla femmina che risulta molto bella anche nella parte 271Luciano di Samosata, Descrizioni di opere d'arte, cit. p. 21.

animalesca; i piccoli infine, anche se ferini, sono caratterizzati dalla tenerezza infantile dei bambini.

Se per Gombrich La famiglia dei centauri e la Pallade con il centauro simboleggiano livelli minori di sviluppo, privi di conoscenza; per la Agnoletto l'evoluzione ha raggiunto un suo compimento. I centauri dunque, da bestie irrazionali pronte a rapire le donne e ad abbandonarsi agli istinti più animaleschi, riescono sotto la guida della ragione, una volta usciti dalla selva, a diventare umani e compassionevoli, il loro percorso di ascesa culmina formando una dolce famiglia273. Questo progresso ha un precedente nelle tavole di Piero di Cosimo in cui i centauri,

insieme agli umani, da primitivi addolciscono la loro natura; non viene rappresentata la famiglia dei centauri ma la scena di amore e morte che caratterizza la Centauromachia potrebbe nascondere lo stesso significato: i centauri riescono a provare emozioni e amore come, e forse più, degli uomini che continuano a combattere incessantemente.