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Alla morte del padre Giovanni, avvenuta nel 1429, prende il suo posto Cosimo meglio conosciuto come Cosimo il Vecchio che ne ereditò il potere ed il patrimonio economico proseguendo l'attività di banchiere ormai largamente avviata. Durante il suo dominio si manifestarono numerosi avvenimenti avversi alla ricca famiglia: per primi gli Albizzi e gli Strozzi unirono le loro forze facendolo incarcerare con “mendace” accusa di aspirazione alla tirannia, per arginarne l'ascesa; una volta riuscito a scappare, Firenze era guidata da Rinaldo Albizzi il quale, risparmiandogli la vita lo fece esiliare. Al suo ritorno nella città nel 1434, definito dal Macchiavelli un trionfo alla romana, il figlio di Giovanni viene accolto dalla popolazione come un David vittorioso ed il suo prestigio uscì rafforzato nonostante l'isolamento99, decise di

ricambiare con la stessa moneta gli Albizzi: esilio perpetuo. Cosimo, capo indiscusso di Firenze, si trova a tirare le fila della ormai solo di nome repubblica fiorentina. L'anno successivo il Medici si trova a combattere contro la repubblica di Venezia e l'alleata Milano100, che ha assoldato

Francesco Sforza; quest'ultimo si rivelerà una pedina molto importante per la scacchiera di alleanze di Cosimo. Nel 1441 l'esito della guerra è una completa sconfitta dei milanesi, ma le carte stanno per cambiare: lo Sforza infatti ottiene vantaggiosamente da Filippo Maria Visconti la mano della figlia e, alla morte del Visconti il soldato di ventura diventa il nuovo duca di Milano. Cosimo si allea con lo Sforza contro la Serenissima, occupata a combattere l'ondata turca, ed il re di Napoli; questa fitta rete di conflitti si scioglie con un nulla di fatto soltanto nel 1454 con la Pace di Lodi.

98 M. Andrieux, I Medici, cit. pp. 87-88.

99 Cosimo durante il suo esilio passa da Pistoia, Ferrara e Venezia, in tutte e tre le città viene accolto da trionfi alla stregua di capo di stato in visita di amicizia più che cittadino bandito dalla sua patria; in realtà questa immagine non si addice a Cosimo che cercò in ogni modo di non attirare attenzione al suo rientro, cercando perfino di non farsi vedere di ritorno in via Larga.

100Al tempo di Giovanni di Bicci Firenze si era alleata con Milano che voleva espeandere i suoi domini alla parte nord dell'italia, una volta ottenute le terre che desiderava Filippo Maria Visconti non esita ad attaccare Firenze, risultato pace di Lodi solo nel 1454.

Durante il governo di Cosimo non si ricordano soltanto alleanze e guerre economiche ma dal suo ritorno a Firenze nel 1434 in poi, anche numerose opere pubbliche tra cui San Marco, il completamento di San Lorenzo, la Cupola e la Badia Fiesolana; la potenza costruttiva del suo governo si manifesta in una smisurata passione edilizia101. Altrettanto numerose furono le

commissioni private come la costruzione di Palazzo Medici in via Larga, le ville di campagna, in cui amava trascorrere del tempo, e le opere che vennero commissionate ad artisti contemporanei come decorazioni degli edifici costruiti.

«A tutti coloro nei quali trovava del talento ordinava a proprie spese sculture o quadri. I borghesi di Firenze seguivano assiduamente il suo esempio: nella vita di ogni artista di quest'epoca si trova un protettore generoso.

Il Brunelleschi sotto Cosimo terminò la meravigliosa cupola di santa Maria del Fiore, il Della Robbia e Donatello crearono i loro capolavori, il Ghiberti fuse le porte del Battistero»102

Il mecenatismo di Cosimo era molto diverso da quello del padre, che non fù un mecenate nel senso odierno del termine, ma piuttosto un benefattore che finanziava opere pubbliche per il bene dei suoi cittadini (esempio Spedale degli Innocenti); con il figlio invece si assiste ad una serie di committenze volte a glorificare la sua persona, a onorare Dio e, allo stesso tempo, migliorare l'immagine di Firenze.

Completamente dedicato alla figura di Cosimo il Vecchio e al contesto culturale in cui agisce è il libro di Dale Kent; la studiosa, dopo aver spiegato il rapporto tra committente, artista e pubblico, e la complessità che si cela dietro un'opera, che rimandando al Baxandall definisce «depisito di

una relazione sociale tra artista, mecenate e pubblico»103, concentra la sua attenzione sulle imprese del Medici. L'esperta cerca infatti di spostare l'attenzione del pubblico dall'artista al committente: primo ideatore dell'opera, finanziatore e fruitore privilegiato del manufatto artistico. Attraverso la lettera di un ambasciatore milanese Kent descrive la densità e l'intensità dell'arredamento del palazzo Medici, arredamento che ovviamente comprende manufatti artistici di ogni genere. La casa diventava il luogo in cui coltivare l'otium greco104, fortemente

contrapposto alla vita attiva del governo che si svolge all'esterno, nelle vie della città; l'abitazione diventa luogo dove ricevere illustri personaggi e mostrare loro la collezione di oggetti 101Barfucci, Lorenzo de' Medici e la società artistica del suo tempo, Gonnelli Editore, Firenze 1964. Le costruzioni

architettoniche sono le opere più frequenti nel rinascimento perché sono durature e perfettamente visibili al pubblico, testimonianze imponenti delle azioni concrete dei mecenati.

102M. Andrieux, I Medici, cit. pp. 161-162.

103Dale Kent, Il committente e le arti, Cosimo de' Medici e il Rinascimento fiorentino, Electa editore, Milano, 2005 (ed. or. Cosimo de' Medici and the Florentine Reinassance, Yale University Press, London, 2000), cit. p. 19 riferimento a Baxandall cfr. nota 11.

104Firenze viene sempre definita dai Medici come una città dedita a commercio, alla letteratura e all'ozio,

nell'accezione positiva del termine cioè il tempo libero che viene dedicato all'arricchimento culturale del privato cittadino.

posseduta105.

«La committenza di opere d'arte e la produzione, la fruizione e il patrocinio di diversi generi di scrittura costituivano i vari mezzi attraverso i quali il mecenate fiorentino definiva e formulava la sua identità personale e quella della sua famiglia, situandone specificamente in uno spazio urbano e in un tempo storico»106.

Insieme alle imprese pubbliche e private, in questo periodo fiorisce una cerchia di intellettuali presso la corte medicea: Cristoforo Landino, Angelo Poliziano e Marsilio Ficino; fù proprio quest'ultimo, il più apprezzato dal Medici a fondare per volere dello stesso Cosimo l'Accademia Platonica nel 1462 nella odierna villa di Careggi. Cosimo amava molto isolarsi nelle sue residenze bucoliche e, quando vi si recava, portava con se studiosi, eruditi e filosofi di cui diventava attento allievo. I membri dell'accademia erano infatti alcuni dei più importanti pensatori del XV secolo tra cui, oltre al fondatore, Angelo Poliziano, Nicola Cusano, Leon Battista Alberti, Bartolomeo Scala e Cristoforo Landino. Ovviamente la dottrina che veniva divulgata era il Platonisimo, ma più semplicemente si discuteva di problemi teologici e filosofici. Ancora a Cosimo va attribuito il merito di raccogliere nella sua Firenze un vasto numero di manoscritti antichi di varia provenienza; incaricava perfino gli amici di acquistare per suo conto qualsiasi manoscritto degno di nota incontrassero durante viaggi, anche e soprattutto di altre lingue, principalmente latino e greco: si inizia a formare, in pieno spirito rinascimentale, il fondo della futura biblioteca mediceo laurenziana, la prima biblioteca aperta al pubblico d'Europa107.

Oltre a raccogliere e far tradurre108 libri rari il Medici si assicurava che questi giungessero anche

ad altre corti, in modo da poter mettere in circolazione il maggior numero possibile di testi antichi nel territorio italiano. Si tenga presente inoltre che le modalità di lettura di un libro erano molto diverse da quelle odierne: nelle corti del tempo infatti una persona leggeva ad alta voce di fronte ad un gruppo di interessati ascoltatori109. Un nuovo valore assume in questo contesto infatti

la memoria: l'uomo rinascimentale legge ed ascolta attentamente per poter scrivere e quindi 105Consumo domestico dell'arte: l'arte non è goduta soltanto dal proprietario della casa ma anche dagli ospiti che

vengono in visita al personaggio, non si può definire realmente privata la vita all'interno dell'abitazione di importanti famiglie nel rinascimento.

106Dale Kent, Il committente e le arti, cit. p. 20.

107Secondo l'inventario del 1418 in casa Medici dovevano già essere presenti settanta volumi, principalmente opere di filosofia morale, testi classici in lingua originale o tradotti e testi sacri; si consideri che un numero così elevato di libri non era frequente se non per studiosi e letterati specializzati in testi di traduzione dal latino o dal greco.

108Sappiamo che Leonardo Bruni fu storico e umanista attivo a Firenze, nella città di Cosimo il Vecchio si mise a disposizione per tradurre numerosi testi in volgare, ne raccoglie e traduce in totale quasi duecento.

109Possedere e leggere un libro sono concetti che si sono modificati largamente nel tempo; nel Rinascimento i libri venivano comprati e posseduti per pregio e per cultura, si riponeva in loro una riserva di saggezza, un esempio di virtù a cui poter attingere ogni qual volta un regnante ne avesse bisogno per problemi di vario tipo. Lo stesso Cosimo ha nella sua biblioteca dai Commentari di Cesare (virtù diplomatiche e militari) a volumi di botanica.

memorizzare nuovi concetti in modo tale da espandere il suo magazzino mentale, dando luogo alla casa della memoria110.

Proprio in questo ambiente culturale crescono i figli ed i nipoti di Cosimo il Vecchio, iniziatore della rinascita dell'ellenismo.

Cosimo muore nell'accademia Platonica di Careggi circondato da intellettuali, alla maniera dei filosofi greci, nell'agosto del 1464 e viene accompagnato nella chiesa di famiglia dalle grida del popolo: pater patriae.